I primi passi verso la costruzione di una rete di tranvie nel Saluzzese furono compiuti nel luglio 1877, quando un'assemblea di Comuni interessati, deputati e consiglieri provinciali deliberò di promuovere la costruzione di una ferrovia tra Airasca, Saluzzo, Cuneo e Mondovì, con diramazione Busca-Dronero[1]. Poco dopo il banchiere francese Alfonso Raoul Berrier-Delaleu presentò domanda per la concessione delle linee tranviarie Cuneo-Dronero, Cuneo-Busca-Saluzzo, Cuneo-Mondovì e Saluzzo-Moretta-Pancalieri (quest'ultima prolungabile sino a Torino): il 29 ottobre 1877 il consiglio provinciale di Cuneo accettò la domanda, accordando il successivo 4 novembre la costruzione e l'esercizio delle tranvie Cuneo-Dronero e Cuneo-Busca-Saluzzo[2], aperte tra il 1879[3] e il 1880[4].
Nel 1882 il banchiere belga Rodolfo Coumond, che nel frattanto aveva inaugurato la tranvia Torino-Saluzzo, rilevò da Berrier-Delaleu, in difficoltà economiche per la costruzione delle tranvie Asti-Cortanze e Asti-Canale, le concessioni delle linee Cuneo-Saluzzo, Cuneo-Dronero, Pinerolo-Cavour e Saluzzo-Revello[5]. Con l'assorbimento delle linee di Barrier-Delaleu si costituì la Compagnia Generale dei Tramways Piemontesi (CGTP), con sede a Bruxelles, che sino alla prima guerra mondiale espanse la propria rete, fino a raggiungere una lunghezza totale di 189,965 km[6]. Parte del programma di espansione della CGTP era la linea Cuneo-Boves, richiesta dalla popolazione bovesana come alternativa più comoda ed economica alla ferrovia Cuneo-Boves-Borgo San Dalmazzo, aperta nel 1887; tuttavia la società fece parecchia resistenza alla costruzione della linea, ritenuta poco remunerativa anche per il profilo altimetrico[7].
La tranvia Cuneo-Boves fu inaugurata il 28 maggio 1903 alla presenza del ministro Tancredi Galimberti, che era stato fautore e promotore della linea[8][9]: il percorso era coperto in venti minuti[10].
Passata la prima guerra mondiale, la CGTP, per ridurre i costi d'esercizio (manodopera, combustibili, manutenzione) e incrementare le velocità, nella seconda metà degli anni venti sperimentò un'automotrice a benzolo[11], per poi orientarsi sull'impiego di elettromotrici ad accumulatori, su spinta del direttore generale dottor Pietro Lo Balbo[12]. La trazione ad accumulatori, impiegata in quegli anni anche su varie tranvie e ferrovie italiane (San Bonifacio-Lonigo-Cologna Veneta, Verona-Caprino-Garda, Udine-San Daniele, tranvie interurbane parmensi e mantovane)[13] era favorita anche dal governo: l'articolo 35 del Regio decreto legge nº 2150 del 2 agosto 1929[14] accordava sovvenzioni chilometriche fino a 10.000 lire per 35 anni[15].
Dopo sperimentazioni iniziate nel dicembre 1925 e coronate da successo,[16] la CGTP acquistò motrici più capienti a carrelli per le linee principali, tra cui anche la Cuneo-Boves, entrati in servizio domenica 2 novembre 1930[17].
L'impiego delle elettromotrici non fu sufficiente a contrastare la concorrenza della parallela linea ferroviaria, completata nel 1928 sino a Ventimiglia, con la quale condivideva il modesto traffico merci e passeggeri sino a Boves; la linea chiuse il 1º maggio 1935, sostituita da autobus della Società Anonima Autolinee Piemontesi, consociata della CGTP[18].
Caratteristiche
La linea tranviaria era a scartamento ridotto di 1100 mm, e si sviluppava per 8,264 km[19], interamente in sede stradale[20]; il raggio minimo di curva era di 55 metri, la pendenza massima del 35 per mille. La velocità massima ammessa era di 24 km/h[21].
La linea partiva dalla stazione tranviaria di Cuneo, comune alle linee per Dronero e Saluzzo, situata poco dopo il ponte che attraversava la Stura[22] in località Basse di San Sebastiano[23]. Da lì la linea transitava nei pressi della stazione di Cuneo Gesso, percorreva via Porta Mondovì, attraversava il torrente Gesso su un ponte utilizzato anche dalla filovia Cuneo-Peveragno-Chiusa Pesio[24] e quindi raggiungeva Boves[20].
Materiale rotabile
Motrici
Sulla tranvia prestarono servizio le locomotive a vapore del parco CGTP[25] (ne contava complessivamente 40)[25].
Nel 1925 la CGTP ordinò un'automotrice DWK Tipo IV alla Romeo per la propria rete sociale, sulla quale prestò servizio per circa un decennio[26] con scarsi risultati[27].
Poco dopo si sperimentò la trazione ad accumulatori, già provata su altre linee tranviarie italiane: le Officine di Savigliano costruirono due automotrici sui telai di carrozze a due assi Grondona, spinti da due motori da 13 CV l'uno: tali elettromotrici diedero buoni risultati, riducendo i tempi di percorrenza del 30%[16]. Fu successivamente allestita un'ulteriore serie di quattro automotrici, due costruite dalle officine di Savigliano e due dalle officine CGTP sulla base di carrozze, mosse da due motori per complessivi 40 CV[28].
La sperimentazione ebbe successo, tanto che la CGTP ordinò nel 1929 tre automotrici a carrelli[29], costruite dalla Carminati&Toselli con parte elettrica TIBB, in servizio dal 1930; nel 1933 ne furono consegnate altre tre[30].
Carrozze e carri merce
Le prime carrozze furono fornite dalla Locati di Torino (non più di 12 unità, a due assi e terrazzini); successivamente la Grondona fornì una sessantina di carrozze, sempre a due assi e terrazzini ma più comode.
Le carrozze Locati furono radiate tra il 1910 e il 1920; in quegli anni le Officine Meccaniche di Pinerolo fornirono 28 carrozze a vestiboli chiusi (quattro miste di I e II classe, le altre di II classe), più lunghe delle precedenti e impiegate principalmente sulle linee Torino-Carmagnola, Torino-Saluzzo-Cuneo e Cuneo-Dronero[31], inoltre parte delle vetture Grondona furono trasformate a terrazzini chiusi[32]. Nei primi anni trenta arrivarono due carrozze a due assi e terrazzini provenienti dalla tranvia Messina-Barcellona Pozzo di Gotto, i cui soci erano gli stessi della CGTP, ma non prestarono mai servizio[33].
Nel 1930 risultavano in servizio circa 400 carri merce, di cui 60 chiusi e 45 a sponde basse[34].
Francesco Ogliari, Franco Sapi, Scintille tra i monti. Storia dei trasporti italiani vol. 8 e 9. Piemonte-Valle d'Aosta, a cura degli autori, Milano, 1968.