Tali linee avrebbero collegato più celermente le due vallate appenniniche con il capoluogo: in particolare la linea per Fornovo avrebbe integrato il servizio offerto dalla ferrovia Pontremolese[2].
La concessione, la cui domanda fu presentata nel 1905, fu approvata l'anno successivo[3]. A questa concessione se ne aggiunsero altre nel 1909 per il completamento della rete urbana[4].
L'inaugurazione delle linee a trazione elettrica avvenne il 5 maggio 1910, data scelta per commemorare il cinquantesimo anniversario della partenza dei Mille da Quarto[5]; alla presenza di Luigi Lusignani, Presidente della Deputazione delle Tranvie Elettriche dal 1903 al 1914 e già sindaco di Parma[6].
Il 5 novembre 1918 la provincia di Parma cedette l'esercizio delle sue linee tranviarie elettriche alla Compagnia Nazionale di Trasporti e Comunicazioni (CNTC), costituitasi per l'occasione, la quale unificò la gestione con quella delle linee tranviarie foresi a vapore[7].
La CNTC dovette subito fronteggiare la concorrenza delle autolinee, che rendevano la situazione finanziaria della società precaria[7], tanto che dal 1934 fu costretta a sopprimere alcune linee interurbane a vapore[8].
Nel 1939 la CNTC e la Provincia di Parma sottoscrissero una convenzione con la quale la società poteva sopprimere le tranvie a vapore e sostituirle con autolinee, mentre le linee a trazione elettrica avrebbero dovuto essere riconsegnate alla provincia entro il 31 dicembre 1941: le linee a vapore furono soppresse entro il 1940, cedendo alla Società Riunite Trasporti (SoRiT) le concessioni per le autolinee sostitutive delle tranvie a vapore e per le tranvie elettriche[9], mentre lo scoppio della Seconda guerra mondiale fece rinviare il termine per la riconsegna delle linee elettriche a due anni dopo il termine del conflitto[10].
Il 15 aprile 1948 la provincia di Parma riassunse l'esercizio delle tranvie elettriche urbane e interurbane[11], costituendo poco dopo l'azienda speciale Tranvie Elettriche Parmensi (TEP), la quale cedette due anni dopo le tranvie urbane al Comune di Parma[12].
Le linee extraurbane della TEP, ormai usurate, furono integrate dal maggio 1953 con corse automobilistiche che in breve tempo soppiantarono quelle tranviarie: sulla linea per Fornovo l'orario prevedeva quattro corse tranviarie e dieci con autobus[13]. Il servizio tranviario cessò definitivamente nell'aprile 1954[14], sostituito da autolinee esercite dalla TEP.
La linea tranviaria era a scartamento normale di 1445 mm, e si sviluppava per 21,172 km, di cui 6,535 in comune con la linea per Marzolara[16].
Il raggio minimo di curva era di 40 metri, la pendenza massima del 35 per mille; la velocità massima ammessa di 40 km/h[17]. Per la linea si adottò un sistema di alimentazione a corrente alternata alla frequenza di 25 Hz e tensione di 4000 V, con linea di contatto sistema Siemens-Schuckert a doppia catenaria[18][19].
In ambito urbano la tensione era abbassata a 400 V[20]: la transizione avveniva mediante un tratto neutro lungo circa 16 metri posto in prossimità della centrale di alimentazione[21].
Percorso
Il capolinea si trovava in Barriera Bixio, tra il torrente Parma, viale Caprera e la barriera stessa[22]. Presso il capolinea parmense si trovavano anche la direzione, gli uffici del movimento, lo scalo merci, il deposito e la centrale elettrica (che alimentava sia le linee foresi che quelle urbane)[23].
Uscita dalla città la linea imboccava la Strada statale 62 della Cisa, toccando le località di Cavagnari, Baccanelli, Cavalli e Stradella, da cui si biforcava la linea per Calestano. La tranvia proseguiva quindi per Collecchio, Scodogna, Gaiano, Ozzano e Riccò, terminando il tragitto a Fornovo.
Materiale rotabile
Sulla tranvie extraurbane elettriche parmensi prestarono servizio dieci motrici (con 7 posti di prima classe, 21 posti di seconda classe e bagagliaio) dotate di due carrelli di costruzione Böker del tipo ad aderenza massima, lunghe 11,42 m e larghe 2,31 m, spinte da due motori Siemens monofasi collegati in serie da 70 CV l'uno[24] in grado di toccare i 65 km/h[25] La presa di corrente era a pantografo, che supportava due archetti striscianti[26]. Ad esse si affiancavano due locomotori, anch'essi spinti da due motori da 70 CV[27] e dotati di un rapporto che gli permetteva di raggiungere i 22 km/h di velocità massima[25], undici rimorchiate a due assi radiali e terrazzini aperti (di cui una carrozza salone e 10 vetture miste di prima e seconda classe)[26], 28 carri a sponde basse, 16 carri a sponde alte e 16 carri chiusi, tutti con portata di 8 tonnellate[27]: la composizione tipica dei convogli prevedeva una motrice e tre rimorchiate[28].
Cessate le tranvie extraurbane le vetture furono accantonate presso il deposito di Barriera Bixio in attesa della vendita come rottame[29].
Le tramvie extraurbane di Parma a corrente monofase, in Strade Ferrate, n. 15, Colleferro (RM), Editrice di Storia dei Trasporti, giugno 1983, pp. 30-38.