Un primo progetto, redatto nel 1894 a cura di una società belga che intravedeva l'opportunità costituita dal crescente successo del turismo religioso diretto al santuario, fu ripreso nel 1899 a cura del geometra Maggiorino Perrone e degli ingegneri Biotto e Catella, che lo completarono nel 1902[1].
Costituita il 28 marzo 1909 la società Società Anonima Biella-Oropa per Trazione Elettrica (SABOTE), questa acquisì la concessione per la costruzione e l'esercizio della linea avviandone i relativi lavori[1].
La tranvia fu inaugurata il 4 luglio 1911, consentendo ai turisti di raggiungere gli stabilimenti idroterapici e favorendo gli abitanti di Favaro e Cossila grazie al nuovo e rapido collegamento con la città e le sue industrie.
La frequentazione del servizio fu da subito elevata, con oltre 200.000 persone registrate il primo anno di esercizio; l'orario era impostato su ventidue coppie nei mesi estivi (la metà nel periodo invernale); alcune di esse erano limitate alla tratta Biella-Favaro e viceversa.
Nel 1927, si effettuarono alcuni lavori di ammodernamento tra i quali l'aumento della tensione di linea da 750 a 2400 Volt[4], il rinnovo dell'armamento, l'acquisto di ulteriori nuove elettromotrici e lo spostamento della stazione di Oropa dal primo piazzale all'area sottostante tra i padiglioni "Savoia" e "di Testata". Il santuario si era nel frattempo dotato di ulteriori infrastrutture turistiche quali le funivie di Oropa.
Al termine della seconda guerra mondiale, nel 1945, la linea tranviaria registrò il record di passeggeri trasportati, pari a 1 924 866[4].
Nel 1954, in un clima politico non favorevole agli investimenti nel trasporto su rotaia, la SABOTE, le Ferrovie Elettriche Biellesi e alcuni operatori su gomma locali vennero incorporate nella nuova Azienda Trasporti Autoferrotranviari (ATA), che si adoperò per la sostituzione della tranvia con un servizio automobilistico[4].
Il 29 marzo 1958 fu soppresso l'esercizio ferroviario, sostituito da un autoservizio. Nell'estate dello stesso anno furono rimossi i binari, mentre la linea aerea e le vetture furono demolite.
A ricordo della tranvia, nel 1997 fu acquisita e restaurata esteticamente un'elettromotrice della tranvia di Locarno, posta a monumento presso il santuario a ricordare l'impianto[5].
Caratteristiche
La lunghezza della linea, armata a scartamento ridotto da 950 mm[6], risultava pari a era di 14,25 km[1].
L'alimentazione era inizialmente a corrente continua a 750 volt. Nel 1927 fu ammodernata la linea elettrica con catenaria e palificazione Mannesmann, elevando la tensione di linea a 2400 volt[6][7].
La sottostazione elettrica si trovava inizialmente a Favaro, dove avevano sede anche gli uffici amministrativi e il deposito-officina[senza fonte]. Negli anni venti, fu poi spostata a Biella nell'edificio che ospitava la sottostazione delle Ferrovie Elettriche Biellesi, alimentate alla stessa tensione della tranvia[senza fonte].
Il percorso era tutto ad aderenza naturale con pendenza massima del 70 per mille su sezioni lunghe più di 800 metri e raggi di curvatura minimi di soli 25 metri, il che fece meritare alla tranvia l'appellativo di "Ardita d'Italia"[4]: infatti la Biella-Oropa era la seconda linea tranviaria italiana che superava i mille metri di altezza senza l'ausilio della cremagliera.
Il tracciato si sviluppava sia su sede stradale, tra Biella e Favaro, sia in sede propria, nel tratto Favaro-Oropa, e presentava diversi tornanti tra i quali uno elicoidale, il cosiddetto Girone, posto alla progressiva 9+750[4] con cui la linea effettuava una curva di 360° sorretta da muraglioni a secco alti anche più di 8 metri e preceduta da una breve galleria.
La stazione di Biella, denominata "Giardini"[8], sorgeva dirimpetto a quella della ferrovia Biella-Santhià, impianto di testa denominato Biella Piazza Vittorio Veneto[9], con il quale era possibile un agevole interscambio. Da qui la tranvia percorreva le vie Bertodano, Repubblica, Galilei, Marrocchetti e Ramella Germanin, per raggiungere il Bottalino. A Cossila San Grato e alla Vecchia erano presenti raddoppi per gli incroci dei treni[4].
Il capolinea originario della linea era ubicato nel primo cortile del Santuario, oltre i cancelli di ingresso, spostato poi nel 1928 sul lato destro del santuario, comportando l'eliminazione della galleria che usciva nei pressi del cosiddetto "prato delle oche"[8].
Materiale rotabile
Il materiale rotabile era inizialmente costituito da otto motrici a due assi da 51 kW[1] di costruzione Belga/AeG Thomson-Houston (serie 1-8) e quattro rimorchiate del tipo "giardiniera", anch'esse a due assi, di costruzione Officine Meccaniche Magliola (serie 20-23, poi 50-53), cui si aggiungevano quindici carri merci aperti di costruzione Officine Meccaniche Magliola (serie 30-44, poi 100-114) e due chiusi di costruzione Officine Meccaniche Magliola (serie 50-51, poi 150-151), e un carro funebre, due carrelli scala per la manutenzione della linea aerea e alcuni carrelli di servizio.
Nel 1922 furono poste in servizio altre sette motrici a due assi, più potenti delle precedenti[4], di costruzione Carminati & Toselli (serie 9-16), cui se ne aggiunsero ulteriori tre nel 1925 realizzate dalle Officine Meccaniche Magliola (serie 17-19), anch'esse con equipaggiamenti elettrici TIBB. A tali rotabili si aggiungevano due carrozze aperte a carrelli (serie 24-25, poi 54-55) e dodici chiuse (serie 30-41, poi 70-81), tutte di costruzione Officine Meccaniche Magliola.
Nel 1927 furono introdotte ulteriori otto motrici a carrelli di costruzione Carminati & Toselli/TIBB (serie 30-37), parte di un lotto complessivo di sedici unità, e altre cinque carrozze giardiniere a carrelli[4] (serie 41-56, poi 56-59). Nello stesso anno, alcune delle motrici di prima serie furono cedute ad altre amministrazioni: tre vetture finirono alle tranvie di Mondovì[senza fonte], mentre altre quattro andarono alle tranvie di Cagliari[10].
Negli anni trenta, tutte le carrozze a due assi furono trasformate a carrelli, mentre per alcune di quelle giardiniera, le numero 50, 51, 52, 58 e 59, si applicarono dei finestroni fissi e dei portasci sulle testate[senza fonte]. Anche sulle carrozze chiuse 70, 71, 72 e 73 si applicarono i portasci[senza fonte].
Nei primi anni cinquanta, le motrici a carrelli 30, 31, 32, 33, 34 e 37, assieme alle carrozze 54, 74, 75 e 79, furono sottoposte ad un ammodernamento[senza fonte].
Galleria d'immagini
Stazione di Biella
Galleria del Girone
Copertina orario 1936
Cossila San Giovanni
Tram di Locarno usato come monumento
Note
^abcdM. Signoretto, La tranvia Biella-Oropa, op. cit., p. 16.
^Regio Decreto n° 635 del 25 aprile 1922, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n° 121 del 23 maggio 1922
^ Antonio Federici, Lo scartamento ridotto in Italia/TuttoTreno Tema 14, Albignasego, Duegi Editrice, 1999.
^abcdefghiM. Signoretto, La tranvia Biella-Oropa, op. cit., p. 17.
^Notizia su I Treni, n. 185, settembre 1997, p. 10.
^abIl palo tubolare "Mannesmann" nella elettrificazione delle linee ferroviarie e tranviarie. Stabilimenti di Dalmine MCMVI MCMXXXI Bergamo: Officine dell'Istituto Italiano d'Arti Grafiche, 1931.
^Tutte le fonti ad eccezione di quella del citato costruttore concordano nel riportare il valore di 2400 V.
^abM. Matto, Santhià e la ferrovia, op. cit., pp. 260-261.
^M. Matto, Santhià e la ferrovia, op. cit., pp. 158-161.
^Hansjürg Rohrer, Il materiale motore delle ferrovie concesse e tranvie italiane. Die Triebfahrzeuge der italienischen Privatbahnen und Strassenbahnen, Frank Stenvall Förlag, Malmö, 1983, pp. 36-40. ISBN 91-7266-067-8.
Bibliografia
Marco Signoretto, La tranvia Biella-Oropa, in Mondo Ferroviario, n. 29, ottobre 1988, pp. 16–17.
FENIT 1946 1996, Roma, Ed. FENIT, 1996.
Mario Matto, La tramvia Santhià-Ivrea e la rete tranviaria locale, in Santhià e la ferrovia: una storia che dura 150 anni, GS Editrice, Santhià, 2006, pp. 203–266. ISBN 88-87374-95-3
Giuseppe Cavatore, Storia della tramvia Biella Oropa e delle linee per Mongrando e Borriana, Edizioni Ieri e Oggi, Biella, 2011
Marco Signoretto, Treni e tram nel Biellese - Storia ed attualità dei trasporti pubblici biellesi, Editoriale del Garda, Rivoltella del Garda, dicembre 1988. ISBN 88-85105-02-5
Marco Astrua, Romano Franchini, Carlo Andreoli, La BIELLA-OROPA - Proposta per una nuova ferrovia, Giancarlo De Alessi Editore, Biella, 1993