La tranvia Parma-Soragna-Busseto faceva parte di un sistema di linee provinciali a vapore che si estendeva per 177 km, costituendo la più lunga rete d'Italia con binari a scartamento normale[1].
La linea, completata dalla diramazione Soragna-Borgo San Donnino (nome che allora assumeva la città di Fidenza), oltre al trasporto passeggeri consentiva un flusso di materie prime e manufatti da e per i principali stabilimenti industriali vitale per l'economia del capoluogo[1].
Attivata fra nel 1893, la linea per passò negli anni dalla gestione privata a quella provinciale, fino alla chiusura avvenuta nel 1939.
Storia
Il 5 novembre 1890 la Provincia di Parma concesse a Luigi Corazza la costruzione ed esercizio di alcune tranvie da esercitarsi a vapore; nel dettaglio il progetto sottoposto prevedeva una relazione lungo la direttrice Parma-Soragna-Busseto di 38 km. Oltre ad essa l'atto di concessione prevedeva le seguenti linee[1]:
Nel 1892 il Corazza cedette tale pacchetto di concessioni alla milanese Società Nazionale di Tramways e Ferrovie, che avviò la costruzione della prima linea[1].
Costruzione ed esercizio
La prima tratta della linea, fra Parma e Soragna, fu attivata il 17 giugno 1893, completata sino a Busseto il 17 ottobre successivo.[2]. Nel frattempo anche le restanti relazioni furono attivate[1], dando così compimento alla rete concessa nel 1890.
Nel 1899 alla concessionaria subentrò la Società Nazionale Ferrovie e Tramvie, con sede in Roma[3], la quale proseguì il programma di costruzioni: nel 1901 fu inaugurata a cura di tale amministrazione la Parma-Pilastrello-Traversetolo e nel 1908 la diramazione della Parma-Soragna-Busseto tra la Fornace Bizzi e Pontetaro-Medesano[1], quest'ultima concessa con regio decreto n.561 del 13 dicembre 1908[4].
Un curioso episodio di cronaca caratterizzò gli anni della trazione a vapore: il 28 marzo 1913, per vendicarsi del licenziamento subìto, durante la notte un ex macchinista accese il fuoco a sei locomotive, dandosi alla fuga dopo aver provocato uno scontro fra le stesse[5]; tale episodio assunse alle cronache nazionali grazie alla sua illustrazione nelle pagine de La Domenica del Corriere[6].
Con regio decreto n. 96 del 15 febbraio 1906[7], cui era annesso il disciplinare per la costruzione e l'esercizio, l'amministrazione provinciale di Parma fu autorizzata ad esercire a trazione elettrica[8] le linee Parma-Collecchio-Ozzano-Fornovo, di 21,166 km e Stradella-Sala-Felino-Calestano, di 23,1 km, nonché a realizzare alcuni impianti all'interno della città, ossia il raccordo lungo 2,459 km fra la stazione delle tranvie di Barriera Bixio e la stazione FS ed il raccordo con lo scalo merci di quest'ultima, lungo 465 metri[9]. Con un ulteriore regio decreto, il n. 397 del 29 agosto 1909, alla stessa amministrazione provinciale fu inoltre concesso l'esercizio della nuova rete tranviaria di Parma costituita dalle linee Barriera Vittorio Emanuele-San Leonardo di 2,473 km con diramazione Barriera Saffi-Foroboario-scalo merci FS di 1,1 km e San Lazzaro-Crocetta di 5,268 km[9]. La Parma-San Secondo-Busseto, così come buona parte della rete d'origine, rimaneva dunque fuori dai programmi di ammodernamento.
Guerre e passaggi di società
Scoppiata la prima guerra mondiale, la SNFT decise di uscire dal mercato tranviario: le linee parmensi (altrimenti denominate con l'appellativo di "foresi") furono cedute al gruppo Giuseppe Muggia e alla Banca Italiana di Sconto, mentre quelle cremonesi furono cedute alla provincia. Al termine delle ostilità, durante le quali la gestione era avvenuta direttamente a cura della Provincia, nel 1918 l'esercizio della rete fu affidato a una nuova società appositamente costituita, la Compagnia Nazionale di Trasporti e Comunicazioni (CNTC)[10] la quale, pur impegnata in un vasto progetto di estensione ed elettrificazione delle linee, incontrò ben presto difficoltà economiche anche a causa della concorrenza dell'autotrasporto.
Il 5 novembre di tale anno fu tuttavia stipulata fra l'amministrazione provinciale e il Comune di Parma una convenzione che consentiva il riscatto delle tranvie da parte di quest'ultimo[11].
Per fare fronte alla suddetta situazione di crisi, nel 1924 venne istituito il servizio cumulativo con le Ferrovie dello Stato, furono attuate alcune modifiche all'armamento e immesse in servizio nuove vetture ad accumulatori[12]. In tale clima il 15 aprile 1934 fu soppressa la Pilastrello-Montecchio, ancora a vapore, prima fra le linee parmensi ad essere chiusa all'esercizio[12].
Nel 1937 il Comune di Parma avviò le pratiche per l'acquisizione della rete secondo la convenzione del 1918, affidando altresì all'ATM di Milano la redazione di uno studio per la sostituzione in filovia della rete urbana, completato nel 1939. Un'ulteriore convenzione, siglata nel 1939, accordava alla CNTC la possibilità di sostituire la residua rete a vapore con autoservizi, restituendo alla stessa Provincia l'esercizio diretto di quella elettrica entro il 31 dicembre 1941[11].
La rete a vapore venne dunque soppressa, e con essa la linea di soragna, chiusa definitivamente il 19 novembre 1939[11]. Le linee Parma-Fornovo e Parma-Marzolara, a trazione elettrica, così come il servizio urbano di Parma, furono nel frattempo trasferite alla Società Riunite Trasporti (SoRiT)[11].
Come il resto delle tranvie foresi, la linea era armata con rotaie del tipo Vignoles da 21 kg per metro montate su traversine in legno di quercia con lo scartamento standard di 1445 mm. Il raggio minimo di curvatura risultava pari a 40 m mentre la pendenza massima raggiungeva il 30 per mille in ambito extraurbano, valori che mutavano rispettivamente a 20 metri di raggio e 55 per mille sulla rete urbana[13]. In ambito urbano i binari erano costituiti da rotaie di tipo Phoenix da 42 kg/m[14].
Percorso
La stazione tranviaria di Parma sorgeva nelle adiacenze della ferrovia, occupando l'area precedentemente caratterizzata dai bastioni di porta San Barnaba, delimitata dai viali Fratti e Mentana; da strada Garibaldi e dal canale Naviglio.
L'impianto comprendeva la Stazione passeggeri che si affacciava su viale Fratti, le rimesse per i convogli, collocate in testa ai binari e perpendicolari a strada Garibaldi, nonché pensiline ed edifici di servizio per la movimentazione delle merci lungo il viale Mentana e la sponda del Naviglio[5].
I lavori di costruzione, iniziati il 20 gennaio 1893, consentirono al loro completamento di abbandonare la stazione provvisoria delle tranvie foresi che era stata realizzata presso la Barriera San Michele. Con delibera della Giunta Comunale del 3 dicembre 1895, la "Società delle Tranvie" ricevette l'autorizzazione a realizzare un raccordo tra la Stazione di viale Fratti e lo scalo "Piccola Velocità" delle ferrovie, attivato solo nel 1907, che garantì un servizio di inoltro e spedizione delle merci dal vasto bacino provinciale alla rete nazionale ed internazionale[5][8].
Partiti dal capolinea urbano, i treni a vapore servivano con una fermata la stazione ferroviaria e, seguita la circonvallazione, giungevano alla barriera Massimo D'Azeglio. Da qui veniva impegnata la sede della via Emilia ovest fino alla località Ponte Taro, superando il bivio per San Secondo che si trovava in località Crocetta e servendo le fermate di Casa Bianca e San Pancrazio. In prossimità del ponte sul Taro sorgeva sulla sponda orientale la fermata di Madregolo e, superato lo stesso, la stazione di diramazione di Fornace Bizzi, comune alla linea per Medesano.
Da qui la tranvia piegava verso nord seguendo prevalentemente il percorso della strada provinciale 11 e servendo, nell'ordine, le fermate di Bianconese, Bellena (facoltativo) e Fontevivo, per giungere alla stazione di Fontanellato. Dopo di essa si incontrava la fermata Paroletta e quelle, facoltative, di Rovacchia e Pongennaro, per giungere alla stazione di Soragna, località di diramazione della linea per Borgo San Donnino.
L'ultima tratta prevedeva ancora le fermate di Fontana (facoltativa), Roncole e Spigarolo (facoltativa anch'essa), per terminare infine a Busseto dopo circa 3 ore di viaggio[1]. La stazione capolinea, comune alla tranvia verso Zibello, San Secondo e Parma, si trovava in un'area adiacente allo storico Bottonificio Cannara[15], a circa 200 metri a nord rispetto alla stazione ferroviaria, posta lungo la linea Cremona-Fidenza.
Materiale rotabile
Sulla rete tranviaria parmense a vapore prestarono servizio tre gruppi di locomotive, così ripartiti[16]:
1÷14[17]: costruzione Breda 1893, rodiggio B, 30 km/h;
16÷19: costruzione Henschel 1907, rodiggio B, 30 km/h;
20÷24: costruzione Henschel 1910-12, rodiggio B, 30 km/h.
Le locomotive Breda furono consegnate nel biennio 1892-1893 in un gruppo omogeneo di 14 esemplari; si trattava di motrici da 52 kW con interasse di 1400 mm; peculiarità dell'esemplare n. 4 "Busseto" era la presenza dei doppi organi di trazione e repulsione per l'esercizio sul raccordo di Parma e su quello di Montecchio Emilia[18].
Nel 1902 acquisì la quindicesima unità, battezzata n. 15 "Giuseppe Verdi" della Orenstein & Koppel (n. di costruzione 975/1902) con massa a vuoto leggermente superiore a quella delle Breda, che nel 1911 fu trasferita sulla rete cremonese[18].
Le locomotive Henschel furono risultato di più ordinazioni: nel 1907 e 1908 vennero consegnate in totale quattro unità del tipo "Tyras" da 60 kW, mentre nel 1910 e 1912 arrivarono in totale cinque unità del tipo "Trude", da 97 kW[18].
Nel 1924 ad opera della CNTC fu inoltre immessa in servizio un'automotrice ad accumulatori, dotate di riscaldamento elettrico[12]. Costruita dalla OM di Milano con equipaggiamento elettrico Rognini & Balbo, tale rotabile aveva una potenza complessiva di 45 kW, offriva 52 posti a sedere ed era dotato di intercomunicante per l'accopiamento con una carrozza. Immatricolata col n. 51, tale motrice era soprannominata dai tranvieri "Bella Titina"[18].
Completavano la dotazione originaria numerosi carri e carrozze a due assi forniti dalle Officine Diatto & Grondona e Fratelli Pellerin, cui negli anni dieci e venti si aggiunsero veicoli forniti dalla Officine Meccaniche Reggiane e dalle Officine Meccaniche Casaralta[18].
Note
^abcdefgLe tranvie foresi a vapore, su tep.pr.it. URL consultato il 1º maggio 2015 (archiviato dall'url originale l'11 maggio 2014).
^F. Ogliari e F. Sapi, Ritmi di ruote, op. cit. p. 126.
^F. Ogliari e F. Sapi, Ritmi di ruote, op. cit. p. 128.
^Walter Hefti, Dampf-Strassenbahnen, Birkhäuser Verlag, Basilea, 1984, ISBN 978-3-7643-1536-8, p. 226.
^Le fonti bibliografiche citate discordano sul numero complessivo di unità, includendo l'Hefti la n. 15 fra le Breda.
^abcdeGabriele Savi, Binari per la val d'Enza, in Tutto Treno & Storia, n. 15, aprile 2006, pp. 58-70.
Bibliografia
M. Giuffredi, Dal tram a cavalli al tram elettrico: 1885-1917, in La città veloce, storia dei trasporti pubblici nel parmense, a cura di M. Minardi, TEP, Parma, 1999.
Le tranvie extraurbane di Parma a corrente monofase, in Strade Ferrate, n. 15, giugno 1983, p. 30. Riproduzione di un articolo comparso in L'Elettricità, 1911, pp. 148–156 e 169-173.