La tranvia Parma-Langhirano faceva parte di un sistema di linee provinciali a vapore che si estendeva per 177 km, costituendo la più lunga rete d'Italia con binari a scartamento normale[1].
Attivata nel 1892, la linea passò negli anni dalla gestione privata a quella provinciale, fino alla chiusura avvenuta nel 1940.
Storia
Il 5 novembre 1890 la Provincia di Parma concesse a Luigi Corazza la costruzione ed esercizio di alcune tranvie da esercitarsi a vapore, prima delle quali la Parma-Langhirano, di 24 km. Oltre ad essa l'atto di concessione prevedeva le seguenti linee[1]:
Soragna-Borgo San Donnino (come allora si chiamava la città di Fidenza), di 9 km
Nel 1892 il Corazza cedette tale pacchetto di concessioni alla milanese Società Nazionale di Tramways e Ferrovie, che avviò la costruzione della prima linea[1].
Primi anni di esercizio
La prima linea costruita fu quella per Langhirano, il cui progetto di massima era stato realizzato dall'ingegner Giuseppe Pavesi a partire dal 1876 assieme al fratello Pietro e agli colleghi Zanni e Labadie[2]. I lavori durarono pochi mesi e dopo una corsa prova l'intero tragitto fu inaugurato il 15 novembre 1892[3]. La direzione di esercizio era affidata all'ingegner Crippa[1]. L'estesa della rete concessa nel 1890 fu in seguito completata entro il 1894[1].
Nel 1899 alla concessionaria subentrò la Società Nazionale Ferrovie e Tramvie, con sede in Roma[4], la quale proseguì il programma di costruzioni: nel 1901 fu inaugurata a cura di tale amministrazione la Parma-Pilastrello-Traversetolo e nel 1908 la diramazione della Parma-Soragna-Busseto tra la Fornace Bizzi e Pontetaro-Medesano[1], quest'ultima concessa con regio decreto n.561 del 13 dicembre 1908[5].
Un curioso episodio di cronaca caratterizzò gli anni della trazione a vapore: il 28 marzo 1913, per vendicarsi del licenziamento subìto, durante la notte un ex macchinista accese il fuoco a sei locomotive, dandosi alla fuga dopo aver provocato uno scontro fra le stesse[6]; tale episodio assunse alle cronache nazionali grazie alla sua illustrazione nelle pagine de La Domenica del Corriere[7].
Con regio decreto n. 96 del 15 febbraio 1906[8], cui era annesso il disciplinare per la costruzione e l'esercizio, l'amministrazione provinciale di Parma fu autorizzata ad esercire a trazione elettrica[9] le linee Parma-Collecchio-Ozzano-Fornovo, di 21,166 km e Stradella-Sala-Felino-Calestano, di 23,1 km, nonché a realizzare alcuni impianti all'interno della città, ossia il raccordo lungo 2,459 km fra la stazione delle tranvie di Barriera Bixio e la stazione FS ed il raccordo con lo scalo merci di quest'ultima, lungo 465 metri[10]. Con un ulteriore regio decreto, il n. 397 del 29 agosto 1909, alla stessa amministrazione provinciale fu inoltre concesso l'esercizio della nuova rete tranviaria di Parma costituita dalle linee Barriera Vittorio Emanuele-San Leonardo di 2,473 km con diramazione Barriera Saffi-Foroboario-scalo merci FS di 1,1 km e San Lazzaro-Crocetta di 5,268 km[10]. La Parma-Langhirano rimase dunque esclusa da tali programmi di ammodernamento.
Guerre e passaggi di società
Scoppiata la prima guerra mondiale, la SNFT decise di uscire dal mercato tranviario: le linee parmensi (altrimenti denominate con l'appellativo di "foresi") furono cedute al gruppo Giuseppe Muggia e alla Banca Italiana di Sconto, mentre quelle cremonesi furono cedute alla provincia. Al termine delle ostilità, durante le quali la gestione era avvenuta direttamente a cura della Provincia, nel 1918 l'esercizio della rete fu affidato a una nuova società appositamente costituita, la Compagnia Nazionale di Trasporti e Comunicazioni (CNTC)[11] la quale, pur impegnata in un vasto progetto di estensione ed elettrificazione delle linee, incontrò ben presto difficoltà economiche anche a causa della concorrenza dell'autotrasporto.
Il 5 novembre di tale anno fu tuttavia stipulata fra l'amministrazione provinciale e il Comune di Parma una convenzione che consentiva il riscatto delle tranvie da parte di quest'ultimo[12].
Per fare fronte alla suddetta situazione di crisi, nel 1924 venne istituito il servizio cumulativo con le Ferrovie dello Stato, furono attuate alcune modifiche all'armamento e immesse in servizio nuove vetture ad accumulatori[13]. In tale clima il 15 aprile 1934 fu soppressa la Pilastrello-Montecchio, ancora a vapore, prima fra le linee parmensi ad essere chiusa all'esercizio[13].
Nel 1937 il Comune di Parma avviò le pratiche per l'acquisizione della rete secondo la convenzione del 1918, affidando altresì all'ATM di Milano la redazione di uno studio per la sostituzione in filovia della rete urbana, completato nel 1939. Un'ulteriore convenzione, siglata nel 1939, accordava alla CNTC la possibilità di sostituire la residua rete a vapore con autoservizi, restituendo alla stessa Provincia l'esercizio diretto di quella elettrica entro il 31 dicembre 1941[12].
La rete a vapore venne dunque soppressa, e con essa la Parma-Langhirano, chiusa definitivamente il 1º giugno 1940[12]. Le linee Parma-Fornovo e Parma-Marzolara, a trazione elettrica, così come il servizio urbano di Parma, furono nel frattempo trasferite alla Società Riunite Trasporti (SoRiT)[12].
Come il resto delle tranvie foresi, la linea era armata con rotaie del tipo Vignoles da 21 kg per metro montate su traversine in legno di quercia con lo scartamento standard di 1445 mm. Il raggio minimo di curvatura risultava pari a 40 m mentre la pendenza massima raggiungeva il 30 per mille in ambito extraurbano, valori che mutavano rispettivamente a 20 metri di raggio e 55 per mille sulla rete urbana[14]. In ambito urbano i binari erano costituiti da rotaie di tipo Phoenix da 42 kg/m[15].
La velocità massima ammessa lungo la linea era di 20 km/h[16], che portava il viaggio Parma-Langhirano a durare circa un'ora e venticinque minuti[1].
Percorso
Il capolinea provvisorio dell'impianto era situato all'esterno della Porta Vittorio Emanuele (Barriera San Michele)[17]; lo stesso fu in seguito sostituito dalla stazione tranviaria vera e propria, i cui lavori di costruzione furono avviati il 20 gennaio 1893, posta nelle adiacenze della ferrovia sull'area precedentemente caratterizzata dai bastioni di porta San Barnaba, delimitata dai viali Fratti e Mentana; da strada Garibaldi e dal canale Naviglio. L'impianto comprendeva la Stazione passeggeri che si affacciava su viale Fratti, le rimesse per i convogli, collocate in testa ai binari e perpendicolari a strada Garibaldi, nonché pensiline ed edifici di servizio per la movimentazione delle merci lungo il viale Mentana e la sponda del Naviglio[6].
Con delibera della Giunta Comunale del 3 dicembre 1895, la "Società delle Tranvie" ricevette l'autorizzazione a realizzare un raccordo tra la Stazione di viale Fratti e lo scalo "Piccola Velocità" delle ferrovie, attivato solo nel 1907, che garantì un servizio di inoltro e spedizione delle merci dal vasto bacino provinciale alla rete nazionale ed internazionale[6][9].
Partiti dal capolinea i tram seguivano la circonvallazione lungo la direttrice via Fratti-viale Barilla; giunti alla Barriera Vittorio Emanuele (poi Barriera Repubblica), ove osservavano fermata, svoltavano sulla via Emilia Est che percorrevano fino all'incrocio con strada Antonio Zarotto, che veniva seguita per intero fino al bivio con la linea per Traversetolo e Montecchio posto presso la svolta, in direzione ovest, su via Montebello alla volta della Barriera Farini; oltrepassato il torrente Parma mediante il ponte Dattaro, presso il quale era presente una fermata, veniva infine impegnata la strada Langhirano, poi divenuta provinciale 665 che conduceva fuori città e che il binario tranviario seguiva fino al capolinea.
Nel percorso urbano erano presenti i raccordi merci per il Consorzio Agrario e il mulino Scarlini, nonché quello per le officine del Gas e il Foro Boario, posto lungo il breve tratto di collegamento che alla progressiva chilometrica 0+600 si distaccava alla volta dello scalo ferroviario della Rete Adriatica. Successivamente si incontravano la fabbrica Aurelio Calligari & C., che produceva locomotive come succursale della Maffei, l'industria conserviera Medioli e & Lucignani e lo Zuccherificio Ligure-Lombardo Eridania[18]. Oltre ad essa l'atto di concessione prevedeva le seguenti linee[1].
Superate le fermate di San Lazzaro, San Prospero e Fontanini, i tram incontravano l'unica stazione d'incrocio a Corcagnano, posta circa a metà percorso. Da qui si proseguiva osservando le fermate presso la Cascina Costa, a Olmazzoli, Pilastro-Felino, Arola, Torrechiara e Cascinapiano, ormai in prossimità di Langhirano. La stazione terminale era posta al termine dell'allora strada di accesso alla cittadina, poi divenuta via XX Settembre, subito prima del rio Scalia (tombinato per la costruzione di via U. Cotti); i primi due binari si riunivano in un'asta di manovra che conduceva alla rimessa locomotive posta subito dopo il ponte sul torrente, su lato est della strada; oltre ad essi erano presenti altre tre binari tronchi. Il fabbricato viaggiatori era posto sul lato ovest della strada, affiancato da un magazzino merci poco più a nord.
I 24 chilometri del percorso risultavano tutti in sede stradale ad eccezione di due brevi tratte in sede propria presso Castelletto e il ponte Dattaro[17].
Materiale rotabile
Sulla rete tranviaria parmense a vapore prestarono servizio tre gruppi di locomotive, così ripartiti[19]:
1÷14[20]: costruzione Breda 1893, rodiggio B, 30 km/h;
16÷19: costruzione Henschel 1907, rodiggio B, 30 km/h;
20÷24: costruzione Henschel 1910-12, rodiggio B, 30 km/h.
Le locomotive Breda furono consegnate nel biennio 1892-1893 in un gruppo omogeneo di 14 esemplari; si trattava di motrici da 52 kW con interasse di 1400 mm; peculiarità dell'esemplare n. 4 "Busseto" era la presenza dei doppi organi di trazione e repulsione per l'esercizio sul raccordo di Parma e su quello di Montecchio Emilia[18]. In particolare, per l'inaugurazione fu utilizzata una delle macchine Breda al traino di due carrozze battezzate con i nomi di "Parma" e di "Langhirano", queste ultime di costruzione Fratelli Diatto di Torino[1].
Nel 1902 acquisì la quindicesima unità, battezzata n. 15 "Giuseppe Verdi" della Orenstein & Koppel (n. di costruzione 975/1902) con massa a vuoto leggermente superiore a quella delle Breda, che nel 1911 fu trasferita sulla rete cremonese[18].
Le locomotive Henschel furono risultato di più ordinazioni: nel 1907 e 1908 vennero consegnate in totale quattro unità del tipo "Tyras" da 60 kW, mentre nel 1910 e 1912 arrivarono in totale cinque unità del tipo "Trude", da 97 kW[18].
Nel 1924 ad opera della CNTC fu inoltre immessa in servizio un'automotrice ad accumulatori, dotate di riscaldamento elettrico[13]. Costruita dalla OM di Milano con equipaggiamento elettrico Rognini & Balbo, tale rotabile aveva una potenza complessiva di 45 kW, offriva 52 posti a sedere ed era dotato di intercomunicante per l'accopiamento con una carrozza. Immatricolata col n. 51, tale motrice era soprannominata dai tranvieri "Bella Titina"[18].
Completavano la dotazione originaria numerosi carri e carrozze a due assi forniti dalle Officine Diatto & Grondona e Fratelli Pellerin, cui negli anni dieci e venti si aggiunsero veicoli forniti dalla Officine Meccaniche Reggiane e dalle Officine Meccaniche Casaralta[18].
^Le tramvie extraurbane di Parma a corrente monofase, op. cit., p. 30.
^F. Ogliari e F. Sapi, Ritmi di ruote, op. cit. p. 126.
^abF. Ogliari e F. Sapi, Ritmi di ruote, op. cit. p. 125.
^abcdefG. Savi, Binari per la val d'Enza, op. cit.
^Walter Hefti, Dampf-Strassenbahnen, Birkhäuser Verlag, Basilea, 1984, ISBN 978-3-7643-1536-8, p. 226.
^Le fonti bibliografiche citate discordano sul numero complessivo di unità, includendo l'Hefti la n. 15 fra le Breda.
Bibliografia
Gabriele Savi, Binari per la val d'Enza, in Tutto Treno & Storia, n. 15, aprile 2006, pp. 58–70.
M. Giuffredi, Dal tram a cavalli al tram elettrico: 1885-1917, in La città veloce, storia dei trasporti pubblici nel parmense, a cura di M. Minardi, TEP, Parma, 1999.
Le tranvie extraurbane di Parma a corrente monofase, in Strade Ferrate, n. 15, giugno 1983, p. 30. Riproduzione di un articolo comparso in L'Elettricità, 1911, pp. 148–156 e 169-173.