«Un dolce foco negli occhi nerissimi accoppiato (che raro addiviene) a candidissima pelle e biondi capelli davano alla di lei bellezza un risalto, da cui difficile era di non rimanere colpito o conquisto.»
Luisa nacque a Mons nell'Hainaut, nei Paesi Bassi austriaci (attuale Belgio), come figlia maggiore del principe Gustavo Adolfo di Stolberg-Gedern e di sua moglie, la principessa Elisabetta di Hornes, figlia di Massimiliano Emanuele, principe di Hornes. Sua madre vantava una discendenza dal clan Bruce e una remota parentela col re di ScoziaRobert Bruce. Quando aveva appena quattro anni rimase orfana del padre ucciso nella battaglia di Leuthen. All'età di sette anni fu inviata per essere istruita presso la scuola annessa alla collegiata di Santa Waudru a Mons che dava riparo e protezione alle giovani donne appartenenti alla nobiltà che avevano mezzi finanziari insufficienti per vivere non sposate nel mondo. Nel 1766 l'imperatrice Maria Teresa dispose che una delle prebende delle canonichesse nobili della collegiata fosse data a Luisa che[1], pur essendo una canonichessa, non era obbligata a soggiornare permanentemente nel convento ma poteva liberamente frequentare la società.[2]
Matrimonio
Nel 1771 la sorella minore di Luisa (anche ella canonichessa a St. Waudru) sposò Carlos FitzJames Stuart, IV duca di Berwick, marchese di Giamaica, unico figlio di James FiztJames Stuart, III duca di Berwick (uno dei numerosi discendenti in linea illegittima da re Giacomo II d'Inghilterra e VII di Scozia). Lo zio del duca di Berwick, il duca de Fitz-James, cominciò le trattative con la madre di Luisa per un matrimonio tra lei e Carlo Edoardo Stuart, il pretendente giacobita ai troni inglese e scozzese. Sebbene re Luigi XV di Francia avesse già riconosciuto la successione del casato di Hannover, egli sperava anche che la linea legittima maschile Stuart non si estinguesse e così fosse una minaccia continua per gli hannoveriani. Carlo Edoardo aveva solo una figlia illegittima, più grande solo di un anno di Luisa, Charlotte Stuart d'Albany, avuta dell'amante Clementina Walkinshaw che aveva abbandonato il principe a causa dei suoi problemi con l'alcol.
Le trattative furono delicate dal momento che la famiglia di Luisa non aveva denaro proprio e si affidò totalmente alla buona volontà dell'imperatrice Maria Teresa (che era stata precedentemente alleata agli hannoveriani). Il 28 marzo 1772 Luisa sposò per procura Carlo Edoardo Stuart a Parigi. La coppia si incontrò per la prima volta il 14 aprile 1772 quando rinnovarono i loro voti nuziali di persona con una cerimonia che fu celebrata presso la Cappella di famiglia di Palazzo Compagnoni Marefoschi di Macerata, alla presenza dei Conti Compagnoni.[3]. Luisa fu d'ora in avanti riconosciuta dai giacobiti come regina Luisa d'Inghilterra, Scozia, Francia, e Irlanda.
Carlo Edoardo e Luisa trascorsero i primi due anni della loro vita coniugale a Roma. Nonostante la differenza delle loro età (lui aveva 52 anni, lei 20), la coppia fu in un primo momento felice insieme. Ma c'erano diverse ombre nel loro rapporto. Non c'era alcun segnale che Luisa concepisse un figlio. Carlo Edoardo era stato incoraggiato nella convinzione che, se si fosse sposato, il papa lo avrebbe riconosciuto come re d'Inghilterra e Scozia e la Francia avrebbe fornito fondi per un'altra insurrezione giacobita. A Luisa era stato praticamente promesso che sarebbe stata trattata come una regina. Invece Carlo Edorado trovò le sue speranze di un figlio e di un riconoscimento diplomatico deluse, mentre Luisa si trovò sposata con un vecchio principe senza prospettive.
La relazione con Alfieri
«La mia unica donna » « La vita della mia vita » «...la dolce metà di me stesso » «La persona che ho sovra ogni altra cosa venerata ed amata»
Nel 1777 Carlo Edoardo Stuart, non sopportando il successo romano della moglie e il suo comportamento noncurante della sua reputazione, decide di trasferirsi a Firenze anche con l'intento di sottrarre la contessa all'influenza del proprio fratello, il cardinale di York, suo buon amico.
A Firenze avviene l'incontro con Vittorio Alfieri, giovane ventottenne, affascinato dalla nobile dama, intellettuale cosmopolita. Il loro amore è un vero e proprio colpo di fulmine e dal momento dell'incontro sarà un susseguirsi di difficoltà e stratagemmi per potersi amare.
Carlo Edoardo Stuart diviene sempre più violento nei confronti della contessa[4] che dapprima si nascose in un convento, poi chiese ospitalità al cardinale di York a Roma e alla fine, con l'aiuto del re di Svezia Gustavo III, riuscì ad ottenere la separazione legale.
«La donna mia (come piú volte accennai) vivevasi angustiatissima; e tanto poi crebbero quei dispiaceri domestici, e le continue vessazioni del marito si terminarono finalmente in una sí violenta scena baccanale nella notte di Sant'Andrea, ch'ella per non soccombere sotto sí orribili trattamenti fu alla per fine costretta di cercare un modo per sottrarsi a sí fatta tirannia, e salvare la salute e la vita. Ed ecco allora, che io di bel nuovo dovei (contro la natura mia) raggirare presso i potenti di quel governo, per indurli a favorire la liberazione di quell'innocente vittima da un giogo sí barbaro e indegno. Io, assai ben conscio a me stesso che in codesto fatto operai più pel bene d'altri che non per il mio; conscio ch'io mai non diedi consiglio estremo alla mia donna, se non quando i mali suoi divennero estremi davvero, perché questa è sempre stata la massima ch'io ho voluta praticare negli affari altrui, e non mai ne' miei propri; e conscio finalmente ch'era cosa oramai del tutto impossibile di procedere altrimenti, non mi abbassai allora, né mi abbasserò mai, a purgarmi delle stolide e maligne imputazioni che mi si fecero in codesta occorrenza. Mi basti il dire, che io salvai la donna mia dalla tirannide d'un irragionevole e sempre ubriaco padrone, senza che pure vi fosse in nessunissimo modo compromessa la di lei onestà, né leso nella minima parte il decoro di tutti. Il che certamente a chiunque ha saputo o viste dappresso le circostanze particolari della prigionia durissima in cui ella di continuo ad oncia ad oncia moriva, non parrà essere stata cosa facile a ben condursi, e riuscirla, come pure riuscì a buon esito.»
Scoperta la relazione, il cardinale di York fece di tutto per tenerli lontani, fino a che non si trasferirono a Parigi. Con la morte del Pretendente nel 1788, la contessa, ormai libera, vive apertamente la sua relazione con l'Alfieri, pur scegliendo di non sposarsi. A Parigi dal 1786 al 1791, diviene noto ed apprezzato il circolo culturale della contessa nella casa di Rue de Bourgogne, frequentato ad esempio da Filippo Mazzei e André Chénier, dove una sala del trono ricorda agli ospiti l'alto rango della padrona di casa.
Il poeta dedicherà apertamente a lei la tragedia Mirra del 1786[5] che inizia con un sonetto in cui si legge[6]:
"Alla nobil donna la signora contessa LUISA STOLBERG D'ALBANIA."
Vergognando talor che ancor si taccia, donna, per me l’almo tuo nome in fronte di queste ormai già troppe, e a te ben conte tragedie, ond’io di folle avrommi taccia; or vo’ qual d’esse meno a te dispiaccia di te fregiar: benché di tutte il fonte tu sola fossi; e il viver mio non conte, se non dal dí che al viver tuo si allaccia. Della figlia di Ciniro infelice l'orrendo a un tempo ed innocente amore, sempre da' tuoi begli occhi il pianto elíce: prova emmi questa, che al mio dubbio core tacitamente imperíosa dice; ch'io di MIRRA consacri a te il dolore.
La Rivoluzione costringe i due amanti a fuggire dalla Francia e a tornare a Firenze dove alloggiarono in uno dei due Palazzi Gianfigliazzi. Qui la contessa assunse il ruolo di musa ispiratrice del grande poeta e letterato italiano trasformando il suo appartamento nel luogo di incontro dei rappresentanti della migliore cultura europea fra cui Madame de Staël, Ugo Foscolo e Melchiorre Cesarotti.
Ad offuscare però la vita della contessa furono gli ambienti aristocratici, che prima avevano mostrato indulgenza per l'aperta convivenza con il grande poeta italiano, ma poi si abbandonarono alle maldicenze quando presso la coppia di amanti si aggiunse un pittore francese, François-Xavier Fabre, che divenne l'amico del cuore della contessa sino al 1803, l'anno della morte di Alfieri, che lasciò alla donna il proprio patrimonio personale.
Le malignità sul comportamento libero della nobildonna sembrarono trovare conferma nel 1824, quando, alla morte della contessa, il pittore francese ne divenne erede universale.
Aveva lasciato scritto l'Alfieri: «Invece di trovare in essa, come in tutte le volgari donne, un ostacolo alla gloria letteraria, un disturbo alle utili occupazioni, ed un rimpicciolimento direi di pensieri, ci ritrovavo e sprone e conforto ed esempio ad ogni bella cosa.»[7]
In effetti la contessa meritò la lode del poeta poiché si deve a lei la pubblicazione postuma delle opere (compreso il manoscritto della Vita scritta da esso che l'Alfieri morente aveva affidato a lei, lasciandole la scelta se conservarlo, bruciarlo o pubblicarlo) ma soprattutto l'autorizzazione ottenuta di seppellire le spoglie del poeta in Santa Croce nel monumento funebre neoclassico che lei stessa commissionò a Canova.[8]
Nella stessa basilica fiorentina fu innalzato il monumento funebre della nobildonna, lì sepolta, opera di gusto neorinascimentale realizzata da Luigi Giovannozzi ed Emilio Santarelli su disegno di Charles Percier.
^Per le canonichesse il godimento di una prebenda era consentito sino a quando non si sposassero
^ALBANY, Louise-Maximiliane-Caroline-Emmanuel, princesse de Stolberg, comtesse D', in Biographie nationale de Belgique, Brussels, H. Thiry-Van Buggenhoudt, 1866.
^Ennio Francia, Delphine de Sabran Custine (Marquise de), Jeanne Françoise Julie Adélaïde Bernard Récamier a Canova. Lettere inedite, Ed. di Storia e Letteratura, 1972 p.75
Bibliografia
Carlo Pellegrini, La contessa d'Albany e il salotto del Lungarno, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1951
Arrigo Cajumi - La contessa di Albany, in Colori e veleni, pp.111-116. Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1956.
Anne de Lacretelle, La comtesse d'Albany. Une égérie européenne, Monaco, Editions du Rocher, 2008 ISBN 978-2-268-06564-9
Luisa Luísa Tomás Luísa Todi Luísa Sobral Luisa di Guzmán Maria Luisa Larisch-Wallersee Luisa Casali Luisa d'Asburgo-Lorena Luisa d'Orléans Luisa d'Orléans (1869) Luisa Sanfelice Luisa Maria di Borbone-Francia (1819-1864) Luisa Diogo Luisa Rossi/Era Maria Luisa di Borbone-Parma Luisa di Marillac Parco di María Luisa Luisa Görlich Luisa Martín Luisa d'Assia Luisa Casati Luisa Geiselsöder Anna Luisa Föhse Luisa Ferdinanda di Borbone-Spagna Luisa Margherita di Lorena Isabella Luisa di Braganza Luisa Zappa Luisa d'Assia-Kassel Luisa Benedetta di Borbone-Condé Luísa Kiala Luisa Accati…
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