Lingue indoeuropee

Lingue indoeuropee
Parlato inParti dell'Eurasia (prima del XVI secolo)
Parti di tutti i continenti (epoca contemporanea)
Tassonomia
FilogenesiLingua protoindoeuropea
Codici di classificazione
ISO 639-2ine
ISO 639-5ine
Linguist Listieur (EN)
Glottologindo1319 (EN)
L'odierna distribuzione (approssimata) delle famiglie linguistiche indoeuropee all'interno delle zone originarie dell'Eurasia:


     Lingue armene


     Lingue baltiche


     Lingue celtiche


     Lingue elleniche


     Lingue germaniche


     Lingue illiriche


     Lingue indoarie


     Lingue iraniche


     Lingue romanze/neolatine


     Lingue nuristane


     Lingue slave


     Lingue non indoeuropee

Aree tratteggiate o punteggiate: aree multilinguistiche.

Le lingue indoeuropee sono la famiglia linguistica che comprende la maggior parte delle lingue d'Europa vive ed estinte che attraverso il Caucaso e il Medio Oriente da un lato e la Siberia occidentale e parte dell'Asia Centrale dall'altro, sono arrivate a coinvolgere l'Asia meridionale e in tempi antichi persino l'attuale Turkestan cinese (odierno Xinjiang). Queste lingue provengono dalla cosiddetta lingua protoindoeuropea.

Nel corso dell'età moderna, in seguito alle esplorazioni geografiche, alle migrazioni e alla colonizzazione che hanno fatto dilagare i popoli europei in gran parte del globo, si è diffusa in tutti i continenti, divenendo la famiglia dominante nelle Americhe, in Australia, in Nuova Zelanda, in gran parte della Siberia e in singole regioni dell'Africa. Oggi le lingue della famiglia linguistica indoeuropea hanno nel globo il maggior numero relativo di parlanti, rispetto alle altre famiglie linguistiche. La famiglia linguistica indoeuropea si divide a sua volta in grandi sottofamiglie (gruppi o rami di lingue), sulla cui esatta composizione e sulle cui relazioni è in corso un vivace dibattito scientifico.

La nascita della linguistica comparativa e la scoperta dell'indoeuropeo

Lo stesso argomento in dettaglio: Linguistica comparativa e Indoeuropeistica.
William Jones
Friederich Schlegel
Franz Bopp

L'idea della comparazione fra le lingue comincia ad affiorare nell'umanesimo europeo con Giuseppe Giusto Scaligero. Una prima generica formulazione delle basi del metodo comparativo viene però solo nel XVIII secolo, sotto l'influsso indiretto degli studi di anatomia comparata, con Johann Christoph Adelung e Christian Jakob Kraus, che fra il 1781 e il 1787 definiscono negli obiettivi e nel metodo l'approccio scientifico al confronto fra le lingue. Ma la nascita della vera e propria linguistica comparativa intesa come scienza è tuttavia un sotto-prodotto casuale del colonialismo inglese, e in particolare della conquista dell'India.

I contatti con la cultura indiana e la sua lingua letteraria, il sanscrito, permisero all'alto magistrato del Bengala sir William Jones di instaurare paragoni fra lo stesso sanscrito e il greco, il latino, il gotico e le parlate di Celti, Sciti, Slavi e Balti e di dedurre che tutte queste antiche lingue derivavano da un'arcaica lingua madre ormai estinta. L'inglese si accontentò di affermare l'origine comune, in base a delle evidenze, senza andare oltre, senza gettare le basi per una scienza. Jones espose le sue teorie in una conferenza tenuta alla Asiatic Society a Calcutta il 2 febbraio 1786, ma i suoi studi vennero pubblicati soltanto nel 1788. Nonostante la sua ingegnosità, l'ipotesi di Jones cadde nell'oblio e l'idea fu riproposta da Friedrich Schlegel, nel suo libro del 1808 Über die Sprache und Weisheit der Indier, nel quale per la prima volta si parla di grammatica comparativa (vergleichende Grammatik). Con Rasmus Christian Rask e Franz Bopp, che nel 1816 pubblicò il Konjugationssystem, si giunse infine a una più organica formulazione dei principi concreti e sistematici dell'analisi linguistico-comparativa,[1] tracciando un quadro sistematico delle relazioni tra le sottofamiglie.[2] Una comprensione più ampia dell'albero genealogico della famiglia linguistica indoeuropea fu possibile al principio del XX secolo, quando Bedřich Hrozný scoprì quasi casualmente che l'ittita, idioma scoperto nella prima metà XIX secolo, era la lingua indoeuropea più anticamente attestata. Le prime fasi dello sviluppo di questi studi furono caratterizzate dal fioccare di ipotesi; una di queste, ad esempio, sosteneva che la legge di Grassmann abbia un'origine comune in greco e sanscrito, indicando una forte prossimità tra questi due gruppi. Tuttavia, la legge di Grassmann in greco sembra essere successiva a certi cambiamenti fonetici avvenuti solo in greco e non in sanscrito.

Dato che gli studi sul protoindoeuropeo ebbero la loro prima formulazione coerente in Germania, nella tradizione di studi di questo paese la famiglia linguistica indoeuropea è correntemente detta indo-germanica (in tedesco Indogermanisch, mentre la protolingua è detta Urindogermanisch),[3] mentre nella letteratura francofona più risalente compariva anche la denominazione indo-celtica (in francese Indo-celtique).[4][5] Al fine di metter in evidenza le loro ipotesi classificatorie, alcune tradizioni di studi hanno suggerito per la famiglia linguistica in via di definizione altre denominazioni, ormai ritenute obsolete dalla comunità dei linguisti, come indo-anatolica,[6] coniato da Edgar Howard Sturtevant per sottolineare l'antichità del gruppo delle lingue anatoliche, o anche come greco-aria,[7] inizialmente adottata dai fautori della vicinanza tra greco e sancrito e tuttora abbracciata da studiosi quali Wolfram Euler[8] e da esperti di mitologia comparata come Martin Litchfield West[9][10] e Calvert Watkins[11] e più in generale dai sostenitori delle ipotesi armena e anatolica.[12][13][14] Un'altra denominazione popolare alle origini dell'indoeuropeistica era quella di lingue jafetiche, facente riferimento al patriarca biblico Jafet.

Membri della famiglia linguistica indoeuropea

Albero delle lingue indoeuropee.
Albero ricostruito sulla base dell'incrocio di dati linguistici e genetici.

Appartengono con certezza alla famiglia linguistica indoeuropea diverse sottofamiglie linguistiche a loro volta differenziate in lingue e dialetti:

A queste ultime lingue, storicamente documentate anche se in maniera molto frammentaria, si devono aggiungere alcune lingue la cui esistenza è solo postulata sulla base di evidenze indirette. Da un lato abbiamo il cosiddetto "europeo antico", ipotetica lingua indoeuropea di sostrato, parlata secondo alcuni (in primo luogo Hans Krahe) in epoca molto antica in Europa, diversa da tutti gli altri rami della famiglia, e che avrebbe dato origine alla tipica idronimia europea di fondo.[28] Dall'altro lato sono state postulate alcune lingue egee di substrato indoeuropeo influenti sul greco antico ma estranee al ramo egeo-anatolico e agli altri rami indoeuropei noti, fra cui il pelasgico,[29] il greco psi[30] e il pelastico.[31] Queste ultime lingue non sarebbero imparentate direttamente con il greco: i loro resti testimonierebbero l'affioramento di lingue indoeuropee totalmente sconosciute e caratterizzate da aspetti propri, diversi in parte da quelli che identificano i gruppi linguistici dell'indoeuropeo a noi estensivamente o parzialmente noti.[32]

Le diverse sottofamiglie dell'indoeuropeo sono per tradizione raggruppate in due grandi gruppi, divisi dalla cosiddetta isoglossa centum-satem e distinti in base al trattamento delle consonanti gutturali. Le cosiddette lingue centum (dal latino centum, "cento") continuano le antiche gutturali palatali come velari, mentre le lingue satem (dall'avestico satəm, "cento") le mutano in consonanti fricative palatali e sibilanti.

Gli studiosi attribuiscono valore differente al fenomeno della satemizzazione, a seconda dei loro orientamenti. I fautori della cosiddetta teoria glottidale ritengono ad esempio più pertinente il trattamento delle ipotetiche consonanti glottidali che essi presumono tipiche del proto-indoeuropeo nella sua fase comune, e preferiscono perciò distinguere fra lingue taihun (dal gotico taihun, "dieci") che perdono la glottidalizzazione mutando le glottidali in consonanti sorde e lingue decem (dal latino decem, "dieci"), che tramutano le glottidali in sonore.

Classificazione

Di seguito vengono riportati i gruppi linguistici, oggi parlati e anche estinti, in cui sono classificate le lingue indoeuropee. Al proposito si deve affrontare tutta una serie di questioni, giacché anche i vari specialisti non sempre adottano le stesse scelte terminologico e metodologico. Citiamo talune questioni che possono aiutare a servirsi meglio della successiva classificazione.

  1. La classificazione più esauriente è quella ormai classica di Merritt Ruhlen,[33] in un testo in cui vengono classificate a grandi linee tutte le lingue oggi parlate al mondo e la massima parte di quelle estinte a noi note. Per le lingue indoeuropee, si hanno a disposizione anche le classificazioni più recenti e dettagliate di Ernst Kausen,[34] che fra l'altro hanno il pregio di avere molto spesso una discussione critica sulle posizioni scientifiche antecedenti. Ruhlen e Kausen, presi insieme, consentono di avere una buona visione di insieme della classificazione delle lingue indoeuropee e dei problemi che essa comporta. Altri testi specifici di linguisti sulle lingue e le culture indoeuropee convergono fondamentalmente con tali scelte, anche se possono variare su taluni dettagli. La ripartizione esposta non è comunque condivisa dalla totalità degli studiosi.
  2. Svariati specialisti, fra cui lo stesso Ruhlen, concordano in genere nell'identificare 10 grandi gruppi di lingue indoeuropee, 8 composti da lingue parlate ancora ai nostri giorni e due esclusivamente da lingue estinte. Abbiamo così il gruppo albanese, il gruppo armeno, il gruppo balto-slavo, il gruppo celtico, il gruppo germanico, il gruppo greco, il gruppo indo-iranico, il gruppo neolatino per quanto riguarda la suddivisione delle lingue parlate ancora ai nostri giorni. Il gruppo anatolico e il gruppo tocario sono invece estinti. Fra gli specialisti è diffusa l'idea di una stretta affinità fra le lingue baltiche e le lingue slave,[35] per cui sarebbe possibile considerare il balto-slavo come un'unità primaria, che si divide secondariamente nei due rami baltico e slavo. Nell'esposizione teniamo comunque separate le lingue baltiche dalle lingue slave, giacché la questione è ancora aperta e controversa. Da parte sua, il gruppo indo-iranico si divide nei due rami indo-ario (lingue dell'India e del Pakistan) e iranico, oltre al terzo ramo nuristani, composto da piccole lingue parlate in regioni montuose dell'Afghanistan, che è considerato indipendente (anche se strettamente imparentato) con gli altri due rami, ben più copiosi.
  3. Le altre lingue indoeuropee estinte hanno attestazioni troppo frammentarie per essere collocate in gruppi ben definiti e d'altra parte la parentela di queste lingue fra di loro e con le lingue dei gruppi a noi noti rimane problematica. Così non sappiamo precisamente l'estensione dei gruppi illirico e tracio-frigio, né se essi sono imparentati strettamente l'uno con l'altro e non sappiamo sé il macedone, ad esempio, sia imparentato più o meno strettamente con il greco. Una delle supposizioni più sensate, comunque, è che il greco miceneo e classico si sia sviluppato su un sostrato in parte di tipo anatolico.
  4. Alcuni autori, fra cui Merritt Ruhlen, hanno adottato la dizione di indo-hittita per le lingue nel loro complesso, per mettere in evidenza l'idea (di accettazione generalizzata) che il gruppo anatolico, di cui l'hittita fa parte, sia senz'altro il primo ramo linguistico staccatosi dal ceppo indoeuropeo originario. La dizione, però, non ha goduto di un successo particolare.
  5. Per quanto riguarda la distinzione tra lingua e dialetto, il dibattito è interminabile e in un certo senso non può essere chiuso, data la ricchezza (che è complementarità e conflittualità insieme) di molteplici punti di vista, che non sono soltanto strettamente scientifici (linguistici), ma anche antropologici, sociologici e spesso politici. Il fatto è che in massima parte le lingue del mondo, fino a tempi assai recenti, sono state soltanto orali e quindi in genere coinvolgevano un numero ristretto di parlanti e territori dall'estensione altrettanto ristretta. In questo senso le lingue scritte e di cultura sono recenti e particolare, e ancora più recente e particolare è il fatto che talune varianti di queste lingue hanno assunto una funzione normativa, facendo convergere molte parlate dialettali e spesso generando una caratteristica diglossia fra lingua e dialetto, a seconda delle necessità, delle modalità e delle fasi comunicative dei vari parlanti. In Europa, specificamente, questo processo è strettamente legato allo sviluppo degli stati nazionali, ognuno dei quali ha diffuso una lingua letteraria fondata su una particolare parlata territoriale, tuttavia ibridata in vario modo con altre parlate e dipendente di volta in volta da singole scelte individuali o collettive. Così il nucleo normativo della lingua spagnola è tratto dal castigliano e il nucleo normativo della lingua francese è tratto dal parigino, ma non possiamo dire che lo spagnolo d'oggi si riduca completamente a un dialetto castigliano e il francese d'oggi si riduca completamente a un dialetto parigino. Nel caso dell'italiano, è corretto dire che le parlate toscane sono alla base della lingua italiana, ma tuttavia lo sono indirettamente, attraverso il tramite di una lingua letteraria (in Italia, peraltro, plurisecolare) che su base toscana ha ibridato anche influssi settentrionali e meridionali.

Ciò per spiegare quanto sia difficile trovare una classificazione univoca delle lingue indoeuropee, che oggi sono in massima parte lingue scritte in cui i fenomeni di normatività, di convergenza dialettale e di varie forme di diglossia sono state e sono ampiamente diffuse. Vi sono quindi due tendenze. La tendenza prevalente fra gli indoeuropeisti è di adottare in genere la nozione di lingua quale lingua scritta attorno alla quale si è avuta storicamente la convergenza di un ampio campo di parlate dialettali. Al contrario, la classificazione di Ethnologue, che osserva tutte le lingue del mondo con uno sguardo fondamentalmente antropologico, prende le mosse dalle lingue parlate, per cui la sua nozione di lingua è più ristretta e spesso equivale a un livello che in altre classificazioni è equivalente ai grandi gruppi dialettali in cui si divide una lingua. Rispetto a una tale disparità di visioni è impossibile sia prendere una decisione netta sia essere neutrali. È opportuno, tuttavia, in una classificazione relativa alle lingue indoeuropee, rispettare le classificazioni correnti presso la maggior parte degli studiosi di indoeuropeistica e tuttavia indicare, ove possibile, le grandi classificazioni dialettali seguendo Ethnologue o altri autori che hanno affrontato la questione.

L'obelisco (†) prima del nome di una lingua o gruppo indica che è estinta/o.

Gruppo anatolico

Gruppo tocario

Gruppo albanese

Gruppo illirico

Gruppo armeno

Gruppo greco

Gruppo indoiranico

Gruppo indoario[39]

Indoario antico

Indoario medio

Indoario moderno

Gruppo nuristani

Gruppo iranico[40]

Lingue iraniche antiche

Lingue iraniche moderne

Gruppo germanico

Gruppo balto-slavo

Gruppo baltico

Gruppo slavo

Gruppo celtico

Classificazione continentale/insulare

Classificazione P/Q

Gruppo italico

Classificazione incerta

Note

  1. ^ La complessa storia dei pionieri della linguistica è trattata da H. Arens, Sprachwissenschaft -Der Gang ihrer Entwicklung von der Antike bis zur Gegenwart, Freiburg i. Br., 1969 (seconda ed.), pp. 143-160. Una trattazione sintetica offrono Calvert Watkins, op. cit., p. 46, Oswald Szémerenyi, Einfuhrung in die vergleichende Sprachwissenschaft, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1970, ed. ital. Introduzione alla linguistica comparativa, Milano, Unicopli, 1990 (seconda ed.), pp. 21-28; Paolo Milizia, Le lingue indoeuropee, Carocci, Roma 2004, p.7
  2. ^ E. Campanile, B. Comrie, C. Watkins, Introduzione alla lingua e alla cultura degli indoeuropei, il Mulino, Bologna 2005, p. 40
  3. ^ André Martinet, Des steppes aux océans - L'indo-européen et les "Indo-européens", Paris, Payot, 1986, ed. ital. L'indoeuropeo. Lingue, popoli e culture, Laterza, Bari, 1987, p. 4
  4. ^ (EN) Fred R. Shapiro, On the origin of the term ‘Indo-Germanic’ in Historiographia Linguistica,‎ 1981, vol. 8, n. 1, pp. 165–170
  5. ^ (EN) Konrad Koerner, Observations on the sources, transmission, and meaning of ‘Indo-European’ and related terms in the development of linguistics in, Indogermanische Forschungen,‎ 1981, vol. 86, pp. 1–29
  6. ^ (EN) Encyclopedia Britannica, 15th edition, vol. 22, "Indo-Hittite hypothesis"
  7. ^ Henry M. Hoenigswald, "Greek," The Indo-European Languages, ed.
  8. ^ Wolfram Euler: Indoiranisch-griechische Gemeinsamkeiten der Nominalbildung und deren indogermanische Grundlagen [= Aryan-Greek Communities in Nominal Morphology and their Indoeuropean Origins]. Innsbruck, 1979 (in German).
  9. ^ vol. 49, 1999.
  10. ^ Martin Litchfield West, Indo-European poetry and myth (2007), p. 7.
  11. ^ Calvert Watkins (2001), How to Kill a Dragon, Oxford University Press, ISBN 978-0-19-514413-0.
  12. ^ Renfrew, A. C., 1987, Archaeology and Language: The Puzzle of Indo-European Origins, London: Pimlico. ISBN 0-7126-6612-5; T. V. Gamkrelidze and V. V. Ivanov, The Early History of Indo-European Languages, Scientific American, March 1990; Colin Renfrew, Languages in Prehistoric Europe, Winter, 2003, ISBN 3-8253-1449-9.
  13. ^ A. Bammesberger in The Cambridge History of the English Language, 1992, ISBN 978-0-521-26474-7, p. 32: the model "still remains the background of much creative work in Indo-European reconstruction" even though it is "by no means uniformly accepted by all scholars."
  14. ^ 1997.
  15. ^ Per una visione riassuntiva della situazione del substrato anatolico pregreco cfr. Francisco Villar, Los indoeuropeos y los orígenes de Europa, Madrid, Gredos, 1996, seconda ed., ed. ital. Gli indoeuropei e l'origine dell'Europa, Bologna, il Mulino, 1997, pp. 549 ss. Una descrizione compiuta delle attestazioni dell'egeo-anatolico è in Vladimir Georgiev, Vorgriechische Sprachwissenschaft, voll. I e II, Sofia, 1941-1945. La correlazione fra il ramo egeo-anatolico o pelasgico dell'indoeuropeo e la decifrazione della scrittura minoica lineare A è analizzata dallo stesso Vladimir Georgiev in Lexique des inscriptions créto-myceniennes, Sofia, 1955, nonché in Les deux langues des inscriptions en linéaire A, Sofia, 1963. Per l'evoluzione delle teorie di Kretschmer sulle lingue egee pre-greche, cfr. Paul Kretschmer, "Die protindogermanische Schicht", Glotta, 14 (1925), pp. 300-319, nonché, "Die vorgriechische Sprach- und Volksschichten", in Glotta, 28 (1940) 231-278 e Glotta, 30 (1943), pp. 84-218. Una compendiosa trattazione degli adstrati e dei substrati indoeuropei pregreci nell'Egeo è in Otto Hoffmann, Albert Debrunner, Anton Scherer, Geschichte der griechische Sprache, Berlin, De Gruyter, 1917, quarta ed., ed. ital, Storia della lingua greca, Napoli, Macchiaroli, 1969, vol. I, pp. 16-26. A una forma molto arcaica del ramo anatolico dell'indoeuropeo ha voluto ricondurre anche l'etrusco F. R Adrados, "Etruscan as an IE Anatolian Language", Journal of Indo-europaean Studies, 17 (1989) pp. 363-383, e "More on Etruscan as an IE-Anatolian Language", Kuhns Zeitschrift für vergleichende Sprachforschung 107 (1994), pp. 54-76; la parentela fra la lingua etrusca e l'indoeuropeo resta controversa e non accettata dagli studiosi.
  16. ^ per una trattazione organica dei dialetti greci, miceneo compreso, cfr. Hoffmann, Debrunner, Scherer, op. cit. vol I, pp. 31-55. -ma vedi anche Henry, M. Hoenigswald, "Greco", in Le lingue indoeuropee a cura di Anna Giacalone Ramat, Paolo Ramat, cit. pp. 255-288.
  17. ^ sul ramo indo-ario dell'indoeuropeo e la sua storia, cfr. Villar, Gli indoeuropei cit., pp. 567-587. Si tenga presente che le élite militari indo-iraniche di Mesopotamia parlavano dialetti affini al proto-vedico non un suo antenato diretto. Le attestazioni dell'indo-iranico fuori dell'India e della Persia rimandano sistematicamente all'indiano antico, non al persiano, come attesta Romano Lazzeroni, "Sanscrito", in Le lingue indoeuropee a cura di Giacalone-Ramat, Ramat cit., p. 123 ss. Per una trattazione organica dell'iranico cfr. invece, Nicholas Sims-Williams, "Le lingue iraniche" in Le lingue indoeuropee cit. pp. 151-162.
  18. ^ Villar, Gli indoeuropei cit., pp. 443-460; Patrick Sims-Williams "Le lingue celtiche", in Le lingue indoeuropee, a cura di Giacalone-Ramat, Ramat, cit., pp. 374-408
  19. ^ Il contesto linguistico italico è assai complesso, per la presenza di componenti linguistiche diversissime sin dagli albori dell'età antica: cfr. Villar, Gli indoeuropei cit., pp. 473-498; Domenico Silvestri "Le lingue italiche", in Le lingue indoeuropee a cura di Giacalone-Ramat, Ramat, cit., pp. 349-366; per il latino, cfr Edoardo Vineis "Latino", ibidem, pp. 289-348; v. inoltre F. Stoltz, A. Debrunner, W. P. Schmid, Geschichte der lateinischen Sprache, Berlin, De Gruyter, 1966, quarta ed. ital. Storia della lingua latina, Bologna, Pàtron, 1993, a cura di E. Vineis e A. Traina.
  20. ^ Marinetti, A. (2020). Venético. Palaeohispanica. Revista Sobre Lenguas Y Culturas De La Hispania Antigua, (20), 367-401. https://doi.org/10.36707/palaeohispanica.v0i20.374
  21. ^ Villar, Gli indoeuropei cit., pp. 425-442; Paolo Ramat, "Le lingue germaniche", in Le lingue indoeuropee, a cura di Giacalone-Ramat & Ramat cit., pp. 409-440.
  22. ^ Villar, Gli indoeuropei cit, pp. 539-546; Roberto Ajello, "Armeno", in Le lingue indoeuropee cit., pp. 225-254.
  23. ^ Werner Winter, "Tocario", in Le lingue indoeuropee cit. pp. 181-196; Villar, Gli indoeuropei, pp. 589-594.
  24. ^ Henning Andersen, "Le lingue slave", in Le lingue indoeuropee cit. pp. 441-480; Villar, pp. 413-425.
  25. ^ Villar, Gli indoeuropei cit. pp. 401-412; William R. Schmalstieg "Le lingue baltiche" in Le lingue indoeuropee a cura di Giacalone-Ramat & Ramat, pp. 481-506
  26. ^ Shaham Demiraj, "Albanese" pp. 507-531
  27. ^ Szémerenyi, op. cit., pp. 32 s.; Villar, Gli indoeuropei cit. pp. 531 ss., 379 ss., pp. 389 ss, pp. 465 ss., 395 ss.
  28. ^ Non per tutti questo "europeo antico" sarebbe una lingua indoeuropea. Interessante è soprattutto la tesi di Theo Vennemann, elaborata soprattutto in Europa Vasconica, Europa Semitica - Mouton de Gruyter, Berlin, 2003 - secondo la quale l'"europeo antico" sarebbe una lingua o un insieme di lingue vasconiche, cioè un gruppo di lingue irrelate all'indoeuropeo, di cui il basco sarebbe l'unica sopravvissuta nei tempi recenti.
  29. ^ Vladimir Georgiev "Das Pelasgische", Proceedings of the Eight International Congress of linguists, Oslo, 1958, pp. 406-413. Al cosiddetto pelasgico si ricondurrebbero alcune parole del greco antico non spiegabili con l'evoluzione fonetica dei dialetti protogreci: ad es. πύργος "torre" < proto-indoeur. *bhergh "luogo elevato" (cfr. il germanico burge il celtico briga) o il verbo ἀτεμβω "danneggiare" (cfr. sanscrito dabhati) o la parola τύμβος "tomba" (proto-indoeur. *dhṃbh) che è praticamente un doppione del più genuinamente greco τάφος, che ha la stessa etimologia, o ancora ταμίας, che in origine significa "dispensiere, domestico", dalla radice *dom- "casa" (cfr. latino domus, gr. δῶμα). Le caratteristiche del pelasgico sono: la legge di Grassmann sulle aspirate come in sanscrito e in greco; un'evoluzione delle consonanti simile a quella dell'armeno; la satemizzazione delle gutturali; la comparsa di u davanti alle nasali e liquide di valore sillabico; la confusione delle vocali /a/ e /o/.
  30. ^ W. Merlingen, Das "Vorgriechische" und die sprachwissenschaflich-voristorischen Grundlagen, Wien, 1955, e "Eine ältere Lehnwortschicht im Griechische", in Griechische I: Lautgeschichte, Wien, 1963. Caratteristiche del greco psi sono: una strana rotazione consonantica per cui le occlusive sorde /p, t, k/ diventano /ps, s, ks/, le sonore si aspirano, per cui ad es. si ha /b/>/pʰ/, le sonore aspirate compaiono come semplici sonore. Al greco psi risalgono per esempio parole come ξάνθος "biondo" (cfr. il latino candidus e il greco Κάστωρ "Castore", cioè "Lo splendente", dal proto-indoeur. *kad "rifulgere").
  31. ^ M. Budimir "Zur protoindogermanischen Schicht, in Actes du deuxième congrès international des linguistes, Genève, 1933, pp. 182-184. Il pelastico ha caratteristiche affini a quelle delle lingue slave. Esso spiegherebbe parole come σαργός "cervo", da *kerwos, *kṛwos (cfr. lat. cervus), attraverso due mutamenti fonetici caratteristici: 1) la satemizzazione; 2) la trasformazione della labiovelare /w/ in velare sonora /g/.
  32. ^ Dato che, secondo la visione originaria di Marija Gimbutas poi precisata da James Mallory e da David Anthony, le prime migrazioni indoeuropee dalle steppe a settentrione del Mar Nero verso occidente sarebbero iniziate poco prima del 4.000 a.C. e l'arrivo in Grecia dei greci in senso stretto risalirebbe a non prima del 2.000 a.C., vi è un notevole lasso temporale di due millenni circa in cui si situano lingue indoeuropee delle "prime ondate", di cui le lingue egeo-anatoliche sono le uniche a noi note. Le lingue qui ipotizzate sarebbero dunque altre lingue indoeuropee delle "prime ondate", anche se onestamente non abbiamo a tutt'oggi alcun elemento che possa chiarire le loro relazionni con le linghe egeo-anatoliche.
  33. ^ Merritt Ruhlen, A Guide to the World's Languages. Classification, Edward Arnold, London, 1987.
  34. ^ Ernst Kausen, Die indogermanische Sprachen, Buske, Hamburg, 2012.
  35. ^ Come mostrano, ad esempio, i due alberi genealogici delle lingue indoeuropee presentati in James Clackson, Indo-European Linguistics. An Introduction, Cambridge University Press, Cambridge, 2007, p.11-12. Si veda anche la discussione in Ernst Kausen, op. cit., pp. 290-91. Anche Robert S. Beekes, sia pure in forma del tutto apodittica, è di tale opinione, cfr. Robert S. Beekes, Comparative Indo-European Linguistics. An Introduction, John Benjamins, Amsterdam, 2011, p. 23.
  36. ^ È stato proposto che tra le lingue anatoliche si debbano annoverare anche l'etrusco (adrados) e il tartessico (Wikander), ma come ci si può aspettare a causa della scarsa conoscenza di queste due lingue, queste ipotesi non sono accettate.
  37. ^ È stato suggerito che il tocario debba essere unificato con il traco-frigio e con l'armeno.
  38. ^ Il moderno albanese è stato alternativamente considerato sia derivato dall'evoluzione in situ dell'antico illirico, sia unico membro di un gruppo indoeuropeo isolato. Esistono elementi sia a favore dell'una sia dell'altra ipotesi. In questa classificazione si è sposata l'ipotesi di gruppo autonomo che risulta coerente con la codifica prevista dallo standard ISO 639-5.
  39. ^ Qui adottiamo la classificazione di Ernst Kausen, Die indogermanische Sprachen, cit., p. 565, perché la più recente e perché basata su un maggior numero di fonti. Della classificazione di Merritt Ruhlen, op. cit., riteniamo tuttavia il fatto che il singalese, il maldiviano e le lingue romani si situano su rami divergenti da quello su cui sono situate tutte le lingue indo-ariane dell'India settentrionale. Per queste lingue, a tutt'oggi, continuano ad esserci comunque proposte di classificazione molto varie.
  40. ^ Ci basiamo sulla classificazione di Ernst Kausen, Die indogermanische Sprachen, cit., p. 619. Merritt Ruhlen, op. cit., nel gruppo delle lingue iraniche orientali distingue fra l'ormuri e il parachi, da un lato, che costituirebbero il sottogruppo delle lingue iraniche sud-orientali, e le altre lingue lì elencate, dall'altro, che costituirebbero il sottogruppo delle lingue iraniche nord-orientali. Anche Gernot Windfuhr stacca l'ormuri e il parachi, in quanto lingue sud-orientali, dall'insieme di altre lingue, come il pashto e le lingue del Pamir, da lui definite semplicemente 'orientali'. Ma a suo parere anche l'osseto e lo yaghnobi costituirebbero un gruppo a parte, da lui definito iranico settentrionale. Cfr. Gernot Windfuhr, 'Dialectology and Topics', in Gernot Windfuhr (ed.), The Iranian Languages, Routledge, London, 2009, pp. 14-15.
  41. ^ a b La presenza di alcuni elementi indoeuropei nei relitti lessicali dell'antico ligure hanno fatto intravedere la possibilità della sua appartenenza a questa famiglia. La questione, però, è ancora dibattuta.
  42. ^ a b c La classificazione come lingua celtica è ancora dibattuta.
  43. ^ Il corso, sia oltramontano sia cismontano, viene qui inserito nel gruppo italoromanzo a causa delle strette affinità con il toscano, soprattutto nella versione cismontana.
  44. ^ Il gallurese viene inserito nel gruppo italoromanzo in quanto strettamente imparentato con il corso.
  45. ^ Il sassarese è una forma di transizione tra il gallurese e il logudorese, viene qui posto nel gruppo italo-romanzo ma secondo alcuni filologi è da porre nel gruppo sardo.
  46. ^ Un tempo considerate una famiglia linguistica indoeuropea unitaria, parallela ad altri sottogruppi della grande famiglia linguistica, le lingue italiche in realtà costituiscono probabilmente due distinti rami della famiglia indoeuropea, entrambi attestati in territorio italico e, di conseguenza, avvicinate da fenomeni di convergenza.

Bibliografia

  • Émile Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, Torino, Einaudi, 1988, ISBN 88-06-59960-7.
  • Enrico Campanile, Bernard Comrie, Calvert Watkins, Introduzione alla lingua e alla cultura degli Indoeuropei, Bologna, Il Mulino, 2005, ISBN 88-15-10763-0.
  • James Clackson, Die indogermanische Sprachen, Hamburg, Buske, 2012, ISBN 978-0521653671.
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  • Ernst Kausen, Indo-European Linguistics. An Introduction, Cambridge, Cambridge University Press, 2007, ISBN 978-3875486124.
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