Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1 Corso settentrionale: Nascenu tutti l'omi liberi è pari di dignità è di diritti. Anu a ragione è a cuscenza è li tocca à agisce trà elli di modu fraternu. Corso meridionale: Nascini tutti l'omi libari è pari di dignità è di diritti. Ani a raghjoni è a cuscenza è li tocca à agiscia trà iddi di modu fraternu.
Strettamente legato al toscano medievale e impiegato nei suoi dialetti come vernacolo locale nell'isola prima a fianco dell'italiano, lingua coufficiale in Corsica fino al 1859, e dalla metà dell'Ottocento in poi del francese, il corso era la parlata autoctona anche dell'isola di Capraia fino al XX secolo[3].
Classificazione del còrso
«Lingua possente, e de' più italiani dialetti d'Italia.»
(Niccolò Tommaseo (1841), Canti popolari toscani, corsi, illirici e greci, v. 2, Venezia, Girolamo Tasso, p. 6)
Il corso è una lingua neolatina e più precisamente una delle lingue italo-dalmate centro-meridionali[4] ed è ritenuto imparentato al toscano, quando non parte integrante dello stesso idioma[5][6][7][8][9]. Il dialetto cismontano (ossia del nord) si può considerare una continuazione insulare del toscano parlato a Capraia e ad Elba; condivide svariati aspetti col toscano medievale parlato ai tempi di Dante e Boccaccio, e ancor presente in aree della Toscana quali Lucca, la Garfagnana e il summenzionato arcipelago toscano[10].
Quanto al corso meridionale, l'idioma più vicino a questo non è affatto, a dispetto della prossimità geografica, il sardo, che si configura piuttosto come una lingua distinta e non reciprocamente comprensibile, bensì il complesso dei dialetti italiani meridionali estremi, appartenenti al ceppo linguistico siciliano e in particolar modo il calabrese centro-meridionale e il siciliano della Sicilia. Jacques Fusina e Fernand Ettori riportano che «a sud, può sembrare sorprendente constatare che la parentela linguistica più vicina non sia col sardo, nonostante la vicinanza geografica, ma coi dialetti dell'Italia meridionale, specialmente il calabrese. Un corso del sud che parli il corso in Toscana sarà identificato come calabrese; un corso del nord che parli il corso nell'interno della Sardegna sarà identificato come italiano; un sardo che parla il sardo nella penisola [italiana] non sarà capito»[N 1]. Solo in origine si ritiene che in Corsica, prima della sua toscanizzazione, si parlassero varietà riferibili al dominio linguistico sardoromanzo o comunque affini a tale lingua romanza insulare[N 2][N 3][N 4][N 5].
La corrispondenza tra corso moderno e i vernacoli toscani antichi, infatti, concerne ogni aspetto della lingua, dalla fonologia alla morfologia, lessico e sintassi[10]. L'affinità fra italiano e còrso è maggiore rispetto a quella presente fra l'italiano e quelle lingue d'Italia non riconosciute e tradizionalmente chiamate "dialetti"; l'italiano e il còrso sono infatti così simili che generalmente chi conosce l'uno dovrebbe riuscire a capire anche l'altro pur non avendolo mai studiato. Tale parentela linguistica ha origini storiche, stanti i profondi legami intessuti tra "l'Isola della Bellezza" e la penisola italiana dall'epoca medievale al XIX secolo.
Diversamente dalla Sardegna[N 6], in Corsica si osservò infatti per secoli una situazione di diglossia tra l'italiano (in posizione di ufficialità e prestigio) e la lingua locale tanto profonda da indurre gli isolani a considerare quest'ultima un "diverso livello sociolinguistico della medesima lingua"[N 7][N 8]. Il corso e l'italiano agivano sulla struttura sociolinguistica dell'isola come un gradiente, la cui linea di demarcazione era talmente sfumata che occorreva poco più di un mutamento di registro perché gli isolani si rivolgessero in contesti ufficiali alle élite italofone; "toscanizzare" il corso o, come si soleva dire in ambiente urbano, "parlà in crusca" dava luogo a pratiche non già di commutazione di codice, bensì di mistilinguismo tuttora piuttosto comuni nei vari "dialetti" italiani continentali[11]. Particolarmente citato è uno scambio tra Pasquale Paoli, allora in esilio a Londra, e Samuel Johnson; alle domande di quest'ultimo su una "lingua rustica, particolarmente diversa dall'italiano", Paoli ribatté che questa si trovava solo in Sardegna, essendo piuttosto l'italiano la lingua ufficiale della Corsica e il corso un suo vernacolo[12].
Anche dopo l'acquisizione dell'isola da parte di Luigi XV di Francia, l'italiano avrebbe continuato a ricoprire per qualche tempo ancora il ruolo di lingua d'istruzione, letteratura, religione e locale amministrazione. La benestante gioventù corsa, fra cui lo stesso futuro Imperatore dei Francesi, continuò a recarsi in Italia per i propri studi (si stima che la presenza corsa a Pisa, nel biennio 1829-1830, ammontasse a un quarto della popolazione studentesca nell'Università) e i registri civili continuarono a essere redatti in italiano fino al 1855; il 9 maggio 1859 è la data in cui quest'ultimo sarebbe stato infine rimpiazzato dalla lingua francese in via ufficiale[13], anche se questa cominciò a radicarsi saldamente presso la popolazione corsa a partire dal 1882, anno in cui furono promulgate le leggi di Jules Ferry per incentivare l'alfabetizzazione in tutte le province francesi[14]. Una letteratura corsa autoctona piuttosto che italiana faticò a prendere piede e, inizialmente, non recava comunque istanze culturali autonome[N 9]. I più rinomati scrittori corsi, quali il magistrato di BastiaSalvatore Viale, provavano orgoglio per la loro affiliazione alla sfera italiana, reputando anzi il loro idioma «uno dei meno impuri dialetti d'Italia»[N 10].
La situazione cambiò radicalmente col fascismo italiano, le cui aggressive pretese territoriali sull'isola, seguite poi da un'invasione e un periodo di occupazione, provocarono una diffusa reazione di rigetto nei confronti della lingua e cultura italiana, rinsaldando al contrario i legami con la Francia continentale e accelerando ancor di più il passaggio degli isolani alla lingua nazionale francese[15]. Al momento della Liberazione francese dall'occupante nazifascista, ogni legame preesistente tra le varianti linguistiche corse e l'italiano era ormai stato reciso; attività mirate alla promozione del corso, elemento precedentemente politicizzato dai collaboratori col regime fascista, incontravano l'indifferenza popolare, quando non diffidenza e finanche sospetto di simpatie irredentiste[16]. Fu a partire da allora che il corso, smarcandosi definitivamente dall'italiano, cercò di elevarsi al rango di lingua autonoma; in tale direzione procedette, a partire dagli anni Settanta, il movimento politico nazionalista e soprattutto quello culturale del riacquistu, orientato alla progressiva riappropriazione della cultura regionale. Come riporta Fiorenzo Toso, «l'ipotesi di perseguire l'italianità culturale dell'isola appare oggi come oggi, all'assoluta maggioranza dei corsi, dotata di una limitata attrattiva»[17].
Alla luce della storia linguistica corsa, la denominazione di "lingua romanza" nel senso di "autonomo gruppo linguistico" al pari di altri idiomi derivati direttamente dal latino volgare e non già da uno dei suoi discendenti potrebbe essere pertanto ritenuta controversa; nonostante tutto, il corso è tipologicamente un idioma italoromanzo[18]. Giovan Battista Pellegrini, in merito, rilevò che «linguisticamente italiana è, senza ombra di dubbio, la Corsica, che appartiene politicamente alla Francia dal 1769. La lingua ufficiale è ivi il francese, mentre i dialetti locali sono prevalentemente di tipo toscano (e in parte vicini al sardo). Non si può invece affermare che la cultura sia in Corsica italiana. In questi ultimi anni, da parte di alcuni cultori locali di problemi linguistici e politici che fanno capo a movimenti autonomistici, si diffonde in Corsica la curiosa dizione di "lingua corsa"»[19].
In effetti, nel momento in cui l'Assemblea Nazionale francese approvò la legge Deixonne del 1951 per la tutela delle lingue regionali e minoritarie, solo il bretone, il basco, il catalano e l'occitano furono riconosciuti[20], a differenza del corso, alsaziano e fiammingo che furono piuttosto considerati dialectes allogènes ("dialetti allogeni") di lingue straniere, rispettivamente dell'italiano, tedesco e olandese[21]. Una sostenuta mobilitazione popolare portò l'Assemblea a riconoscere anch'essi come lingue regionali nel 1974, prevedendo a loro tutela l'insegnamento opzionale nelle scuole. Il còrso è allora stato eretto al rango di specifica lingua neolatina (codice ISO: co) come elemento di una "individualità corsa" in Francia, sorta da spinte sia centrali sia autonomistiche[17].
Area di diffusione del còrso
Il còrso è attualmente parlato in diverse varianti nell'isola di Corsica, con l'eccezione di Bonifacio, dove è parlata (da un numero sempre minore di locutori) una variante ligurebonifacina. Anche a Calvi, un tempo come Bonifacio quasi completamente abitata da una popolazione di origine genovese, si parlava una variante ligure che tuttavia è oggi estinta, mentre a Cargese (Καργκέζε), già colonia di esuli greci prima trapiantati in Paomia nella seconda metà del XVII secolo, si parla un còrso che ha assimilato alcuni termini greci e la lingua greca è ormai utilizzata ai soli fini liturgici.
Al di fuori dell'isola, a seguito di ingenti fenomeni di emigrazione e scambio iniziati fin dal Medioevo, nel nord della Sardegna si parlano varianti considerate da taluni come sarde, ma in maggioranza come còrse o afferenti a un gruppo linguistico di transizione:
il maddalenino: parlato esclusivamente nell'isola della Maddalena, presenta affinità con i dialetti di Bonifacio e Porto Vecchio, nonché un'importante influenza genovese;
il sassarese, parlato a Sassari, Porto Torres, pur accomunato nella struttura e grammatica al gallurese e al còrso oltramontano, deriverebbe direttamente dal toscano del XII secolo, e presenta diversi caratteri distintivi e autonomi, molti dei quali derivati dall'influenza del sardo logudorese nel lessico e nella pronuncia, più altre minori come quelle catalane, spagnole e liguri; (queste ultime più evidenti nel castellanese), la grande presenza di termini stranieri nei dialetti sassaresi è dovuta alla forte vocazione mercantile dell'area in cui essi si sono sviluppati.
Il castellanese, la cui estensione risulta limitata al territorio di Castelsardo, rappresenta una sorta di zona grigia di transizione tra gallurese e sassarese. Rispetto al sassarese presenta maggiore conservatività nella fonetica e nel lessico, mantenendo infatti una pronuncia più pura ed arcaica e più simile al gallurese comune; questa variante infatti si dimostra poco aperta ad innovazioni linguistiche, dimostrato dal fatto che molte parole e costruzioni proprie dell'antico còrso-toscano altrove perse nel borgo sono ancora in uso. Presenta interessanti similitudini con la variante della lingua còrsa parlata nella regione di Ajaccio. I dialetti di Valledoria, Tergu e Sedini, anche se inseriti nel gruppo castellanese, differiscono da esso in molti punti che li rendono più solidali ora con il gallurese ora col sassarese, oltre che presentare un maggior numero di sardismi.
Il dialetto ormai estinto della vicina isola di Capraia nell'arcipelago toscano presentava inoltre diversi punti di contatto col còrso, a causa della forte vicinanza geografica, storica e culturale fra le due isole. Caratteri solo parzialmente simili mostra invece la parlata dell'isola d'Elba occidentale, che si conserva soprattutto nel circondario di Chiessi e Pomonte.
Si stima che nel 2004 il còrso era parlato in Corsica da circa 90-100000 locutori su 275 000 abitanti dell'isola, essendo molti di questi ultimi di madrelingua francese[22], ai quali devono comunque essere aggiunte le popolazioni emigrate nelle altre regioni della Francia continentale, per un totale di 133 000 individui, nonché in altre nazioni. Il numero dei locutori stimati per il gallurese ammonta invece a circa 80 000 unità, sui circa 120 000 abitanti della Gallura. Dal momento che nel 2016 la popolazione dell'isola di Corsica ha superato quota 330 000, Ethnologue fornisce un dato complessivo da 341 000 a 401 000 locutori della lingua còrsa.
Evoluzione e letteratura del còrso
Non si hanno molte notizie su quale fosse stato il sostrato linguistico prelatino degli antichi abitanti della Corsica (le civiltà preistoriche e i torreani) antecedentemente alla conquista romana e alla sua latinizzazione. Quello che è noto sono alcune radici rimaste nei toponimi e nel lessico (KAL/KAR: Calanca, Calacuccia; KOR: Corsica, Corte; KUK: Calacuccia, TAL/TAR: Taravo, Tallano; TEP: teppa; TAV: Tavignano, Tavera) e che in periodo romano tribù còrse occupavano anche l'odierna Gallura nel nord della Sardegna (che presenta similitudini anche nei resti archeologici).
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente e la formazione dei primi volgari, la Corsica presentava caratteristiche linguistiche di tipo conservativo simili al sardo, di cui è rimasto un retaggio nelle parlate della zona meridionale dell'isola.[23][24][25][26]
Dall'XI secolo la situazione mutò fortemente, specie nella parte settentrionale dell'isola, per via del contatto diretto coi dialetti toscani, stabilito in seguito a ingenti tentativi di ripopolamento dei dominatori pisani, favoriti dalla notevole vicinanza geografica. Dal XIII al XVIII secolo i pisani vengono sostituiti dai genovesi, i quali insediano interi borghi di lingua ligure (Bonifacio e Calvi) ma, pur introducendo un notevole influsso genovese nei dialetti locali, di fatto proseguono nell'utilizzo del toscano illustre come lingua scritta e di cultura in Corsica. Questo spiega il motivo per cui, fino a quel momento, in Corsica l'unica lingua utilizzata nelle comunicazioni scritte è stata l'italiano, e prima di esso il latino.
Nel XIV e XV secolo comunque diversi atti e testi redatti apparentemente in volgare toscano da personalità e scrittori còrsi rivelano in realtà la situazione linguistica dell'isola nel periodo: si vedano i Cartolari della diocesi del Nebbio della metà del XIV secolo in dialetto toscano "corsizzato":
«Actum in lo loco ove se dice a la buda de la diocese de Nebio (...) secundo la usança e la consuetudine de la dicta contrata, erano convocati et congregati a parlamento Uppecinucio Corthincho de Petralarata, podestae de Nebio, et la maior parte de li clerici et de li nobili et de li populari de Nebio»
Anche la Deposizione del rettore della chiesa di San Nicolò di Spano di Iohanni Provintiale del 1400, uno dei più antichi testi in volgare còrso, la Lettera ai protettori delle compere del Banco di San Giorgio del vescovo di Ajaccio Jacopo Mancoso del 1480, la Lettera di prete Polino da Mela ai protettori del Banco di San Giorgio del 1489 e Lettera dall'esilio di Giovanpaolo Leca, conte di Cinarca, ai figli del 1506. Dal XIX secolo, a seguito dell'annessione alla Francia avvenuta nel 1769, sarebbe stato il francese a essere adottato come lingua ufficiale, spiazzando ufficialmente l'italiano nel 1859[27].
Il còrso ha sempre avuto fondamentalmente trasmissione orale; la codificazione della stessa come lingua scritta avviene pertanto solo in epoca recente e risente pertanto di forti influssi, provenienti dall'italiano standard e poi dal francese. Il primo testo pubblicato in còrso sono le strofe di U sirinatu di Scappinu nel testo Dionomachia (1817) di Salvatore Viale (1787-1861). Nella seconda metà dell'Ottocento si susseguono le opere del vescovo di Ajaccio Paul-Matthieu de La Foata (Poesie giocose, in lingua vernacola della Pieve d'Ornano), le Cummediôle di Petru Lucciana (1832-1909) tra cui In campagna, cummediôla in 2 atti, Francesco Domenico Falcucci con il Vocabolario dei dialetti della Corsica (pubblicato postumo solo nel 1915 e che introduce i gruppi ghj e chj a indicare le sonorità caratteristiche delle parlate còrse) e Santu Casanova (1850-1936) con la rivistaA Tramuntana (1896-1914). Sorge evidente in questa fase il problema della normalizzazione dell'ortografia della lingua scritta che occuperà i linguisti còrsi per tutto il XX secolo. All'inizio del secolo le pubblicazioni periodiche A muvra (1920-39) e L'annu corsu (1923-36) poi rinominata L'Année Corse (1937-39) e dopo la metà del Novecento U Muntese (1955-72).
Tra gli scrittori del XX secolo che hanno maggiormente contribuito alla normalizzazione del còrso scritto si cita Pascal Marchetti (1925-2018) autore di Intricciate e cambiarine, del manuale di lingua corsa Le corse sans peine/U corsu senza straziu e del dizionario còrso-francese-italiano L'usu corsu.
Fra le testate che mantengono vivo l’uso scritto del còrso c’è il settimanale Journal de la Corse, considerato il più antico periodico d’Europa risalendo al 1817, che ogni numero pubblica articoli nella lingua isolana.
(IV-XL) O Specchiu d'e zitelle di la pieve,
O la miò chiara stella matuttina,
Più bianca di lu brocciu e di la neve,
Più rossa d'una rosa damaschina,
Più aspra d'a cipolla, e d'u stuppone,
Più dura d'una teppa, e d'un pentone.
(IV-L) Bulentier lascierie d'esse Scapinu,
Per esse u casacchin, ch'eo ti dunai,
E stringhje lu tò senu alabastrinu;
E or chi durmendu in lettu ti ne stai,
Oh fussi u cavizzale, o u cuscinettu,
O u lenzolu supranu d'u tò lettu!
Quandu saréti majori
currareti par li piani
l'arbi turnarani fiori
l'oliu currarà à funtani
Turnarà bàlzamu fini
tutta l'acqua di u mari
Tutti li vostri antinati
erani omi famosi
erani lesti è gagliardi
sanguinarii è curaghjosi
M'aviani sempri all'appostu
cutràchini è beddi così.
Varianti
Il còrso propriamente detto presenta una qual certa omogeneità morfologica ma si suddivide essenzialmente in due macrovarianti, seguendo la catena centrale dei monti e in funzione della conformazione geografica dell'isola (con una dividente che passa, grosso modo, lungo la linea che unisce Ajaccio e Calcatoggio, a nord di Bocognano, il Col de Vizzavona, a sud di Ghisoni sul Col de Verde e a sud di Ghisonaccia). Solitamente, gli studiosi posizionano le varianti settentrionali vicino al toscano e quelle meridionali vicino ai dialetti siculo-calabresi[N 1]
La discriminante è rappresentata fondamentalmente dal differente esito e/i intermedio (pelu/pilu, seccu/siccu, questu/quistu), e/i finale (duttore/duttori, oghje/oghji, pane/pani, cuntinentale/cuntinentali), dalla variazione cacuminale almeno a fine parola per -ll- in -dd- (fratellu/frateddu, bellu/beddu, ellu/eddu, elli/eddi, stalla/stadda), il plurale femminile (case/casi, pere/peri), dal comportamento verbale (esse/essa, cunnosce/cunnoscia, vene/vena, corre/corra, parlate/parleti), la mutazione fonetica nella pronuncia (gabu/capu, gane/cane, gorsu/corsu, cidà/cità, vragigu/fracicu) con la sonorizzazione o tensione delle consonanti (face-fage/facce-face), sulla nettezza della pronuncia dei gruppi -ghj- e -chj- (gattu/ghjattu, giurnale/ghjurnale, cullegiu/culleghju) sulla pronuncia della -v- (binu/vinu, bacca/vacca).
Còrso cismontano
Còrso del Nord o cismontano (cismontincu o supranu o supranacciu), che costituisce la variante più diffusa e standardizzata,[senza fonte] parlato nella zona nordoccidentale nei distretti di Bastia (Bastia) e Corte (Corti). Il dialetto di Bastia e quello del Capo Corso, per le loro caratteristiche, potrebbero rientrare tra i dialetti toscani, rappresentando - tra l'altro - la parlata più vicina all'italiano standard rispetto a qualunque dialetto italiano, a parte, naturalmente, i vernacoli toscani. Sono indiscutibilmente cismontani i dialetti che oltre tutte le caratteristiche citate presentano, ad esempio, esito in chjamerebbe/i e quindi situati a nord di una linea che unisce Piana, Vico, Vizzavona, Ghisoni, Ghisonaccia (escludendole) e comprendono i sottogruppi del Capo Corso (Capicursinu) e di Bastia (Bastiacciu, i>e: destinu, ghjennaghju, secondu, bellezza; a>e: ferru, apertu, persona, numeru, mercuri, canteraghju) del dialetto di Cervioni (oltre a i>e ed a>e, u>o: ottanta, momentu, toccà, continentale; a>o: oliva, orechja, ocellu), nonché gli altri tra cui quello della Balagna (Balaninu) e di Corte (che mantengono le caratteristiche generali del còrso: distinu, ghjinnaghju, sicondu, billezza, apartu, farru, marcuri, cantaraghju, uttanta, mumentu, tuccà, cuntinentale, aliva, arechja, acellu), il Niulincu.
Zona di transizione
Ai margini (a nord e sud) di questa dividente vi è una zona intermedia di transizione nelle quali vi sono alcune caratteristiche assimilabili a ciascuno dei gruppi, nonché per altre particolarità locali. Sono di transizione tra quelli cismontani i dialetti della zona tra Piana a Calcatoggio e della Cinarca con Vizzavona (che presentano ad esempio esito verbale in chjamarìa come al sud), nonché quelli del Fiumorbo tra Ghisonaccia e Ghisoni (fiumorbacciu, che presenta la cacuminale) e tra quelli pomontinchi l'aiaccino (aiaccinu, vero crogiuolo di mescolanze, ma con una base pomontinca e il -ll→-dd- cacuminale in fine di parola, pronuncia netta di -ghj-, plurale femminile in -i, cane e accattà e non ghjacaru e cumprà, ellu/ella e non eddu/edda; piccole variazioni: sabbatu>sabbitu, u li dà>ghi lu dà; sillaba finale spesso troncata e accentata: marinari>marinà, panatteri>panattè, castellu>castè, cuchjari>cuchjà) e i dialetti della Gravona (che però almeno nella parte meridionale hanno carattere più spiccatamente pomontinco), il bastelicaccio (che sarebbe pomontinco ma presenta alcune particolarità con il suo tipico rotacismo: Basterga) e il dialetto di Solenzara (che non conserva le vocali -i- e -u- corte latine: seccu, peru, rossu, croci, pozzu).
Còrso oltramontano
Il còrso del Sud o oltramontano (pumontincu o suttanu o suttanacciu) è la variante più arcaica e conservativa, parlata nei distretti di Sartene (Sartè) e Porto-Vecchio (Portivechju). In analogia con il sardo ed a differenza del còrso cismontano, conserva la distinzione delle vocali brevi latine ĭ e ŭ (es. pilu, bucca). È caratterizzata inoltre dalla presenza di suoni cacuminali in -ll→-dd- [es. aceddu (uccello), beddu (bello), quiddu (quello), ziteddu (ragazzo)]. La lingua parlata ad Ajaccio (Aiacciu) presenta caratteristiche di transizione. Sono totalmente pomontinchi i dialetti del Taravese (Taravesu, -dd- cacuminale solo per -ll-: frateddu, suredda, beddu; ma conservazione di -gl-: piglià, famiglia, figliolu, vogliu; ma non conserva le vocali -i- e -u- corte latine: seccu, peru, rossu, croci, pozzu), del Sartenese (Sartinesu, conservativo, vocali -i- e -u- corte latine: siccu, piru, russu, cruci, puzzu; modificazione -rn→-rr-: forru, carri, corru; cacuminale anche per gl: piddà, famidda, fiddolu, voddu; forme verbali in cantàvami, cantàvani; plurale maschile in -i>-a: l'ochja, i poma; ma con esito in eddu/edda/eddi), dell'Alta Rocca (Rucchisgianu, tra i più conservativi e puri, con esito in iddu/idda/iddi, la cacuminale -dd- anche per -gl-: piddà, famidda, fiddolu, voddu, -i- e -u- corte latine e con altre particolarità che lo accostano notevolmente al gallurese), e della regione meridionale tra Porto Vecchio (Portivechjacciu) e l'entroterra di Bonifacio (cacuminale in -dd- anche per -gl- come nell'Alta Rocca ma con -u>-i: fiumu, paesu, patronu; evoluzione del plurale maschile -i>-a: i letta, i solda, i ponta, i foca, i mura, i loca, i balcona; forme verbali in cantàiami, cantàiani; -i- e -u- corte latine, esito eddu/edda/eddi a Porto Vecchio ma iddu/idda/iddi a Figari). I dialetti pomontinchi sono quindi delimitati da una linea che passa a sud di Porticcio, Bastelica, del Col di Verde e di Solenzara (escludendoli).
Gallurese
Il gallurese (gadduresu), parlato nella regione storico-geografica della Gallura (Sardegna), è molto simile ai dialetti dell'Alta Rocca per le seguenti caratteristiche :
Cacuminale anche per gl: piddà, famidda, fiddolu, voddu etc.;
Castellanese
Il dialetto castellanese è parlato nel comune di Castelsardo in Sardegna, e come variante a Tergu e Sedini. L'origine dell'idioma risale all'incirca al XIII secolo in seguito all'arrivo di un grande numero di genti corse che finirono per rappresentare la maggioranza della popolazione, cui si aggiungevano liguri, toscani e sardi che insieme costituivano la variegata popolazione della città neo-fondata dai Doria.
Questa variante rappresenta un esempio di koinè in quanto, in un contesto linguistico prettamente toscano-corso (presenta analogie con il corso parlato nella conca di Ajaccio, e in particolare con la variante della lingua corsa detta "taravesu"), si aggiungono elementi galloromanzi (liguri-genovesi) e molti termini sardi e di derivazione catalana/aragonese. Il castellanese presenta notevoli concordanze con la variante del corso detto Taravesu con il quale condivide moltissimi fonemi: pronomi personali eddu/edda/eddi, cacuminali solo per -ll, conservazione del gruppo -GL, passaggio del gruppo -RN a -RR, mantenimento della v intervocalica, sviluppo in -e/-o delle vocali brevi latine, Le caratteristiche più importanti del castellanese possono essere individuate in:
nettezza della pronuncia dei gruppi -ghj- e -chj- (agghju, magghju)
pronuncia della -v- iniziale (vinu, vacca.)
pronuncia della -v- intervocalica (eva, etc.) caratteristica presente nel corso (Ajaccino, Travesu, etc.)
conservazione di vocali brevi latine in molti termini (mushca e non moshca, infriddà e non infreddà) caratteristica che lo affianca alla lingua corsa meridionale e al gallurese, mentre in molti si assite al singolare sviluppo in e/o come nel corso del nord e centro-meridionale e nel sopra citato "taravesu" e i dialetti della conca di Ajaccio.
cacuminali solo per -ll-
mutamento di -ce-,-ci- in -ge-,-gi-: lugi, vogi, pagi
Sono nato in Corsica e vi ho passato gli anni migliori della mia giovinezza. Ricordo, quando eravamo ragazzi, che le nostre mamme ci mandavano da soli a fare il bagno. Allora la spiaggia era piena di sabbia, senza scogli né rocce e si stava in mare delle ore fino a quando, paonazzi dal freddo poi ci andavamo a rotolare in quella sabbia bollente dal sole. Poi l'ultimo tuffo per levarci la sabbia attaccata alla pelle e ritornavamo a casa che il sole era già calato, all'ora di cena. Quando faceva buio noi ragazzi ci mandavano a fare granchi, con la luce, che serviva per mettere l'esca agli ami per pescare. Ne raccoglievamo in quantità poi in casa li mettevamo in un sacchetto chiuso in cucina. Una mattina in cui ci eravamo alzati che era ancora buio, quando siamo andati a prendere il sacchetto era vuoto e i granchi giravano per tutte le camere e c'è voluta più di mezz'ora per raccoglierli tutti.
Sò nato in Corsica e c'hajo passato li méglio anni de la mi' giovinezza. Mi mentovo quand'èremo bàmboli che le nosse ma' ci mandàveno da ssoli a fa' 'l bagno. Allora la piaggia era piena di rena, senza scogli né greppe e stàvemo in mare fino a quando ingrozzichiti c'andàvemo a rivorta' 'n chidda rena bollente dal sole. Poi l'urtimo ciutto pe' levacci la rena attaccata a la pella e tornàvemo 'n casa che 'l sole era già ciuttato, a l'ora di cena. Quando veniva buio a no' bàmboli ci mandàveno a fa' granchi, colla luce, che ci voléveno pe' mette' l'ami pe' pescà. Ne aricogliévemo a guaro, po' 'n casa li mettévemo in de 'n sacchetto chiuso 'n cucina. Una matina che c'èremo levati ch'era sempre buio, quando simo andati a piglià 'l sacchetto era voto e li granchi giràveno pe' ttutte le càmmere e c'è voluto più di mezz'ora ad aricoglieli tutti.
Sigghi natu in Corsica e g'hagghi passatu li mégghiu anni di la me ghiuvinézza. Ricordu quandu èrami zitèlli chi le nosse ma' ci mandèvani da ssòli a fa' u bagnu. Allora la piagghia ère piena di réna, senza scógghi né rocce e ci stève in mare dill'òre finu a quandu paunazzi da u freddu po' ci andèvami a rivòrtule in quella réna bullènte da u sole. Po' l'urtimu ciuttu pe' levacci la réna attaccata a la pella e riturnèvamì in casa chi u sole ère ghià calatu, a l'ora di cena. Quandu fève bugghiu a no'zitèlli ci mandèvani a fa' granchi, cu la lusa, chi ci vulèvani pe' annésche l'ami pe' pèsche. Ne ricugghièvami a mandilate piene po' in casa li mettivami in de un sacchéttu chiòsu in cusina. Una matìna chi c'èrami orzati chi ère sempre bugghiu, quandu simmi andati a pigghie u sacchéttu ère vòtu e li granchi ghirèvani pe' ttutte le càmmare e c'è vulutu più di mezz'ora a ricugghiàli tutti.
Sò natu in Corsica è c'aghju passatu i più belli anni di a mio giuventù. M'arricordu quand'èramu zitelli chì e nostre mamme ci mandavanu soli à fà u bagnu. Tandu a piaghja era piena di rena, senza scogli né cotule é ci ne stàvamu in mare per ore fin'à quandu, viola per u freddu, dopu ci n'andavamu a vultulàcci in quella rena bullente da u sole. Po' l'ultima capiciuttata per levacci a rena attaccata à a pelle è vultavamu in casa chì u sole era digià calatu, à ora di cena. Quand'ellu facìa bughju à noi zitèlli ci mandàvanu à fà granchi, cù u lume, chì ci vulìa per innescà l'ami per a pesca. N'arricuglìamu à mandilate piene po' in casa i punìamu nu un sacchéttu chjosu in cucina. Una mane chì c'èramu arritti ch'èra sempre bughju, quandu simu andati à piglià u sacchettu ellu èra biotu è i granchi giravanu per tutte e camere è ci hè vulsuta più di méz'ora à ricoglieli tutti.
Sòcu natu in Còrsica e v'agghju passatu i mèddu anni di a me ghjuvintù. M'ammentu quand'érami zitéddi chì i nosci mammi ci mandàiani da par no' a fàcci u bagnu. Tandu a piaghja ghjéra piena di rèna, senza scódda né ròcchi è si staghjìa in mari ori fin'a quandu, viola da u fritu andàghjìami a vultulàcci in quidda rèna buddènti da u soli. Dapo', l'ultima capuzzina pa' livàcci a réna attaccata a à péddi e turràiami in casa chì u soli era ghjà calatu, à l'ora di cena. Quandu facìa bughju à no' zitéddi ci mandàiani à fà granci, cù a luci, chi ci vulìa par inniscà l'ami pà piscà. N'arricuglivàmi à mandili pieni è dapoi in casa i mittìami drent'à un sacchettu chjusu in cucina. Una matìna chì ci n'érami pisàti chi ghjéra sempri bughju, quandu sèmu andati à piddà u sacchéttu iddu éra biotu è i granci ghjiràiani pà tutti i càmari e ci hè vuluta più di méz'ora pà ricapizzulàlli tutti.
Socu natu in Corsica è v'aghju passatu i megliu anni di a me ghjuvantù. Mi rammentu quand'erami ziteddi chì i nosci mammi ci mandaiani da par no à fàcci u bagnu. Tandu a piaghja era piena di rena, senza scogli nè rocchi è si staia in mari ori fin'à quandu, viola da u fretu andaiami à vultugliàcci in quidda rena buddenti da u soli. Dapoi, l'ultima capuzzina pà livàcci a rena attaccata à a peddi è turraiami in casa chì u soli era ghjà calatu, à l'ora di cena. Quandu facìa bughju à no ziteddi ci mandaiani à fà granci, cù a luci, chì ci vulìa par inniscà l'ami pà piscà. N'arricugliìami à mandigli pieni è dopu in casa i mittìami drent'à un sacchettu chjusu in cucina. Una matina chì ci n'erami pisati chì era sempri bughju, quandu semu andati à piglià u sacchettu era biotu è i granci ghjiraiani pà tutti i cammari e ci hè vulsuta più d'una mez'ora pà ricapizzulà li tutti.
Sòcu natu in Còssiga e v'agghju passatu li mèddu anni di la mè ciuintù. M'ammentu candu érami stéddi chi li nostri mammi ci mandàani da pal noi a fàcci lu bagnu. Tandu la piaghja éra piena di rèna, senza scóddi e né ròcchi e si stagghjìa in mari ori fin'a candu, biaìtti da lu fritu andaghjìami a vultulàcci in chidda rèna buddènti da lu soli. Dapoi, l'ultima capuzzina pa' bucàcci la réna attaccata a la péddi e turràami in casa chi lu soli éra ghjà calatu, a l'ora di cena. Candu facìa bugghju a noi stéddi ci mandàani a fa' granchi, cù la luci, chi vi vulìa pa' accindì(attivà) l'ami pa' piscà. N'accapitàami a mandili pieni e dapoi in casa li mittìami indrent'a un sacchéddu chjusu in cucina. Una matìna chi ci n'érami pisàti chi éra sempri lu bugghju, candu sèmu andati a piddà lu sacchéddu iddu éra bòitu e li granchi ghjràani pa' tutti li càmbari e v'è vuluta più di mez'ora pa' accapitàlli tutti.
Soggu naddu in Còssiga e v'agghju passaddu li megli'anni di la mè ghjuivintù. M'ammentu cand'èrami piccinni chi li nosthri mammi ci mandavani da pal noi a fàcci lu bagnu . Tandu la spiagghja era piena di rena, senza scogli né rocchi e si sthaggia ori finz'a candu, biàtti da lu freddu andagiami a vultulacci in chidda rena buddendi da lu soli. Dabboi l'ultima cabucina pà buggacci la rena attaccadda a la pèddi e turravami in casa chi lu soli era ghjà caladdu, a l'ora di cena. Candu fagia bughju à noi piccinni ci mandavani a fà ganci, cù la lugi chi vi vulia pà inniscà l'àmi pà piscà. Ni pigliavami assai e daboi in casa li mittìami drent'a un saccheddu sarraddu in cucina. Un mangianu chi ci n'erami pisaddi chi era sempri bugghju, candu semmu andaddi à piglià lu sacchettu era boiddu é li ganci ghjiràvani pàl tutti li càmmari è v'é vuludda più di mezz'ora pà accuglinnili tutti.
Soggu naddu in Còssiga e v'aggiu passaddu l'anni più beddi di la pitzinnìa mea. M'ammentu, cand'érami minori, chi li mammi nosthri tzi mandàbani a fatzi lu bagnu a la sora. Tandu l'ippiaggia era piena di rena, chena ischogliu né rocca e si isthazìa a mogliu ori fintz'a candu, biaìtti da lu freddu, andàbami a rudduratzi in chidda rena buddendi da lu sori. A dabboi l'ùlthimu cabutzoni pa bugganni la rena attaccadda a la peddi e turràbami a casa chi lu sori era già caraddu, a l'ora di tzinà. Candu si fazìa buggiu a noi pitzinni tzi mandàbani a piglià granchi, cu' la luzi chi vi vurìa pa innischà l'amu pa pischà. Ni pigliàbami umbè e dabboi in casa li punìami drentu a un sacchettu sarraddu i' la cuzina. Un manzanu chi tzi n'érami pisaddi chi era ancora buggiu, candu andesimi a piglià lu sacchettu eddu era bioddu e li granchi giràbani pa tutti l'appusenti, e v'è vurudda più di mez'ora pa accuglinniri tutti.
Pronomi e aggettivi possessivi: meiu/meo/mo/me, toiu/to, soiu/so, nostru, vostru, soiu/so
Pronomi e aggettivi dimostrativi: questu/quistu-questi/quisti (questo-questi), quessu/quissu-quessi/quissi (codesto-codesti), quellu/quiddu-quelli/quiddi (quello-quelli)
Verbi:
I verbi hanno fondamentalmente quattro coniugazioni (-à, -é, -e/-a, -e/-ì) delle quali la seconda e la terza presentano alcune caratteristiche comuni.
Verbo esse/essa (essere):
Indicativo presente: eiu/eo sò/socu, tu sè/sì, ellu/eddu/iddu hè, noi simu/semu, voi site/sete/seti, elli/eddi/iddi sò;
Indicativo imperfetto: eiu/eo era/eru, tu ere/eri, ellu/eddu/iddu era, noi eramu/erami, voi erete/erate/erati, elli/eddi/iddi eranu/erani;
Indicativo passato remoto: eiu/eo fui/fubbi, tu fuste/fusti, ellu/eddu/iddu fu/fubbe, noi fuimu/fubbimu, voi fustete/fuste/fusti, elli/eddi/iddu funu/funi/fubbenu;
Indicativo futuro: eiu/eo seraghju/saraghju, tu serai/sarai/saré, ellu/eddu/iddu serà/sarà, noi seremu/saremu, voi serete/sarete/sareti, elli/eddi/iddi seranu/saranu/sarani;
Congiuntivo presente: chì eo/eiu sia/sii, chì tù sie/sia/sìi, chì ellu/eddu/iddu sia/sii, chì noi sìamu/sìami, chì voi siete/sìate/sìati, chì elli/eddi sìanu/sìani;
Congiuntivo imperfetto: chì eo/eiu fussi, chì tu fusse/fussi, chì ellu/eddu/iddu fussi, chì noi fussimu/fussimi, chì voi fussete/fussite/fussiti, chì elli/eddi/iddi fussinu/fussini;
Condizionale: eo/eiu serebbi/sarìa, tu sereste/sarìsti, ellu/eddu/iddu serebbe/sarìa, noi serebbimu/sarìamu/sarìami, voi serèstete/sarìate/sarìati, elli/eddi/iddi serebbenu/sarìanu/sarìani;
Gerundio presente: essendu;
Gerundio passato: essendu statu;
Verbo avè (avere):
Indicativo presente: eo/eiu aghju, tu ai, ellu/eddu/iddu hà, noi avèmu/èmu, voi avète/avèti/èti, elli/eddi/iddi anu/ani;
Indicativo imperfetto: eo/eiu avia/aviu, tu avie/avii, ellu/eddu/iddu avia, noi avìamu/avìami, voi avìete/avìate/avìati, elli/eddi/iddi avìanu/avìani;
Indicativo passato remoto: eo/eiu ebbi/abbi, tu aveste/avesti/avisti, ellu/eddu/iddu ebbe/abbe, noi ebbimu/avetimu, voi avestete/aviste/avetiti, elli/eddi/iddi ebbenu/abbenu/avetenu;
Indicativo futuro: eo/eiu averaghju/avaraghju, tu averai/avarai/avaré, ellu/eddu/iddu averà/avarà, noi averemu/avaremu, voi averete/avarete/avareti, elli/eddi/iddi averanu/avaranu/avarani;
Congiuntivo presente: chì eo/eiu appii/abbia/aghjia, chì tu appie/abbii/aghji, chì ellu/eddu/iddu appii/abbia/aghja, chì noi àppiimu/àbbiamu/àghjimi, chì voi àppiete/àbbiate/àghjiti, chì elli/eddi/iddi àppiinu/àbbianu/àghjini;
Congiuntivo imperfetto: chì eo/eiu avessi/avissi, chì tu avesse/avissi, chì ellu/eddu/iddu avessi/avissi, chì noi avèssimu/avissimu, chì voi avèssete/avissite/avissiti, chi elli/eddi/iddi avèssinu/avissinu/avissini;
Condizionale: eo/eiu averebbi/avaria, tu avereste/avarìsti, ellu/eddu averebbe/avarìa, noi averèbbimu/avarìamu/avarìami, voi averèstete/avarìate/avarìati, elli/eddi/iddi averèbbenu/avarìanu/avarìani;
Gerundio presente: avèndu;
Gerundio passato: avendu avùtu;
Coniugazione in -à – Verbo amà (amare):
Indicativo presente: eo/eiu amu, tu ami, ellu/eddu/iddu ama, noi amèmu, voi amate/amèti, elli/eddi amanu/amani;
Indicativo imperfetto: eo/eiu amàva/amaìa, tu amave/amàvi/amai, ellu/eddu/iddu amàva/amaìa, noi amavamu/amaìami, voi amavete/amavate/amaìati, elli/eddi/iddi amavanu/amaìani;
Indicativo passato remoto: eo/eiu amai/ameti, tu amaste/amesti, ellu/eddu/iddu amò/amete/ameti, noi amaimu/ametimu/ametimi, voi amastete/amesti/ametiti, elli/eddi/iddi amonu/ametenu/ametini;
Indicativo futuro: eo/eiu ameraghju/amaraghju, tu amerai/amarai/amaré, ellu/eddu/iddu amerà/amarà, noi ameremu/amaremu, voi amerete/amarete/amareti, elli/eddi/iddi ameranu/amaranu/amarani;
Gerundio presente: amèndu;
Gerundio passato: avendu amatu;
Coniugazione in -è – Verbo vulè (volere):
I rari verbi di questa coniugazione (aé, duvè, parè, pudè, sapé, valè, vulé) sono tutti irregolari.
Coniugazione in -e/-a – Verbo teme/tema (temere):
Comprende ad esempio i verbi crede/creda (credere), corre/corra (correre), rivede/riveda (rivedere);
Indicativo presente: eo/eiu temu, tu temi, ellu/eddu/iddu teme/temi, noi temimu/timimu, voi temite/timite/timiti, elli/eddi/iddi temenu/temini;
Indicativo imperfetto: eo/eiu temìa/timìa/timìu, tu temìe/timìi, ellu/eddu/iddu temìa/timìa, noi temìamu/timìamu/timiami, voi temìete/timìate/timìati, elli/eddi/iddi temìanu/timìanu/timìani;
Indicativo passato remoto: eo/eiu temìi/timiti, tu temiste/timisti, ellu/eddu/iddu temì/timite/timiti, noi temìimu/timitimu/timitimi, voi temìstete/timitete/timititi, elli/eddi/iddi temìnu/timitinu/timititi;
Indicativo futuro: eo/eiu temeraghju/timaraghju, tu temerai/timarai/timaré, ellu/eddu/iddu temerà/timarà, noi temeremu/timaremu, voi temerete/timarete/timareti, elli/eddi/iddi temeranu/timaranu/timarani;
Gerundio presente: temendu/timèndu/timèndi;
Gerundio passato: avendu temutu/timùtu;
Coniugazione in -e/-ì – Verbo finisce/finì (finire):
Comprende ad esempio i verbi dorme/durmì (dormire), copre/cuprì (coprire), dì (dire), scopre/scoprì (scoprire), more/morì (morire), vene/venì (venire), apparisce/apparì (apparire), costruisce/costruì (costruire), finisce/finì (finire);
Diversi francesismi sono diffusamente presenti nel còrso (con l'ovvia esclusione di gallurese e sassarese, i quali invece hanno subìto vari sardismi e iberismi):
usina (fabbrica, da usine), caminu di farru (ferrovia, da chemin de fer), mèria/mèru (sindaco, da mairie/maire), nivellu (livello, da niveau).
Sempre nel còrso di Corsica sono impiegati - per lo più da giornalisti - termini creati artificialmente da alcuni professori dell'Università della Corsica. A volte tali termini tentano di sostituire parole esistenti e per questo non hanno successo presso i locutori comuni; uno degli esempi è costituito dalla parola scheleru che vorrebbe sostituire attentatu, partendo dal latino scelus, sceleris (crimine).
Va osservato che, oltretutto, la modifica di scelus, sceleris in scheleru non sembra rispettare la fonetica còrsa, che in perfetto accordo con quella italo-romanza ha generato tempu a partire da tempus, temporis.
Regole di ortografia e di pronuncia
Il còrso viene per quanto possibile scritto in maniera sovradialettale tralasciando le variazioni dialettali minori. Le regole generali di ortografia scritta non differiscono molto da quelle in uso nella lingua italiana (che del resto vi è stata per secoli l'unica lingua scritta), fatte salve alcune particolarità:
trascrizione raddoppiata delle consonanti rafforzate come in italiano: caru (caro) rispetto a carru (carro);
presenza del trittongo palato-linguale -ghj- che però non viene raddoppiato: aghju (ho), ghjesgia (chiesa), viaghju (viaggio), ghjuntu (giunto). Il gruppo iniziale spesso (dopo una vocale) non viene pronunciato (iesgia) ma viene comunque trascritto. In certe zone del nord dell'isola (Balagna), la forma -ghj- può virare a -gi- : ghjuventù/giuventù (gioventù) o sparire: ghjè/hè (è). In Gallura e a Castelsardo il suono viene invece usualmente trascritto raddoppiato quando rafforzato: agghju, viagghju, mentre nel Sassarese non è presente e vira a -g- (aggiu, gesgia, biaggiu, giuntu);
presenza del dittongo palato-linguale chj: chjodu (chiodo), ghjinochju (ginocchio). In Gallura e a Castelsardo il suono viene trascritto raddoppiato quando rafforzato (ghjinocchju) mentre nel Sassarese non è presente e vira a -c- (ciodu, ginocciu)
particolarità nell uso degli accenti e delle h, rispetto all'italiano: hè (è), hà (ha), à (a, al), è (e), hanu (hanno); in gallurese e sassarese si utilizza la grafia italiana;
articoli in u/ant. lu (il), 'a/ant. la (la). Le forme arcaiche sono ancora in uso nel gallurese, a Castelsardo, nel sassarese, nel Capocorsino e sporadicamente nelle zone interne;
scrittura della v- sovradialettale: viaghju (pronuncia: biadju al nord e viadju al sud, in Gallura e a Castelsardo) anche in caso di elisione nella pronuncia: sùvaru (pronuncia: suuaru o sùaru), ventu (pronuncia: uentu o entu); anche in questo caso solo il gallurese trascrive sùaru e entu.
Esempi
Poiché il còrso presenta diverse varianti, in alcuni casi le parole possono cambiare da zona a zona.
Frasi e parole base
Salutarsi:
ciao: salutu
salve: salute
buongiorno: bonghjornu
buonasera: bonasera
buonanotte: bonanotte/bonanotti
come va?: cume/cumu site?/comu seti?
come stai?: cume/cumu/comu stai?
allora?: tandu?/allura?
di che (cosa) state parlando:?: a vi discurrite?
tutto bene?: a ti passi?
Scusarsi / Ringraziare:
mi scusi/per favore: mi scusu
scusatemi: scusatemi/scusetimi
grazie / vi ringrazio: grazia/a ringrazziavvi
mi fa molto piacere: mi face assai piacè
sono stato io: sò statu eiu
mi vergogno: mi vargognu
Conoscersi:
di dove siete / da dove venite?: d'induve site/seti?/di quale ne site/seti?
la vedi questa ragazza?: a vedi sta giuvanotta?/sta zitedda?
lo vedi questo ragazzo?: u vedi stu giuvanottu/stu ziteddu?
lo vedi questo/a bambino/a?: a/u vedi stu/a cininu/a/zitellucciu/a/zitedducciu/a?
Parole in còrso cismontano e in còrso oltramontano
Còrso cismontano
Còrso oltramontano
Italiano
a giuventù
a ghjuventù
la gioventù
ghjunghje
ghjungna
giungere
manghjà
magnà
mangiare
zitellu
ziteddu
bambino
cavallu
cavaddu
cavallo
collu
coddu
collo
stella
stedda / stidda
stella
pelle
peddi
pelle
ellu / ella
iddu / idda
lui / lei
piglià
piddà
prendere
famiglia
famidda
famiglia
paglia
padda
paglia
fornu
furru
forno
carne
carri
carne
parlate
parleti
voi parlate
pàrlanu
pàrlani
essi parlano
simu
semu
noi siamo
cane
ghjàcaru
cane
sì / sè
sì
sì
esse
essa
essere
accende
accenda
accendere
corre
corra
correre
cunnosce
cunnoscia
conoscere
induve
induva
dove
u mare
u mari
il mare
u pane
u pani
il pane
a volpe
a volpi
la volpe
Esempi
Italiano
Genovese
Còrso
Gallurese
Sassarese
Castellanese
Toscano Occidentale (costiero)
la terra
a tæra
a terra/a tarra
la tarra
la terra
la terra
la terra
il cielo
u çê
u celu/i
lu celi
lu zeru
lu celu
'l cèlo
l'acqua
l'ægua
l'acqua
l'ea
l'eba
l'eva
l'acqua
il fuoco
u fögu
u focu
lu focu
lu foggu
lu foggu
'l fòo
l'uomo
l'ommu
l'omu
l'omu
l'ommu
l'ommu
l'òmo
la donna
a donna
a donna
la fèmina
la fémmina
la fémmina
la donna
mangiare
mangiâ
manghjà / magnà
manghjà/magnà
magnà
magnà
mangià/desinà
bere
beive
beie/bìa
bì
bì
bì
bé/bève
grande
grande
grande/ maiò / maiori
mannu/grendi/grandi
mannu
mannu
grande
piccolo
piccin
chjùcu/pìcculu/mischinu/minori / minutu
minori/picculu
minori
minori
pìccolo
il burro
u bitiru
u butiru/a grètula
lu buttirru
lu buttirru
lu buttiru
'l burro
il mare
u mâ
u mare/u mari
lu mari
lu mari
lu mari
'l mare
il giorno
u giurnu
u ghjornu
la dí/la ciurrata
la dì
la dì/ giulnadda
'l giorno
il fiore
a sciû
u fiore/fiori
lu fiori
lu fiori
lu fìori
'l fiore
la scimmia
a scimia
a scimia
la municca/la scimmia
la muninca
la scimmia
la scimmia
la macchia
a maccia
a tacca/a macula
la tacca
la mancia
la mancia
la macchia
la testa
a testa
u capu
lu capu
lu cabbu
lu cabbu
'l capo/ceppióne
la finestra
u barcun
u purtellu/u purteddu
lu balconi/lu pulteddu
lu/la balchoni/vintana
lu balchoni
la finestra
il tavolo
a toua
a tàvula / a tola
la banca
la banca/la mesa
la banca
'l tàolo
il piatto
u tundu
u piattu
lu piattu
lu piattu
lu piattu
'l piatto
lo stagno
u stagnu
u stagnu
lu stagnu
lu isthagnu
l' isthagnu/ pogghju
'l bózzo
il lago
u lagu
u lagu/lavu
lu lagu
lu lagu
lu lagu
il lago
un arancio
u çetrùn
un aranciu / un citrò
un aranciu
un aranzu
un aranciu
un arancio
la scarpa
u scarpun
u scarpu
lu calzari/lu scalpu
la botta
la botta
la scarpa
la zanzara
a sinsâa
a zinzala
la zínzula
la zinzura
la zinzula
la zanzara
la luce
a lüxe
a luce/a luci
la luci
la luzi
la lugi
la luce
un'unghia
un'ungia
un'unghja
un'unghja/un'ugna
un'ugna
un'ugna
un'unghia
la lepre
a lèvre
a lèvura/a levra/u lèparu
lu lèparu
lu lèpparu
lu lèpparu
la lepre
la volpe
a vurpe
a volpe/a volpi
lu maccioni
lu mazzoni
lu maccioni
la górpe
il ghiaccio
u giassu
u ghjacciu
lu ghjacciu
lu ghiacciu
lu ghjacciu
'l diaccio
il cioccolato
a ciculata
a cicculata
lu cioccolatu
lu ciccurati
lu ciocculatu
'l cioccolato
l'aereo
l'aériu
l'aviò
l'aereu /l'apparecchju
l'apparecciu
l'aereu
l'aèrio
la valle
a valle
a valle/a vaddi
la vaddi
la baddi
la vaddi
la valle
il monte
u munte
u monte/u monti
lu monti
lu monti
lu monti
'l monte
il fiume
u sciümme
u fiume/u riu
lu riu
lu riu
lu riu
'l fiume
la strada
u carrugiu
a strada/u carrughju
La stritta/la strada/la carrera
la carrera/l' isthrinta
la carrera//la strinta
la strada
il bambino
u figgeu
u zitellu/u ziteddu
lu steddu
lu pizzinnu
lu piccinnu
'l bimbo/'l bamboro
il neonato
u ninnin
u ciruculu/pargulettu/piuppiunellu
la criatura/lu stidducciu
la criaddura/lu pizzinneddu
la criaddura/lu minoreddu
'l bimbino
la ferrovia
a ferruvia
u caminu di farru/a ferruvia
la ferruvia
ferrandera
la ferruvia
la ferrovia
il sindaco
u scindegu
u merru/u meru/u merre
lu sìndacu
lu sindaggu
lu sindagu
'l sìndao
il Comune
a Cà Cumunà
a merria/a Casa Cumuna
la Cumuna/la Casa Cumunali
la Cumuna/lu Cumuni
lu Comuni
'l comune
la stazione
a staçiun
la gara/a stazioni
la stazioni
l'isthazioni
la stazioni
la stazione
l'auto
a vetüa/ a macchina
a vittura
la vittura/la macchina
la macchina/la vettura/l'automobiri
la macchina
l'atomòbile
la pecora
a pëgua
a pècura
la pècura
la péggura
la pégura
la péora
I numeri
1
unu
2
dui
3
tre
4
quattru
5
cinque/cincu/zincu
6
sei
7
sette/setti
8
ottu
9
nove/novi/nobi
10
dece/deci/dezi
11
ondeci/ondici/ondizi
12
dodeci/dodici/dodizi
13
tredeci/tredici/tredizi
14
quattordeci/quattordici/quatthordizi
15
quindeci/quindici/quindizi
16
sedeci/sedici/sedizi
17
dicessette/dicissette/dizassetti
18
diciottu/dizottu
19
dicennove/dicinnovi/dizanobi
20
vinti/venti/vinti
21
vintunu
22
vintidui
23
vintitrè
24
vintiquattru
25
vinticinque/vinticincu/vintizincu
26
vintisei
27
vintisette/vintisetti
28
vintottu
29
vintinove/vintinovi/vintinobi
30
trenta
40
quaranta
50
cinquanta/zinquanta
60
sessanta/sissanta
70
settanta/sittanta
80
ottanta
90
nuvanta/novanta/nubanta
100
centu/centu/zentu
200
duiecentu / duie centu / duizentu
300
trecentu / trè centu / trizentu
400
quattrucentu / quattru centu / quattruzentu
500
cinquecentu / cinque centu / zincuzentu
1000
mille/milli
2000
duiemila / duimila / duimiria
1 000 000
un milione/un millione
1 000 000 000
un miliardo/un miliardu
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Magghju
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Làmpada
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Triula
Agosto
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Austu
Aosthu
Aosthu
Settembre
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Cabidànnu
Cabidannu
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Santigaini
Santuaìni
Santuaini
Novembre
Novembre/Nuvembri
Santandria
Santandria
Santandria
Dicembre
Decembre/Dicembri
Natali
Naddari
Naddali
In gallurese come anche in sassarese e castellanese, nel linguaggio comune, spesso le forme tradizionali làmpata/làmpada, agliola/triura/triula, capidannu/cabidanni, santigaini/santuaini, santandria e natali/naddari/naddali tendono a essere sostituite rispettivamente da ghjugnu/giugnu/ghjugnu, luddu/lugliu/lugliu, sittembri/settembre/settembri, uttobri/ottobre/uttobri, nuembri/nubembri/nuvembri e dicembri/dizembri/dicembri.
Le stagioni
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Primavera
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primavera/veranu/branu
branu/primmaera
primabèra/branu
primmaera/branu
Primaèra
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estate/istate/istati/istatina
statiali/istiu
isthiu/isthadiari
isthiu/staddiali
Estahe
Autunno
autunnu
autunnu/vaghjimu
vagghjimu/ottugnu
attugnu
attugnu/vagghjimu
Atunno
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invernu
invernu/invarru
varru
inverru
inverru
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Smulzu
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Merenda
Merenda/Mirenda
Mirenda
Merenda
Mirenda
Cena
Cena
Cena
Zena
Cena
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Acqua
Acqua
Ea
Eba
Eva
Vino
Vinu
Vinu
Binu
Vinu
Birra
Biera
Birra
Birra
Birra
Aceto
Acetu
Acetu
Azeddu
Ageddu
Olio
Oliu
Ociu
Ozu
Occiu
Latte
Latte/i
Latti
Latti
Latti
Miele
Mele/i
Méli
Meri
Meli
Uovo
Ovu/a
Oa
Obu
Ou
Pane
Pane/i
Pani
Pani
Pani
Riso
Risu
Risu
Risu
Risu
Prosciutto
Prisuttu
Prusciuttu
Prosciuttu
Prusciuttu
Salsiccia
Salciccia
Salticcia
Salthiza
Salticcia
Zucchero
Zùccaru
Zùccaru
Zùccaru
Zùccaru
Sale
Sale/i
Sali
Sari
Sali
Patata
Pomu
Pomu
Patatu
Patatu
Polenta
Pulenda
Pulenta
Purenta
Pulenta
Formaggio
Casgiu/Furmaghju
Casgiu
Casgiu
Casgiu
Caffè
Caffè
Caffè
Caffè
Caffè
Pesce
Pesce/Pesciu/Pisciu/Pisce
Pesciu
Pesciu
Pesciu
Carne
Carne/Carri
Carri
Carri
Carri
Verdura/Ortaggi
Ortaglia/Urtaglia/Ortame
Ultalizia
Virdhura/Urtharizia
Ultalizia/vildura
Pasta
Pasta
Pasta
Pasta/maccarroni
Pasta/maccaroni
Pizza
Pizza
Pizza
Pizza
Pizza
Focaccia
Fucaccia
Coccu/Fucaccia
Cocca
cuaccia
Biscotto
Biscottu
Biscottu
Bischottu
Bischottu
Torta
Torta
Tulta
Turtha
Tulta
Tonno
Tonnu
Tonnu
Tonnu
Tunnu
Zuppa
Suppa/Minestra
Minestra/Suppa
Zuppa
suppa
Sogliola
Sogliula
Sogliula
Sogliura
Sogliula
Nomi delle città corse
Nome italiano
Nome corso
Nome francese
Aiaccio
Aiacciu / Aghjacciu
Ajaccio
Aleria
Aleria
Aléria
Bastia
Bastia
Bastia
Bonifacio
Bunifaziu
Bonifacio
Calvi
Calvi
Calvi
Cervione
Cervioni
Cervione
Corte
Corti
Corte
Isola Rossa
Lisula
L'Île-Rousse
Porto Vecchio
Portivechju
Porto-Vecchio
Propriano
Prupià
Propriano
Rogliano
Ruglianu
Rogliano
San Fiorenzo
San Fiurenzu
Saint-Florent
Sartene
Sartè
Sartène
Vico
Vicu
Vico
I nomi delle città corse sono praticamente tutti di origine italiana, poiché la lingua colta impiegata in Corsica era quella italiana sino all'imposizione per legge del francese nel 1859. Gran parte dei maggiori centri, inoltre, sono stati fondati o promossi al rango di città per iniziativa dei governi pisano e genovese. Anche dopo il passaggio sotto la sovranità francese solo pochi centri in Corsica hanno subito l'assimilazione nella lingua statale, la cosiddetta gallicizzazione, ovvero Isola Rossa diventata L'Île-Rousse e San Fiorenzo diventato Saint-Florent. Altre modifiche minori hanno riguardato Aiaccio, per la quale è stata utilizzata la forma italiana arcaica Ajaccio e Sartene, diventato Sartène, oltre all'aggiunta di un trattino tra tutti i nomi doppi, ad esempio Porto-Vecchio per Porto Vecchio. La denominazione di Tox è invece antecedente all'annessione francese in quanto era già utilizzata come variante alternativa a Tocchisu, identico ancora oggi come forma corsa. La versione corsa dei nomi delle città è comunque assai prossima a quella italiana.
Francesismi
Dall'annessione alla Francia nel 1768 la lingua corsa è stata influenzata dal francese nella terminologia, ecco alcuni esempi:
Utilizzo della lingua e riconoscimento istituzionale
Secondo un censimento dell'aprile del 2013 la lingua còrsa in Corsica ha un numero di locutori tra 86.800 e 130.200 su 309.693 abitanti, la fascia di popolazione che ha un livello buono di conoscenza della lingua oscilla tra un minimo del 25% nella fascia d'età tra i 25 e i 34 e il massimo del 65% nella fascia d'età oltre i 65 anni; quasi un quarto della popolazione tra i 25 e i 34 non capisce il corso mentre solo una ristrettissima minoranza di anziani non capisce il còrso, il 32% della popolazione della Corsica settentrionale lo parla abbastanza bene, come anche il 22% della popolazione della Corsica del Sud, mentre il 10% della popolazione della Corsica parla solo francese.
Il 62% parla sia francese che còrso, invece solo l'8% dei còrsi sa scrivere correttamente in lingua corsa mentre circa il 60% della popolazione non sa scrivere in còrso, il 90% della popolazione còrsa è favorevole a un bilinguismo còrso-francese, il 3% vorrebbe che il còrso fosse l'unica lingua ufficiale in Còrsica e il 7% solo il francese[28].
Il 17 maggio 2013 l'Assemblea della Corsica ha votato la co-ufficialità di còrso e francese con 36 voti a favore e 11 astenuti, mentre 4 erano assenti[29]. Contro la co-ufficialità si è espresso il ministro degli interni Manuel Valls che ha affermato "il francese è la sola lingua ufficiale" e "nessuna co-ufficialità tra còrso e francese nell'isola", sostenendo che la norma verrà dichiarata anticostituzionale dal Consiglio costituzionale[30][31]. Il presidente francese François Hollande durante la visita in occasione del 70º anniversario della liberazione dell'isola dai nazisti ha affermato "modificare la costituzione [per la co-ufficialità] è una cosa lunga", anche se non ha nascosto aperture future per cambiare la costituzione e rendere possibile il bilinguismo nelle varie regioni francesi[32].
Bonanova, rivista letteraria nata nel 1997 all'interno del Centro Culturale Universitario (Centru Culturali Universitariu) dell'Università della Corsica
Association pour le Développement des Etudes Archéologiques, Historiques, linguistiques et Naturalistes du Centre-Est de la Corse (ADECEC), nata nel 1970 con sede a Cervione.
Associu di l'Insignanti di/in Lingua è Cultura Corsa (AILCC), associazione insegnanti di/in lingua corsa, nata nel 2009.
Premio Paolo Zarzelli di letteratura di lingua corsa-gallurese (Premiu Paulu Zarzelli di litteratura di lingua corsa-gadduresa)
La prima edizione si è tenuta a Santa Teresa di Gallura il 12 agosto 2012 organizzata dalla Collettività territoriale della Corsica, dalla Provincia di Olbia-Tempio (oggi soppressa), dal Consiglio generale della Corsica del Sud, dal comune corso di Peri, dalle Edizioni Cismonte & Pumonti/Matina Latina e dall'associazione Filu d'Amparera – Casa Pumuntinca di a Lingua. I giurati sono stati i corsi Marceddu Jureczek, Lisandru Bassani, Lisandru Marcellesi, Lisandro Muzy e Patrick Salvatorini, i galluresi Piero Bardanzellu, Andrea Muzzeddu e Giancarlo Tusceri, mentre il presidente della Giuria era Renato Codi.[36][37]
Note
Annotazioni
^ab«Au sud, on sera peut-être surpris de constater que la plus proche parenté n'est pas avec le sarde, pourtant si proche dans l'espace, mais avec les dialectes de l'Italie méridionale, notamment le calabrais. Un Corse du Sud parlant corse en toscane sera identifié comme calabrais; un corse du nord parlant corse en Sardaigne centrale sera identifié comme italien; quand à un sarde parlant sarde dan la péninsule, il ne sera pas compris.» Jacques Fusina, Fernand Ettori, Langue Corse Incertitudes et Paris, Ajaccio, Scola Corsa, 1981, p. 12.
^«Evidence from early manuscripts suggests that the language spoken throughout Sardinia, and indeed Corsica, at the end of the Dark Ages was fairly uniform and not very different from the dialects spoken today in the central (Nuorese) areas.» Martin Harris, Nigel Vincent, The Romance languages, London and New York, Routledge, 2000, p. 315.
^«Originariamente le varietà corse presentavano numerose affinità col sardo, ma hanno subito l'influenza toscana nel corso dei secoli a causa della forte penetrazione pisana soprattutto nel centro-nord dell'isola.» Lorenzo Renzi, Alvise Andreose, Manuale di linguistica e filologia romanza, Il Mulino, 2009, p. 56.
^«Malgrado la maggior durata della dominazione ligure, prolungatasi fino al XVIII secolo, le varietà romanze locali (specie quelle settentrionali) sono state influenzate soprattutto dalle parlate toscane, a tal punto che i dialetti còrsi, originariamente non dissimili dal sardo, costituiscono oggi il gruppo romanzo linguisticamente più affine al sistema dei dialetti toscani.» Sergio Lubello (2016). Manuale Di Linguistica Italiana. De Gruyter. p. 141
^«In earlier times Sardinian probably was spoken in Corsica, where Corsican (Corsu), a Tuscan dialect of Italian, is now used (although French has been Corsica’s official language for two centuries).» Rebecca Posner et al., Sardinian language, Encyclopedia Britannica.
^«Il rapporto di diglossia che si instaura tra corso e toscano, soprattutto a partire dal Cinquecento, non pare sostanzialmente diverso da quello che normalmente prevale nelle altre regioni italiane e che vede nella vicina Sardegna il livello alto occupato piuttosto dal catalano o dal castigliano.» Toso, Fiorenzo. " Lo spazio linguistico corso tra insularità e destino di frontiera.." Linguistica (Ljubljana) letnik 43. številka 1 (2003), p. 79
^«Pendant des siècles, toscan et corse ont formé un couple perçu par les locuteurs comme deux niveaux de la même langue.» Jacques Fusina, Fernand Ettori, Langue Corse Incertitudes et Paris, Ajaccio, Scola Corsa, 1981, p. 81.
^«C’est une province de langue italienne qui rejoint l’ensemble français en 1768. De langue italienne aux deux sens du mot langue : langue véhiculaire - officielle - et langue vernaculaire. Le lien génétique qui unit les deux systèmes linguistiques est en effet très étroit si bien que les deux variétés peuvent fonctionner comme les deux niveaux d’une même langue. Encore convient-il de regarder de plus près en quoi consiste l’italianité dialectale de la Corse : plus complexe, mais sans doute aussi plus fondamentale et plus ancienne que l’italianité " officielle ", c’est elle qui inscrit véritablement notre île au cœur de l’espace italo-roman.» Marie José Dalbera-Stefanaggi, Essais de linguistique corse, 2000, pp. 250-251.
^«A differenza che in altre regioni d'Italia non nasce quindi in Corsica, se non tardivamente, una letteratura dialettale riflessa secondo la nota categorizzazione crociana, ne tanto meno una letteratura regionale portatrice di autonome istanze ideologiche e culturali, come avviene invece in Liguria o in Sardegna.» Toso, Fiorenzo. " Lo spazio linguistico corso tra insularita e destino di frontiera.." Linguistica (Ljubljana) letnik 43. številka 1 (2003), p. 79
^«Dalla lettura di queste canzoni si vedrà che i Corsi non hanno, né certo finora aver possono, altra poesia o letteratura, fuorchè l'italiana. [...] E la lingua corsa è pure italiana; ed è stata anzi finora uno dei meno impuri dialetti d'Italia.» Salvatore Viale, Canti popolari corsi, Bastia, Stamperia di Cesare Fabiani, 1855, p. 4.
^Termini quali magendula (mascella), di origine còrsa, sono ancora in uso nel centro.
^Le parole che iniziano con il gruppo "gi-" (come già, girà, ecc.) possono essere anche pronunciate in maniera iotica, ossia sostituendo la 'g' con una 'j' (ja, jirà...)]
^Si dice anche ghjocu di pallone o ghjocu di pallò o calcio, ma sono termini meno usati.
^Usati anche niveddo e niveddu, termini meno utilizzati sono livello e livellu
^Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine "lingua" in accordo alle norme ISO 639-1, 639-2 o 639-3. Negli altri casi, viene usato il termine "dialetto".
^ Guarnerio P.E., Il sardo e il còrso in una nuova classificazione delle lingue romanze. AGI 16, 1902, p. 491-516.
^ Bernardino Biondelli, Studi linguistici, Milano, Giuseppe Bernardoni, 1856, p. 186.
^ Manlio Cortelazzo, Gliederung der Sprachräume/Ripartizione dialettale, in Lexikon der Romanistischen Linguistik (LRL IV), a cura di G. Holtus, M. Metzeltin e C. Schmitt, vol. IV, Tübingen, Niemeyer, 1988, p. 452.
^ Tagliavini C., Le origini delle lingue neolatine, Bologna, Pàtron, 1972, p. 395.
^Delamotte-Legrand, Régine; François, Frédéric; Porcher, Louis (1997). Langage, éthique, éducation: Perspectives croisées, Publications de l'Université de Rouen et du Havre
^«Evidence from early manuscripts suggests that the language spoken throughout Sardinia, and indeed Corsica, at the end of the Dark Ages was fairly uniform and not very different from the dialects spoken today in the central (Nuorese) areas.» Martin Harris, Nigel Vincent, The Romance languages, London and New York, Routledge, 2000, p. 315.
^«Originariamente le varietà corse presentavano numerose affinità col sardo, ma hanno subito l'influenza toscana nel corso dei secoli a causa della forte penetrazione pisana soprattutto nel centro-nord dell'isola.» Lorenzo Renzi, Alvise Andreose, Manuale di linguistica e filologia romanza, Il Mulino, 2009, p. 56.
^«Malgrado la maggior durata della dominazione ligure, prolungatasi fino al XVIII secolo, le varietà romanze locali (specie quelle settentrionali) sono state influenzate soprattutto dalle parlate toscane, a tal punto che i dialetti còrsi, originariamente non dissimili dal sardo, costituiscono oggi il gruppo romanzo linguisticamente più affine al sistema dei dialetti toscani.» Sergio Lubello, Manuale Di Linguistica Italiana, De Gruyter, 2016, p. 141.
(CO) Direzzione di a lingua corsa, su corse.fr (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2013). su sito della Collettività territoriale della Corsica
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