Nasce a Roma nel 1914 da genitori toscani: lo scrittore Emilio Cecchi (da cui prende il cognome di nascita Cecchi) e la pittrice Leonetta Pieraccini.
Terminato il Lycée Chateaubriand di Roma non si iscrive all'università, poiché, non avendo sostenuto il baccalauréat con latino e greco «allora per continuare gli studi potevo solo iscrivermi a una o due facoltà, come per esempio botanica, che francamente non m'interessavano».[2]
Dopo un soggiorno all'estero, in Svizzera e in Inghilterra, a Cambridge, decide di trovarsi un lavoro. Grazie all'intervento del ministro Giuseppe Bottai, «l'unico gerarca che avesse un qualche rapporto con gli intellettuali»,[3] viene assunta al ministero delle Corporazioni, poi ministero Scambi e Valute, dove lavora per quasi sette anni come segretaria personale di Eugenio Anzilotti, direttore generale del Commercio Estero.[4] È in questo periodo che stringe un'importante amicizia con un giovane di grande talento, Enrico Cuccia.[5]
Nel 1938 sposa il musicologo Fedele D'Amico, figlio di Silvio, dal quale avrà tre figli: Masolino, Silvia e Caterina.
Terminato il conflitto, mentre il marito è ricoverato in Svizzera per curarsi dalla tubercolosi, è «costretta ad arrabattarsi in ogni modo per mantenere sé, i suoi primi due figli […] e la casa, popolata da tate e altre donne».[8] Tra le curiose occupazioni di questo periodo, dà lezioni di buone maniere a Maria Michi e di conversazione in inglese a Giovanna Galletti, entrambe interpreti in Roma città aperta (1945).
Le prime sceneggiature cinematografiche
Lavora alla sua prima sceneggiatura, Avatar, una storia romantica ambientata a Venezia, ispirata a un racconto di Théophile Gautier, con Ennio Flaiano, Renato Castellani e Alberto Moravia, per Carlo Ponti, allora non ancora produttore importante. Ma il progetto viene abbandonato prima ancora di arrivare ad una sceneggiatura vera e propria, il solo Castellani porta a termine un trattamento.[9]
Insieme a Piero Tellini scrive Vivere in pace (1947) e L'onorevole Angelina (1947), entrambi diretti da Luigi Zampa, interpretati rispettivamente da Fabrizi e da Anna Magnani, con la quale comincia a frequentarsi assiduamente, stringendo uno dei suoi rari rapporti di amicizia con attori.[10] Per il soggetto di Vivere in pace, firmato anche da Tellini e Zampa ma sostanzialmente suo, vince il Nastro d'argento per il miglior soggetto.
Scrive con Ennio Flaiano la sceneggiatura di Roma città libera (1947), di Marcello Pagliero, tratto da La notte porta consiglio, un soggetto dello stesso Flaiano. Le sedute di sceneggiatura con Flaiano trascorrono «tra chiacchiere, critiche e divagazioni sul soggetto. C'era da ricavare materia per condire dieci film; e sarebbe andato tutto perduto se fosse toccato a lui cavarne il succo».[12]
Il sodalizio professionale con Zavattini si interrompe quando lui disconosce il film È più facile che un cammello... diretto da Zampa, di cui ha scritto il soggetto, mentre Cecchi D'Amico e Vitaliano Brancati ne hanno curato la sceneggiatura.[14]
Lavora con Mario Monicelli e la coppia Age & Scarpelli alla scrittura de I soliti ignoti (1958). Le riunioni di sceneggiatura si concludono spesso con le liti tra Age e Scarpelli, da cui Monicelli e Cecchi D'Amico si tengono fuori, per non darvi importanza.[15]
Camerini e Blasetti
Collabora alla sceneggiatura del kolossal Fabiola (1949), diretto da Blasetti. Per la scena romantica tra Fabiola (Michèle Morgan) e un bellissimo gladiatore (Henri Vidal) il regista consulta decine di persone, per un totale di quarantasette versioni, e da ciascuna prende poi un gesto o una battuta. Della sua utilizza il fatto che, durante l'incontro, l'innamorato, per far stare più comoda Fabiola, le fa un cuscino con la sabbia.[16]
Con Flaiano scrive per Blasetti le sceneggiature di Peccato che sia una canaglia (1955), imponendo Sofia Loren nella parte della protagonista, dopo averla vista passare per Cinecittà, «bella, eccessiva, decorativa come un albero di Natale»,[17] e La fortuna di essere donna (1956).
Per Mario Camerini, definito al pari di Blasetti un regista della generazione precedente, scrive la sceneggiatura di Due mogli sono troppe (1951).
Luchino Visconti
Il primo lavoro da sceneggiatrice per Visconti è La carrozza del Santissimo Sacramento, «che non si fece perché lui litigò con la produzione e il progetto passò a Renoir»,[18] poi è la volta di Bellissima (1951), con Anna Magnani e Walter Chiari. Quest'ultimo interpreta un personaggio che, appena accennato nella prima versione della sceneggiatura, viene sviluppato in seguito per motivi legati alla distribuzione del film.[19]
La sceneggiatura di Senso (1954), tratta da una novella di Camillo Boito, non viene interamente girata. Riferisce la d'Amico: «Non avevo ancora una grande esperienza cinematografica con Luchino e non previdi tutti gli indugi nelle scene della villa, tutti gli attraversamenti di stanze per andare a prendere una cosa. A un certo punto delle riprese il produttore Gualino mi chiamò e mi pregò di riferire a Visconti che avrebbe chiuso. Di metraggio ce n'era più della lunghezza del film e il budget era stato ampiamente superato. Così non si girarono mai le scene della Valli che attraversa in carrozza i campi di battaglia. Il viaggio della contessa Serpieri è ridotto a un'apparizione della donna in carrozza che sarebbe dovuta passare in mezzo alle truppe insanguinate».[20]
Nella sceneggiatura del Gattopardo (1963), dietro suggerimento di Visconti, taglia tutta la parte finale del romanzo di Tomasi di Lampedusa per dare nel ballo il senso della morte del Principe e lo sfacelo della società nobiliare dei Gattopardi.[22] Per la sceneggiatura del film Vaghe stelle dell'Orsa... (1965), prende spunto dalla tragedia di Elettra. Per la realizzazione del film Lo straniero (1967) è obbligata a una trasposizione fedele del libro di Camus. Prima della fase di montaggio del film Ludwig (1973), è insieme a Visconti quando il regista viene colpito da un ictus che lo rende invalido per il resto della vita. Lavora a Gruppo di famiglia in un interno (1974) e L'innocente (1976).
Michelangelo Antonioni, Francesco Rosi, Luigi Comencini
Con Antonioni realizza I vinti (1952), ispirato a fatti di cronaca, effettuando sopralluoghi e raccogliendo materiale reperibile nella stampa e negli atti giudiziari,[23]La signora senza camelie (1953) e Le amiche (1955), vincitore del Leone d'argento al Festival di Venezia. Collabora alla sceneggiatura del film Camicie rosse (Anita Garibaldi) (1952), diretto da Rosi e Goffredo Alessandrini, con Anna Magnani, ma il film fu definito da Cecchi d'Amico un'«avventura insensata».[24]
Con Francesco Rosi lavora in altri tre film La sfida (1957), I magliari (1959) e Salvatore Giuliano (1962).
I due timidi, opera radiofonica di Suso Cecchi D'Amico, musica di Nino Rota, orchestra sinfonica di Roma diretta da Franco Ferrara, regia di Guglielmo Morandi, trasmessa il 28 luglio 1953, nel secondo programma.
Opere letterarie
Storie di cinema (e d'altro) raccontate a Margherita D'Amico, Garzanti, 1996. ISBN 88-11-73855-5
Dal 2009 al 2011 il Bif&st di Bari ha assegnato un Premio intitolato a Suso Cecchi D'Amico per la migliore sceneggiatura tra i film del festival.
Premio Suso Cecchi D'Amico Castiglioncello per la sceneggiatura
Dal 2012 il Comune di Rosignano Marittimo, per volontà del sindaco Alessandro Franchi e in accordo con la famiglia, ha istituito il Premio Suso Cecchi D'Amico, destinato ogni anno alla miglior sceneggiatura originale di un film italiano che abbia come protagonista una donna. A partire dal 2015, il Premio viene assegnato ogni 21 luglio, data di nascita di Suso Cecchi D'Amico. La cerimonia di premiazione, aperta al pubblico, si svolge a Castiglioncello, località scelta dalla sceneggiatrice quale luogo di vacanza e di lavoro.
Alla realizzazione del Premio collaborano Mediateca Regionale Toscana, Centro Studi Commedia all'italiana, Rosignano Film Commission, Armunia Festival Costa degli Etruschi e Cinema Castiglioncello.
Giuria: Oreste De Fornari, Massimo Ghirlanda, Stefania Ippoliti, Alessandra Levantesi, Mario Piredda e Giovanni Galavotti. Presidente: Michele Placido.