È stato critico cinematografico sui Cahiers du cinéma, sin dalla fondazione nel 1951. Dopo aver realizzato numerosi cortometraggi nel corso degli anni cinquanta, ha esordito nel lungometraggio nel 1959. Ha realizzato ventitré film, la maggior parte dei quali organizzati in tre cicli narrativi: Sei racconti morali (1962-1972), Commedie e proverbi (1981-1987) e Racconti delle quattro stagioni (1990-1998).
Éric Rohmer è lo pseudonimo di Maurice Schérer, ricavato dalla combinazione di due noti artisti: il regista e attore Erich von Stroheim e lo scrittore di gialliSax Rohmer. Le fonti più autorevoli indicano come data di nascita il 21 marzo 1920 e come località Tulle, Corrèze, nella regione del Limosino[5][6]. La famiglia ha origini alsazianeebraiche. Tuttavia in altre pubblicazioni, a causa di interviste depistanti rilasciate da lui stesso[7], viene indicata anche la data 4 aprile e Nancy come luogo di nascita.[8][9][10] Il regista Claude Chabrol, suo amico e collaboratore, spiega questa ambiguità con il gusto che Rohmer aveva del mistero:
(FR)
«Il adorait les mystères et changeait de lieu de naissance selon les décennies.»
(IT)
«Adorava i misteri e cambiava luogo di nascita nei decenni»
(Claude Chabrol in Charlotte Garson, Claude Chabrol et le grand Momo, Les Cahiers du cinéma, n. 653, febbraio 2010, p. 13)
Si laurea in lettere e si trasferisce a Parigi, dove lavora come insegnante in un liceo di Vierzon.
Gli inizi e i Cahiers du Cinéma
Nel 1946 pubblica, con lo pseudonimo di Gilbert Cordier, il suo unico romanzo, Élisabeth[11].
Dal 1947 al 1951 anima il Cine Club del Quartiere latino di rue Danton[12], con Frédéric Froeschel. Vi incontra Jean-Luc Godard e Jacques Rivette.[13]. Nel 1948 inizia a collaborare con riviste quali La Revue du cinéma, diretta da Jacques Doniol-Valcroze[14] e Les Temps Modernes, diretta da Maurice Merleau-Ponty[15]. Nel 1950, un anno dopo la chiusura della Revue, fonda La Gazette du cinéma, bollettino del cineclub del Quartiere latino che pubblicherà solo cinque numeri ma avrà la collaborazione di Godard, Rivette e Jean Douchet. Adotta lo pseudonimo Éric Rohmer per firmare i suoi articoli: un omaggio al regista Erich von Stroheim e allo scrittore britannico Sax Rohmer, autore della serie Fu Manchú.
I Cahiers sono la culla della Nouvelle Vague: gran parte dei critici che scrivono sulla rivista esordiscono alla regia tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio degli anni sessanta. Nel 1952 Rohmer dà il via alla produzione di un lungometraggio, Les petites filles modèles, che non verrà mai portato a termine per problemi produttivi[6]. Il suo primo lungometraggio sarà Il segno del leone, completato nel 1959. Deve però attendere il 1962 perché il sia distribuito, senza però incontrare i gusti del pubblico[17]. Pierre Cottrell spiega:
(FR)
«Le Signe du lion a mis trois ans à sortir et a été un échec cuisant. Pendant la première moitié des années 60, Rohmer, c'était un peu l'enfant déshérité de la Nouvelle Vague.»
(IT)
«Il segno del leone ha impiegato tre anni ad uscire e è stato un insuccesso cocente. Nella prima metà degli anni 60, Rohmer era in qualche modo, il figlio diseredato della Nouvelle Vague.»
(Serge Bozon, Pierre Cottrell et Pierre Rissient, Cahiers du cinéma, n. 653, febbraio 2010, pp. 17-19.)
Lo stile cinematografico di Rohmer è riconoscibile:
(FR)
«La griffe de Rohmer est là bien caractéristique: l'action se déroule lentement, les dialogues sont simples, les acteurs ne semblent pas être dirigés, comme s'ils improvisaient sereinement. Chaque plan est composé comme un tableau, évoquant Gauguin et les impressionnistes.»
(IT)
«La firma di Rohmer è d'altronde ben caratteristica: l'azione si svolge lentamente, i dialoghi sono semplici, gli attori non sembrano essere diretti, come se improvvisassero con naturalezza. Ogni inquadratura è composta come un quadro, evocando Gauguin e gli impressionisti.»
(Cinématheque Française - Ciné-Ressources – Fiches personnalités:
Éric Rohmer.)
In un'intervista concessa nel 1998 alla rivista Inrockuptibles, Rohmer spiega perché ricorra raramente ad attori celebri:
(FR)
«Je ne trouve plus d'acteurs qui aient à la fois une grande prestance et un grand charme auprès d'un grand public, comme pouvaient en avoir Trintignant ou Brialy, et qui soient capables d'imposer leur personnalité à des personnages sans les détruire et sans les assimiler à eux-mêmes. Je dois donc chercher mes acteurs au théâtre ou à la télévision.»
(IT)
«Non trovo più attori che abbiano nello stesso tempo una grande prestanza e un grande fascino presso un vasto pubblico, come potevano averlo Trintignant o Brialy, e che siano capaci di imporre la loro personalità ai personaggi senza distruggerli e senza assimilarli a se stessi. Devo dunque cercare i miei attori a teatro o in televisione.»
Ripiega sulla dimensione del corto per dare il via ad un ciclo di film denominati Sei racconti morali (Six contes moraux). Per Rohmer, l'espressione «racconto morale» deve essere così intesa:
(FR)
«Du point de vue de la littérature, le moraliste est celui qui autrefois étudiait les mœurs et les caractères. Entrevus sous cet angle, mes films traitent de certains états d'âme. Mes Contes moraux sont l'histoire de personnages qui aiment bien analyser leurs pensées et leurs états d'esprit.»
(IT)
«Dal punto di vista della letteratura, il moralista è colui che un tempo studiava i costumi e i caratteri. Osservati da questa prospettiva, i miei film trattano di particolari stati d'animo. I miei Racconti Morali sono la storia di personaggi che prediligono analizzare i loro pensieri e la loro condizione spirituale.»
(Robert Elbhar, Éric Rohmer parle de ses Contes moraux, La revue de cinéma, n. 71, gennaio 1973, pp. 11-15)
Tutti i Racconti morali si basano su un protagonista maschile posto di fronte ad una scelta di tipo morale. I primi due sono cortometraggi realizzati a basso costo, La Boulangère de Monceau e La Carrière de Suzanne, e saranno distribuiti soltanto nel 1973. I successivi film saranno maggiormente apprezzati dal pubblico e dalla critica: La collezionista vince l'Orso d'argento al Festival internazionale del cinema di Berlino, mentre La mia notte con Maud è da molti citato come la sua opera più felice.
Éric Rohmer, nel 1974, ha pubblicato, presso l'Editions de L'Herne di Parigi, un libro dal titolo Six Contes Moraux, contenente i racconti da cui sono tratti i sei film e che cronologicamente li precedono, come l'autore spiega nell'introduzione. Il libro è stato tradotto in italiano da Elena De Angeli e pubblicato da Einaudi nel 1988, col titolo La mia notte con Maud. Sei racconti morali. Nel volume è contenuto un saggio di Sergio Toffetti, La morale, la bellezza, sulla poetica del regista.
Concluso questo ciclo, nel 1972, Rohmer realizza due pellicole di argomento storico[19]: La Marchesa von..., del 1976, tratto da una novella di Heinrich von Kleist, e Il fuorilegge, del 1978, un adattamento dal poema medievale di Chrétien de Troyes. In queste opere, Rohmer si mostra capace di dirigere produzioni ben diverse dalle ambientazioni contemporanee e quotidiane della sua produzione più nota.
«Dès le début des années 80, une intelligence supérieure lui a fait prendre conscience avant tout le monde d'une urgence absolue : la légèreté. C'est-à-dire des budgets modestes, des tournages al fresco, des équipes réduites et une autonomie de production[20].»
(IT)
«Dagli inizi degli anni 80, un'intelligenza superiore gli fa prendere anzitutto coscienza di un'urgenza assoluta: la leggerezza. Ciò significa budgets modesti, riprese in esterni, ridotto numero di collaboratori e autonomia nella produzione.»
(Olivier Séguret, Éric Rohmer, dernière vague, 11 gennaio 2010.)
Nel 1980 il regista fonda una casa di produzione che porta il suo nome, la Compagnie Éric Rohmer, impegnata quasi in esclusiva con i suoi film, seppure in concorso con Les Films du Losange. Inoltre la Compagnie produce e realizza cinque cortometraggi scritti da sue collaboratrici dirette: France di Diane Baratier, Les amis de Ninon di Rosette (che ha interpretato Louisette in Pauline alla spiaggia), Des goûts et des couleurs di Anne-Sophie Rouvillois, Heurts divers di Florence Rauscher, La cambrure di Edwige Shaki. In ognuno di questi casi il regista è citato solo in quanto sceneggiatore. I primi quattro vengono riuniti nel film Anniversaires (1998)[21]. In realtà esiste già un precedente, quando Rohmer rende noto che per i soggetti dei quattro episodi di Reinette e Mirabelle (1987) ha tratto spunto dalle conversazioni con Joëlle Miquel, l'attrice che interpreta Reinette[22].
Commedie e proverbi è il suo secondo grande ciclo. Ogni film illustra un proverbio, una frase della saggezza popolare, una citazione letteraria[23].
La moglie dell'aviatore (1981): Non si può pensare a niente, dal titolo dell'opera di Alfred de MussetNon si può pensare a tutto;
Il bel matrimonio (1982) il motto di Jean de La FontaineChi non batte la campagna? Chi non si inventa castelli in Spagna?;
Pauline alla spiaggia (1982) una frase di Chrétien de TroyesChi parla troppo si danneggia;
Le notti della luna piena (1984) il detto popolare: Chi ha due donne perde l'anima, chi ha due case perde il senno;
Il raggio verde (1986) il verso di Arthur RimbaudAh, venga il tempo in cui i cuori s'innamorano;
L'amico della mia amica (1987) il proverbio Gli amici dei miei amici sono miei amici.
Persona riservata, difficile da intervistare, cattolico e ambientalista, Rohmer è un esempio di cineasta autoriale[24]: scrive da solo le sue sceneggiature (anche se non si considera uno scrittore[25]), siano esse originali o adattate da opere letterarie come La Marchesa von..., Il fuorilegge, Gli amori di Astrea e Celadon. Egli stesso, nell'introduzione al libro Six Contes Moraux, delinea vantaggi e rischi di questa posizione:
(FR)
«L'ambition du cinéaste moderne, et qui fut aussi la mienne, est d'être l'auteur à part entière de son œuvre, en assumant la tâche traditionnellement dévolue au scénariste. Mais cette toute-puissance, au lieu d'être un avantage et un stimulant, est ressentie parfois comme une gêne. Etre le maître absolu de son sujet, pouvoir y retrancher et y ajouter selon l'inspiration ou les nécessités du moment, sans avoir de compte à rendre à personne, cela vous grise, mais cela vous paralyse aussi : cette fatalité est un piège.»
(IT)
«L'ambizione del cineasta moderno, che è stata anche la mia, è di essere autore a tutti gli effetti della propria opera, assumendosi altresì il compito tradizionalmente riservato allo sceneggiatore. Questa onnipotenza però, anziché costituire un vantaggio e uno stimolo, è talvolta sentita come un impedimento. Essere padrone assoluto del proprio soggetto, poter operare tagli o arricchimenti a seconda dell'ispirazione o delle necessità del momento senza dover rendere conto a nessuno è inebriante, ma può anche paralizzare: in un certo senso è una trappola.»
(Éric Rohmer, La mia notte con Maud. Sei racconti morali, p. VI.)
Durante tutta la carriera realizza film a basso costo e lavora con un gruppo ristretto di collaboratori. Egli temeva infatti che un'équipe di tecnici troppo numerosa rallentasse la lavorazione e lo avrebbe condizionato nei suoi tentativi di sperimentazione[26]. Utilizza in senso restrittivo la colonna sonora[27], in vista di un realismo privo di caratteri extradiegetici, con il solo accompagnamento di rumori e suoni naturali o urbani, in presa diretta[28]. Quando compare della musica, essa è strettamente legata a quello che fanno i personaggi; a volte utilizza sue proprie composizioni, firmandosi con lo pseudonimo di Sébastien Erms[29]. Nei suoi film i dialoghi e la parola hanno un ruolo centrale[30], tanto che i suoi detrattori qualificano i suoi film com "films bavards"[31] ("film chiacchieroni").
Per Rohmer il cinema
(FR)
«...se propose la beauté come fin suprême. [...] Une beauté qu'il a la mission, non pas d'inventer, mais de découvrir, de capturer comme une proie.»
(IT)
«...si propone la bellezza come fine supremo. [...] Una bellezza che esso ha la missione, non tanto di inventare, ma di scoprire, di catturare come una preda.»
(Éric Rohmer, Il gusto della bellezza, n. 121 dei Cahiers du Cinéma)
^(FR) Tatjana Marwinski, Éric Rohmer: Biographie, su arte.tv, 5 settembre 2007. URL consultato il 21 marzo 2012 (archiviato dall'url originale il 4 luglio 2011).
^(EN) Tamara Tracz, Rohmer, Éric, su Senses of Cinema, 24 gennaio 2003. URL consultato il 16 novembre 2019.
^ Giancarlo Zappoli, Éric Rohmer, Milano, Il castoro, 1999, p. 106.
^ Matteo Marelli, Éric Rohmer: Il filologo della realtà, su web.archive.org, 23 settembre 2015. URL consultato il 16 novembre 2019 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).
^(FR) Jean-Luc Godard, Les petites filles modèles, in Les amis du cinéma, n. 1, ottobre 1952.
^(FR) Jean-Louis Valero, Rohmer et les Autres, collana Spectaculaire | Cinéma, Presses universitaires de Rennes, 25 gennaio 2013, pp. 233–235, ISBN9782753526891. URL consultato il 16 novembre 2019.
Flavio Vergerio, Giancarlo Zappoli (a cura di), Éric Rohmer: la parola vista, Bergamo, Moretti & Vitali, 1996.
Paolo Marocco, Éric Rohmer, Recco, Le mani, 1996.
Giancarlo Zappoli, Éric Rohmer, Milano, Il castoro, 1999.
(FR) Michel Serceau, Éric Rohmer, les jeux de l'amour, du hazard st du discours, Parigi, Éditions du cerf, 2000.
Sergio Arecco, Rohmer e i giochi di società, in Il paesaggio nel cinema, Genova, Le Mani, 2001.
Antoine de Baecque, Charles Tesson (a cura di), La nouvelle vague: il cinema secondo Chabrol, Godard, Resnais, Rivette, Rohmer, Truffaut, traduzione di Lorenza Pieri, Roma, Minimum fax, 2004.
Paolo Marocco, Éric Rohmer, in Gian Piero Brunetta (a cura di), Dizionario dei registi del cinema mondiale, III P/Z, Torino, Einaudi, 2006, ISBN88-06-17862-8.
(FR) Éric Rohmer, su film-documentaire.fr - Portail du film documentaire. URL consultato il 17 novembre 2019 (archiviato dall'url originale il 19 ottobre 2019).