Il territorio si estende su 1.004 km² ed è suddiviso in 120 parrocchie, raggruppate in 11 vicariati: Reggio centro, Reggio sud, Reggio nord, Bagnara-Scilla, Bova, Gallico-Catona, Melito Porto Salvo, Pellaro, Sant'Agata, Valanidi, Villa San Giovanni.
L'arcidiocesi di Reggio affonda le sue radici nella predicazione dell'apostolo Paolo nell'anno 61. Secondo il racconto degli Atti degli Apostoli (28,13[1]), nel suo viaggio verso Roma, Paolo, dopo essere salpato da Siracusa, approdò a Reggio ove passò la notte per ripartire il giorno dopo. Secondo la tradizione, Paolo ebbe il tempo di predicare il vangelo e convertire molti alla nuova fede: alla nascente comunità lasciò come primo vescovo uno dei suoi compagni di viaggio, Stefano di Nicea, insieme a Suera. La liturgia celebra questi avvenimenti il 21 maggio ed il 5 luglio.
Reggio divenne così il centro di diffusione del vangelo in tutta la Calabria, così come sottolineò papa Giovanni Paolo II nel discorso pronunciato il 7 ottobre 1984: «Nel toccare il suolo di questa città, provo una viva emozione al considerare che qui approdò, quasi duemila anni fa, Paolo di Tarso, e che qui l'apostolo delle genti accese la prima fiaccola della fede cristiana: da qui il cristianesimo ha iniziato il suo cammino in terra calabra, espandendosi in ogni direzione, sia verso la costa ionica sia verso la costa tirrenica».[2]
Primo vescovo documentato storicamente è Lucio, a cui seguì Bonifacio, destinatario di diverse lettere di Gregorio Magno. Da queste veniamo a sapere: che la diocesi di Carini in Sicilia, in stato di abbandono, fu data in amministrazione a Bonifacio (settembre 595);[3] che il patrimonio ecclesiastico della Chiesa di Roma in Calabria era gestito dal notaio Pietro (591-594) e dall'arcidiacono Sabino (599); che la sede di Reggio aveva una certa preminenza sulle altre chiese calabresi, senza tuttavia che fosse ancora menzionata come sede metropolitana.
Con la conquista normanna della regione (XI secolo), tutte le chiese ritornarono sotto la dipendenza della Chiesa di Roma. In questo contesto, nell'XI secolo Reggio cedette alcuni territori a vantaggio dell'erezione delle nuove diocesi normanne di Bova e di Oppido, divenute suffraganee di Reggio assieme a Cassano e a Martirano. Il passaggio dalla dominazione bizantina a quella normanna e dall'obbedienza costantinopolitana a quella romana non fu pacifica per Reggio; l'ultimo metropolita greco, Basilio, non riuscì a prendere possesso della sua sede ed iniziò una campagna di denigrazione del papa e dei nuovi conquistatori, amplificata dalla gravità delle relazioni tra i due patriarcati dopo lo scisma del 1054.[6]
Gregorio VII nel 1081 e Alessandro III nel 1165 riconobbero a Reggio i diritti di sede metropolitana della Calabria, con gli stessi antichi vescovadi suffraganei. I diritti metropolitici venivano anche riconosciuti all'arcidiocesi di Santa Severina fino all'anno 1952, quando la Santa Sede ne soppresse la giurisdizione trasferendo a Reggio, come unica sede metropolitana della Calabria, la diocesi suffraganea di Cariati. Negli stessi anni 1080 fu introdotto a Reggio il rito romano.
Al concilio di Trento prese parte, tra gli altri, l'arcivescovo Gaspare Ricciulli Del Fosso (1560-1592), che tenne il discorso di apertura alla terza sessione conciliare. Ritornato in sede si applicò per l'attuazione dei decreti di riforma approvati a Trento, attraverso la fondazione del seminario nel 1565, una serie di sinodi diocesani e provinciali, l'istituzione dei monti di pietà. Il successore Annibale D'Afflitto (1593-1638) continuò l'opera di Del Fosso: compì ben otto visite pastorali della diocesi e celebrò diciassette sinodi diocesani e uno provinciale: «La sua opera pastorale fu paragonata a quella di san Carlo Borromeo per l'arcidiocesi di Milano. Le sue virtù umane e cristiane furono esemplari, tanto da indurre i contemporanei ad avviare un processo per la sua canonizzazione, mai giunta in porto».[7]
Nel Novecento l'arcivescovo Enrico Montalbetti fondò nel 1933 il "Pontificio Seminario Regionale Pio XI"; unico tra i vescovi italiani, morì sotto i bombardamenti degli Alleati sulla città il 31 gennaio 1943.
La chiesa cattedrale è dedicata a Maria Santissima Assunta in Cielo; la festa della dedicazione si celebra il 2 settembre. Con decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 26 agosto 1752 fu dichiarata patrona della città Maria Santissima Madre della Consolazione, che viene festeggiata il martedì dopo il secondo sabato di settembre; compatrono della città è san Giorgio Martire, celebrato il 23 aprile.
Incerta è l'origine della diocesi, da far risalire probabilmente all'epoca bizantina. Infatti il primo vescovo di cui si ha notizia è Luca, che appare in un diploma del 1094. Di questo vescovo rimangono il testamento e alcune lettere, documenti pubblicati per la prima volta nel 1960, dai quali si evince che Luca fu, in un certo periodo, "amministratore della grande sede metropolitana di Reggio"[7] nel contesto della contesa che contrappose Basilio, ultimo metropolita greco di Reggio, e i Normanni. Questo porterebbe a pensare che già dagli anni settanta dell'XI secolo Luca occupasse la sede di Bova e che fosse un vescovo greco, al quale era stato dato l'incarico di occuparsi dei fedeli greci di tutto l'Aspromonte e di Reggio.[14]
Non sono noti altri vescovi di Bova fino alla prima metà del XIII secolo, quando appaiono i vescovi Stefano nel 1222 e Arsenio nel 1227. Ma è solo dalla metà del XIV secolo che la cronotassi episcopale si fa più continua e completa.
Malgrado l'arrivo dei Normanni e l'imporsi, un po' ovunque nella Calabria, del rito latino, il rito greco-bizantino rimase fino al XVI secolo e solo nel 1573 fu soppresso dal vescovo Giulio Stauriano. Tuttavia nelle zone interne e montagnose della diocesi, il rito greco rimase ancora per lungo tempo.
Nel territorio di Bova vi furono molti monasteri greci quali San Leone, San Pantaleone, Santa Maria di Tridetti, San Nicola di Africo e altri.
Nel 1959 il territorio della parrocchia di Casalnuovo, contestualmente soppressa, fu scorporato dalla diocesi di Gerace-Locri ed annesso al territorio della parrocchia di Africo Vecchio, nella diocesi di Bova.[21] Però successivamente il comune di Africo fu tolto alla diocesi di Bova ed incorporato nella diocesi di Gerace-Locri.
Il patrono di Bova è san Leo monaco greco, nativo di Bova secondo alcuni o di Africo secondo altri. Le reliquie di san Leo si venerano a Bova nel santuario a lui dedicato. La chiesa concattedrale è dedicata a Santa Maria dell'Isodia.[22]
Il 30 settembre 1986, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, le due sedi di Reggio Calabria e di Bova, già unite in persona episcopi dal 1973, sono state unite con la formula plena unione e la nuova circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome attuale. Per effetto dello stesso decreto la cattedrale di Bova ha assunto il titolo di concattedrale e san Leo è divenuto compatrono della nuova circoscrizione diocesana.
Il 30 gennaio 2001 la Santa Sede ha provveduto al riordino delle province ecclesiastiche con la bollaMaiori Christifidelium di papa Giovanni Paolo II, con la quale all'arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova sono state assegnate le odierne suffraganee.
Cronotassi dei vescovi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
^Ruggero il Gran Conte e l'inizio dello Stato normanno, Atti delle seconde giornate normanno-sveve 1975, Ed. Dedalo, Bari 1991, p. 56-57. Pietro De Leo (a cura di), San Bruno di Colonia: un eremita tra Oriente e Occidente, 2004, pp. 33-34.
^Alcuni autori hanno attribuito a Bova un vescovo Luminosus, che avrebbe partecipato al sinodo romano del 649; in realtà, questo prelato non fu vescovo di Bova (Bovensis), ma di Bologna (Bonensis episcopus). Cfr. Lanzoni, p. 344; Gams, p. 675; Kehr, X, p. 50.
^Kehr, Italia pontificia, X, p. 50. P. Joannou, La personalità storica di Luca di Bova attraverso i suoi scritti inediti, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, XXIX, 1960, pp. 175 e seguenti. Dal testamento si evincerebbe che Luca fu vescovo di Bova per 45 anni.
^Secondo Taccone-Gallucci (Regesti dei Romani Pontefici…, p. 399), Cirillo «si congettura essere stato il primo Metropolitano, succedendo ad un vescovo Cristoforo».
^abcdefghiVescovo menzionato nella sua cronotassi da: Francesco Russo, Storia dell'arcidiocesi di Reggio Calabria, vol. III, Napoli, 1965, pp. 100 e seguenti.
^Gli atti dei concili di Costantinopoli dell'869-70 e dell'879-80 riportano due nomi diversi, Leonzio e Leone. Ughelli e Spanò Bolani distinguono i due prelati, mentre per Kehr (Italia pontificia, X, p. 16) si tratta dello stesso vescovo: Leontius sive Leo. Leone ricevette una lettera dal patriarca Fozio, scritta attorno all'886. Jean-Marie Martin, Léon, archevêque de Calabre, l'Église de Reggio et la lettre de Photius, in « Eupsychia. Mélanges offerts à Hélène Ahrweiler », vol. II, Parigi 1998, pp. 481-491.
^Vescovo riportato da Ughelli nella sua cronotassi (Italia sacra, IX, col. 324) negli anni 902-916. Secondo Spanò Bolani questo Eusebio non è altro che il vescovo documentato nel 982. Dopo Eusebio, Ughelli e Cappelletti menzionano i vescovi Stefano e Galato, esclusi invece da altri autori (Spanò Bolani e Gams).
^Questo vescovo è menzionato da Taccone-Gallucci (Regesti dei Romani Pontefici…, p. 399) all'anno 1037; questa datazione non concorda con quella del metropolita successivo, documentato nei sinodi patriarcali del 1032 e del 1039 (Kehr, Italia pontificia, X, p. 16).
^Ultimo arcivescovo greco, non riuscì a prendere possesso della sede reggina per l'opposizione dei Normanni e per il suo rifiuto di riconoscere, nel concilio di Melfi del 1089, l'autorità del papa. Kehr, Italia pontificia, X, p. 20.
^Primo arcivescovo latino di Reggio. Alcuni autori pongono Arnolfo come primo metropolita imposto dai Normanni, tra cui F. Russo e Gams, che lo chiama però Rodolfo. Ughelli e Cappelletti inseriscono Arnolfo tra Guglielmo e Rangerio. Taccone-Gallucci e Kehr ignorano invece questo prelato; secondo Kehr, Arnolfo non è altri che l'omonimo vescovo di Cosenza, vissuto in questo stesso periodo (Italia pontificia, X, p. 20).
^Nominato arcivescovo di Reggio tra aprile 1090 e marzo 1091. Kehr, Italia pontificia, X, p. 22, n. 16.
^La maggior parte degli autori identificano Rangerio con Ruggero. Kehr (Italia pontificia, X, p. 23) documenta invece come i due vescovi, nei diplomi coevi, hanno nomi distinti; Ruggero è molto probabilmente lo stesso vescovo, il cui nome è ignoto, menzionato in documenti del 1112 e del 1116. Anche Leone Mattei Cerasoli, Di alcuni vescovi poco noti, 2, in Archivio storico per le province napoletane, 44 (nuova serie 4), 1919, p. 327.
^Al concilio Lateranense del 1112 prese parte un H. Rheginensis (Mansi, XXI, col. 51), che alcuni autori (Russo) chiamato Henricus (Enrico). Secondo Kehr, a causa delle diverse varianti presenti negli atti del concilio, si tratterebbe invece del vescovo Ruggero.
^Secondo Kehr (Italia pontificia, X, p. 23) il vescovo Rodolfo è da eliminare, in quanto appare unicamente in un privilegio spurio di papa Callisto II del 1121.
^Tra Rangerio e Berardo, Taccone-Gallucci (Regesti dei Romani Pontefici…, p. 400) pone altri due vescovi, Stefano e Giovanni, non documentati dagli altri autori.
^abcdefghKamp, Kirche und Monarchie…, vol 2, pp. 916-936.
^Tra Tommaso e Guglielmo, Francesco Russo (Storia dell'arcidiocesi di Reggio Calabria, vol. I, p. 273; e vol. III, p. 100) pone il vescovo Giraldo Ieromonaco la cui cronologia (1182-1194) è incompatibile con quelle dei vescovi Tommaso e Guglielmo. Secondo Kehr (Italia pontificia, X, p. 24) questo prelato è da identificare con l'omonimo vescovo documentato nel 1215 e nel 1216.
^La sede reggina era vacante il 5 settembre 1217 (Kamp, Kirche und Monarchie…, vol. 2, p. 926).
^La diocesi risulta essere vacante da marzo 1239 ad aprile 1240 (Kamp, Kirche und Monarchie…, vol. 2, p. 931).
^Papa Niccolò III annullò l'elezione fatta dal capitolo nel 1277 del nipote di Giacomo, Roberto di Castiglione.
^Biografia di Francesco Saverio Basile in: Michele Chiodo, L'Accademia cosentina e la sua biblioteca. Società e cultura in Calabria 1870-1998, Cosenza, 2002, p. 41.
Tommaso Rossi, Reggio, in Vincenzio D'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili, e prelatizie (nullius) del regno delle due Sicilie, Napoli, 1848, pp. 562–566
Giuseppe Autelitano, Bova, in Vincenzio D'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili, e prelatizie (nullius) del regno delle due Sicilie, Napoli, 1848, pp. 74–79
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