Il territorio si estende su 1.806 km² ed è suddiviso in 123 parrocchie, raggruppate in 10 vicarie: Catanzaro centro, Catanzaro nord, Catanzaro ovest, Catanzaro sud, Squillace, Chiaravalle centrale, Gimigliano-Taverna, Serra San Bruno, Sersale e Soverato.[2]
Storia
L'odierna arcidiocesi è frutto dell'unione di due sedi episcopali preesistenti, Squillace e Catanzaro, stabilita nel 1986.
Diocesi di Squillace
La diocesi di Squillace è tra le più antiche dell'Italia meridionale. La tradizione ne fa risalire la nascita all'era apostolica: primo vescovo sarebbe stato Giovanni, ordinato dal primo vescovo di ReggioStefano di Nicea, oppure Fantino, discepolo di papa Lino, il successore di San Pietro[3]. Storicamente, il primo vescovo di cui è noto il nome è Gaudenzio, che sottoscrisse gli atti del sinodo romano convocato da papa Ilario nel 465.[4]
Sul finire del V secolo, la diocesi fu implicata in due clamorosi delitti. Dalle lettere di papa Gelasio I infatti risulta che tra il 494 ed il 496 due vescovi furono uccisi; nei fatti furono coinvolti alcuni ecclesiastici, un prete di nome Celestino ed un arcidiacono di nome Asello, che colse l'occasione per farsi eleggere vescovo; i vescovi delle diocesi vicine furono incaricati dal pontefice di comminare le dovute sanzioni ecclesiastiche e di destituire l'usurpatore.[5]
Nel VI secolo, a Squillace nacquero le prime istituzioni monastiche occidentali grazie a Cassiodoro il quale, tra il 540 e il 550, fece costruire un eremo e un cenobio, il "Castellense" e il "Vivariense". In questo stesso periodo il vescovo Zaccheo sostenne coraggiosamente papa Vigilio a Costantinopoli contro la violenza di Giustiniano dimostrando fra l'altro la comunione della chiesa di Squillace con quella di Roma[6].
Dei tre secoli in cui Squillace fu una diocesi greca non abbiamo quasi nessun documento e ignoriamo i nomi dei vescovi, ad eccezione di Demetrio, che sottoscrisse, assieme ad altri quattro vescovi calabresi, gli atti del concilio di Costantinopoli contro Fozio nell'869-870.[8] Nello stesso periodo tuttavia la diocesi di Squillace si arricchì con la presenza di monaci basiliani i quali crearono una straordinaria fioritura di monasteri, fra cui quello di San Giovanni Theristis a Bivongi[9]. Sempre allo stesso periodo la tradizione data l'arrivo delle reliquie di sant'Agazio, patrono della diocesi, e di san Gregorio Taumaturgo, patrono di Stalettì.
La serie dei vescovi di Squillace è stata ininterrotta, tranne un breve periodo di vacanza per l'ostilità di Federico II di Svevia il quale nel 1236 usurpò la diocesi; dopo la morte dell'imperatore (1250), papa Innocenzo IV non confermò il canonico di Reggio, Benvenuto, e il 6 ottobre 1254 trasferì a Squillace il vescovo di Martirano, il cistercense Tommaso.
In epoca angioina e aragonese, i vescovi cercarono inutilmente di riavere la giurisdizione spirituale sugli abitati di Montauro, Gasperina, Arunco e Bivongi, che, fin dalla sua fondazione ad opera di san Bruno di Colonia all'epoca di Teodoro Mesymerio, appartenevano alla certosa di Serra.
L'epoca tridentina è segnata dall'opera del vescovo e cardinaleGuglielmo Sirleto, consulente scientifico dei legati papali al concilio di Trento; giunto a Squillace nel 1568, fece per primo la visita pastorale della diocesi e diede un impulso decisivo all'opera del seminario vescovile, già eretto ne 1565. L'opera di riforma della diocesi fu continuata dai suoi nipoti, i vescovi Marcello, Tommaso e Fabrizio Sirleto.
Verso la fine del XVI secolo il territorio della diocesi di Squillace fu teatro di numerosi episodi di contestazione religiosa e/o politica, il più noto dei quali fu la cosiddetta "congiura" di Tommaso Campanella nel 1599. Una testimonianza indiretta è la nomina a vescovo di Squillace, avvenuta il 13 agosto 1601, del vicario generale dei domenicani Paolo Isaresi della Mirandola, dopo una serie di vescovi appartenenti alla famiglia Sirleto.[12]
La secolare diatriba con i certosini di Serra San Bruno fu risolta dagli eventi politici nella prima metà dell'Ottocento. Infatti, in epoca napoleonica, la certosa fu soppressa da Gioacchino Murat nel 1807. Già l'anno successivo Montauro e Gasperina furono annessi alla diocesi di Squillace; stessa sorte toccò agli abitati di Serra, Spadola, Bivongi, Nardodipace, Mongiana, Focà nel 1852.[13]
Il vescovo Raffaele Antonio Morisciano, che partecipò al Concilio Vaticano I, convocò nel giugno 1889 l'ultimo sinodo diocesano della diocesi di Squillace.[14]
Diocesi di Catanzaro
La diocesi di Catanzaro fu eretta da papa Callisto II nel 1121, ricavandone il territorio dalla diocesi di Squillace. Secondo la Chronica Trium Tabernarum, la primitiva sede della diocesi sarebbe stata la località Tres Tabernae da dove i vescovi, dopo il saccheggio ad opera dei Saraceni, fuggirono per rifugiarsi a Catanzaro.[15] L'erezione della diocesi fu invano avversata dal vescovo Pietro di Squillace: passarono alla neonata diocesi i territori di Taverna, Rocca Falluca, Tiriolo, Sellia e la stessa Catanzaro[16]. Come Squillace, anche Catanzaro, dopo un'iniziale immediata soggezione alla Santa Sede, divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Reggio come documentato dal Liber Censuum della Chiesa romana.[17]
Nel 1567 fu ufficialmente istituito il seminario diocesano, che doveva provvedere alla formazione dei sacerdoti, un compito che prima veniva assolto dal collegio dei gesuiti. Tuttavia, la mancanza di fondi impedì il funzionamento regolare del seminario. Il vescovo Orazi impose una tassazione a tutta la diocesi per sopperire alle esigenze del seminario e nel 1594 poté ristabilirlo, ma dopo la sua morte le porte del seminario si richiusero. A metà del XVII secolo si tentò con scarso successo una collaborazione con il collegio dei gesuiti. Nella prima metà del XVIII secolo si fecero nuovi tentativi e per qualche anno vi furono effettivamente corsi scolastici, ma il seminario visse lunghi momenti di chiusura: chiuso nel 1750, fu riaperto tre anni, ma in seguito ancora chiuso per riaprire nel 1769. Nel 1833 il vescovo Matteo Franco provvide il seminario di una sede più ampia.
In seguito ai decreti di riforma del concilio di Trento, anche a Catanzaro iniziarono le visite pastorali alla diocesi, benché non con la frequenza annuale prevista dal concilio, e malgrado in alcuni casi i vescovi delegassero la visita ai vicari foranei. Molti erano gli abusi da combattere, soprattutto quello dei cosiddetti "diaconi selvaggi", ossia laici che godevano di privilegi ecclesiastici ed erano diffusi in tutto il territorio diocesano. Con molto ritardo rispetto ad altre diocesi calabresi, il primo sinodo diocesano fu celebrato durante l'episcopato di Carlo Sgombrino nel 1677; il secondo sinodo si avrà solo nel 1783. Nel 1704 furono approvati e pubblicati il nuovo statuto e le costituzioni del capitolo della cattedrale, che pose fine a decenni di diatribe e contese sui diritti e i doveri dei canonici.
Il devastante terremoto del 1783, oltre a provocare migliaia di morti, ebbe come conseguenza la costituzione, voluta dal re Ferdinando IV, della Cassa Sacra, che «aveva come suo scopo l'incameramento delle proprietà e delle rendite ecclesiastiche calabresi per utilizzarle ai fini della ricostruzione in seguito ai danni del terremoto... Nonostante le buone intenzioni, la Cassa Sacra non ebbe gli effetti sperati, portando a un'ulteriore concentrazione delle proprietà nelle mani dei ricchi e comunque contribuendo solo in parte alle necessità della ricostruzione».[13] Questo ente vide coinvolta in prima persona la diocesi di Catanzaro, poiché il suo vescovo Salvatore Spinelli (1779-1792) fu chiamato a presiedere la giunta della Cassa.
Nel 1912 fu inaugurato a Catanzaro il Pontificio seminario regionale San Pio X, fortemente voluto dal vescovo Pietro di Maria. Nel 1933, durante l'episcopato di Giovanni Fiorentini, si celebrò a Catanzaro il congresso eucaristico regionale.
Il 5 giugno 1927 la diocesi di Catanzaro fu sciolta dai vincoli che la legavano alla metropolia di Reggio Calabria e fu elevata al rango di arcidiocesi, non metropolitana, con la bollaCommissum supremo di papa Pio XI; e il medesimo anno all'arcivescovo Giovanni Fiorentini fu concesso il pallio.
Le sedi unite
Il 23 dicembre 1927 l'arcivescovo di Catanzaro, Giovanni Fiorentini, fu nominato anche vescovo di Squillace, unendo così in persona episcopi le due diocesi.[18] Ad eccezione degli anni 1950-1956[19], le due diocesi rimasero unite in persona episcopi fino al 1986.
Il 30 settembre 1986, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, l'arcidiocesi di Catanzaro e la diocesi di Squillace sono state unite con la formula plena unione e la nuova circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome attuale.
L'arcivescovo Antonio Cantisani ha istituito i musei diocesani d'arte sacra di Catanzaro (nel 1984) e di Squillace (nel 1997), che oggi costituiscono un unico polo museale distinto in due sedi, collocate nei rispettivi palazzi vescovili.
^abV. d'Avino, Squillace, Cenni storici..., p. 652.
^L. Calabretta, Le diocesi di Squillace e Catanzaro, p. 14.
^Lanzoni, Le diocesi d'Italia..., vol. I, Faenza 1927, pp. 340-341; e Louis Duchesne, Les évêchés de Calabre, in Scripta Minora. Études de topographie romaine et de géographie ecclésiastique, Roma 1973, pp. 2-3.
^Giovanni Minasi, Le chiese di Calabria dal quinto al duodecimo secolo: cenni storici. Napoli: Lanciano e Pinto, 1896, p. 81-85 (Ristampa anastatica: Oppido Mamertina: Barbaro, 1987).
^L. Calabretta, Le diocesi di Squillace e Catanzaro, p. 16.
^Maria Bianca Gallone, I basiliani: monachesimo greco nella storia, nella religione e nelle arti. Bari: Arti grafiche Favia, 1973. Antonio Francesco Parisi, I monasteri basiliani dell'Istmo di Catanzaro. Napoli: Società Napoletana di Storia Patria, 1957.
^Duchesne, op. cit., p. 14. Sulla controversa questione dell'autenticità della Chronica Trium Tabernarum e della storicità della sede vescovile di Tres Tabernae si veda l'ampia bibliografia riportata in: Kehr, Italia pontificia, X, pp. 77-78.
^Calabretta, Le diocesi di Squillace e Catanzaro, p. 18
^Nel 1950 Giovanni Fiorentini dette le dimissioni come vescovo di Squillace, mantenendo la sola sede di Catanzaro; il 16 luglio Armando Fares fu nominato vescovo di Squillace e contestualmente coadiutore, con diritto di successione, di Catanzaro (AAS 42 (1950), p. 556).
^Vescovo di Alessio in Dalmazia (oggi Albania), trasferito a Squillace da papa Gregorio Magno poiché la sua antica città episcopale era stata occupata e distrutta da truppe ostili. Lanzoni, Le diocesi d'Italia..., p. 341.
^Presente nel 680 al sinodo romano in preparazione al concilio di Costantinopoli contro il monotelismo, al quale tuttavia non prese parte (G. Minasi, Le chiese di Calabria, p. 112).
^"L'epoca di questo vescovo è rimarcabile per la fondazione della certosa di Santo Stefano del Bosco, e per la concessione da lui fatta a San Brunone del suolo dove fu edificata" (V. d'Avino, Squillace, Cenni storici..., p. 652).
^Figlio del conte di nome Pietro, fu eletto vescovo in Cappella Messanae da Ruggero II di Sicilia (V. d'Avino, Squillace, Cenni storici, Op. cit., p. 653). Pietro è ancora documentato come vescovo di Squillace nel mese di giugno 1122 (Kehr, Italia pontificia, X, p. 61, nº 14).
^Kehr, Italia pontificia, X, p. 61, nº 14. Ughelli (Italia sacra, IX, col. 429), e tutti gli autori che ne dipendono, pongono Donato come predecessore di Pietro, senza indicazione documentaria e cronologica.
^Kehr, Italia pontificia, X, p. 61, nº 14. Gams chiama questo vescovo Sicalzius.
^Il successivo vescovo riportato da Ughelli al 1178, Aymerio, (Italia sacra, IX, col. 431) è da escludere dalle liste di Squillace, come documenta Kamp (Kirche und Monarchie..., II, p. 985, nota 8).
^abcdefghijklmKamp, Kirche und Monarchie..., II, pp. 984-995.
^Canonico della cattedrale di Squillace, il nome di questo vescovo potrebbe essere Rogerio o Roberto, canonici documentati rispettivamente nel 1207 e nel 1209 (Kamp, Kirche und Monarchie..., II, p. 987). Prima di R., il capitolo della cattedrale nel 1217 aveva scelto come vescovo Pietro (Kamp II, p. 987), abate di Santo Stefano del Bosco, ma papa Onorio III ne giudicò illegittima l'elezione (V. d'Avino, Squillace, Cenni storici..., p. 653); secondo Ughelli, il nome di questo mancato vescovo di Squillace era Guglielmo (Italia sacra, IX, col. 428).
^Nella lettera di nomina di R. a Reggio, si fa anche menzione della sua designazione ad amministratore di Squillace, fino al suo definitivo trasferimento a Reggio; nel settembre 1235, R., Reginus electus, era ancora a Squillace. La diocesi risulta essere vacante a marzo 1239. Kamp, Kirche und Monarchie..., II, pp. 988-989.
^Benvenuto è documentato come vescovo eletto fin dal 5 febbraio 1240, ma a causa della sua giovane età (defectus aetatis) la sua conferma pontificia fu procrastinata fino al 23 dicembre 1251; tuttavia lo stesso papa Innocenzo IV il 6 agosto 1254 annullò la sua conferma e nominò nuovo vescovo di Squillace il cistercense Tommaso, vescovo di Martirano. Le cose andarono per le lunghe, poiché Benvenuto si appellò ai tribunali ecclesiastici. Secondo Kamp, è probabile che Benvenuto sia rimasto a Squillace fino al 1266 e che Tommaso di Martirano non abbia mai preso possesso della sua sede. Kamp, Kirche und Monarchie..., II, pp. 990-993.
^Intervenne all'incoronazione di Giacomo II a re di Sicilia nel 1286 (V. d'Avino, Squillace, Cenni storici, Op. cit., p. 653).
^Nominato da papa Bonifacio IX, aderì probabilmente all'obbedienza avignonese. Infatti, per i papi d'Avignone, il 12 ottobre 1394 la sede di Squillace era vacante per la morte di Antonio, e l'antipapa Benedetto XIII nominò il francescano Pietro nuovo vescovo squillacense, menzionato nel 1397; lo stesso antipapa il 21 novembre 1405 affidò in amministrazione la diocesi di Squillace all'arcivescovo avignonese Andrea di Cosenza. Eubel, Hierarchia catholica, I, p. 462, nota 6.
^Il 22 marzo 1514 fu nominato amministratore apostolico di Capaccio.
^Gams e Cappelletti citano Norberto come vescovo di Catanzaro, riprendendo le informazioni da Giovanni Fiore da Cropani, Della Calabria illustrata, II, Napoli 1743, p. 298. Questo vescovo è ignoto a Ughelli nella sua Italia sacra, anche nella seconda edizione del 1721.
^Secondo Kehr (Italia pontificia, X, p. 77), Roberto sarebbe il primo vescovo noto di Catanzaro. Ughelli menziona un anonimo vescovo al 1168 (Italia sacra, IX, col. 368).
^Basuino, chiamato anche Bassovino o Busiano, è documentato per l'ultima volta come vescovo di Catanzaro nel 1210 e per la prima volta come vescovo di Aversa nel 1215.
^abcdefgKamp, Kirche und Monarchie..., II, pp. 949-954.
^Il vescovo Nicolò, menzionato da Ughelli nel 1275 (Italia sacra, IX, col. 372), è da eliminare dalla cronotassi di Catanzaro. Kamp, Kirche und Monarchie..., II, p. 954, nota 52. M. H. Laurent, Contributo alla storia dei vescovi del regno di Sicilia (1274-1280), in Rivista di Storia della Chiesa in Italia 2 (1948), p. 374.
Domenico Cirillo, Comunità Diocesane Catanzaro e Squillace, Annuario 1975., in Anno Santo, Supplemento al "Bollettino del Clero", n. 21, aprile-giugno 1975, pp. 97-101.
Catanzaro, in Vincenzio D'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili, e prelatizie (nullius) del regno delle due Sicilie, Napoli, 1848, pp. 183–185
Squillace, in Vincenzio D'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili, e prelatizie (nullius) del regno delle due Sicilie, Napoli, 1848, pp. 652–656