Patroni della diocesi sono i santi Nicandro, Marciano e Daria, martiri nel 303 a Venafro sotto l'imperatore Diocleziano. La memoria liturgica ricorre il 17 giugno con il grado di solennità nelle città di Venafro ed Isernia e di festa nell'intera diocesi; la città di Venafro estende i festeggiamenti dal 16 al 18 giugno.
Il calendario liturgico proprio della diocesi, approvato il 30 agosto 2004, ricorda le seguenti ricorrenze liturgiche:
san Celestino V, patrono secondario della diocesi e della città di Isernia (19 maggio);
Il territorio si estende su 740 km² ed è suddiviso in 48 parrocchie, raggruppate in sei foranie: Isernia, Venafro, Capriati a Volturno, Carpinone, Forania del Volturno e Pozzilli.
Storia
L'odierna diocesi nasce nel 1986 dalla piena unione di due antiche sedi episcopali, Isernia e Venafro.
Venafro
Le prime notizie della diocesi di Venafro risalgono alla fine del V secolo con la menzione del vescovo Costanzo (o Costantino) presente al sinodo romano indetto da papa Simmaco nel 499; lo stesso vescovo fu destinatario di una lettera non datata di papa Gelasio I (492-496). Inoltre al sinodo indetto da Gelasio nel 495 presero parte un Costanzo e un Costantino senza indicazione delle rispettive sedi di appartenenza; uno dei due potrebbe essere il vescovo di Venafro. Dalle lettere di Gregorio Magno (circa 591-595) sappiamo che alla fine del VI secolo la diocesi di Venafro era vacante; poco dopo la diocesi scomparve per le distruzioni operate dai Longobardi.[2]
Non si hanno più notizie sulla diocesi di Venafro fino all'XI secolo.[3] Nel 1032 l'arcivescovo di Capua, Atenolfo II, consacrò Gerardo per le sedi unite di Venafro, Isernia e Bovino; da questo momento Venafro, suffraganea di Capua, restò unita aeque principaliter a Isernia fino al 1207 quando papa Innocenzo III, per porre fine ai dissidi fra i capitoli dei canonici delle due cattedrali[4], stabilì la separazione delle due diocesi, decisione confermata dai successivi pontefici Onorio III (1224) e Gregorio IX (1230).[5]
Non si conosce esattamente il nome del primo vescovo di Venafro dopo la separazione delle sedi. Norbert Kamp documenta l'esistenza di alcuni vescovi anonimi di Venafro nel 1215, nel 1218 e nel 1223/24. Il primo nome di vescovo venafrano è quello di Riccardo, documentato dal 1228 al 1239, seguito da Rinaldo, eletto nel febbraio 1252 ed ancora in carica nel mese di giugno del 1286.
In epoca normanna si svilupparono in diocesi monasteri e cenobi benedettini; tra questi si ricordano «Santa Croce iuxta muros Venafri, San Benedetto de Benafro, San Benedetto Piccolo (Piczolu, Pizuli, S. Venditto, S. Benedicti minoris), Santa Cristina, Santi Maria e Benedetto, San Nazario de Rocca de Piperoczu (Roccapipirozzi), San Pietro di Sesto Campano.»[6]
Incerta è l'origine della diocesi di Isernia. Dati monumentali quali i resti di una basilica paleocristiana e un'iscrizione sepolcrale provano la presenza a Isernia di una comunità cristiana ricca e strutturata già in epoca antica.[8] Tuttavia problematica è la serie dei vescovi di Isernia riportata da Ferdinando Ughelli nella sua Italia sacra, che apparterrebbero in realtà ad altre diocesi.[9] Anche l'attribuzione a Isernia di Marco, episcopus ecclesiae Samninae, che prese parte al concilio simmachiano del 502, è dubbia e non ammessa da tutti gli autori.[10]
In epoca altomedievale altri vescovi sono attribuiti a Isernia, ma con il beneficio del dubbio. Un vescovo Bonifacio è assegnato da Ughelli all'anno 758, ma senza alcuna indicazione documentaria a sostegno; Cappelletti lo ammette nella cronotassi di Isernia, mentre Gams lo esclude. Secondo il Chronicon Casinense, nell'847 un anonimo vescovo di Isernia perì durante un disastroso terremoto che rase al suolo la città. Un altro anonimo vescovo appare in un diploma dell'854, che Ughelli attribuisce tuttavia al 639.[11] Segue Odelgario, episcopus Eserniatensis, che avrebbe preso parte ad un concilio a Ravenna nell'877, e poi Lando nel 946 e Arderico, documentato dal 964 al 975. Tutti questi vescovi sono esclusi da Kehr, il quale riferisce che il primo vescovo certo di Isernia è un anonimo citato in un diploma del 943.[12]
Notizie più sicure sulla diocesi di Isernia si hanno a partire dall'XI secolo. Nel 1032 il metropolita di Capua Atenolfo II consacrò Gerardo vescovo di Isernia, sede episcopale da tanto tempo priva del suo pastore, come si evince dal privilegio concesso dal metropolita al vescovo isernino; lo stesso documento delimita la diocesi ai tre territori di Isernia, Venafro e Boiano e attesta l'appartenenza della diocesi di Isernia alla provincia ecclesiastica di Capua.[13]
Secondo il Chronicon Casinense, durante il suo pontificato papa Niccolò II (1059-1061) consacrò vescovo di Isernia e Venafro il monaco Pietro da Ravenna.[14] Le due diocesi risultano essere ancora unite anche nella bolla concessa da papa Alessandro III al vescovo Rainaldo nel 1172.[15] Pur unite, le due diocesi conservavano ciascuna la propria cattedrale e il proprio capitolo di canonici, che spesso, nel corso del XII secolo, entrarono in conflitto in occasione delle nomine dei vescovi. Per porre fine ai dissidi nel 1207papa Innocenzo III stabilì la separazione delle due diocesi, decisione confermata dai successivi pontefici Onorio III (1224) e Gregorio IX (1230).[5]
In epoca longobarda e normanna si svilupparono in diocesi monasteri e cenobi benedettini; tra questi si ricorda in particolare l'abbazia di San Vincenzo al Volturno, fondata nell'VIII secolo, ma anche «l'abbazia femminile di Santa Maria delle Monache e quella di San Vito della Valle, l'abbazia di Sant'Agapito in Valle, San Marco e San Martino a Carpinone, Santa Croce a Pesche, San Benedetto a Monteroduni, Santa Maria in Altissimis a Fornelli, Santi Giovanni e Paolo a Pizzone, San Benedetto a Roccasicura, San Pietro de Itria a Scapoli, San Benedetto a Sessano del Molise».[6] Seguirono poi le fondazioni dei monaci celestini e dei francescani; la tradizione attribuisce allo stesso san Francesco di Assisi la fondazione del convento di Santo Stefano a Isernia.
Per tre volte, nell'847, nel 1349 e nel 1456, la città di Isernia, la sua cattedrale ed altri edifici religiosi furono rasi al suolo da terremoti; in occasione del terremoto del 1456, il vescovo Giacomo de Monte Aquila fu estratto vivo dopo tre giorni dalle macerie della cattedrale.[6]
Il 18 giugno 1852papa Pio IX, in forza della bollaSollecitudinem animarum, restaurò la diocesi di Venafro, con il medesimo territorio che aveva nel 1818, unendola aeque principaliter alla diocesi di Isernia. Entrambe le città mantennero le proprie cattedrali con i relativi vescovati e seminari. Il vescovo risiedeva equamente in entrambe le città. Successivamente la sede vescovile unica fu collocata ad Isernia, mentre il seminario rimase solo a Venafro.
^Nigro, Il Molise paleocristiano dalle origini a Gregorio Magno, pp. 100, 102-103, 106.
^D'Avino (Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie…, p. 276) riferisce di un vescovo Costantino nel 1004, vissuto durante l'episcopato di papa Giovanni XVIII, di cui si ha notizia da antichi manoscritti conservati a Venafro. Questo vescovo è tuttavia ignoto sia a Ughelli che a Cappelletti e agli altri autori citati tra le fonti.
^I dissidi sfociavano regolarmente in occasione delle nomine dei vescovi; Kamp documenta l'elezione da parte del capitolo di Venafro di un vescovo per la sola sede venafrana, Giovanni de Abner, nel 1193-94 (Kirche und Monarchie…, I, p. 196).
^D'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie…, p. 282.
^Nigro, Il Molise paleocristiano dalle origini a Gregorio Magno, p. 94 (nota 8) e p. 115.
^Ughelli (Italia sacra, vol. VI, col. 368) cita sei vescovi: san Benedetto, di epoca ignota, venerato a Isernia come vescovo ma sconosciuto alle fonti storiche; Lorenzo (402), che fu vescovo di Segna; Eutodio o Eubodio (465), Mario (499) e Innocenzo (501), che furono vescovi di Tiferno, ossia Città di Castello; e Sebastiano (595), vescovo di Risano in Dalmazia. Lanzoni, Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del secolo VII, pp. 379-380. Pietri, Prosopographie chrétienne du Bas-Empire. 2. Prosopographie de l'Italie chrétienne, vol. I-II. Cappelletti, Le Chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni, vol. XX, pp. 128-129.
^Nigro, Il Molise paleocristiano dalle origini a Gregorio Magno, pp. 101-102 e 108.
^Questi tre vescovi del periodo altomedievale sono esclusi dall'autore della voce sul sito Beweb - Beni ecclesiastici in web.
(DE) Norbert Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien. Prosopographische Grundlegung. Bistümer und Bischöfe des Königreichs 1194-1266. 1. Abruzzen und Kampanien, München, 1973, pp. 178–185
(DE) Norbert Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien. Prosopographische Grundlegung. Bistümer und Bischöfe des Königreichs 1194-1266. 1. Abruzzen und Kampanien, München, 1973, pp. 195–200
(LA, IT) Bolla Sollecitudinem animarum, in Collezione degli atti emanati dopo la pubblicazione del Concordato dell'anno 1818, parte XIII, Napoli, 1854, pp. 46–66