La diocesi è stata eretta nel I secolo. Secondo la tradizione il primo vescovo fu inviato da san Pietro. La prima menzione storica della sede di Palermo fa riferimento ad una lettera di papa Leone I, datata 442/443, scritta al vescovo Pascasino di Lilibeo, che fu portata in Sicilia da un «Silanus diaconus Panormitanae ecclesiae», cioè da "Silano diacono della Chiesa di Palermo".
Durante l'occupazione araba, non vi furono vescovi di Palermo; a metà dell'XI secolo Palermo fu elevata al rango di sede metropolitana. Nel 1049 il papa elesse arcivescovo Umberto di Silva Candida, cui i Normanni non concessero di sbarcare in Sicilia. La successione episcopale riprenderà solo nel 1065 con l'arcivescovo Nicodemo.
L'unione ebbe termine il 2 marzo 1802 quando papa Pio VII con la bollaImbecillitas humanae mentis ripristinò Monreale come sede metropolitana indipendente.[1]
Dopo la frattura tra Chiesa e Stato con la presa di Porta Pia del 20 settembre 1870, la Santa Sede rifiutò di concordare le nomine dei vescovi e tra il 1871 e il 1872 procedette a nomine unilaterali per le diocesi siciliane, scegliendo per Palermo il vescovo di PattiMichelangelo Celesia. Fino al 1879 non ricevette[3] l'exequatur e pertanto aveva ricevuto l'ingiunzione di lasciare il palazzo arcivescovile. Un'eventuale resistenza avrebbe potuto comportare non solo l'uso della forza, ma anche l'allontanamento coatto dalla diocesi e l'affidamento della diocesi a un vicario capitolare.[4]
^La tradizione erudita ha posto come primo vescovo palermitano Teodoro, assegnato all'anno 125 (Pirri, Sicilia sacra, vol. I, col. 10), ricavandone il nome dal Praedestinatus, opera anonima della metà del V secolo, in cui si racconta che Eracleone (120-180 ca.), discepolo dello gnostico Valentino, iniziò a predicare in Sicilia, dove trovò la ferma opposizione dei vescovi Eustachio di Lilibeo e Teodoro di Palermo, che lo denunciarono a papa Alessandro I (105-115). Il racconto è ritenuto «totalmente destituito di fondamento storico, presenta grossolani anacronismi e la poco probabile presenza di vescovi a Palermo e Lilibeo agli inizi del II secolo, nonché l'ingerenza dei vescovi occidentali all'interno di un'eresia gnostica greco-orientale» (Gelarda, p. 69).
^abVescovo menzionato nella cronotassi riportata dal sito web dell'arcidiocesi di Palermo, ma assente in Pirri e nelle altre fonti citate. Nel periodo compreso tra il 297 e il 310, Pirri pone il primo dei due vescovi di nome Mamiliano che inserisce nella sua cronotassi (Sicilia sacra, I, coll. 13-14); è presumibile che i due anonimi facciano riferimento al predecessore e al successore di Mamiliano.
^abUna lettera di papa Leone I del mese di ottobre del 447, ritenuta spuria da alcuni autori, menziona due anonimi vescovi di Palermo: il vescovo in carica, da poco tempo eletto sulla cattedra siciliana, e il predecessore, accusato di aver dilapidato i beni della Chiesa palermitana. Pirri (Sicilia sacra, vol. I, col. 15) assegna il secondo anonimo all'anno 432 circa, altri autori all'anno 444, benché l'epistola di Leone I non riporti alcuna datazione in merito; il vescovo in carica a ottobre 447 è invece chiamato Teobaldo, ma lo stesso Pirri riconosce che non è possibile documentare la provenienza di questo nome, che Lanzoni (p. 649) ritiene «altamente sospetto». Gelarda, Palermo paleocristiana, p. 71.
^Secondo le tradizionali cronotassi palermitane (Rocco Pirri, Sicilia sacra, vol. I, col. 15; Gams, p. 951), il vescovo Graziano avrebbe sottoscritto gli atti del concilio di Calcedonia. Tuttavia, secondo l'edizione critica degli atti del concilio calcedonense, nessun vescovo con questo nome vi prese parte, se si eccettua Gratidianos, chiamato Gratianos in alcuni manoscritti, che però fu vescovo di Cerasonte nel Ponto Polemoniaco; negli atti conciliari si trova invece il vescovo Cratino, che alcuni manoscritti scrivono Cratianos, che fu vescovo di Panormos, città della provincia romana di Licia, confusa con la città siciliana. Concilium universale Chalcedonense. Volumen sextum, prosopographia et topografia, actorum calcedonensium et encycliorum indices, edidit Eduardus Schwartz, «Acta Conciliorum Oecumenicorum», II/6, Berlino-Lipsia 1938, pp. 17 (Gratidianos) e 39 (Cratinos). Sylvain Destephen, Prosopographie chrétienne du Bas-Empire 3. Prosopographie du diocèse d'Asie (325-641), Paris, 2008, pp. 587-588. Gelarda (p. 71) ammette Graziano tra i vescovi palermitani, ma fonda la sua convinzione sull'edizione di Mansi, ignorando l'edizione critica degli atti del concilio calcedonense di Schwartz.
^Le varie biografie e vite di questo santo vescovo, considerato da alcuni eruditi il protovescovo della Chiesa palermitana, non permettono di stabilire con certezza il periodo in cui visse; a causa di numerosi anacronismi, in effetti alcune cronotassi (Pirri, Sicilia sacra, I, coll. 13 e 15) pongono due vescovi di nome Mamiliano: quello morto martire agli inizi del IV secolo e datato da Pirri tra il 297 e il 310; e quello vissuto sull'isola di Montecristo (o del Giglio) all'epoca del re vandalo Genserico († 477). Secondo Lanzoni «… i due Mamiliani sono assolutamente spurii… frutto delle leggende fantastiche che si occupano di san Mamiliano … che fu introdotto nel catalogo episcopale della città siciliana e nel XVII-XVIII secolo venne sdoppiato…».
^Le tradizionali cronotassi palermitane (Rocco Pirri, Sicilia sacra, vol. I, col. 16; Gams, p. 951) inseriscono all'anno 480 questo vescovo, il cui nome appare in una collezione di lettere indirizzate a Pietro Fullo, vescovo monofisita di Antiochia, datate tra il 484 e il 488 (Collectio Avellana, 1895, vol. I, pp. 182-187). Tuttavia fin dal XVII secolo è stato dimostrato il carattere fittizio e apocrifo di questo epistolario, fabbricato all'inizio del VI secolo nel contesto della lotta contro il Trisagion (Sylvain Destephen, Prosopographie chrétienne du Bas-Empire 3. Prosopographie du diocèse d'Asie (325-641), Paris, 2008, pp. 748-749). Inoltre la lettera a cui ci si riferisce sarebbe stata scritta da "Giustino, vescovo di Sicilia"; la sua attribuzione a Palermo è perciò arbitraria (Lanzoni, p. 649); altri autori infatti lo assegnano, con il nome di Giustiniano, alla sede di Messina (Vincenzio d'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie del Regno delle Due Sicilie, Napoli, 1848, p. 335).
^Secondo le tradizionali cronotassi palermitane (Rocco Pirri, Sicilia sacra, vol. I, col. 17) un vescovo di nome Graziano prese parte al concilio indetto da papa Simmaco nel 503; come riferisce Pirri, alcuni autori ritengono Graziano I e Graziano II un unico vescovo (Cappelletti, p. 528), che avrebbe governato la Chiesa palermitana per almeno 52 anni, cosa ritenuta dallo stesso Pirri inverosimile. Secondo l'edizione del Labbe (Sacrosancta concilia ad regiam editionem exacta, vol. IV, Parigi 1671, col. 1368), il nome del vescovo è Cratinus Panemutensis, corretto dagli eruditi del passato in Gratianus Panormensis (Pirri, cit.). Tuttavia, dei 6 concili attribuiti ai primi anni di episcopato di papa Simmaco, solo 3 sono ritenuti autentici dalla moderna critica storica, quelli del 499, del 501 e del 502; gli altri sono frutto di falsificazioni posteriori (Pier V. Aimone, Le falsificazioni simmachiane, in Apollinaris 68 (1995), pp. 205-220; Teresa Sardella, Società, chiesa e stato nell'età di Teoderico: papa Simmaco e lo scisma laurenziano, Soveria Mannelli-Messina 1996; Eckhard Wirbelauer, Zwei Päpste in Rom. Der Konflikt zwischen Laurentius und Symmachus, München 1993; Theodor Mommsen, Acta synhodorum habitarum Romae. A. CCCCXCVIIII DI DII, in Monumenta Germaniae Historica, Auctorum antiquissimorum, XII, Berlino 1894, pp. 393-455). Secondo Lanzoni (p. 8), le liste episcopali dei falsi concili simmachiani furono prese, in parte, dalle liste del concilio di Calcedonia: questo spiegherebbe la presenza, nella cronotassi palermitana, di un vescovo Graziano (?) nel 451 e nel 503.
^abcVescovo menzionato nella cronotassi riportata dal sito web dell'arcidiocesi di Palermo, ma assente in Pirri e nelle altre fonti citate.
^Pirri inserisce un anonimo vescovo palermitano all'anno 555 (Rocco Pirri, Sicilia sacra, vol. I, col. 17), ricavandone il nome della vita di san Gregorio di Agrigento, scritta fra VIII e IX secolo da Leonzio, abate del monastero di San Saba di Roma. Tuttavia la vita di questo santo, definita da Agostino Amore come «degna di essere annoverata tra le più scadenti produzioni agiografiche» (Bibliotheca Sanctorum, vol. VIII, col. 170), è piena di così tanti anacronismi da rendere difficile stabilirne l'esatta cronologia. Gli studi più recenti (Domenico De Gregorio, Vita di san Gregorio agrigentino, Agrigento 2000) identificano il santo agrigentino con l'omonimo vescovo di Agrigento menzionato nell'epistolario gregoriano e vissuto tra il 591 e il 603; questo vorrebbe dire che l'anonimo vescovo palermitano menzionato da Pirri risalirebbe a questa stessa epoca e dovrebbe perciò identificarsi con Vittore. Lanzoni invece (pp. 639-641) sposta di un secolo la vita di Gregorio agrigentino e dunque anche l'episcopato dell'anonimo palermitano sarebbe da porre alla fine VII secolo.
^Pietri, Prosopographie de l'Italie chrétienne, I, p. 53.
^Pietri, Prosopographie de l'Italie chrétienne, II, p. 2282-2284.
^Pietri, Prosopographie de l'Italie chrétienne, I, pp. 1137-1139. Nell'epistolario di papa Gregorio I Giovanni è menzionato come vescovo di Palermo a luglio e a settembre del 603.
^Di questo vescovo esiste il sigillo episcopale, scritto in latino. Secondo alcuni autori, il Teodoro del sigillo è da identificare con l'omonimo vescovo che prese parte al concilio di Nicea del 787; altri invece ritengono che si tratti di un vescovo distinto, in quanto, fin dagli inizi dell'VIII secolo, le cancellerie siciliane adottarono il greco nelle legende dei sigilli. Vittorio G. Rizzone, Addenda et corrigenda a «Opus Christi edificabit. Stati e funzioni dei cristiani di Sicilia attraverso l'apporto dell'epigrafia», in Synaxis 24/1 (2016), pp. 68-69. Giuseppe Falzone, Tre note di epigrafia cristiana in Sicilia, Quaderni digitali di archeologia postclassica 6, Palermo, 2014, p. 47.
^abSecondo Pirri (Sicilia sacra, I, coll. 39-40), l'epistolario di papa Pasquale I contiene una lettera, datata da Pirri all'819 circa, scritta a un anonimo vescovo di Palermo, in cui si fa menzione di un suo predecessore anch'esso anonimo. L'autore pone quest'ultimo all'anno 800.
(FR) Charles Pietri, Luce Pietri (ed.), Prosopographie chrétienne du Bas-Empire. 2. Prosopographie de l'Italie chrétienne (313-604), École française de Rome, 2 volumi, Roma, 1999-2000
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