Giovanni Angelo Medici nacque a Milano. Il padre, Bernardino Medici di Nosigia, apparteneva alla famiglia dei Medici milanesi che si riteneva imparentata alla lontana con i Medici di Firenze, pur senza prove effettive di discendenza comune.[1] La madre, Cecilia Serbelloni[2], era figlia di Giovanni Gabriele, membro del Senato di Milano[3]. Giovanni Angelo era inoltre fratello del celebre condottiero lombardo Gian Giacomo Medici, nominato in seguito marchese di Melegnano, nonché zio di San Carlo Borromeo.
Giovanni Angelo studiò filosofia e medicina all'Università di Pavia, poi frequentò i corsi di diritto in quella di Bologna, dove si laureò in utroque iure (11 maggio 1525)[2]. Divenne un quotato esperto giurista, e a 28 anni decise di entrare al servizio della Chiesa recandosi a Roma dove giunse il 26 dicembre 1527. Da lì tornò nel 1528 in Lombardia, dove fu arciprete di Mazzo di Valtellina fino al 1529, quando il lontano "parente" Clemente VII (1523-1534) lo richiamò a Roma e lo nominò protonotario apostolico (26 dicembre 1529).[4]
Le sue qualità di instancabile lavoratore, e l'abilità nel gestire gli affari, lo portarono a riscuotere la profonda stima del successore di papa Clemente, ovvero papa Paolo III (1534-1549). Contemporaneamente, nel 1545 il fratello Gian Giacomo Medici sposò, con il beneplacito di Paolo III, Marzia Orsini. Con questo matrimonio la famiglia Medici diventò parente dei potenti principi Orsini, ascendendo ai piani alti dell'aristocrazia italiana. Inoltre divenne parente anche di Paolo III, la cui nonna materna era Caterina Orsini dei duchi di Gravina. Fu proprio Paolo III a creare Giovanni Angelo Medici cardinale, nel 1549. Un'altra conseguenza indiretta fu che i nobili Medici di Firenze iniziarono a chiamare “parenti” la famiglia di Giovannangelo, per evidenti motivi di prestigio, specialmente dopo l'elezione di quest'ultimo.[5] In quello stesso anno e sino al 1553, venne eletto vescovo della Diocesi di Ragusa di Dalmazia.
Sotto il pontificato di Paolo IV (1555-1559), la sua posizione s'incrinò: infatti preferì lasciare Roma (estate del 1558). Trascorse un periodo in Lombardia, poi in Toscana, dove cercò di curare la gotta che lo affliggeva.
Conclavi
Durante il suo periodo di cardinalato, Giovanni Angelo de' Medici partecipò a quattro conclavi:
Il conclave si aprì il 5 settembre e si chiuse il 26 dicembre, per una durata di 112 giorni: fu il più lungo dopo oltre due secoli. Per trovarne uno più duraturo bisogna ritornare agli anni 1314-1316 (elezione di papa Giovanni XXII).
Il pontificato
Il Concilio di Trento
Il 29 novembre 1560 Pio IV pubblicò la bollaAd ecclesiae regimen con la quale riaprì i lavori del Concilio ecumenico, convocando i padri conciliari a Trento per il 18 gennaio 1562. La ripresa del concilio richiese lunghe trattative tra Roma e le maggiori potenze cattoliche (Spagna, Impero e Francia)[2]. Le tre potenze erano divise: da una parte, l'imperatoreFerdinando I d'Asburgo e la regina consorte di FranciaCaterina de' Medici, avrebbero voluto l'indizione di un nuovo Concilio in una città diversa da Trento. Al contrario, il re di SpagnaFilippo II desiderava fosse esplicitamente affermata nella bolla la continuità con le precedenti assemblee. La bolla annunciò la convocazione del concilio, senza però affermare esplicitamente la continuità con le sessioni precedenti.
Prima che fossero ripresi i lavori, Pio IV ordinò la revisione del processo al cardinal Giovanni Gerolamo Morone (imprigionato da Paolo IV con l'accusa di eresia), che si concluse con la sua piena assoluzione. Completamente riabilitato, Pio IV inviò il cardinale a Trento per dirigere le ultime sessioni del Concilio in qualità di legato papale (1563).
Pio IV chiuse infine il Concilio di Trento il 4 dicembre 1563. I decreti del Concilio vennero confermati dal pontefice nel Concistoro del 26 gennaio 1564 e pubblicati il 30 giugno seguente (bolla Benedictus Deus). Con la costituzione apostolicaAlias Nos del 2 agosto il pontefice nominò un collegio di otto cardinali incaricati di rivedere e valutare i decreti: la Congregazione del concilio. In precedenza, il 24 marzo aveva approvato il nuovo Indice dei libri proibiti (bolla Dominici gregis custodiae). Il 13 novembre 1564 il pontefice approvò, con la bolla Iniunctum nobis, il "Credo Tridentino" (Professio fidei Tridentinae), affermando con questo atto la suprema autorità papale all'interno della comunità ecclesiale. Infine, il 24 febbraio 1565 fece pubblicare la bolla In principis apostolorum sede, con la quale vennero espressamente revocati tutti i privilegi, esenzioni e immunità per qualunque titolo accordati, che fossero in contrasto con le norme del Concilio[7].
In Francia il pericolo di un scisma degli ugonotti era incombente. Per sventarlo, Pio IV sostenne la lotta del re di Francia contro di essi, fornendo truppe e denaro.
Il pontefice fece le sue rimostranze alla regina d'InghilterraElisabetta I per le discriminazioni operate nei confronti dei cattolici inglesi. A Maria Stuarda, cattolica regina di Scozia, donò la rosa d'oro.
Per regolamentare l'Inquisizione Pio IV pubblicò quattro costituzioni apostoliche: Pastoralis Officii (14 ottobre 1562), Cum inter crimina del 27 dicembre 1562, Romanus Pontifex (16 febbraio 1564)[10] e Cum per nos del 1564;
1º marzo 1564: impose ai vescovi la presenza effettiva nelle loro diocesi.
Il pontefice vietò la rielezione delle stesse persone al provincialato, salva causa urgente (costituzione apostolicaSedis Apostolicae, 14 settembre 1565);
Il 24 marzo 1564 pubblicò la bolla Dominici Gregis Custodiae con la quale riaffermò il divieto di evocazione dei defunti, già affermato dal Concilio di Firenze nel 1439, dichiarandola una pratica magica.
Decisioni in materia liturgica
Pio IV abolì la riforma disciplinare dei conventi e dei monasteri del suo predecessore Paolo IV (1555).
Relazioni con gli ebrei
Il 27 febbraio 1562 Pio IV pubblicò la bolla Dudum felicis con la quale confermò i duri provvedimenti del suo predecessore Paolo IV nei confronti degli ebrei. Egli però aumentò le dimensioni del ghetto romano e s'impegnò ad aprire dei negozi poco fuori le mura del serraglio, per favorire gli ebrei. Successivamente però desistette da questo proposito su consiglio dell'imperatore Ferdinando I d'Asburgo. Pio IV concesse agli ebrei di realizzare copie stampate del Talmud, anche se il nome dello stampatore che appariva sul frontespizio doveva essere cristiano.
Altri documenti del pontificato
Dopo la chiusura del Concilio, Pio IV emanò altri provvedimenti[8]:
iniziò la revisione della Vulgata. A questo scopo nominò una commissione di Cardinali (1561), che iniziò la collezione di importanti manoscritti[11];
il 20 gennaio 1564 pubblicò la famosa «bolla del Perdono» indirizzata alla comunità di Melegnano[12];
Nel 1564 sancì che in tutte le università dei Paesi cattolici gli studenti, prima di laurearsi, avrebbero reso una professione di fede conforme agli insegnamenti del Concilio di Trento (bolla In Sacrosanta). Venivano pertanto esclusi dalla laurea, di qualsiasi facoltà, gli scomunicati, gli atei e chi professasse qualsiasi religione al di fuori del Cattolicesimo[13][14].
Durante il suo pontificato, Pio IV emanò alcuni importanti provvedimenti. Tra essi:
il 22 marzo 1560 confermò il privilegio del comune di Ancona di fare ispezionare le farmacie locali dai propri medici e conservatori e non dal Protomedico di Roma[15]
Il pontefice agevolò anche l'arte della stampa istituendo nel 1561 la Stamperia del popolo romano. Chiamò a dirigerla Paolo Manuzio, figlio terzogenito di Aldo (Motu proprio del 22 luglio 1561). Successivamente il pontefice concesse il privilegio di stampa anche ad altre officine tipografiche. In pochi anni l'Urbe divenne la seconda città per la produzione di libri in Italia,[16] dopo Venezia.
Tra le altre misure per favorire la diffusione della cultura, Pio IV incoraggiò la riforma della musica sacra, approvando l'opera di Giovanni Pierluigi da Palestrina. Inoltre confermò i benefici dell'Università di Douai, capoluogo culturale delle Fiandre.
Lotta al nepotismo
Il predecessore di Pio IV, Paolo IV (1555-1559), aveva favorito in molti modi la propria famiglia, i Carafa, concedendole privilegi e benefici.
Pio IV aprì un'inchiesta sui parenti del predecessore. Molti furono sollevati dal proprio incarico, alcune carriere vennero bloccate. L'inchiesta culminò nel 1560: il 30 gennaio di quell'anno Carlo Carafa, cardinale, fu rimosso dall'incarico. Il 7 giugno Pio IV lo fece arrestare, assieme ad altri tre noti esponenti della famiglia, per gli abusi di potere esercitati durante il precedente pontificato. Carlo fu accusato di aver indotto lo zio pontefice a scatenare un'insensata guerra contro la potente Spagna, nonché di eresia per aver trattato con il sultano turco. Il fratello Giovanni fu accusato di aver fatto strangolare la moglie per adulterio e per avere personalmente ucciso il suo amante. Alfonso Carafa, cardinale al pari di Carlo, fu accusato di avere estorto del denaro allo zio morente. Vennero arrestati anche Ferrante Carafa e Leonardo de Cardenas.
Carlo e Giovanni Carafa furono condannati a morte. L'esecuzione avvenne in Castel Sant'Angelo nel marzo 1561[17][18]. Carlo, in quanto cardinale, venne giustiziato con la garrota, ovvero senza spargimento di sangue (notte 4-5 marzo 1561). All'alba del 5 marzo, suo fratello Giovanni, Ferrante Carafa e Leonardo de Cardenas vennero decapitati.
L'ultima sentenza di morte contro un cardinale era stata eseguita il 16 luglio 1517, quando fu giustiziato Alfonso Petrucci.
Tra le misure contro il nepotismo si può elencare anche un decreto pubblicato il 19 novembre 1561. Con esso fu fissata la durata della carica del “coadiutore”. Essa decadeva con la morte del pontefice che aveva effettuato la nomina. In questo modo il prelato non aveva il diritto di succedergli scavalcando così il conclave.
Questa durezza nel reprimere le pratiche nepotistiche del papa precedente non gli impedì di attuarle lui stesso con i suoi parenti: Pio IV nominò un gran numero di cardinali tra i suoi congiunti: scelse per la porpora due nipoti, Carlo Borromeo e Marco Sittico Altemps, un cugino, Giovanni Antonio Serbelloni (della famiglia di sua madre), e altri parenti più lontani come il napoletano Alfonso Gesualdo (cognato di una sua nipote[19]) e il piemontese Guido Ferrero (cugino di Carlo Borromeo[20]).
La cospirazione Accolti
Nel 1565 fu sventata una cospirazione contro il pontefice.
Sul finire del 1564 i conti Antonio Canossa e Taddeo Manfredi, il cavalier Giangiacomo Pelliccione, Benedetto Accolti (figlio illegittimo del cardinale Pietro Accolti), il nipote di costui Giulio, Prospero Pittori e Giovanni da Norcia (servitori del conte Manfredi), ordirono una congiura allo scopo di assassinare il pontefice. Riunitisi in un palazzo nel rione di Borgo, adiacente alla chiesa di San Lorenzo in Piscibus, la notte del 6 novembre, l'indomani si recarono in udienza dal papa nella stanza della Segnatura, armati di spade e pugnali, ma per qualche motivo non riuscirono a concretizzare l'atto. Nelle settimane successive i congiurati richiesero nuovamente udienza da Pio IV, riuscendo poi ad ottenere di essere ricevuti per il 14 dicembre. La notte precedente, tuttavia, il cavalier Pelliccione si recò presso gli appartamenti papali, riuscendo dopo molte insistenze a farsi ammettere alla presenza del papa, cui rivelò l'esistenza della congiura[21].
La mattina del 14 dicembre i birri pontifici fecero irruzione al palazzo del conte Manfredi, ove i congiurati stavano dormendo, riuscendo ad arrestarli tutti tranne il conte Canossa, che sarà fermato quattro giorni dopo in casa di una prostituta. Dopo interrogatori, torture e un processo durato oltre un mese, il 18 gennaio fu emessa la sentenza: Canossa, Manfredi e Benedetto Accolti furono condannati a morte, il Pelliccione esiliato e tutti gli altri prosciolti[21].
Morte e sepoltura
Pio IV morì all'età di 66 anni il 9 dicembre 1565 per l'acutizzarsi di una febbre con le complicazioni provocate da un'infezione urinaria. Furono presenti al momento del trapasso Carlo Borromeo e Filippo Neri.
Giovanni Angelo fu il secondo di quattro figli: il primogenito fu Gian Giacomo (1498-1555), che si diede alla carriera militare ricevendo molti onori; Margherita, la sorella minore, contrasse matrimonio con il conte Giberto II Borromeo, conte d'Arona, e fu madre di san Carlo Borromeo (1538-1584); la quarta figlia, Clara, sposò il nobile austriaco Wolf Dietrich von Ems zu Hohenems, reclutatore e comandante di truppe mercenarie, e fu madre di Jacob Hannibal (1530-1587), anch'egli uomo d'armi.
^Nonostante il famoso cognome, la famiglia paterna non apparteneva all'alta aristocrazia, ma al patriziato milanese (i Medici di Nosigia erano già presenti nella matricola delle nobili famiglie milanesi di Ottone Visconti - Matricula nobilium familiarum Mediolani) e non aveva rapporti di parentela con i nobili Medici di Firenze: [...] non ha infatti alcun rapporto di parentela con il prestigioso casato dei Medici [...], Claudio Rendina, I Papi. Storia e segreti, 1983, p. 274. Il padre, Bernardino Medici, risiedeva in un palazzo sito in contrada Nosigia a Milano; la famiglia conduceva un tenore di vita non molto superiore a quello medio. Il padre era un esattore delle imposte e un prestatore di denaro. Anche la madre, Cecilia, apparteneva a una famiglia che non poteva dirsi ancora compiutamente nobile: suo padre infatti era un giureconsulto, appartenente a una famiglia di notai.
^In realtà, data l'influenza crescente della famiglia dei Medici di Milano in Lombardia, Clemente VII, che apparteneva invece alla dinastia dei Medici di Firenze, sfruttò l'assonanza di cognome per servirsi di una figura religiosa in quel momento politicamente influente, grazie anche alle imprese del fratello Gian Giacomo.
^ Romualdo Pastè e Federico Arborio Mella, L'abbazia di S. Andrea di Vercelli, illustrazioni di Pietro Masoero, Vercelli, Tipo-litografia Gallardi & Ugo, 1907, p. 270 (nota 2). URL consultato il 6 febbraio 2024. Ospitato su Internet Archive.
^Paolo Prodi, Il sovrano pontefice, il Mulino, Bologna 1982, p. 262.
^ab Giovanni Battista Picotti, Papa Pio IV, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1935. URL consultato l'11/06/2015.
^Alfonso de Ulloa, La historia dell'impresa di Tripoli di Barbaria: fatta per ordine del Serenissimo re cattolico l'anno 1560 con le cose avenute a christiani nell'isola delle zerbe, in Venezia, Appresso Francesco Rampazetto, 1566, accessibile su google libri.
^Secondo altre fonti, fu pubblicata il 10 marzo 1561.
^Volgata, su paginecattoliche.it. URL consultato il 23/06/2015 (archiviato dall'url originale il 21 dicembre 2004).
^ Commissione rettorale per la storia dell'Università di Pisa pagina 174, Storia dell'Università di Pisa: 1343-1737, Editore Pacini, 2000.
«Un'altra novità ancora fu l'obbligo, sancito nel 1556, del giuramento di ortodossia religiosa prescritto dalla bolla In Sacrosancta di Pio IV, da presentarsi prima dell'assegnazione dei punti. Restavano così esclusi dal dottorato sia gli acattolici sia gli scomunicati»
^Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni volume LIV pagina 283, Editore Tipografia Emiliana, 1852.
«Pio IV con la bolla In Sacrosancta de' 13 novembre 1564, Bull. Rom. t. 4. par. 2, p. 201, istituì la formola e professione di fede da recitarsi da qualunque persona, che fosse promossa a qualsivoglia magistero di scuole pubbliche, di università e arti liberali»
^F. Barberi, Paolo Manuzio e la stamperia del popolo romano (1561-1570): con documenti inediti, Tip. Cuggiani, Roma 1942.
^Lodovico Antonio Muratori, Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750. Compilati da Lodovico Antonio Muratori colle prefazioni critiche di Giuseppe Catalani, Vol. X, Dall'anno 1501 dell'era volgare sino all'anno 1600, Lucca: per Vincenzo Giuntini: a spese di Giovanni Riccomini, 1764, p. 325 (Google libri)
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