Il governo israeliano e le forze aeree israeliane decisero per un'immediata azione di ritorsione, e scelsero come obiettivo il quartier generale dell'OLP vicino a Tunisi. Le informazioni di intelligence fornite al governo israeliano da Jonathan Pollard facilitarono notevolmente il raid[5][12][13].
Alle ore 07:00 del 1º ottobre, gli aerei decollarono dalla base aerea di Tel Nof, nel nord di Israele, alla volta della Tunisia. Un Boeing 707 rifornì gli aerei in volo sopra il Mar Mediterraneo per consentire che l'operazione venisse eseguita al meglio su una tale distanza. Verso le 11:00 gli aerei israeliani sganciarono le bombe a guida di precisione sulla sede dell'OLP, in prossimità del mare. Degli elicotteri imbarcati erano pronti su una nave da guerra al largo di Malta nel caso fosse stato necessario recuperare piloti di eventuali aerei abbattuti, ma tale eventualità non si verificò. Dopo l'attacco, gli F-15 israeliani vennero di nuovo riforniti in volo mentre rientravano alla base in Israele[14]. Il quartier generale dell'OLP venne distrutto, anche se Yasser Arafat, il capo dell'organizzazione, non era lì al momento e riuscì a salvarsi. L'operazione portò all'uccisione di 68 persone (50 palestinesi e 18 civili tunisini) e si contarono centinaia di feriti.
L'Assemblea generale dell'ONU, con la risoluzione n. 573 del 4 ottobre 1985, condannò energicamente il raid di Israele contro il territorio tunisino, evidenziando una flagrante violazione dello statuto delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. Chiese insistentemente agli Stati membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite di prendere misure per dissuadere Israele dal ricorrere a tali atti contro la sovranità e l'integrità territoriale di tutti gli Stati e chiese a Israele di non perpetrare tali atti di aggressione o minacciare di farlo. Inoltre la risoluzione puntualizzò che la Tunisia avesse diritto a un adeguato indennizzo per i danni e le perdite di vite umane per i quali Israele aveva rivendicato la responsabilità[15].