Nel 1989 Rosy Bindi incomincia la sua carriera politica iscrivendosi alla Democrazia Cristiana: in quell'anno si candida alle elezioni europee con il partito scudocrociato nella circoscrizione Nord-Est ottenendo 211.000 preferenze e viene eletta. A Strasburgo ricopre l'incarico di vicepresidente della Commissione cooperazione e sviluppo e, successivamente, di presidente della Commissione petizioni e diritti dei cittadini[3].
Con il decreto legislativo 229 del 1999, meglio noto come riforma Bindi, vengono corrette le distorsioni introdotte dai decreti De Lorenzo, a cominciare da una più stringente regolamentazione dei rapporti tra pubblico e privato, sia per le strutture con l’accreditamento che per i professionisti, con l’introduzione del principio di esclusività di rapporto con SSN. Viene anche ridisegnata e valorizzata la medicina del territorio, con l’integrazione socio sanitaria e una nuova organizzazione del Distretto. Sono poi delineati, prima della riforma del Titolo V della Costituzione, nuovi rapporti tra Regioni, Comuni e Ministero e tra SSN e Università. L’attuazione della riforma sarà al centro della prima Conferenza Nazione della Sanità dal 24 al 26 novembre 1999. Con il cambio di governo nell’aprile del 2000 e il successivo governo Berlusconi del 2001 i principali decreti attuativi della riforma verranno accantonati o profondamente modificati.
Nel corso del suo mandato sono anche definitivamente chiusi gli ospedali psichiatrici e viene finanziato con risorse aggiuntive il Progetto obiettivo “Tutela salute mentale 1998-2000”. Viene anche riformulato il parere, espresso nell’aprile del ‘96 dal Consiglio Superiore di Sanità nominato dal ministro Guzzanti e presieduto da Luigi Frati, sulla terapia elettroconvulsivante. Il nuovo documento si configura come vere e proprie linee guida, frutto delle conclusioni di un gruppo di lavoro formato dagli psichiatri Losavio, Giusto, Orsini, Pasquini, Pastore, Scapicchio, “restringe notevolmente il campo di applicazione, definisce le controindicazioni, afferma la necessità del consenso informato, richiede il monitoraggio e il controllo da parte delle regioni”[4].
All'interno della Margherita (di cui, dopo essere entrata nell'esecutivo nazionale, è responsabile delle politiche sociali e della salute) è sempre stata vicina a Romano Prodi, senza mai aderire, però, alla corrente di minoranza di Arturo Parisi. In occasione dell'assemblea nazionale del partito in cui si doveva decidere l'adesione alla lista unitaria de L'Ulivo per le politiche 2006, Bindi aderì al gruppo di Pierluigi Castagnetti (detto dei «pontieri»). Con l'assemblea di Chianciano Terme dell'associazione I Popolari, si schierò con l'omonima corrente interna, seppur su posizioni d'autonomia.
Il nome di Rosy Bindi è legato al disegno di legge sui DICO, i diritti e doveri delle convivenze, per il quale ha ricevuto aspre critiche da parte del mondo ecclesiale e da alcune associazioni cattoliche[5], ma anche da diverse sigle del movimento omosessuale italiano che lo ritenevano estremamente blando[6]. Ma il suo mandato fu, tra l'altro, anche quello della 1^ Conferenza Nazionale della Famiglia (Firenze, 24-26 maggio 2007)[7] a cui intervengono il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano[8] e il presidente del consiglio Romano Prodi; della prima edizione del Premio Amico della Famiglia[9]; con un disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 16 marzo 2007 il ministro Bindi promuove le modifiche al diritto civile in materia di filiazione per eliminare ogni discriminazione, anche lessicale, tra figli cosiddetti “naturali” e figli cosiddetti “legittimi” [10]; il disegno di legge sarà però approvato solo nella successiva legislatura.
Nel Partito Democratico
Da sempre favorevole alla formazione di un nuovo soggetto politico che raccolga le diverse anime riformiste presenti all'interno dello schieramento di centro-sinistra, è tra le più accese promotrici della nascita del Partito Democratico del quale, dal 23 maggio 2007, è uno dei 45 membri del Comitato promotore nazionale che riunisce i leader delle componenti del futuro PD.
Durante la convenzione nazionale tenutasi il 7 novembre 2009 è risultata eletta presidente del Partito Democratico.[12]
Il gruppo di riferimento della Bindi all'interno del PD è "Democratici Davvero".
Il 7 ottobre 2009, durante una telefonata di Silvio Berlusconi alla trasmissione Porta a Porta, dedicata alla bocciatura del lodo Alfano, Bindi ha affermato di ritenere gravissime le affermazioni del presidente del Consiglio, secondo il quale il presidente della Repubblica avrebbe dovuto usare la propria influenza sui giudici della Corte costituzionale affinché passasse il vaglio di costituzionalità[13]. Berlusconi ha quindi citato una battuta comunemente attribuita a Vittorio Sgarbi: «Ravviso che lei è sempre più bella che intelligente»[14][15], alla quale Bindi ha replicato: «Sono una donna che non è a sua disposizione, e ritengo molto gravi le sue affermazioni»[13].
Il fatto accaduto ha suscitato notevole clamore nel mondo politico, giornalistico[16], e anche in molte organizzazioni a tutela del ruolo della donna nella società[17], ricevendo una notevole risonanza anche all'estero[18]. Nei giorni successivi, Berlusconi ha tentato di correggere il tiro, definendola una battuta di largo consumo e spiegando che gli era sfuggita in un momento di delusione[14].
Tuttavia, c'era già un precedente: l'8 aprile 2003, a Brescia, sostenendo la candidatura a sindaco di Viviana Beccalossi Berlusconi aveva detto della candidata: «È più brava che bella, il contrario di Rosy Bindi»[13].
Inoltre, il 19 luglio 2010, visitando l'Università telematica e-Campus, Berlusconi è ritornato sul tema, lodando la presenza di "belle ragazze laureate con il massimo dei voti, che non assomigliano certo a Rosy Bindi..."[19].
Nel maggio 2012Luigi Lusi (indagato, e poi arrestato, per aver sottratto milioni di euro dalle casse della Margherita) davanti alla Giunta per le autorizzazioni del Senato ha dichiarato che parte dei soldi sottratti li ha dati anche alla Bindi, oltre che ad altri politici del Partito Democratico (Enrico Letta, Giuseppe Fioroni)[20]. Bindi, come gli altri dirigenti coinvolti da Lusi, ha querelato[21] i giornali che hanno riportato le sue affermazioni, dichiarando di non aver mai preso un euro dall'ex tesoriere della Margherita; ad agosto il GIP, respingendo la richiesta di arresti domiciliari avanzata dai legali di Lusi, ha sottolineato anche l'estraneità della Bindi alla vicenda[22].
Presidente della Commissione parlamentare antimafia
Nel dicembre 2012 si candida alle primarie del PD in provincia di Reggio Calabria, indette per eleggere i candidati del partito al Parlamento italiano in vista delle elezioni politiche del 2013; le primarie si sono svolte il 29 dicembre 2012[23] e la Bindi ha ottenuto il secondo posto su sette candidati in provincia di Reggio Calabria con 7.527 preferenze[24]. L'8 gennaio 2013 la direzione nazionale del partito candida Rosy Bindi alla Camera dei deputati come capolista del PD nella circoscrizione Calabria[25]. Il 24 e 25 febbraio 2013 viene rieletta deputato della Repubblica Italiana.
A marzo 2013, insieme a molti altri colleghi del Parlamento, aderisce al progetto "Riparte il futuro", firmando la petizione che ha lo scopo di revisionare la legge anti-corruzione modificando la norma sullo scambio elettorale politico-mafioso (416 ter) entro i primi cento giorni di attività parlamentare.[26]
Il 19 aprile 2013, a poche ore di distanza dall'esito negativo della quarta votazione, che vede precludere al professore Romano Prodi le porte del Quirinale nella scelta del nuovo presidente della Repubblica, decide spontaneamente di dimettersi dalla carica di Presidente del Partito Democratico.[27]
La Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi mostra una produttività notevole[29]: "A poco più di metà legislatura l'Antimafia ha tenuto 143 sedute in plenaria (per un totale di 421 ore), superando per efficienza sia la commissione presieduta dal senatore Donato Pafundi che, nella IV Legislatura, finora prima per attività con 118 sedute, sia quella presieduta dal senatore Giuseppe Pisanu che in tutta la XVI legislatura ne aveva svolte 112. La commissione ha inoltre approvato all'unanimità 6 relazioni (delle quali 5 discusse alla Camera e 4 Senato). Tra queste, quella storica su "Mafia ed informazione"[30], e quelle sui "Beni confiscati"[31], sul "Semestre presidenza italiana Ue"[32] e sui "Testimoni di giustizia"[33][34]. Due sono, invece, le proposte di legge sulla base del lavoro della Commissione, la prima di riforma organica del Codice Antimafia[35] e la seconda sui testimoni di Giustizia. Anche sul piano delle missioni la Commissione è da primato. Sono, infatti, 49 le missioni realizzate, nel corso delle quali sono state svolte audizioni per oltre 200 ore. Per comprendere il dato basti pensare che sulle 26 sedi di Direzioni Distrettuali Antimafia, ben 20 sono state visitate (alcune delle quali più volte).
In riferimento alle vicende di Mafia capitale e all'inchiesta avviata dalla Commissione con una serie di audizioni, il 22 luglio 2015 la presidente Bindi avvia in Commissione Antimafia una prima riflessione sulle problematiche relative alle infiltrazioni mafiose negli enti locali, in cui sottolinea i limiti delle norme sul commissariamento dei consigli comunali e prospetta una "terza via" che, in particolare per gli Enti locali di grandi dimensioni, superi l'alternativa secca tra scioglimento e non scioglimento[36].
Il 24 aprile 2015, nel corso di un'intervista a Otto e mezzo su LA7, dichiara che non si ricandiderà alle prossime elezioni politiche.
Il 29-30 aprile 2015 non ha partecipato ai tre voti di fiducia[37][38][39] richiesti sulla nuova legge elettorale detta Italicum e il 4 maggio ha votato contro il provvedimento[40].
In occasione delle elezioni regionali italiane del 2015 la Commissione Antimafia, sulla base della "Relazione in materia di formazione delle liste delle candidature per le elezioni europee, politiche, regionali, comunali e circoscrizionali" recepita dai due rami del Parlamento[41][42], rende nota una lista di candidati con procedimenti penali in atto (che la stampa definirà "degli impresentabili"[43]) tra cui il collega di partito Vincenzo De Luca il quale, dopo aver vinto le Elezioni in Campania, va in questura a Salerno e denuncia la Bindi per diffamazione, attentato ai diritti politici costituzionali e abuso d'ufficio.[44]. Il 19 gennaio 2016 il Gip del Tribunale di Roma[45] ha archiviato la querela di De Luca contro la Presidente della Commissione Antimafia. Nelle sei pagine di motivazioni si spiega che la Presidente della Commissione Antimafia ha agito con i poteri che le sono stati attribuiti con la legge istitutiva della Commissione: scrive il Gip “non esistevano norme che vietassero l'avvio dell'istruttoria, mentre ne esisteva una – recepita dai due rami del Parlamento – che ciò consentiva e sulle cui basi interpretative ha deliberato e operato l'Ufficio di Presidenza [...] sottoponendo poi le risultanze alla Commissione plenaria”. "È giusto che gli elettori sappiano", ha dichiarato la Presidente Bindi[46][47]. Ad aprile del 2017, la Commissione Parlamentare Antimafia invitò la Guardia di Finanza a sequestrare gli elenchi di 35.000 iscritti delle quattro principali obbedienze massoniche italiane.[48]
Dal 2018 Bindi è presidente onorario dell’Associazione Salute Diritto fondamentale[50], fondata insieme ad esperti di politiche sanitarie, medici, epidemiologi, giuristi, schierata nella difesa della sanità pubblica. L’Associazione ha pubblicato diversi documenti sugli effetti nel SSN della pandemia da COVID-19 e i rischi di privatizzazione del servizio pubblico[51].
Dal 2020 fa parte del Comitato scientifico de' "lavialibera" [52], la rivista bimestrale di informazione e approfondimento su mafie, corruzione, ambiente e migrazioni diretta da don Luigi Ciotti.
Nell'agosto 2020, a poche settimane dal referendum costituzionale sul taglio del numero di parlamentari legato alla riforma avviata dal governo Conte I guidato dalla Lega assieme al Movimento 5 Stelle e concluso dal governo Conte II guidato dalla coalizione tra M5S e Partito Democratico[53], la Bindi annuncia il suo voto contrario[54][55], in dissidenza con la linea ufficiale del PD e del suo segretario Nicola Zingaretti, schierati per il "Sì"[56][57].
Il 12 febbraio 2021, giorno del suo 70º compleanno, rilascia un'intervista[58] dove spiega di non riconoscersi più nel PD, partito che lei stessa ha contribuito a fondare, poiché sostiene che non è più il partito che lei sperava, non rinnovando più la tessera.
Dal maggio 2021 fa parte del “gruppo di lavoro sulla scomunica alle mafie”, costituito in Vaticano presso il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano, con l’obiettivo di dare seguito alla scomunica dei mafiosi pronunciata da papa Francesco in Calabria il 21 giugno 2014[59].
Dal giugno 2021 è docente della Pontificia Università Antonianum e svolge attività di formazione e ricerca sui temi della legalità e del contrasto alle mafie nel corso “analisi e studio dei fenomeni criminali e mafiosi"[60], in collaborazione con il Dipartimento "Liberare Maria dalle mafie" della Pontificia Academia Mariana Internationalis[61].
^Insulti alla Bindi, insorge il Pd; "Un gruppo di giornaliste esprime "stupore e indignazione per il silenzio colpevole che è sceso nello studio sull'insulto greve e intollerabile" rivolto da Berlusconi alla Bindi. E lo fa in una lettera aperta a tutti quelli che erano a Porta a Porta...", La Repubblica, 8 ottobre 2009.