Figlio di Domenico Giuriati, avvocato e deputato della Sinistra storica, e di Giovanna Bigaglia, crebbe in una famiglia dai forti sentimenti patriottici.
Congedato a conflitto ormai ultimato, torna in laguna riprendendo la sua attività forense ma, nel 1919, segue Gabriele D'Annunzio nell'Impresa di Fiume, di cui è capo di gabinetto, e un anno più tardi perorò la causa fiumana alla conferenza di pace svoltasi a Parigi. Come D'Annunzio e molti dei legionari fiumani, fu membro della massoneria[3]. Dopo il Trattato di Rapallo aderisce all'idea della Vittoria mutilata e si iscrive nel 1919 ai Fasci di combattimento.
In Parlamento
Eletto deputato nel 1921 nella Lista Nazionale, iscrivendosi al gruppo del Partito Nazionale Fascista. Nel marzo 1922 fu Presidente dello Stato Libero di Fiume.
Dopo la marcia su Roma del 28 ottobre 1922, cui partecipò come ispettore generale della IV Zona delle squadre fasciste, entra a far parte del governo Mussolini come Ministro per le terre liberate dal nemico (31 ottobre 1922-5 febbraio 1923) e poi ministro senza portafoglio (1923-1924)[4]. È anche Presidente del Consiglio superiore dell'emigrazione (1923-1924) e Commissario del Governo per la liquidazione dei beni degli ex nemici (1923-1924).[2] e nel 1924 fu rieletto deputato. Fu quindi a capo della missione della crociera commerciale della nave "Italia" in Sudamerica.
Nel 1925 è ministro dei Lavori Pubblici, incarico che lascia quando, dopo la conferma alla Camera nelle elezioni del 1929, viene eletto presidente della Camera dei deputati il 29 aprile del 1929.
Come ministro dei lavori pubblici, presiedette a Bergamo un convegno promotore dell'autostrada Torino-Trieste.[5]
A questa carica cumula il 24 settembre 1930 anche quella di segretario nazionale del PNF, in cui sarà sostituito nel dicembre 1931 da Achille Starace. La sostituzione alla segreteria avvenne soprattutto a causa dell'indiscriminata epurazione nelle file degli iscritti al partito (120.000 esclusioni) e dei contrasti con la Chiesa sull'Azione cattolica.
Nel gennaio 1934 decide di non ricandidarsi alla Camera, nonostante la richiesta dello stesso Mussolini, rifiutando anche la nomina di ambasciatore a Berlino.
Nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, è presidente della commissione legislativa Forze armate del Senato.
Il 26 febbraio 1943, sessantasettenne, venne nominato generale di brigata della riserva. Dopo l'8 settembre 1943 si stabilisce a Cortina d'Ampezzo: Pavolini e Buffarini Guidi gli chiesero di diventare il nuovo ministro degli esteri della Repubblica Sociale Italiana, ma egli preferì rifiutare.
Nel luglio 1944 viene dichiarato decaduto da senatore del Regno.
Dopo la conclusione della seconda guerra mondiale venne processato per il sostegno al fascismo, ma fu assolto (1947): da quel momento in poi si trasferì a Roma non occupandosi più di politica.