Membro della Commissione parlamentare incaricata di dare il proprio parere sui progetti dei nuovi Codici civile, di procedura civile, di commercio e per la marina mercantile (5 maggio 1934)
Membro della Commissione per la verifica dei titoli dei nuovi senatori (28 gennaio-28 agosto 1935)
Figlio di un ingegnere, Alberto Rocco, e di Maria Berlingieri, la sua famiglia fu definita da Indro Montanelli "un allevamento di cavalli di razza"[1]. Tutti i suoi quattro figli emersero nel Novecento sul piano nazionale come giuristi: oltre ad Alfredo, Arturo (professore di Diritto e Procedura penale alle università di Ferrara, Sassari, Siena, Napoli e Roma, fondatore della scuola moderna del tecnicismo giuridico), Ugo (professore ordinario di Diritto processuale civile a Napoli) e Ferdinando Rocco, presidente del Consiglio di Stato dal 1947 al 1950.
Rocco, già vicino al Partito Radicale Italiano, diventa nazionalista nel 1913, mentre è professore a Padova: egli rimette insieme il circolo nazionalista locale - scioltosi alla fine del 1912 - e pubblica nel gennaio 1914 l'opuscolo Che cosa è il nazionalismo e che cosa vogliono i nazionalisti, nel quale espone all'opinione pubblica il programma teorico del movimento, dai forti toni imperialistici e antidemocratici. Durante la crisi interventista del 1914-15, Rocco è un acceso sostenitore dell'ingresso dell'Italia nella Grande guerra[2]. Durante la guerra fu ufficiale del "Servizio P" (propaganda) ed uno dei redattori del giornale di trinceaL'Astico.
Dal 1920 al novembre 1922 Rocco fu presidente e amministratore delegato della società editrice del quotidiano L'Idea Nazionale, organo dell'Associazione Nazionalista Italiana[3]. Sviluppò un rapporto molto stretto con i fratelli Perrone, proprietari dell'azienda Ansaldo, che gli fornirono lauti finanziamenti. Dovette però cedere la proprietà del giornale nel 1922, quando l'azienda fallì e i finanziamenti furono interrotti.
Albert Einstein scrisse al ministro una lettera (riportata nella raccolta Come io vedo il mondo - Mein Weltbild) in cui affermava che non fosse necessario che gli scienziati italiani dovessero giurare fedeltà al partito fascista per continuare le loro attività didattiche e scientifiche. Nel 1935 gli fu conferito dalla Reale Accademia d'Italia il premio Mussolini.
Nominato senatore del Regno il 1º marzo 1934, morì a Roma nel 1935.
Fra i suoi allievi, il giuscommercialista Giuseppe Ferri.
I duecodici Rocco
Rocco intervenne in prima persona nel corso dei lavori di redazione dei codici penale e processuale penale, optando per soluzioni spesso in contrasto con la maggioranza dei membri delle commissioni ministeriali ed entrando spesso in dissidio con giuristi insigni come Vincenzo Manzini che proponevano tesi più oltranziste. Il codice penale è sostanzialmente ancora in vigore. Il suo carattere autoritario è stato oggetto di critiche provenienti da diverse parti politiche[5].
Il codice di procedura penale, profondamente modificato a partire dal 1955, è stato abrogato nel 1989 per essere sostituito dal testo attuale, che - pur redatto da una commissione di giuristi presieduta da Giandomenico Pisapia - convenzionalmente prende il nome dal guardasigilli Giuliano Vassalli.
Pensiero politico
Nel suo pensiero politico Rocco traccia una sorta di filosofia della storia, che può esprimersi tramite il principio dell'organizzazione (quando vige si realizzano i momenti migliori della società umana: impero romano, cultura cattolica, grandi realtà statali) oppure tramite il principio dell'individualità (quando è protagonista la storia vive i suoi momenti più bassi: barbari, movimento protestante, Rivoluzione).
L'Italia, secondo Rocco, è riuscita a coniugare i due principi durante il Risorgimento: è pervenuta all'organizzazione attraverso il ricorso a idee liberali e democratiche.
Questo periodo è seguito dalla decadenza dell'età giolittiana, che perdura sino alla prima guerra mondiale. Con il fascismo si è tornati allo stato organizzato (principio dell'organizzazione): la rivoluzione fascista è stata tale nel significato etimologico del termine: ha fatto tornare le cose com'erano prima: un vero e proprio ritorno al punto di partenza. La rivoluzione fascista, secondo Rocco, è stata dunque una rivoluzione conservatrice, essendo consistita in un ritorno delle tradizionali forme autoritarie e gerarchiche.
^ Lorenzo Carlesso, "Le radiose giornate di maggio". Interventisti e neutralisti a Padova alla vigilia della Grande guerra, Padova, 2008.
^Giulia Simone, Il Guardasigilli del regime, Milano, FrancoAngeli, 2012. Dal maggio 1921 al 3 febbraio 1922 Rocco fu anche direttore ad interim del giornale.
Alfredo Rocco, Scritti e discorsi, volume 3°, La formazione dello Stato fascista - 1925/1934, a cura di Marco Piraino, Stefano Fiorito, Lulu.com, 2013.