Dal 1992 al 1994 ha presieduto nuovamente il gruppo della DC alla Camera[4]. Personaggio di indiscussa moralità, è considerato nell'ambiente politico un uomo di cultura prestato alla politica. Ha caratterizzato la sua azione politica e di vita al rispetto delle istituzioni e dell'etica pubblica.
La frattura tra le due anime del partito, guidate da Buttiglione e Bianco, non si ricompose, tanto che alle elezioni regionali esse parteciparono separatamente: l'ala del partito fedele alla linea conservatrice sociale di Buttiglione presentò le liste comuni con Forza Italia e CCD in tutte le 15 regioni chiamate al voto, con la denominazione di "Forza Italia - il Polo Popolare", mentre quella cristiano sociale guidata da Bianco si presentò con proprie liste (in Toscana e nel Lazio assieme al Patto dei Democratici) alleate col centro-sinistra (tranne nelle Marche e in Campania dove sostenne propri candidati alla presidenza della Regione), denominata "Popolari" e con un simbolo inedito: un gonfalone bianco con sopra disegnato il profilo di uno scudo, il cui slogan adottato dai Popolari fu "lo scudo c'è, la croce aggiungila tu"; infatti l'uso del tradizionale scudo crociato era precluso dalla disputa in atto tra le due componenti per la proprietà del simbolo.
Il 24 giugno 1995, a seguito di mesi e mesi di vertenze giudiziarie, venne finalmente raggiunta un'intesa tra le due componenti che facevano capo a Buttiglione e Bianco nel PPI: si sarebbero separati, dove quella di Bianco conserva il nome del partito (Partito Popolare Italiano) mentre quella di Buttiglione mantenne il simbolo storico (lo scudo crociato), con il quale a luglio diede vita ai Cristiani Democratici Uniti.
Politiche del '96 e presidente del PPI
Bianco ha guidato il partito per tre anni, contribuendo in maniera determinante alla nascita della coalizioneL'Ulivo e all'elezione del cattolico Romano Prodi alla carica di Presidente del Consiglio. In quelle elezioni politiche del 1996, nell'ambito della coalizione de L'Ulivo, il partito ha ottenuto il 6,8% dei voti ed è stato rappresentato nel governo Prodi I da tre ministri della Repubblica (Beniamino Andreatta, Michele Pinto e Rosy Bindi) e diversi sottosegretari; come segretario del partito, avrebbe potuto candidarsi in qualsiasi collegio, ma scelse di rischiare candidandosi solo nel proporzionale. Nonostante la vittoria nazionale, Bianco non venne eletto parlamentare, non avendo preso abbastanza preferenze nella quota proporzionale, a causa dello scorporo.
Dopo quelle elezioni politiche del 1996, a gennaio del '97 lascia la segreteria del PPI e viene nominato presidente del partito, carica che ha ricoperto fino al 2 ottobre 1999.
Nel 2002 è uno dei principali rappresentanti della corrente contraria alla continuazione dell'attività politica all'interno de La Margherita di Francesco Rutelli, lista con cui il Partito Popolare si è presentato alle politiche del 2001. Secondo Bianco, se proprio era necessario arrivare alla costituzione formale di questo soggetto politico che riuniva esperienze politiche moderate ma diverse dalla tradizione democratica cristiana, non si sarebbe dovuto operare rinunciando alle proprie bandiere, ma mantenendo ben manifesta le proprie identità e tradizione, senza la sospensione formale del Partito Popolare Italiano. Così, in parlamento aderisce al gruppo della Margherita, ma come indipendente.
A novembre 2004 fonda, insieme ai parlamentari Alberto Monticone e Lino Duilio, il movimentoItalia Popolare - Movimento per l'Europa, che, pur non essendo un partito, si propone di ridare una autonoma presenza organizzata ai cattolici democratici in Italia per non disperdere e mantenere viva l'anima ideologica che fu del PPI.
Rosa per l'Italia e Presidente dell'Associazione degli ex parlamentari
Successivamente, con il suo movimento Italia Popolare, e insieme a Savino Pezzotta e Bruno Tabacci, diede vita al progetto centrista della Rosa per l'Italia, partito svincolato dai poli e di ispirazione cattolica. Tale partito, nato a ridosso delle imminenti elezioni politiche è costretto a sposare l'idea di una lista unica con l'UDC di Pier Ferdinando Casini. Bianco decise di non ricandidarsi per favorire un rinnovamento, inserendo giovani del suo movimento. Ma nelle liste dei candidati dell'Unione di centro, cartello elettorale di UDC e Rosa Bianca, prevalse la scelta dell'UDC di affidare la composizione delle liste in Campania a Ciriaco De Mita, il quale si posizionò come capolista al Senato e candidò alla Camera un altro De Mita (nipote di Ciriaco). Entrambi, in quella tornata elettorale, non furono eletti. Bianco polemizzando con i vertici dello scudo crociato, parla di «mediocre accordo che ripropone, in particolare nel Sud, logiche clientelari e di potere dispotico e familistico».[7]
Dopo quell'esperienza non aderisce a nessun partito pur rimanendo fermamente convinto della necessità di un partito centrista di ispirazione cattolica. Successivamente viene eletto presidente dell'Associazione Nazionale degli ex parlamentari che conta oltre 1500 parlamentari cessati dal mandato di ogni schieramento politico, carica che ha ricoperto fino alla sua dipartita.[8]
Ultimi anni e morte
Nel 2011 pubblica La Balena Bianca. L'ultima battaglia 1990-1994 e nel 2012 La parabola dell'Ulivo. 1994-2000.
Da sempre grande studioso, latinista, è stato condirettore della Enciclopedia oraziana presso l'Istituto della Enciclopedia Italiana.