Nonostante i numerosi cambi di formazione della band, Robert Smith è l'unico sempre presente nel corso di tutti gli anni di attività. L'attuale formazione comprende Robert Smith (voce e chitarra), Simon Gallup (basso), Roger O'Donnell (tastiere), Perry Bamonte (chitarra), Jason Cooper (batteria) e Reeves Gabrels (chitarra).[3]
A partire dal loro secondo album, Seventeen Seconds (1980), la band adottò uno nuovo stile, più dark, sia dal punto di vista musicale che dell'immagine, che esercitò una forte influenza sulla nascente sottoculturaGoth.[5]
I Cure hanno pubblicato 14 album in studio, due EP e oltre 40 singoli e hanno venduto oltre 30 milioni di album in tutto il mondo. Il disco più venduto è la raccolta Standing on a Beach del 1986, che solo negli Stati Uniti vendette più di due milioni di copie.[6] Tra Regno Unito, Stati Uniti d'America e Italia, i Cure hanno avuto nella Top Ten 12 album (posizioni più alte: UK: Wish, numero 1; USA: Wish, numero 2; Italia: The Cure, numero 2) e 11 singoli (posizioni più alte: UK: Lullaby, numero 5; USA: Lovesong, numero 2, Italia: High, numero 2).[7]
Nel 1973, l'allora quattordicenne Robert Smith, originario di Blackpool e cresciuto a Crawley nel West Sussex,[9] raduna alcuni amici di scuola (la "Notre Dame Middle School") per formare la band The Obelisks. Il gruppo, che darà il suo unico concerto all'interno della scuola stessa, vede con Robert Smith al pianoforte, Lol Tolhurst alla batteria, Alan Hill al basso, Michael Dempsey e Marc Ceccagno alla chitarra.[10]
Nel gennaio 1976, negli anni della scuola secondaria (la St Wilfrid's Comprehensive School), Ceccagno formò i Malice, un'altra rock band di cinque elementi con Smith alla chitarra, Dempsey al basso, ed altri due compagni di corso. Il gruppo provava soprattutto canzoni di David Bowie, Jimi Hendrix e Alex Harvey in una sala della locale chiesa. Tra il mese di aprile e l'ottobre del 1976, Ceccagno e altri due membri, lasciarono il gruppo, rimpiazzati da Martin Creasy (un giornalista del Crawley Observer), Lol Tolhurst e Porl Thompson, che si unirono a loro, rispettivamente, come cantante, batterista e chitarrista.[11] Questa formazione si esibì dal vivo, per la prima volta, il 18 dicembre del 1976, alla Worth Abbey di Crawley in un set acustico, con tanto di bonghi.[12] Due giorni dopo suonarono nuovamente, nella loro scuola.[13] Il concerto fu un disastro e spinse il gruppo a cambiare nome.
«Dissi al preside che i Malice erano un gruppo pop senza dirgli che ne facevo parte perché mi odiava! Avevamo preso questo cantante, Martin, un giornalista del Crawley Observer con cui non avevamo fatto una sola prova, e si è presentato con un completo a tre pezzi, una sciarpa del Manchester United e un casco da motociclista da cui si è rifiutato di separarsi perché aveva paura che qualcuno glielo rubasse! Si è rivelato essere un cantante di cabaret. Sono arrivate trecento persone, 200 se ne sono andate e il resto è salito sul palco! Abbiamo immediatamente sciolto il gruppo!»
Nel gennaio 1977, dopo la partenza di Creasy e sempre più influenzati dall'emergente punk rock, i membri rimanenti dei Malice divennero gli Easy Cure, dal titolo di un brano composto da Tolhurst.[3] Dopo aver vinto un concorso per giovani talenti, il 18 maggio 1977 gli Easy Cure firmarono un contratto con l'etichetta discografica tedesca Hansa Records.[15] Nel settembre del 1977, la band fece delle audizioni a diversi cantanti prima che Robert Smith decidesse infine di assumere quel ruolo. Il gruppo registrò alcune canzoni per un primo demo presso i SAV Studios di Londra nell'ottobre del 1977. Nessuna di queste fu mai pubblicata.[16]
Nel marzo del 1978, dopo l'ascolto delle registrazioni di Plastic Passion e Killing an Arab, l'Hansa ritenne che "nemmeno le persone in prigione l'avrebbero apprezzato", e richiese al gruppo di registrare delle cover da pubblicare; a seguito del rifiuto della band, l'etichetta ruppe il contratto.[15]
«A ripensarci, il loro unico interesse era il nostro look [...] Non credo che abbiano nemmeno ascoltato la nostra cassetta, gli è solamente piaciuta la foto!»
«Avevo sempre pensato che 'Easy Cure' suonasse un po' hippy, un po' troppo americano, troppo West Coast, e lo odiavo, il che faceva infuriare Lol, che lo aveva concepito. Ogni altro gruppo che ci piaceva aveva il 'The' davanti al nome, ma The Easy Cure suonava stupido, quindi lo cambiammo semplicemente in The Cure»
Nel mese di aprile del 1978, dopo l'abbandono di Porl Thompson, insoddisfatto della direzione minimalista delle composizioni, inadatta al suo stile psichedelico e da virtuoso della chitarra, i restanti tre componenti degli Easy Cure decisero di cambiare il loro nome in The Cure.[15] Nello stesso mese di aprile, la band registrò le sue prime session come trio, ai Chestnut Studios nel Sussex, producendo un demo tape da inviare ad una dozzina di importanti etichette discografiche. Nel settembre del 1978, una copia del demo arrivò nelle mani di un talent scout della Polydor Records, Chris Parry, che fece firmare ai Cure un contratto per la sua neonata etichetta, la Fiction, distribuita dalla Polydor.[1]
I Cure pubblicarono il loro singolo di debutto, Killing an Arab, nel dicembre del 1978 con l'etichetta Small Wonder, in attesa che la Fiction finalizzasse gli accordi di distribuzione con la Polydor.[17] Il testo trae ispirazione dal romanzo Lo straniero, di Albert Camus, ed il titolo venne preso da un passaggio del libro in cui il personaggio principale pensa al vuoto della vita dopo aver ucciso un uomo su una spiaggia per ragioni che non riesce a spiegare. Il brano raccolse consensi ma anche polemiche, soprattutto per il titolo. Più volte la band fu costretta a rilasciare dichiarazioni ufficiali, negando qualsiasi connotazione razzista o violenta.[18] Nonostante questo, il brano venne poi bandito dalle radio statunitensi, nel periodo post 11 settembre e gli stessi Cure, forse per evitare polemiche, non l'hanno più suonata dal vivo. La canzone è stata ripresa solo nel 2005, quando la band l'ha eseguita in diversi festival europei, ma con il testo cambiato da Killing an Arab a Kissing an Arab.[19]
Il primo album
«Ho scritto 10:15 Saturday Night e Killing an Arab quando avevo circa sedici anni, e abbiamo registrato l'album quando ne avevo diciotto, quindi non ero ancora veramente convinto di alcune canzoni»
L'album d'esordio, Three Imaginary Boys, venne pubblicato dalla Fiction Records l'8 maggio del 1979.[4] A causa dell'inesperienza della band in studio, il produttore Chris Parry e il fonico Mike Hedges, presero il controllo della registrazione. La casa discografica decise quali canzoni mettere nell'album e in quale ordine, così come per la scelta della copertina: un frigorifero, un aspirapolvere e un paralume e simboli al posto dei titoli delle canzoni. Il tutto avvenne senza il consenso della band, in particolare di Robert Smith. I Cure, che non ebbero alcuna voce in capitolo, odiarono la cover, così come detestavano l'album che, secondo loro, Parry e Hedges avevano reso troppo vario e pop, in completo contrasto con il loro intento più dark.[20][21]
«Ero molto angosciato, molto disorientato. Non credo che ci sia alcuna emozione in quel primo album. Era molto superficiale, non mi piaceva nemmeno all'epoca. Ci sono state critiche che lo definivano molto leggero, e pensavo fossero giustificate. Anche mentre lo facevamo, avrei voluto fare qualcosa che avesse più sostanza»
Nonostante le perplessità della band, Three Imaginary Boys riuscì a piazzarsi per tre settimane di fila nelle classifiche inglesi, arrivando alla posizione numero 44. Nel 1979, la band partì per un tour promozionale di più di 100 concerti. Nel corso di questo periodo, il rapporto con Michael Dempsey cominciò a deteriorarsi: lui e Smith non era mai stati davvero amici e la vita in tour mise in luce i problemi di convivenza all'interno della band.[23] Il 12 giugno 1979, i Cure pubblicarono il loro secondo singolo, Boys Don't Cry. Inizialmente non incluso in nessun album, venne poi aggiunto nella versione statunitense dell'album d'esordio, che prese lo stesso titolo. Scritta da Dempsey, Smith e Tolhurst,[24] il testo narra la storia di un uomo che ha rinunciato a cercare di riconquistare l'amore perduto e cerca di nascondere il suo vero stato emotivo.[25] Considerata una delle migliori canzoni dei Cure, nel 2019, la rivista Billboard ha posizionato Boys Don't Cry al quarto posto nella sua lista delle 40 migliori canzoni dei Cure.[26]
Nel mese di agosto del 1979, i Cure presero parte al Join Hands Tour come band di supporto ai Siouxsie and the Banshees, impegnandosi in diversi concerti in Inghilterra, Irlanda del Nord, Scozia e Galles.[27]
Prima del concerto ad Aberdeen, la sera del 7 settembre 1979, il batterista Kenny Morris e il chitarrista John McKay lasciarono inaspettatamente i Banshees, poche ore prima che la band salisse sul palco.[28]
Robert Smith si offrì, allora, di suonare la chitarra per loro fino alla fine del tour, che così lo vide impegnato ad esibirsi con entrambi i gruppi in tutti i rimanenti concerti. L'evento rafforzò l'amicizia personale e creativa fra Smith, Siouxsie Sioux e Steven Severin, bassista dei Siouxsie and the Banshees.[23] Un'esperienza musicale che ebbe un forte impatto sul leader dei Cure:
«Sul palco, quella prima notte con i Banshees, rimasi stupito da quanto mi sentissi potente suonando quel tipo di musica. Era molto diverso da quello che stavamo facendo con i Cure. Essere un Banshee ha davvero cambiato il mio atteggiamento verso quello che facevo»
Il 20 novembre del 1979 venne pubblicato il terzo singolo dei Cure, Jumping Someone Else's Train. Sebbene non accreditata, Siouxsie Sioux collaborò cantando i cori nel brano del lato B, intitolato I'm Cold.[30] Verso la fine del 1979, Robert Smith decise di dedicarsi ad altri progetti, prendendo una pausa dalla sua band principale. Produsse uno split single stampato in 100 copie, per la sua neonata etichetta, la "Dance Fools Dance", con brani degli Obtainers (gruppo di giovanissimi, che suonava senza strumenti, utilizzando solo utensili da cucina) e dei Mag/Spys, band punk in cui militavano il tastierista Matthieu Hartley e il bassista Simon Gallup.[31][32]
Nel mese di dicembre del 1979, Smith chiese a Gallup di partecipare ad un progetto parallelo chiamato Cult Hero, assieme a Frank Bell (un postino di Horley, raffigurato anche sulla copertina del singolo), come cantante, e alle sorelle di Smith, Margaret e Janet (quest'ultima avrebbe poi sposato il chitarrista dei Cure, Porl Thompson) ai cori. La band, in realtà, fu creata soprattutto per testare la collaborazione tra Smith e Gallup, in considerazione di una possibile sostituzione di Michael Dempsey, da parte di Gallup, nel ruolo di bassista nei Cure.[33] Col passare del tempo, il rapporto tra Smith e Dempsey, si era infatti deteriorato. La causa è molto probabilmente rintracciabile nelle divergenze musicali tra i due, oltre che dalla fredda accoglienza, da parte di Dempsey, del materiale che Smith stava scrivendo per l'album successivo.
«Voleva che diventassimo gli XTC, mentre io volevo che suonassimo come i Banshees»
Con il progetto Cult Hero, Smith pubblicò un singolo contenente due canzoni dalle atmosfere new wave/disco: I'm a Cult Hero e I Dig You.[35] Il disco ebbe un buon successo in Canada, dove vendette 35 000 copie.[36] Dopo la registrazione del singolo, sia Gallup che Hartley lasciarono i Mag/Spys e si unirono ai Cure, mentre Dempsey venne definitivamente estromesso dalla band.[23]
«Era probabilmente quello che suonava meglio nei primi singoli: un buon momento per Michael, il suo canto del cigno.»
«Simon ed io eravamo eccitati, perché era la nostra prima volta in studio. Robert e Lol anche, perché facevano qualcosa di diverso. A dire il vero nessuno era dell'umore che si sente nel disco, che è invece abbastanza triste»
(Matthieu Hartley sulla registrazione dell'album Seventeen Seconds[14])
A causa della mancanza di controllo creativo della band sul loro primo album, Smith esercitò una maggiore influenza nelle fasi di registrazione del loro secondo album, Seventeen Seconds, che co-produsse con Mike Hedges, che aveva lavorato come fonico nel precedente Three Imaginary Boys. Le sessioni si svolsero a Londra, presso i Morgan Studios, nel mese di gennaio del 1980, con budget (meno di 3.000 sterline) e tempo limitati.[37]
L'idea che Smith aveva in mente, riguardo la direzione musicale da far prendere alla band, era quella di includere anche tastiere e synth (ma limitando Hartley a suonare principalmente parti monocorde e raramente accordi[37]), che avrebbero fornito atmosfere più post-punk e ricercate, segnando così una cesura netta con Three Imaginary Boys.[23] Smith scrisse i testi e la musica della maggior parte del disco a casa dei suoi genitori, su un organo Hammond con registratore incorporato.[38] Nella fase di produzione, Hedges e Smith prestarono particolare attenzione a rendere il suono scarno e introspettivo, raggiungendo una semplicità minimale ma densa, diversa da qualsiasi altra cosa i Cure avessero sperimentato prima. Il risultato volutamente cupo di Seventeen Seconds venne poi catturato perfettamente dalla copertina sfocata, anonima, di un un pomeriggio piovoso, creata dal fotografo Andrew Douglas.[37]
Anticipato dal singolo A Forest, uscito il 5 aprile,[39]Seventeen Seconds venne pubblicato il 18 aprile del 1980[5] e raggiunse il numero 20 nella Official Albums Chart.[40] Considerato uno dei primi esempi di gothic rock, l'album segna in un certo senso l’inizio del cosiddetto periodo dark della band.[23] Nello stesso anno Three Imaginary Boys fu rieditato per il mercato americano con il titolo Boys Don't Cry e pubblicato il 5 febbraio 1980 con una nuova grafica e una tracklist modificata.[41] Il 25 aprile successivo, i Cure partirono per il loro primo tour mondiale per promuovere entrambe le uscite, con una serie di concerti che toccarono Europa, Stati Uniti e Australia.[42] Alla fine del tour, il tastierista Matthieu Hartley lasciò la band perché, a suo dire, si stava dirigendo verso una musica troppo cupa.
«Pensavo sarebbe stato difficile cacciarlo ma Matty è stato molto carino al riguardo. Non ha mostrato alcun risentimento e neanch'io, quindi è stato facile. Mi ha telefonato e stop. È stato un tale sollievo![43]»
(Robert Smith sull'uscita di Hartley dai Cure)
Faith
Tornati nuovamente un trio, nell'autunno del 1980 i Cure si ritrovano in studio per registrare il terzo album, Faith.[44] Le session iniziarono il 27 settembre ai Morgan Studios e gran parte del materiale del disco venne scritto durante quei giorni. In studio, Smith mise da parte la chitarra per occuparsi di suonare tastiere e pianoforte.[23]Faith fu pubblicato il 17 aprile 1981 e raggiunse la posizione numero 14 nella Official Albums Chart, la classifica degli album del Regno Unito.[45] Il risultato fu un lavoro dalle tonalità ancora più tristi e cupe rispetto a Seventeen Seconds, concentrato sull'analisi della fede (questo significa appunto il titolo «faith», che copre anche il significato correlato di «fiducia») e del rapporto che la gente ha con quest'ultima:
«Di solito, andavo a scrivere canzoni in chiesa. Riflettevo sulla morte e guardavo le persone, conscio che, alla fine, erano tutte là perché volevano l'«eternità». Improvvisamente, ho capito che non avevo fede per niente e ho avuto paura - volevo conoscere diverse espressioni della fede e capire perché la gente ce l'ha, per comprendere se fosse reale.»
Tra i brani dell'album, il lento e angosciante incedere del primo, The Holy Hour, segna la cifra tematica e musicale del disco; Smith scrisse il testo una domenica sera, mentre assisteva ad una cerimonia nella chiesa di Crawley. Primary, ancora, venne dedicata alla memoria di Ian Curtis, leader dei Joy Division[46], con i quali i Cure avevano suonato come band di supporto, la cui morte per suicidio aveva segnato profondamente Smith.[47][48] I brani All Cats Are Grey e The Drowning Man, vennero invece ispirati dalla trilogia Gormenghast scritta da Mervyn Peake.[49]
«Molte volte mi capita di lasciare il palco in lacrime...»
Nell'edizione in musicassetta, venne inserito l'inedito Carnage Visors, un lungo brano strumentale, che poi verrà pubblicato anche nelle successive ristampe in cd. Il brano venne composto da Robert Smith come colonna sonora per un cortometraggio di Ric Gallup, fratello di Simon.[47] Il film, una pellicola astratta basata sul movimento di alcuni oggetti, venne poi proiettato all'inizio delle esibizioni dell'epoca (Picture Tour).[51] La copertina di Faith, una foto sfocata della chiesa di Bolton Priory immersa nella nebbia, venne creata da Porl Thompson, già chitarrista della primissima formazione dei Cure e destinato a rientrare nella band nel 1983.[47]
Il 9 ottobre del 1981, i Cure pubblicano il singolo inedito Charlotte Sometimes, registrato presso i Playground Studios dal produttore Mike Hedgess.[52] Il brano è ispirato all'omonimo romanzo scritto nel 1969 da Penelope Farmer, uno dei libri preferiti di Robert Smith. Nel racconto, il personaggio del titolo si ritrova trasportato indietro nel tempo di 40 anni, per poi ritrovarsi nel corpo di una sua coetanea del 1918.[53]
Sempre nel 1981 fu pubblicato ...Happily Ever After, un doppio LP pensato esclusivamente per il mercato statunitense, che include nella loro interezza i due album Seventeen Seconds e Faith, fino ad allora inediti per il mercato americano.[54]
Pornography
«All’epoca le scelte possibili erano due e cioè farla finita del tutto o realizzare un altro disco tirando fuori quello che avevo dentro. Sono felice di aver optato per la seconda ipotesi, ma sarebbe stato altrettanto facile rannicchiarsi e sparire»
(Robert Smith)
L'anno successivo, nel 1982, i Cure tornarono nuovamente in studio per registrare il loro quarto album. L'intento iniziale di Smith era quello di voler tentare un tipo di produzione diversa, allontanandosi dai suoni del fedele Mike Hedges e affidandosi a Phil Thornalley, allora ancora alle prime armi come produttore.[23] Smith, a quanto si dice, era rimasto impressionato dal suo lavoro come assistente tecnico su un album dei Psychedelic Furs l'anno precedente (Talk Talk Talk), in particolare dai suoni della batteria.[23] Le session, che si tennero da gennaio ad aprile del 1982 presso il RAK Studio, a Londra, furono caotiche e si interrompevano spesso a causa dell'uso spropositato di alcol e droga.[55]
Il quarto album dei Cure, Pornography, venne pubblicato il 4 maggio del 1982 e venne accolto con recensioni tiepide, persino indifferenti.[56] Nonostante la scarsa attenzione della stampa musicale e le preoccupazioni, da parte dell'etichetta, per il suono non commerciale dell'album, divenne il primo album della band ad entrare nella top 10 del Regno Unito, classificandosi all'ottavo posto.[57]
La Polydor Records inizialmente non era soddisfatta del titolo dell'album, che considerava potenzialmente offensivo. Come spiegò in seguito Smith, la scelta del titolo Pornography ebbe una genesi ben precisa:
«Abbiamo avuto una discussione su cosa fosse la pornografia e sono stato sorpreso dall'apprendere che ognuno aveva un'idea diversa. [...] Non è il soggetto che è pornografico, ma l'interpretazione che ne dai. Vedere qualcuno scopare una scimmia non mi colpisce particolarmente. Mi colpisce di più vedere qualcuno che attacca qualcun altro per averlo fatto. Per molte persone, la pornografia è legata a vecchi valori. Ma dopo tutta questa discussione, Simon voleva chiamarlo "Sex"!»
L'album rappresenta (con Seventeen Seconds e Faith) l'ultimo album di una ideale trilogia che consolidò la statura dei Cure come una delle band principali dell'allora emergente genere dark-goth.[55] L'album, intriso di rabbia, disperazione e cupo pessimismo, è considerato da molti fan dei Cure il miglior album della band:[58]
«Il nichilismo prese il sopravvento. [...] Cantavamo: «Non importa se moriamo tutti». Ed era esattamente quello che pensavamo a quel tempo»
L'uscita di Pornography fu seguita dal tour Fourteen Explicit Moments, in cui la band adottò una nuova immagine, un look che li avrebbe distinti da quel momento in poi con capelli cotonati, trucco sugli occhi e rossetto sbavato sul volto. Simon Gallup divenne un componente di punta della band, particolarmente adorato dai fan.[23] La cosa innescò un certo contrasto con Robert Smith, causa anche il livello di stress raggiunto durante il tour del 1982. La situazione poi degenerò il 27 maggio del 1982, a Strasburgo, quando, alla fine di un concerto alla "Hall Tivoli", Smith e Gallup si ritrovarono a litigare per un conto non pagato in un locale e, dopo un acceso scontro verbale, passarono alle mani.[60]
«Stavo per andarmene quando un cameriere venne da me e mi disse che non avevo pagato i miei drink, pensando fossi Robert. Ero esausto, ma quel tizio mi portò fino al bancone e Robert si avvicinò per vedere cosa stesse accadendo. Lo colpii. Lui rispose e finì in rissa»
Simon Gallup lasciò i Cure alla conclusione del tour e i due non si parlarono per i successivi diciotto mesi. Smith mise quindi i Cure in pausa e si unì ai Siouxsie and the Banshees come loro chitarrista nel novembre 1982. Successivamente divenne un membro a tempo pieno dei Banshees e registrò con loro gli album Nocturne e Hyæna, ma lasciò il gruppo due settimane prima dell'uscita di quest'ultimo, nel giugno del 1984, per tornare nuovamente a concentrarsi sui Cure.[61] Negli anni a seguire, Smith stesso ammetterà che, in quel momento, i Cure si erano effettivamente sciolti, soprattutto a causa del suo scarso interesse per «la sua stessa creatura».[62]
«Ero stanco di essere il leader e il cantante. Volevo solo essere un anonimo chitarrista, vedere se era diverso essere in un'altra band»
Con l'abbandono di Gallup e l'impegno di Smith con Siouxsie and the Banshees, si diffusero voci secondo cui i Cure si fossero sciolti. Il produttore Chris Parry, preoccupato per quella che era la band di punta della sua etichetta, si convinse che la soluzione fosse che i Cure reinventassero il loro stile musicale. Parry riuscì a convincere Smith e Tolhurst dell'idea.
«Volevo che registrassero un singolo divertente, qualcosa che non suonasse come i Cure, per uscire fuori dagli schemi e distruggere il mito corrente»
Il duo Smith e Tolhurst (che nel frattempo era passato dalla batteria alle tastiere) scrisse così il brano Let's Go to Bed, una divagazione synth pop, lontana dalle atmosfere dark dei precedenti lavori.[63] Registrato assieme al turnista Steve Goulding alla batteria[64], il singolo fu pubblicato nel novembre del 1982 e divenne un piccolo successo nel Regno Unito, raggiungendo il numero 44 nella Official Singles Chart, ed entrando nella Top 20 in Australia e in Nuova Zelanda.[65] Il brano fu seguito, nel 1983, da altri due singoli di successo: The Walk e The Lovecats.
«Il più vicino possibile alla perfetta canzone pop cui possiamo arrivare»
Anche questi due singoli segnarono una svolta commerciale, raggiungendo rispettivamente la posizione numero 12 e la numero 7 nella Official Singles Chart del Regno Unito.[67] Sull'onda del buon riscontro di pubblico, venne programmata anche una serie di concerti, per tenere i quali si rese necessario il reclutamento di Andy Anderson, dei Brilliant, alla batteria, e di Phil Thornalley (il produttore, che aveva lavorato con loro in Pornography), al basso.
Il videoclip di Let's Go to Bed segnò anche l'inizio della collaborazione con Tim Pope, regista che dirigerà poi la maggior parte dei successivi videoclip della band. Il video, grazie allo stile stravagante e disimpegnato di Pope, contribuì a dissipare l'idea che i Cure fossero tristi e privi di senso dell'umorismo.[68]
In questa fase di stallo, tra marzo e maggio 1983, Robert Smith, insieme al bassista dei Banshees, Steven Severin, diede anche vita al progetto parallelo dei The Glove. I due produssero due singoli (Like an Animal e Punish Me with Kisses) ed un unico album, Blue Sunshine, pubblicato il 23 agosto del 1983.[69]
L'esperienza con i The Glove, venne in seguito descritta così dallo stesso Smith:
«È veramente stato un attacco ai sensi... Uscivamo dallo studio alle sei di mattina. Guardavamo questi film malati, poi andavamo a dormire e facevamo questi sogni strani; non appena ci svegliavamo andavamo dritti nello studio. [..] Per quattro settimane abbiamo vissuto in una follia indotta, perché ci volevamo disorientare per fare un buon disco»
Nel dicembre del 1983, quasi a riassumere l'ultimo anno di attività, venne quindi pubblicato l'album Japanese Whispers, che raccoglieva i tre precedenti singoli con i rispettivi lati B.[70]
The Top
Nel maggio del 1984, i Cure pubblicarono un nuovo album, The Top. Il disco fu il primo della band in cui i brani non vennero firmati da tutti i componenti, ma accreditati al solo Robert Smith o (in tre casi) in collaborazione con Lol Tolhurst.[71] Smith, che allora era ancora il chitarrista ufficiale dei Banshees, si ritrovò a dover lavorare contemporaneamente a due album: negli studi di Pete Townshend a Twickenham, per le registrazioni di Hyaena, e ai Genetic Studio di Reading per seguire in prima persona quelle di The Top.[23] L'album, che vide il ritorno in formazione di Porl Thompson, venne suonato quasi tutto da Smith, che si occupò di tutti gli strumenti, tranne la batteria (suonata da Andy Anderson) e il sassofono (suonato da Thompson). Il produttore e bassista Phil Thornalley non prese parte alla registrazione, essendo impegnato come tecnico del suono per l'album Seven and the Ragged Tiger, dei Duran Duran.[72]
The Top rappresenta a tutti gli effetti il nuovo corso compositivo dei Cure: un tentativo di soddisfare sia il nuovo pubblico attratto con la recente svolta pop, sia la schiera di fan della prima ora, che «consideravano Pornography una sorta di vangelo dark».[23] Il disco fu un successo commerciale e si classificò al decimo posto nella Official Albums Chart nel Regno Unito, oltre che il loro primo album in studio ad entrare nella Billboard 200 negli Stati Uniti, raggiungendo la posizione numero 180.[67][73]
I Cure intrapresero poi un tour mondiale con una lineup composta da Smith, Tolhurst, Thompson, Anderson e Thornalley. Durante una data in Giappone, però, il batterista Andy Anderson, gravemente dedito all'alcol, diede in escandescenze, aggredendo fisicamente gli altri membri della band in albergo, e fu quindi licenziato in tronco. Per proseguire la tourné, venne temporaneamente ingaggiato Vince Ely, batterista degli Psychedelic Furs, che, dopo una decina di date, lasciò il posto a Boris Williams dei Thompson Twins, su proposta di Thornalley.[74] Alla fine del tour anche Phil Thornalley, resosi conto che la vita da tour non faceva forse per lui, lasciò i Cure:[23]
«Non mi sono mai considerato un membro permanente, mi hanno sempre trattato come un ingegnere del suono in pausa dallo studio [...] Sarei voluto rimanere, ma era troppo tardi»
Per sostituirlo, grazie anche alla mediazione del roadie Gary Biddles, Smith decise di richiamare Simon Gallup (che nel frattempo suonava in un altro gruppo, i Fools Dance), il quale accettò la proposta, dimenticando definitivamente i dissapori di tre anni prima. Smith fu felicissimo del suo ritorno e al Melody Maker dichiarò: "Siamo di nuovo un gruppo".[75] Il 26 maggio del 1984, Robert Smith decise quindi di lasciare definitivamente i Banshees:
«Non riuscivo a dormire. Stavo così male che ogni notte in hotel stavo seduto sul letto, con gli occhi sbarrati a tremare e sudare e ho pensato: "Basta, non posso danneggiare seriamente la mia salute solo per non deludere i Banshees"»
«Durante le demo di The Head On The Door, sapevo che questa era la vera band. L'album ha una reale e fantastica freschezza, ed era un momento veramente piacevole»
Nel 1985, la band, aveva forse trovato una formazione finalmente stabile: Robert Smith, Lol Tolhurst, Simon Gallup, Porl Thompson e Boris Williams. Il 30 agosto del 1985, i Cure pubblicano un nuovo album di studio, The Head on the Door, che rappresenta il primo grande successo commerciale della band.[78] Il disco raggiunse il decimo posto nella Official Albums Chart nel Regno Unito[67] e il numero 75 nella Billboard 200 negli Stati Uniti.[73] L'album fu certificato disco d'oro negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Francia.[79]
Durante la promozione del disco, Smith disse che per la sua scrittura era stato ispirato da vari album che ascoltava all'epoca: Kaleidoscope dei Siouxsie and the Banshees, Dare degli Human League, This Year's Model di Elvis Costello, Low di David Bowie, Rattus Norvegicus degli Stranglers, e Mirror Moves degli Psychedelic Furs.[80] Smith voleva che il nuovo album fosse eclettico, con stili e stati d'animo diversi.[75]
«In questo album ci sono un sacco di canzoni diverse tra loro, ma possiede quella sorta di continuità che hanno quegli album tipo Disco Beach Party»
Il successo di The Head on the Door fu dovuto, in parte, anche grazie all'impatto internazionale dei due singoli estratti dell'album: In Between Days, uscito il 19 luglio del 1985, che raggiunse il numero 15 nella classifica dei singoli del Regno Unito,[67] e soprattutto Close to Me, pubblicato nel settembre dello stesso anno, che catapultarono i Cure sotto i riflettori di tutto il mondo.[23]
Parte fondamentale di questo loro successo fu sicuramente attribuibile ai videoclip realizzati per promuovere i due singoli, diretti da Tim Pope. Il video di In Between Days mostra la band che suona in una sorta di visione caleidoscopica, con colori fluorescenti, riprese dinamiche, realizzate anche con una telecamera oscillante appesa a un cavo, e una serie di grotteschi calzini colorati aggiunti in animazione che danzano intorno al gruppo.[81] Nel video di Close to Me, uno fra i più riusciti del regista, i Cure vennero invece ripresi rinchiusi in un armadio, mentre suonano il brano con oggetti e strumenti di fortuna (un pettine, una piccola tastiera portatile). L'armadio, inizialmente posto sul bordo di una scogliera a Beachy Head (nel Sussex), finisce infine per cadere in mare e riempirsi d'acqua.[23][82]
«È stato a malapena mostrato in tv, men che meno negli show per bambini, presumibilmente perché hanno pensato che avrebbe incitato i ragazzini a entrare nei loro guardaroba e gettarsi dalle scogliere»
Dopo l'album e il tour mondiale che ne seguì, nel 1986 la band pubblicò la raccolta di singoli Standing on a Beach - The Singles 1978-1985, che entrò nella top 50 degli Stati Uniti.[73] Per l'occasione, venne effettuata una nuova registrazione di Boys Don't Cry, che uscì anche come maxi singolo insieme ad altri due brani, Do the Hansa e Pillbox Tales, risalenti al 1979 ma inediti fino ad allora.[83] L'album venne pubblicato in tre formati (ognuno con una diversa tracklist e un titolo specifico): la versione su CD, intitolata Staring at the Sea, conteneva alcuni pezzi in più, mentre la versione su musicassetta conteneva anche tutte le B-side dei singoli pubblicati dalla band fino ad allora.[84] L'operazione commerciale venne completata dalla pubblicazione di una VHS con tutti i video fino ad allora realizzati dal gruppo, intitolata Staring at the Sea - The Images.[85]
Nel 1986, i Cure fecero un tour per promuovere la compilation (The Beach Party Tour) e pubblicarono poi un concerto dal vivo (in VHS e LaserDisc) dal titolo The Cure in Orange, che fu prima distribuito nei cinema, nel 1987.[86] Filmato durante la data all'anfiteatro romano di Orange, in Provenza, il film segna l'esordio in un lungometraggio del regista Tim Pope. A causa del basso budget, le riprese vennero divise in due giorni: il 9 agosto 1986 furono realizzate le scene live, durante il concerto, ma i primi piani furono il giorno successivo, durante una falsa performance della band.[87]
«Se avesse piovuto in uno o entrambi i giorni, l'intero progetto sarebbe andato all'aria: 150.000 sterline buttate al vento. [...] Non ha piovuto fino a lunedì.»
(Il Melody Maker sulle riprese del concerto di "The Cure in Orange"[88])
1987-1998: Il successo internazionale
Kiss Me Kiss Me Kiss Me
«Kiss Me Kiss Me Kiss Me ha un suono più reale di The Head on the Door, che era un disco molto costruito. È un album molto rilassato, che infonde sicurezza. È la prima volta che siamo un gruppo dal tempo di Pornography»
Nel marzo e nell'aprile del 1987, i Cure si esibirono per la prima volta in Sud America , con due concerti in Argentina e otto in Brasile, in stadi gremiti, in cui il gruppo poté misurare la portata della loro popolarità in questi paesi.[90] Il secondo concerto argentino, il 18 marzo 1987 a Buenos Aires venne però interrotto a causa di una serie di incidenti innescati da una parte del pubblico, che aveva acquistato biglietti contraffatti e a cui fu negato l'ingresso.[91] I Cure non suonarono più in Argentina fino al 2013.[92]
Il 26 maggio 1987, uscì il settimo lavoro in studio dei Cure. Un doppio album intitolato Kiss Me Kiss Me Kiss Me,[93] che raggiunse il sesto posto nella Official Albums Chart nel Regno Unito,[94] entrò nella top 10 in diversi paesi, diventando il primo album della band a raggiungere la top 40 (al numero 35) della classifica Billboard 200 negli Stati Uniti.[95] La copertina dell'album ritrae un primo piano delle labbra di Smith, cariche di rossetto rosso acceso, su uno sfondo arancione:[96]
«Si trattava del desiderio di ingoiare la gente. L'idea di farli annegare piuttosto che baciarli»
(Robert Smith sulla copertina di Kiss Me Kiss Me Kiss Me[89])
Il disco venne registrato allo Studio Miraval di Correns, nel sud della Francia, lo stesso in cui i Pink Floyd registrarono The Wall.[97] Proprio durante le session, durate dieci settimane, la band si rese conto di avere un tale numero di materiale da giustificare la pubblicazione di un doppio LP. In quelle settimane, i vari componenti dei Cure svilupparono un legame ancora più stretto fra di loro e tutti (tranne Tolhurst) parteciparono alla scrittura del disco. Ognuno portava delle idee, dei brani o dei testi che Smith ascoltava e valutava se inserire nel disco.[23] L’album rappresenta al meglio tutte le varie anime della band: da quella più rock degli esordi, a quella dark della trilogia di inizio anni ottanta, fino a quella pop. L'attacco del disco, The Kiss, come anche brani quali If Only Tonight We Could Sleep uniscono rock ad atmosfere psichedeliche, al contrario di Snakepit, Torture o One More Time, decisamente più cupi e angosciosi, mentre pezzi come How Beautiful You Are, Catch o Just Like Heaven rappresentano la quota pop del disco.[96]
Dall'album furono estratti quattro singoli che raggiunsero un grande successo commerciale: Why Can't I Be You?, Catch, Hot Hot Hot!!! e Just Like Heaven.[98][99][100][101] Quest'ultimo è stato il singolo di maggior successo della band fino ad oggi negli Stati Uniti, piazzandosi al numero 40 nella classifica Billboard.[73] Il relativo videoclip, diretto da Tim Pope, venne girato nei Pinewood Studios, nell'ottobre del 1987, utilizzando il vecchio girato (dell'acqua e delle scogliere di Beachy Head) utilizzato per il video di Close to Me.[102]
Dopo l'uscita dell'album, nel del mese di luglio del 1987, la band partì per un tour mondiale, che consentì ai Cure di consolidare definitivamente la loro popolarità internazionale, con livelli di isteria collettiva da parte dei fan che, durante le prime date in Sud America, raggiunsero momenti senza precedenti.[103] In un articolo sulla rivista NME, Smith scrisse un diario di quei giorni ("Three imaginary weeks - What we did on our holidays, The Cure's South American Diary") e ricorda come, per colpa di una cattiva organizzazione, in alcuni concerti, vennero venduti più biglietti rispetto alla capienza delle location e il pubblico cominciò a comportarsi in maniera aggressiva, con momenti di tensione con la polizia.[104]
All'inizio del tour la formazione dei Cure si allargata a sei elementi, con l'ingresso del tastierista Roger O'Donnell, reclutato per integrare il lavoro di Tolhurst, perseguitato dai problemi di alcolismo e consentendo a Thompson di concentrarsi sulla chitarra.[105]
Disintegration
«Il tema di molte di queste canzoni, che molta gente trova deprimenti, è semplicemente il diventare vecchi: quello che succede con l'età, l'incapacità di sentire con la stessa intensità, e quel continuo senso di perdita»
(Robert Smith sul tema dell'album Disintegration[89])
Forte del successo ottenuto, Smith iniziò la scrittura di nuovi brani, senza il resto della band. Il materiale assunse immediatamente una forma triste e deprimente, che lui attribuì al fatto che stesse per compiere trent'anni. Quando i Cure iniziarono le registrazioni, agli Hook End Manor Studios, con il produttore David M. Allen, si acuirono i problemi riguardo il crescente abuso di alcol di Tolhurst. Vani erano stati i tentativi di Porl Thompson di convincere Tolhurst a ricoverarsi in una clinica di disintossicazione o rivolgersi a uno specialista.[23]
Gli altri componenti della band assunsero un atteggiamento duro nei suoi confronti e fecero capire a Smith che era ormai arrivato il momento di confrontarsi con lui. A dicembre, Smith scrisse quindi una lettera a Tolhurst comunicandogli che non avrebbe fatto più parte dei Cure.[106]
«Non ha veramente suonato in Kiss Me Kiss Me Kiss Me o in Disintegration. [..] È stata una spirale discendente.»
(Robert Smith sull'uscita dal gruppo di Tolhurst[89])
La questione si prolungò per buona parte degli anni Novanta. Nel 1991 Tolhurst intentò un'azione legale contro Smith e la Fiction Records legata all'utilizzo del nome della band. La causa si concluse definitivamente nel 1994 a favore di Smith, ma i due in seguito si riavvicinarono e, nel 2011, Tolhurst tornò a suonare con la band in occasione del trentennale dell’album Faith.[107]
Disintegration, ottavo album in studio dei Cure, venne pubblicato il 2 maggio del 1989.[108] Elogiato dalla critica, il disco debuttò al terzo posto nella classifica degli album nel Regno Unito e al numero 12 in quella degli Stati Uniti[73], oltre a tre singoli nella Top 30 inglese: Lullaby, Lovesong e Pictures of You.[67] Il disco ricevette anche una buona accoglienza dalla critica ed è stato inserito alla posizione numero 116 nella lista dei 500 migliori album di tutti i tempi stilata dalla rivista Rolling Stone.[109]
Sebbene l'album si caratterizzi per la forte presenza di brani cupi, con Robert Smith che risente del suo momento di depressione che lo porta a riflettere sullo scorrere del tempo, sulla morte e sulle occasioni sprecate, il leader dei Cure volle comunque creare una sorta di bilanciamento con canzoni più pop, come i tre singoli Lullaby, Lovesong e Pictures of You.[110][111][112]Lovesong, terzo singolo estratto dall'album. venne scritta da Smith e dedicata, come regalo d'anniversario alla moglie Mary Poole, sposata l'anno prima:[113]
«Sì, l'ho scritta perché io e Mary ci siamo sposati un anno fa e non sapevo cosa regalarle, come dono d'anniversario [...] Così le ho scritto questa canzone [...] Economico e originale [...] Lei avrebbe preferito un diamante, penso, ma, non so. Potrebbe guardarsi indietro ed essere contenta che l'abbia fatto per lei.»
Il 5 gennaio 1989, i Cure intrapresero un nuovo tour mondiale, che vide la band esibirsi in vari stadi e che raggiunse l'apice, a fine luglio, con tre date consecutive tutto esaurito a Wembley.[114] Il 6 settembre del 1989, i Cure eseguirono dal vivo il brano Just Like Heaven agli MTV Video Music Awards di Los Angeles.[115] Nel mese di maggio del 1990, il tastierista Roger O'Donnell, lasciò il gruppo per proseguire con la propria carriera solista e fu sostituito da Perry Bamonte, che suonava sia le tastiere che la chitarra ed era stato roadie della band in alcuni tour, fin dal 1984.[116]
Nel novembre del 1990, i Cure pubblicarono una raccolta di remix di alcuni singoli, intitolata Mixed Up.[117] L'unica nuova canzone dell'album, Never Enough, fu poi pubblicata come singolo, quello stesso anno. Nel 1991, i Cure vinsero il Brit Award come miglior gruppo britannico e, durante la cerimonia di premiazione, Smith ringrazia anche a nome di tutti gli ex-componenti della band, tranne Tolhurst.[118]
Il 25 marzo del 1991 esce Entreat, registrato durante i tre concerti tenutisi alla Wembley Arena di Londra, nel luglio del 1989 e composto interamente da canzoni contenute nel disco Disintegration.[119] Il 24 gennaio 1991 i Cure si esibiscono per il programma MTV Unplugged, dove eseguono, sempre in versione acustica, anche una nuova canzone intitolata A Letter To Elise.[120]
Wish
«Molte cose nel disco che suonano come se ci fosse un pesante effetto chorus, sono in realtà solo strumenti scordati. L'unico inconveniente è che sul palco, a volte, diventa tutto molto confusionario e non riesci a sentire nulla»
Nella parte finale del 1991, i Cure, si ritrovarono per la registrazione del nuovo album, il nono in studio. Dopo due sessioni di lavoro presso gli studi Live House e Farmyard che produssero una quarantina di brani, il gruppo, con il produttore Dave Allen, si trasferì ai Manor Studio, nell’Oxfordshire, di proprietà di Richard Branson, boss della Virgin. In quelle session vennero terminati 25 brani, tra cui diversi strumentali, con l'intenzione di produrre due album. Il primo, il cui titolo provvisorio era Higher, aveva un suono dominato dalle chitarre, il secondo, Music for Dreams, sarebbe stato invece interamente strumentale.[122] Alla fine il progetto venne abbandonato e furono selezionate solo dodici canzoni per apparire nel nuovo album.
Il 21 aprile 1992 venne pubblicato Wish, l'album di maggior successo commerciale nella carriera della band, che debutta al primo posto nel Regno Unito e al secondo negli Stati Uniti, dove ha venduto più di un milione di copie.[123] Pur mantenendo il loro caratteristico sound gothic rock, in alcuni brani, il disco mette in luce alcune influenze alternative-rock ed una certa centralità delle chitarre, una strada già intrapresa nei loro tre dischi precedenti. Smith ha rivelato che, in fase di scrittura, l'ascolto di alcune particolari canzoni, ha avuto poi un'influenza sull'album:
«Per ogni album che facciamo, metto insieme un mucchio di canzoni che hanno qualcosa che sto cercando di catturare. Per Wish, ascoltavo Mesmerise dei Chapterhouse per la sua sensazione di abbandono e Human degli Human League. Non riuscivi a individuare nulla dal punto di vista sonoro o strutturale che potesse influenzare tutto ciò che abbiamo fatto, ma c'è qualcosa di indefinibile che sto cercando di catturare. Una notte devo aver suonato Mesmerise almeno venti volte, bevendo e alzando sempre più il volume, mandandomi in trance»
Dall'album vennero estratti tre singoli. High, pubblicato il 16 marzo 1992, raggiunse il primo posto negli Stati Uniti, nella classifica BillboardModern Rock Tracks,[124] e l'ottavo posto in quella dei singoli del Regno Unito.[125] il secondo singolo estratto, Friday I'm in Love, uscito il 15 maggio del 1992, divenne uno dei brani di maggior successo dei Cure, raggiungendo il sesto posto nel Regno Unito,[67] la posizione numero 18 negli Stati Uniti[126] ed arrivando al numero uno della classifica Modern Rock Tracks.[124] Il videoclip del brano, diretto da Tim Pope, è un omaggio al regista francese del cinema muto Georges Méliès e mostra la band su un palcoscenico, che suona e contemporaneamente gioca con vari oggetti di scena e costumi, mentre vari fondali si susseguono.[127]A Letter to Elise, terzo ed ultimo singolo estratto dall'album, venne pubblicato il 5 ottobre 1992.[128]
Il successivo tour di promozione dell'album, partito ad aprile del 1992, vide i Cure esibirsi in Europa, America e Australia. Il tour fu segnato dall'assenza di Simon Gallup che dovette rinunciare a diversi concerti nel mese di novembre, a causa di una pleurite. Il suo posto fu preso da Roberto Soave, bassista degli Shelleyan Orphan.[129] Dal tour saranno poi tratti due album live, entrambi pubblicati nel 1993: Show, registrato nelle date del 18 e 19 luglio ad Auburn Hills, negli Stati Uniti e Paris, registrato allo Zenith di Parigi il 19, 20 e 21 ottobre del 1992.[130][131]
Al termine del Wish Tour, Porl Thompson si congeda dal gruppo per collaborare con Jimmy Page e Robert Plant, mentre Boris Williams abbandona per entrare nei Piggle, la band della sua ragazza.[23]
«Sentivo che Wish conteneva davvero una sorta di nota di chiusura con l'ultima canzone (End). E poi quella formazione si è disintegrata, non tanto per Porl, ma quando se n'è andato Boris e anche Simon, per un po' di tempo, ha pensato di lasciare il gruppo.»
Al posto di Thompson venne richiamato, Roger O'Donnell, con lo spostamento a tempo pieno di Bamonte alla chitarra. Per sostituire Boris Williams, invece, nel 1994, i Cure decisero di pubblicare un annuncio sulla rivista Melody Maker: "Very famous band needs drummer. No metalheads" (Gruppo molto famoso cerca batterista. Astenersi metallari). Alla fine Jason Cooper, già nei My Life Story, rispose all'annuncio e superò con successo l'audizione,[133] non tanto per la sua abilità tecnica, quanto per il fatto di essere un vero e proprio fan dei Cure (“I miei ricordi più belli risalgono ai momenti in cui sentivo Faith e bevevo sidro”).[23]
Dal 1992 fino a quasi tutto il 1994 i Cure, per la prima volta in più di vent’anni, affrontarono un periodo di quasi completa inattività. Un momento di stallo in cui, ancora una volta, in Robert Smith affiorano perplessità riguardo il destino della band:
«Credevo che tutto finisse dopo Wish, perché quella formazione stava insieme da così tanto tempo che non vedevo dove altro si potesse andare. Ma sono contento che le cose siano andate così, perché in questo modo è cambiato tutto.»
Nel frattempo la band partecipa, con una cover di Purple Haze, all'album Stone Free: A Tribute to Jimi Hendrix, uscito il 9 novembre 1993[135] e compone il brano Burn, per la colonna sonora del film Il corvo - The Crow.[136] Sempre nel 1994, esce l'EPLost Wishes, acquistabile soltanto per posta e contenente quattro inediti strumentali, tratti dalle session di Wish.[137]
Nel 1995, i Cure realizzano la cover di Young Americans, brano di David Bowie, inclusa nella compilation intitolata 104.9 XFM.[138]Purple Haze, Burn e Young Americans verranno successivamente inserite nella raccolta intitolata Join the Dots del 2004.[139]
Wild Mood Swings
«Pensai che fosse giunto il momento di cambiare rispetto al lavoro fatto con Dave Allen: ero preoccupato che non sarebbe uscito niente di nuovo. Non abbiamo mai veramente avuto bisogno di qualcuno che ci aiutasse dal lato creativo o artistico, ma ho pensato che sarebbe stato meglio coinvolgere qualcuno che fosse più giovane e che non avesse preconcetti riguardo al gruppo.»
Quando Gallup si rimise in sesto, verso la fine del 1994, la band decise di tornare in studio con un produttore diverso da Dave Allen, che aveva lavorato a tutti gli album della band, da The Top in poi. Smith decise di chiamare Steve Lyon, noto soprattutto per essere il produttore e collaboratore dei Depeche Mode.[141]
Il 6 maggio del 1996, dopo quattro anni di attesa, esce finalmente il nuovo album di inediti di studio dei Cure, Wild Mood Swings.[142] Il decimo disco della band non ebbe una buona accoglienza da parte della critica e segnò l'ultimo capitolo del successo commerciale, iniziato con i quattro album precedenti. L'album vide la band esplorare varie sonorità, dal jangle pop, al jazz, fino al mariachi, e come suggerisce il titolo stesso, esplora stati d'animo diversi, da canzoni pop più leggere a materiale più introspettivo e oscuro.[143] Un risultato che spiazza, e in gran parte delude, i fan di vecchia data:
«Sono molto soddisfatto di Wild Mood Swings: è venuto fuori molto meglio di come lo immaginavo. D'altro canto, è anche praticamente l'opposto di quello che avevo in mente. Quando ci siamo ritrovati insieme, avevo idee molto chiare. [...] Volevo fare qualcosa di acustico e di malinconico. Avrebbe dovuto chiamarsi Bare [come il brano di chiusura - n.d.r.]. Ma, durante la registrazione, mi sono accorto che stavo trattenendo il gruppo, e mi è sembrato stupido. Così, abbiamo deciso di fare semplicemente quello che volevamo fare e, improvvisamente, canzoni con uno stato d'animo completamente diverso hanno incominciato a trasformarsi.»
(Robert Smith sulla gestazione di Wild Mood Swings[144])
Dall'album vennero estratti quattro singoli: The 13th, pubblicato il 22 aprile 1996, seguito da Mint Car uscito il 17 giugno, Strange Attraction pubblicato solo negli Stati Uniti e in Australia l'8 ottobre e infine Gone! pubblicato il 2 dicembre 1996.[145][146][147][148]
Con il procedere del tour promozionale e il fallimento commerciale dell'album, l'idea di una possibile fine della band, che Robert Smith avverte ormai già da anni, sembra alimentarsi. Il 16 dicembre 1996, il brano che chiude il concerto finale dello Swing Tour, a Birmingham (Killing an Arab, primo singolo in assoluto della band)[149], viene anticipato da queste parole di Smith:
«Oggi sono esattamente 20 anni dalla prima volta che sono salito su un palco. Allora avevo appena scritto questa canzone: è come se questo chiudesse il ciclo.»
(Robert Smith introduce l'esecuzione dal vivo di Killing an Arab[150])
La presentazione dell'evento viene trasmessa in uno speciale dell'8 gennaio su BBC Radio 1, e vede la partecipazione di Smith, Bowie ed altri musicisti.[153] In quell'occasione, Smith, viene presentato a Reeves Gabrels,[151] chitarrista e collaboratore di Bowie che, nei mesi successivi, verrà chiamato a collaborare ad un brano dal titolo Wrong Number. La canzone sarà l'unico inedito contenuto in Galore - The Singles 1987-1997, seconda raccolta di singoli dei Cure, pubblicata il 28 ottobre 1997.[154]
«Bloodflowers è stata la migliore esperienza che ho avuto da quando ho fatto l'album Kiss Me. Ho raggiunto i miei obiettivi, che erano fare un album, divertirmi a farlo e finire con qualcosa che abbia un contenuto davvero intenso ed emotivo. E non mi sono ucciso nel farlo.»
Con un solo album di inediti rimasto nel loro contratto discografico con la Fiction e dopo la deludente risposta commerciale ai precedenti Wild Mood Swings e Galore, Smith pensò ancora una volta che la fine della band potesse essere vicina. Il leader dei Cure si era quindi convinto di voler realizzare un album che riflettesse il lato più serio della band: senza hit commerciali e con un sound che legasse il loro aspetto malinconico con la melodia, cosa che aveva reso la band famosa in tutto il mondo.[23] All'inizio del processo creativo, Smith, decise quindi di realizzare un disco che richiamasse due dei loro migliori lavori, Pornography e Disintegration, intesi nella loro intensità emotiva e nei loro momenti chitarristici onirici e goth.[158]
Bloodflowers viene pubblicato il 14 febbraio del 2000, quattro anni dopo l'ultimo album della band.[159] Il disco è considerato parte di una ideale "trilogia dark", dilatata nel tempo, iniziata con Pornography e continuata da Disintegration.[158] Per Smith avrebbe dovuto segnare anche la fine dei Cure:
«Ma sono preoccupato che se la gente sa che questo è l'ultimo album, le canzoni saranno lette tutte come segno della fine della band. [...] Ci è voluto tutto quello che avevo per fare questo disco. Ha preso molto di me, e mi sono sentito prosciugato quando è finito. Ma volevo che fosse la cosa migliore che avessimo mai fatto»
Smith, contro la volontà della casa discografica, scelse di non pubblicare alcun singolo tratto dall'album. Tuttavia, i brani Maybe Someday e Out of This World, usciranno come singoli promozionali, ma solo per le radio. Bloodflowers ebbe un discreto successo commerciale, debuttando al numero 14 nella classifica degli album nel Regno Unito e al numero 16 nella classifica Billboard 200 degli Stati Uniti.[67][73] Fu nominato per un Grammy Award come miglior album di musica alternativa, nel 2001. Nel tour promozionale che seguì la pubblicazione dell'album (Dream Tour) e che vide i Cure in giro per il mondo, per tutto il 2000,[161] Smith tornò, ancora una volta, sui suoi passi e dichiarò che non aveva più nessuna intenzione di sciogliere la band:
«Penso che sia evidente nei testi che quando l'ho scritto, pensavo fosse l'ultimo album dei Cure. Sentivo che la spinta che c'era dietro la band, che essenzialmente viene da me, era oramai finita e volevo un grande canto del cigno. Ma la cosa strana è che da quando l'abbiamo fatto, mi sento completamente diverso. Mi sento davvero bene con il gruppo.»
Nel 2001, il rapporto della band con la loro storica etichetta Fiction Records, giunse al termine. I Cure furono però costretti a pubblicare un ultima raccolta, cosa che Smith accettò a condizione di poter scegliere lui stesso i brani. Il 13 novembre 2001 uscì la raccolta di singoli Greatest Hits, che conteneva anche gli inediti Cut Here e Just Say Yes;[163] alla raccolta venne allegato, in edizione limitata, anche l'album Acoustic Hits, con le versioni acustiche dei brani scelti registrate per l'occasione.
Il disco fu seguito, nel 2002, da una serie di concerti in giro per l'Europa.[164] Nelle due date alla Tempodrom Arena di Berlino, dell'11 e 12 novembre,[165] i Cure riproposero per intero i tre album della trilogia dark, con le canzoni suonate nell'ordine in cui apparivano negli album. I concerti verranno poi riproposti nel 2003, in DVD e Blu-ray, con il titolo di Trilogy.[166]
The Cure
«Sarà un album molto pesante, pesante come i Cure, non come il new metal.»
Il primo album con la nuova etichetta viene pubblicato il 25 giugno 2004, con il titolo The Cure. L'album viene prodotto da Smith e da Ross Robinson, noto soprattutto per aver lavorato con band nu metal come Korn e Slipknot.[168] Nonostante la scelta del produttore avesse generato preoccupazioni di una svolta verso generi meno frequentati dalla band, l'album contiene diversi brani chitarristici, ma non tradisce mai la vera anima dei Cure. Anche i testi fanno sempre riferimento a tematiche care a Smith: amori perduti, perdita di identità e incomunicabilità nelle relazioni.[158] Parlando del processo di scrittura del disco, il produttore Robinson, ha rivelato di aver incoraggiato Smith a scrivere prima i testi della musica (contrariamente a quanto fatto dal gruppo in passato) per far in modo che il resto della band potesse esprimersi al meglio e con più passione durante le session.[169]
The Cure ebbe una buona accoglienza dalla critica e fu caratterizzato da un discreto successo commerciale, piazzandosi al numero 7 negli Stati Uniti, al numero 8 nella classifica del Regno Unito e addirittura al secondo posto in Italia.[67][73][170]The End of the World, pubblicato il 19 luglio 2004, fu il primo singolo estratto dall'album, seguito da Taking Off, uscito il 18 ottobre successivo.[171][172] L'ultimo estratto dal disco, alt.end, venne pubblicato solo negli Stati Uniti come versione alternativa di Taking Off.[173]
Il discreto successo di The Cure risveglia anche l'interesse nei confronti del gruppo da parte di MTV, che li celebra con uno speciale della serie MTV Icon, andato in onda il 31 ottobre del 2004 e registrato all'Old Billingsgate Market di Londra. Durante la trasmissione, presentata da Marilyn Manson, oltre a ripercorrere la carriera della band, vari artisti si sono alternati nell'omaggiare Smith e compagni: i Blink 182 con una cover di A Letter To Elise, i Deftones con If Only Tonight We Could Sleep, gli AFI con Just Like Heaven.[175][176]
A partire dal novembre del 2004 escono le versioni rimasterizzate dei primi album della band: Three Imaginary Boys,Seventeen Seconds, Faith e Pornography.[177][178] In quest'opera di rimasterizzazione, da parte della Rhino Records, manca il primo singolo della band, Killing an Arab: è probabile che ciò sia per evitare ogni possibile polemica con eventuali riferimenti alla lotta al terrorismo fondamentalista islamico, in atto dal 2001.[179] I Cure più volte hanno evidenziato l'infondatezza di questa ipotesi: la compilation Standing on a Beach, di cui la canzone in questione costituisce la traccia di apertura, è stata venduta con un'etichetta adesiva che denuncia usi razzisti della canzone. Il singolo verrà poi nuovamente inserito nell'album in occasione del 45° anniversario della sua uscita, nel 2024.[180]
«Se c'è una cosa che vorrei cambiare, è il titolo.»
(Robert Smith sulle polemiche legate al titolo del brano Killing an Arab[181])
A maggio del 2005, Smith mise in atto un ennesimo cambio di line-up: Il chitarrista Perry Bamonte e il tastierista Roger O'Donnell furono licenziati dalla band.[182] O'Donnell afferma che Smith lo informò che stava riducendo la band a un trio, cosa che poi avvenne per un brevissimo periodo di tempo.[183] Durante questo periodo, i Cure registrarono una cover del brano Love di John Lennon, per l'EP Make Some Noise, un'iniziativa di Amnesty International, associazione che la band da anni sostiene attivamente.[184]Subito dopo, Porl Thompson, venne richiamato in formazione per il loro tour estivo del 2005.[185]
Il 2 luglio 2005, i Cure, con la nuova formazione, esordiscono al prestigioso Live 8, il festival benefico organizzato da Bob Geldof, sul palco di Parigi.[186] I concerti di quell'estate, vengono immortalati nel DVD intitolato Festival 2005, uscito poi nel 2006. Le riprese vennero effettuate durante gli spettacoli della band in nove festival europei, tra cui un'esibizione al Teatro antico di Taormina, in occasione della rassegna Taormina Arte.[187]
All'inizio di agosto del 2006, escono le versioni rimasterizzate degli album The Top, The Head on the Door e Kiss Me Kiss Me Kiss Me, oltre che di Blue Sunshine, album del progetto parallelo The Glove.[188]
4:13 Dream
«Ho sempre voluto che questo fosse il 13° album dei Cure: sono passati 30 anni da quando abbiamo fatto il primo, volevo solo che fosse una cosa importante per celebrare l'occasione.»
Nel 2006, i Cure iniziarono a scrivere e registrare materiale per il loro tredicesimo album. Il disco doveva originariamente essere un doppio album; tuttavia, Smith, in alcune interviste, rivelò che questa idea era stata poi scartata, nonostante fossero state registrate 33 canzoni.[190]
«Ho la sensazione, pensandoci, che rendere il nuovo album un 'singolo' (qualsiasi cosa ciò voglia dire: 8 tracce? 13 tracce? 21 tracce?!!) sarà in qualche modo meglio, più coerente e più in sintonia con la band come è ora.»
Smith si occupò della produzione dell'album con l'assistenza di Keith Uddin. A parte i quattro membri della band (e Uddin), nessuno era autorizzato a partecipare alle sessioni di registrazione, per limitare le distrazioni.[192] Dopo le registrazioni la band intraprese un lunghissimo tour mondiale (4Tour), conclusosi il 21 giugno 2008 al Radio City Music Hall di New York.[193][194]
Prima dell'uscita dell'album, a partire da maggio del 2008, i Cure pubblicano quattro singoli, che escono il giorno 13 di ogni mese: The Only One il 13 maggio, Freakshow il 13 giugno, Sleep When I'm Dead il 13 luglio, The Perfect Boy il 13 agosto.[195][196] Questi brani, che hanno avuto un grande successo specialmente in Spagna (dove sono entrati tutti e quattro nella "Top 5", i primi due direttamente alla numero 1) e Stati Uniti d'America, erano già entrati con altri inediti tratti dall'album nella scaletta regolare dei concerti dei Cure nel 2007.
Il 28 ottobre 2008 esce 4:13 Dream, per l'etichetta Suretone Records, sussidiaria della Geffen.[198] Il disco fu un fallimento commerciale, nel Regno Unito, rispetto ai loro album precedenti, rimanendo in classifica solo per due settimane e non arrivando oltre il numero 33.[67] Il ritardo nella pubblicazione dell'album, che in origine sarebbe dovuto uscire il 13 settembre e che, in qualche modo, termina la sequenzialità delle date, sarebbe da imputarsi all'abitudine della Universal Music Group di pubblicare dischi solo di martedì. Il disco fu presentato a Roma, l’11 ottobre, in un evento organizzato da MTV a Piazza San Giovanni Laterano.[199]
Nel febbraio 2009 i Cure vengono premiati con il Godlike Geniuses dalla rivista britannica NME, in precedenza ricevuto da New Order e The Clash.[200]
2010-presente: Gli anni recenti
Dopo l'uscita dell'album ed il tour promozionale che ne seguì, la band decide di prendersi un lungo periodo di pausa, durata la maggior parte del 2009 e tutto il 2010.
Nel frattempo, il 24 maggio 2010, viene pubblicata la versione rimasterizzata dell'album Disintegration che, comprende, oltre ad un cd con rarità, anche un terzo disco con una versione rimasterizzata ed espansa del live Entreat.[201]
Nel 2011 i Cure sono impegnati nel Reflection, uno show live in cui ripropongono, in alcune città (Sydney, Londra, Los Angeles e New York), i primi tre album suonati in successione. La band è affiancata dai vecchi componenti: O'Donnell (per Seventeen Seconds e Faith) e Tolhurst (per Faith), richiamati per l'occasione, a dimostrazione che, i rapporti con i due, erano definitivamente recuperati.[202] Mentre per Tolhurst l'evento rappresenta solo una parentesi, O'Donnell rientra definitivamente nella formazione al posto di Porl Thompson, come testimoniato dalla formazione per il concerto tenuto al Bestival nel settembre 2011.[203] La registrazione del concerto è stata poi pubblicata pochi mesi dopo come disco dal vivo col titolo Bestival Live 2011.[204]
Il 26 maggio del 2012, i Cure intraprendono un tour estivo di 19 date nei maggiori Festival d'Europa, con Reeves Gabrels alla chitarra, in sostituzione di Thompson. Il tour ha toccato anche l'Italia: il 7 luglio a Milano per l'Heineken Jammin' Festival e il 9 luglio a Roma per il festival Rock in Roma.[206] In entrambi i casi, hanno suonato oltre 30 canzoni per circa tre ore di concerto.[207]
Nel mese di febbraio del 2014, oltre all'annuncio di due concerti in favore della raccolta fondi per la ricerca contro il cancro, poi tenutisi il 28 e il 29 marzo alla Royal Albert Hall di Londra,[208] viene annunciata per la seconda parte dell'anno, la pubblicazione di un nuovo album, 4:14 Scream, che avrebbe dovuto rappresentare la seconda parte del precedente 4:13 Dream.[209] Alla fine, il progetto, è stato abbandonato.
Nel 2016 il gruppo completa un altro tour che tocca Europa, Nord America e Oceania.[210]
Il 7 luglio 2018, i Cure celebrano i 40 anni di vita della band con un concerto ad Hyde Park di Londra, all'interno del BST e davanti a 65 mila persone.[211][212]L'anno successivo il concerto viene proiettato nei cinema e poi pubblicato in dvd col titolo "Anniversary 1978-2018 Live In Hyde Park", registrato in Dolby 5.1 e diretto da Tim Pope.[213]
A maggio del 2019 la band si esibisce per cinque serate all'Opera House di Sydney, per celebrare il trentennale della pubblicazione di Disintegration, suonando per intero tutto l’album, comprese Homesick e Untitled, che mancavano dalle setlist del gruppo da 17 anni, più un bis di otto brani scelti tra le B-Side dell'epoca.[217][218]
A febbraio 2020 la band viene premiata agli NME Awards come Best Festival Headliner,[219] nell'occasione Robert Smith conferma che i lavori per il nuovo disco sono a buon punto, che è stata registrata una quantità valida di musica da poter andare a comporre due album, ma che andava ancora composta tutta la parte vocale.[220][221] La pubblicazione dell'album, dal titolo provvisorio "Live from the Moon" viene poi ulteriormente rimandata a causa della pandemia Covid, anche se Smith dichiara in un'intervista che, durante il lockdown, ha avuto la possibilità di concentrarsi maggiormente sulla lavorazione senza ulteriori distrazioni.[222]
Songs of a Lost World
«Ci ho messo tanto a scrivere Songs of a Lost World perché l’album non ha mai avuto un vero e proprio inizio, le canzoni sono state con me per molto tempo.»
Il 1° ottobre 2024, Cure pubblicano un singolo (12") contenente le registrazioni dal vivo di due nuove canzoni, And Nothing Is Forever e I Can Never Say Goodbye, registrate durante un concerto in Francia nel 2022.[224]
Il 1° novembre 2024 esce Songs of a Lost World, il primo album in studio dei Cure in sedici anni, pubblicato nuovamente con la storica etichetta della band, Fiction Records.[225] Il disco ha debuttato al primo posto nella classifica degli album del Regno Unito ed è stato il primo album dei Cure a raggiungere la vetta delle classifiche dopo Wish, del 1992.[67] Ha raggiunto il primo posto anche in Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Svezia e Svizzera.
Registrato ai Rockfield Studios di Monmouth, in Galles, e co-prodotto da Robert Smith e Paul Corkett, il disco è composto da otto brani inediti, di cui cinque scritti e suonati nel corso del lunghissimo Shows of a Lost World Tour, e successivamente rielaborati in sala di registrazione nella loro versione definitiva.[226][227]
L'album è stato preceduto dal lancio di due singoli: Alone, uscito il 26 settembre, e A Fragile Thing, pubblicato il 9 ottobre.[228][229]
Stile musicale
I Cure vengono molto spesso categorizzati come appartenenti al genere rock gotico[1] per via della loro immagine triste e decadente (specie nei primi anni ottanta, quando hanno ottenuto un'iniziale popolarità, grazie a Pornography, assurto a pietra miliare del genere), nonché a causa della forte componente emozionale delle loro canzoni e dei loro videoclip. Robert Smith, però, ha più volte rifiutato questa definizione, affermando che i Cure non sono e non sono mai stati goth:
«È tristissimo quando «goth» continua a venire appiccicato al nome «The Cure». Noi non siamo categorizzabili. Suppongo che all'epoca del nostro esordio fossimo post-punk, ma complessivamente non è una definizione possibile. Come puoi descrivere una band che ha fatto uscire un album come Pornography e anche Greatest Hits, dove ogni canzone è stata nelle Top Ten in tutto il mondo? Io suono solo la musica dei Cure, qualsiasi essa sia.[230]»
(Robert Smith sulla definizione del supposto genere musicale dei Cure)
Nonostante la posizione di preminenza assoluta di Robert Smith nel gruppo, il processo creativo è, a detta dei membri, molto democratico in quanto ognuno porta le sue idee e quelle giudicate collettivamente migliori vengono sviluppate in vere canzoni. Esempi di ciò si possono vedere in Kiss Me Kiss Me Kiss Me, che contiene input provenienti da ciascuno dei membri, così come in Disintegration (Untitled[231]), in Wish (Wendy Time e Trust), in Wild Mood Swings (This Is a Lie[232] e Club America), in Bloodflowers (The Last Day of Summer) e, infine, in The Cure (Anniversary).
Tutti i membri del gruppo sono generalmente accreditati come compositori delle musiche. Così non è invece per quanto riguarda i testi, che sono esclusivamente opera di Robert Smith.
Nei CD bonus allegati alle ristampe rimasterizzate degli album di studio dei Cure, è possibile seguire, a grandi linee, il modo di comporre di Smith: partendo da un'improvvisazione con parole farfugliate o appena comprensibili, oppure tramite un mix, più o meno privo di senso, ottenuto unendo insieme i titoli di altre canzoni del gruppo, il cantante butta giù un abbozzo di quella che poi costituirà la trama ritmica del suo cantato. Smith ha dichiarato che scrive testi e musiche separatamente:
«[Le canzoni] sono solitamente create separatamente. Ho una sacca piena di testi, e quando uno di noi arriva con un buon pezzo di musica, guardo per vedere se qualcosa là dentro ci può star bene insieme. Se non c'è niente, mi siedo e tento di mettere su carta quello che la musica mi fa provare; molto raramente qualcosa di scritto ispira un pezzo di musica[233]»
(Robert Smith sulla creazione delle canzoni)
Questo processo, che sembra essere abbastanza abitudinario, è particolarmente visibile nei pezzi inediti di The Head on the Door, quelli cioè non inseriti nella tracklisting originaria, bensì soltanto sui lati B dei due singoli Close to Me e In between Days (per esempio, The Exploding Boy o A Few Hours After This, i cui testi provvisori non hanno veramente nulla a che vedere con quelle che poi diventeranno le versioni definitive).
I Cure dal vivo
Con il crescere del loro repertorio, negli anni recenti i Cure si sono contraddistinti come uno dei gruppi che produce concerti di durate maggiori, nel panorama internazionale, insieme a Bruce Springsteen, Grateful Dead[234] e Phish.[235]
Fin dagli anni 2000 i loro concerti arrivano regolarmente a durare tre ore, fino a un record di 50 canzoni in 4 ore e 16 minuti in un concerto a Città del Messico il 21 aprile 2013.[236] Nel 2014, in occasione di un paio di date alla Royal Albert Hall di Londra, proprio la durata ritenuta eccessiva del loro concerto ha prodotto un diverbio on-line tra Robert Smith e la giornalista del The Guardian che l'ha recensito, Caroline Sullivan.[234]
Sul palco il gruppo non si serve di turnisti, anche se per alcune canzoni vengono utilizzate delle basi di accompagnamento: ciò succede ad esempio per alcune parti di batteria di One Hundred Years e per piccole parti di tastiera in alcune canzoni di 4:13 Dream. È capitato che altri musicisti esterni al complesso abbiano partecipato a dei concerti, per sostituire altri membri non disponibili: Vince Ely ha suonato la batteria per una decina di concerti alla fine del "Top Tour" dopo il licenziamento di Andy Anderson e prima dell'arrivo di Boris Williams nel 1984; Noko (Norman Fisher Jones) ha sostituito Phil Thornalley al basso per un concerto a inizio 1984 quando Thornalley era impegnato con i Duran Duran in Australia, Roberto Suave ha ovviato all'assenza di Gallup quando egli si ammalò di pleurite durante il "Wish Tour" del 1992 mentre al Fuji festival tenutosi in Giappone nel 2019 il bassista è stato sostituito dal figlio Eden Gallup.
Tour
A partire dal primo tour del 1979, fino a tutto il 2024, i Cure hanno tenuto complessivamente 1.552 concerti in tutto il mondo.[237]
"The Pornography Tour": Paesi Bassi, Belgio, Germania, Francia, Svizzera, Lussemburgo
1984
"The Top Tour": Regno Unito, Belgio, Francia, Svizzera, Germania, Italia, Nuova Zelanda, Australia, Giappone, Stati Uniti d'America, Canada
1985
"The Head Tour": Regno Unito, Canada, Stati Uniti d'America, Francia, Belgio, Germania, Paesi Bassi, Italia
1986
"The Beach Party Tour": Stati Uniti d'America, Canada, Spagna, Francia
1987
"The Kissing Tour": Canada, Stati Uniti d'America, Norvegia, Svezia, Danimarca, Germania, Belgio, Francia, Paesi Bassi, Svizzera, Spagna, Italia, Regno Unito
1989
"The Prayer Tour": Danimarca, Svezia, Norvegia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Svizzera, Iugoslavia, Austria, Ungheria, Grecia, Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Regno Unito, Stati Uniti d'America, Canada
"The Wish Tour": Stati Uniti d'America, Messico, Canada, Nuova Zelanda, Australia, Norvegia, Finlandia, Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, Germania, Austria, Svizzera, Francia, Italia, Spagna, Regno Unito, Irlanda
1995
"The Team Tour": Grecia, Italia, Germania, Regno Unito, Danimarca, Belgio, Francia, Portogallo, Svizzera, Spagna
1996
"The Swing Tour": Regno Unito, Irlanda, Finlandia, Svezia, Stati Uniti d'America, Canada, Paesi Bassi, Francia, Svizzera, Italia, Spagna, Belgio, Germania, Polonia, Austria, Repubblica Ceca
1997
"Radio Festivals Tour": Stati Uniti d'America
2000
"The Dream Tour": Spagna, Francia, Svizzera, Germania, Austria, Repubblica Ceca, Polonia, Paesi Bassi, Regno Unito, Italia, Stati Uniti d'America, Canada, Belgio, Australia
2004
"The Curiosa Festival Tour": Stati Uniti d'America, Canada
"An Evening with the Cure Tour": Stati Uniti d'America, Messico
2007-2008
"4Tour World Tour": Giappone, Cina, Singapore, Australia, Nuova Zelanda, Messico, Svezia, Norvegia, Danimarca, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Austria, Svizzera, Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti d'America
2011
"Reflections Tour": Australia, Regno Unito, Stati Uniti
2012
"Summercure Tour": Olanda, Spagna, Russia, Svezia, Germania, Belgio, Francia, Danimarca, Italia, Portogallo, Svizzera, Austria, Inghilterra, Irlanda
"The Great Circle Tour": Sud Corea, Giappone, Stati Uniti d'America, Canada
2016
"The Cure Tour 2016": Stati Uniti d'America, Canada, Nuova Zelanda, Australia, Inghilterra, Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Austria, Ungheria, Italia, Svizzera, Belgio, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Portogallo
2022
"Shows Of A Lost World Tour": Lettonia, Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca, Germania, Polonia, Austria, Repubblica Ceca, Ungheria, Croazia, Italia, Svizzera, Francia, Spagna, Belgio, Paesi Bassi, Irlanda, Irlanda del Nord, Scozia, Inghilterra, Galles
2023
"Shows Of A Lost World Tour": Stati Uniti d'America, Canada
2024
"Songs Of A Lost World' Album Launch Show" Inghilterra
Forever
Una particolare canzone, Forever, esiste solamente in versione live: non ha un testo prefissato e, per ogni esecuzione, Robert Smith inventa un testo diverso. Probabilmente, è stata eseguita per la prima volta il 31 maggio 1980, a Herford. Il testo di quella performance originaria era costituito da un augurio per Simon Gallup, il cui compleanno ricorreva il giorno seguente. Ne esistono svariate versioni famose, come quella del 7 giugno 1982, eseguita a Parigi, della durata di undici minuti, riconosciuta tra i fan per il suo verso più significativo, che recita: «All I have to do is kill her» ('Non devo far altro che ucciderla').
L'abitudine di Robert Smith di reinventare i suoi stessi testi non si limita a Forever: molte canzoni, durante i concerti, vengono più o meno riscritte, vuoi per mancanza di memoria, vuoi per improvvisazione. Due brani ai quali, nelle rispettive esecuzioni live, viene aggiunta quasi sempre una coda di testo inedito sono A Forest e Faith. Nel 1996, inoltre, il gruppo era solito creare dei medley con altre melodie (tra cui: Theme from New York, New York, Mission Impossible Theme, Young at Heart, God Save the Queen, l'Inno alla gioia dalla nona sinfonia di Beethoven), eseguiti operando variazioni di ritmo durante la performance della popolare Why Can't I Be You?
I Cure sono stati uno dei primi gruppi alternative ad avere successo, in un'epoca in cui l'alternative rock era ancora un genere di nicchia. Nel 1992NME scrive: «[negli anni ottanta] i Cure sono diventati una macchina di successi goth (19 a oggi), un fenomeno internazionale e, sì, il gruppo alternative con più successo che si sia mai trascinato svogliatamente su questa terra».[238]
Nel corso degli anni numerosissimi artisti hanno reso omaggio a Smith e compagni, a cominciare dalle influenze più riconosciute dalla critica, come Interpol, My Chemical Romance e Placebo, che Smith accoglie con benevolenza,[239] fino a gruppi "insospettabili" come Red Hot Chili Peppers, Korn, The Raveonettes, The Dandy Warhols, che hanno nel tempo riproposto come cover vari brani dei Cure. Sono inoltre numerosi i tribute album veri e propri.[240]
Un altro gruppo che ha subito una forte influenza dai Cure sono i Deftones,[241]
ritenuti insieme ai Korn i fondatori del movimento nu metal,[242] che con l'album White Pony, ritenuto insieme al precedente Around the Fur il loro capolavoro, hanno deciso di incorporare nel proprio sound elementi di post-punk e new wave.
Vari riferimenti ai Cure sono presenti nella cultura popolare: i film Boys Don't Cry e Se solo fosse vero (in originale Just Like Heaven) sono intitolati come le due famose canzoni e nel film Ragazze le due protagoniste sono due amiche fan dei Cure di vecchia data; nella colonna sonora sono presenti varie canzoni e il gruppo viene anche nominato nel film stesso. Paolo Sorrentino si è espressamente ispirato a Robert Smith per il protagonista del film This Must Be the Place,[243] interpretato da Sean Penn, anche se lo stesso cantante ha affermato di non riconoscersi nel personaggio che, a suo dire, assomiglierebbe più a Wayne Hussey, cantante dei The Mission.[244] Smith ha partecipato di persona come guest star al popolare cartone animatoSouth Park, nell'episodio Mecha-Streisand, in cui salva il mondo da una Barbra Streisand trasformatasi in un gigantesco mostro metallico.[245] In quel periodo era in studio per la registrazione di Bloodflowers, quindi le sue parti di doppiaggio sono registrate tramite telefono.[246]
I capelli (e l'acconciatura arruffata e cespugliosa) di Robert Smith sono diventati con gli anni parte del personaggio, tanto che quando nel 1992 egli se li è accorciati, nonostante lo avesse già fatto in precedenza (vedi il famoso live in Orange), in corrispondenza dell'uscita di Wish, MTV lo ha annunciato nel suo telegiornale e la radio di Toronto The Edge 102.1 lo ha classificato al numero 43 nella sua classifica dei "100 momenti più scioccanti nella storia del rock".[247] Gli accorgimenti che usa per tenerli in questo modo sono diventati col tempo una domanda cui egli si è dovuto abituare a rispondere, seppur con crescente fastidio.[248]
Riconoscimenti
Non sono molti i premi vinti dai Cure nel corso della loro carriera, sempre passata, per stessa ammissione di Smith, al confine tra mainstream e alternative:
«Non siamo mai stati mainstream. È come se stessimo al confine tra due mondi, tra alternative e mainstream. Per molti programmi radio mainstream, i Cure sono ancora un po' strani. Per un programma alternative, siamo troppo mainstream. Alcune volte questo ha giocato a nostro favore, altre volte ne abbiamo sofferto. Personalmente mi piace questa posizione perché mi sembra rifletta bene quello che fa il gruppo.[249]»
(Robert Smith sulla opinione della critica musicale verso i Cure)
Robert Smith si è detto una volta tanto disinteressato delle fortune commerciali dei Cure da annunciare, non si sa quanto seriamente, che non appena i Cure avessero raggiunto il Numero 1 nelle classifiche, avrebbe sciolto il complesso.[250] Ha tuttavia disatteso questa promessa nel 1992, quando il long playingWish è entrato nella relativa classifica britannica direttamente alla prima posizione.
Questa è la lista completa dei premi assegnati loro, nonché delle nomination ricevute:
1989 - MTV Video Music Awards: nomination per Fascination Street nella categoria Best Post Modern Video («Miglior videoclip post-moderno»)[251]
1990 - Brit Awards: premio per Lullaby come Best Music Video («Miglior videoclip musicale»)[252]
1991 - Brit Awards: premio come Best British Group («Miglior gruppo britannico»)[253]
I cambi di line-up: la "politica della porta girevole"
La formazione dei Cure è stata sempre figlia delle ispirazioni musicali attuali di Robert Smith. Come ammette egli stesso:
«Sono sempre io la guida di questa band e se tutti sono contenti di quello che voglio fare, allora la band è contenta, se non lo sono la band non lo è. Non sono molto bravo nei compromessi quando si parla di musica e di arte. Trovo semplicemente ridicolo che io debba fare qualcosa che non ho voglia di fare, quindi questo lascia tutti gli altri con un'opzione, andarsene.»
(Robert Smith discute dell'allontanamento di Roger O'Donnell e Perry Bamonte nel 2005[267])
Per questo motivo, col tempo il pubblico ha assistito a ben nove cambi di formazione, a partire dall'allontanamento di Michael Dempsey, il primo bassista, dopo solo un album (l'esordio Three Imaginary Boys), perché in disaccordo con la direzione più dark e riflessiva che Smith avrebbe poi percorso nei successivi tre album. È stato scritto, abbastanza propriamente, che la formazione dei Cure sembra essere fatta seguendo una "politica della porta girevole".[268]
Nessuna formazione dei Cure è durata per più di tre album di studio. La più longeva è stata quella formata da Smith/Gallup/O'Donnell/Bamonte/Cooper, che è rimasta invariata per undici anni (dal 1995 al 2005) e ha registrato Wild Mood Swings, Bloodflowers e The Cure.
^Gabrels ha anche suonato la chitarra nel brano del 1997 Wrong Number, oltre ad aver partecipato con Smith e Cooper al side-project dei COGASM l'anno successivo
^Tolhurst si è riunito al gruppo temporaneamente in occasione del "Reflections Tour" del 2011, in cui sono stati suonati interamente e in successione i primi tre album del gruppo, per accompagnare alle tastiera
^Thompson ha anche partecipato alle sessioni di registrazione dell'album The Cure del 2004, suonando nelle uniche cinque canzoni poi non finite nell'album; lo ha rivelato Smith durante alcune interviste promozionali dell'epoca (vedi A Chain of FlowersArchiviato il 12 ottobre 2008 in Internet Archive.)
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