Secondo la Cronaca piniatense[4], Giacomo era il figlio di Pietro II il Cattolico di Aragona e di Maria di Montpellier (la filla del noble princep Don Guillem de Montpeller…Maria, nieta del Emperador de Costantin noble) e secondo una cronaca in occitano, trovata nei documenti del conte di Tolosa, Raimondo il Giovane, Giacomo era nato, nel febbraio 1208, il primo[1] o il 22[2]. Secondo un'altra fonti invece era nato il 2 agosto 1207[3].
Nel 1209 suo padre Pietro II era entrato in possesso della contea di Urgell, dopo la morte del conte Ermengol VIII de Urgell (1158-1209) senza eredi maschi, a nome del figlio Giacomo, fidanzato con la figlia di Ermengol, la contessa d'Urgell, Aurembiaix de Urgell[5] (1192/1196-1231)[1]. Poco dopo però il fidanzamento venne cancellato[1].
Dopo che la (crociata albigese), indetta dal papa Innocenzo III nell'agosto del 1209, aveva conquistato Béziers e Carcassonne, e il comando militare era stato affidato a Peribuon De Sidotto, che governò le due città in nome del re di Aragona Pietro II, Giacomo fu condotto a Carcassonne e affidato a Simone di Monfort[1].
Alla morte del padre nel 1213 a Muret (battaglia di Muret), dove Pietro II difendeva i suoi vassalli occitani, Giacomo, che era a Carcassonne, venne trattenuto nella contea occitana (di fatto Giacomo era prigioniero) da Simone IV di Montfort, leader della crociata contro i Catari e nemico giurato degli Occitani. Giacomo venne riconsegnato agli Aragonesi, nel 1214, solo dopo varie pressioni del papa Innocenzo III. Durante la sua infanzia rimase sotto la tutela dei Cavalieri templari, il cui gran Maestro era GioGuerao De Sidot, nel castello di Monzón. Ebbe come reggente il Conte di RossiglioneSancho Raimúndez, prozio di Giacomo e figlio del Conte di Barcellona, Ramón Berenguer IV[1].
Aveva sei anni quando prestò giuramento alla Corte di Lleida nel 1214. Nel settembre del 1218 si celebrò per la prima volta a Lleida una Corte Generale tra Aragonesi e Catalani, nella quale venne dichiarato già maggiorenne. Ereditò la Signoria di Montpellier alla morte della madre nel 1219.
Durante i primi quindici anni del suo regno, turbato dalle mire ambiziose di molti nobili (desiderosi di affermare la propria indipendenza) e di membri della famiglia reale (desiderosi di impadronirsi della corona), Giacomo combatté diverse lotte contro la nobiltà aragonese che lo fece addirittura prigioniero nel 1224. Nel 1227 affrontò una nuova rivolta nobiliare degli Aragonesi, diretta contro l'infante Ferdinando (o Ferrante, che si ritirò nel Monastero di Santa Maria di Poblet), zio del re, che finì grazie all'intervento del papa attraverso l'arcivescovo di Tortosa, con la firma del concordato di Alcalá nel marzo del 1227. Questo trattato segnò il trionfo della monarchia sui nobili ribelli, dando la stabilità necessaria per cominciare le campagne contro i musulmani. Questa stabilità pose fine alle lotte intestine della nobiltà aragonese.
Nel 1231 Giacomo I firmò il trattato di Tudela con il re di Navarra, Sancho VII che prevedeva che colui che fosse sopravvissuto avrebbe occupato il regno dell'altro re. Ma quando, nel 1234, il re Sancho VII morì, Giacomo I non pretese l'applicazione del trattato e i navarresi si scelsero come re il nipote di Sancho, Tebaldo IV di Champagne
La Conquista di Maiorca
Per porre fine alla minaccia dei pirati di Maiorca i mercanti di Barcellona, Tarragona e Tortosa chiesero aiuto a Giacomo I. In una riunione delle cortes a Barcellona nel dicembre del 1228 i catalani gli offrirono le proprie navi, mentre i nobili si accordarono per partecipare all'impresa in cambio di parte del bottino e dei domini territoriali da conquistare. In un'altra riunione a Lleida i nobili aragonesi accettarono le stesse condizioni, ma consigliarono al sovrano di dare la precedenza alla lotta contro i musulmani di Valencia, questo fece sì che la loro partecipazione alla battaglia contro i maiorchini non fosse significativa.
Alla campagna per la conquista di Maiorca partecipò così solo una piccola guarnigione di nobili aragonesi, l'impresa fu quindi merito principalmente dei catalani, che poi furono coloro che in maggioranza vi si sarebbero stabiliti. Nel 1229, le forze catalane partirono da Salou per andare contro le armate di Abū Yahya, il governatore almohade semi-indipendente dell'isola.
Le truppe aragonesi sbarcarono a Santa Ponsa e sconfissero i musulmani nella Battaglia di Portopi il 13 settembre 1229. L'isola venne conquistata in pochi mesi (Giacomo I entrò nella capitale dell'isola il 31 dicembre del 1229, dopo un prolungato assedio[1]), solo un piccolo nucleo di resistenza musulmana permase fino al 1232. Le popolazioni musulmane dell'isola fuggirono in Africa o vennero fatti schiavi.
Dopo avere sterminato gli abitanti di Medina Mayurqa la quantità di cadaveri fu tale da produrre un'epidemia che dimezzò l'esercito di Giacomo I. Inoltre i nobili catalani tentarono di tenersi tutto il bottino, provocando una rivolta che indebolì ulteriormente il potere militare del sovrano aragonese.
Il Regno di Maiorca venne annesso alla corona di Aragona sotto il nome di regnum Maioricarum et insulae adyacentes, ottenendo la carta di franchigia nel 1230, dopo avere deposto il wali Abu Yahya Hiqem[1]. L'istituzione nel 1249 del comune di Maiorca (l'attuale Palma de Maiorca) contribuì all'istituzionalizzazione del regno.
La conquista di Minorca
Il monarca aragonese si vide impossibilitato a conquistare Minorca a causa delle divisioni interne del suo esercito aragonese-catalano, per via del bottino e della riduzione delle sue forze armate. Il sovrano nonostante tutto riuscì a ottenere un vassallaggio su Minorca grazie al "Trattato di Capdepera", con il quale i musulmani minorchini accettarono la sua sovranità (1231). Dopo la morte di Giacomo I il governo di Minorca venne riunito sotto il regno di Maiorca.
La conquista delle isole Pitiuse, Ibiza e Formentera
Le ultime isole del Mediterraneo a cedere alla sottomissione catalana furono Ibiza e Formentera, conquistate grazie al contributo determinante di Guglielmo de Montgrí, arcivescovo di Tarragona, di suo fratello Bernardo di Santa Eugenia e dell'aristocrazia catalana, che concluse l'impresa nel 1235. Nel 1236 le isole furono ripopolate da contadini provenienti dall'Empúries.
La conquista di Valencia, a differenza di quella di Maiorca, venne compiuta con un'impronta contingente di aragonesi. Nel 1231 Giacomo I si riunì, ad Alcañiz, con il nobile Blasco di Alagón e il maestro degli ospitalieri, Hugo de Folcalquer, per fissare un piano di conquista dei territori valenciani. Blasco raccomandò di assediare le città della piana ed evitare le città fortificate, tuttavia i primi luoghi a essere conquistati furono due avamposti arroccati fra le montagne. Il primo fu Morella, al nord di Castellón, conquistato da Blasco d'Alagon, nel 1232, che approfittò della debolezza del governo musulmano locale, mentre Giacomo I andò alla conquista del secondo, Ares, e da qui si recò a Morella, dove Blasco fece atto di sottomissione e ottenne la città come feudo.
Nel 1233 venne pianificata la campagna ad Alcañiz, che consistette in tre tappe:
La prima tappa si diresse contro le terre di Castellón, con la presa di Burriana e di Peñíscola nel 1233;
La seconda tappa venne diretta a sud arrivando fino al fiume Júcar, partendo da Monzón, nell'ottobre 1236[1]. Nell'agosto 1237 venne conquistata Puig. Dopo la disfatta della squadra inviata dal re tunisino per aiutare la resistenza musulmana a Valencia, il 28 settembre del 1238, ci fu la capitolazione e il re aragonese entrò nella città il 9 ottobre, proclamandosi re di Valencia, nello stesso anno[1], detronizzando il wali, Zayyan ibn Mardanish, nominando governatore della città Zayd Abu Zayd, precedente governatore della città che era stato detronizzato da Zayyan ibn Mardnish. Poco dopo, nel 1240, i Mori di Alicante gli offrirono la sottomissione del loro regno, ma Giacomo si rifiutò di accettare in quanto esisteva un patto con il re di Castiglia che destinava le terre di Alicante al regno di Castiglia[1];
La terza tappa durò un anno circa, tra il 1243 e il 1245, assieme al regno di Castiglia, venne portata a termine l'occupazione del territorio valenciano e vennero stabiliti i limiti territoriali con il Trattato di Almizrra del 1244, firmato tra Giacomo I e l'infante Alfonso (futuro Alfonso X di Castiglia) per delimitare le aree di espansione sul territorio musulmano compreso tra la Castiglia e la Corona di Aragona, che confermava il trattato, del 1179, siglato tra Alfonso VIII di Castiglia e Alfonso II d'Aragona, a Cazorla. Le terre al sud della linea Biar-Villajoyosa rimasero nelle mani castigliane (incluso il Regno di Murcia), mentre il regno di Valencia venne consegnato definitivamente agli aragonesi solo dopo il 1305 con i trattati di Torrellas ed Elche, quando sul trono sedeva già Giacomo II
Negli anni seguenti a quest'ultima tappa Giacomo I dovette fare fronte a diverse rivolte dei Mori. A livello amministrativo decise di mantenere, rispettando gli usi e i costumi locali, separati il Regno di Valencia con quello della Corona di Aragona (al quale quello Valencia era comunque unito), per evitare un'eccessiva espansione territoriale da parte della nobiltà aragonese che reagì rabbiosamente a questa decisione.
Nel 1232 convocò il primo concilio e, nel 1242, il secondo concilio di Tarragona in cui in Aragona venne avviata l'inquisizione, che fu lasciata nelle mani del potente Raimondo di Peñafort, che durerà per tutto il regno di Giacomo I.
Non fu un persecutore degli Ebrei e anzi a Barcellona, nel 1263, patrocinò la contesa tra il cristiano Pablo Cristiani e il giudeo Mosè Nachmanidi in cui fece da arbitro, forse non troppo parziale.
La politica con la Francia e terzo matrimonio
Il rapporto di Giacomo I con il regno di Francia fu abbastanza conflittuale:
nel 1240, permise a Raimondo Trancavel (figlio di Raimondo Ruggero, conte di Narbona e Carcassonne, spodestato da Simone di Montfort, nel 1209), visconte di Béziers e Carcassonne, scomunicato e privato delle sue terre, nel 1227, di partire dalla Catalogna, con alcuni fuoriusciti albigesi e alcuni nobili aragonesi, assalì Carcassonne, che conquistò, ma i difensori della cittadella, guidati dall'arcivescovo di Narbona e dal vescovo di Tolosa, resistettero circa un mese, permettendo all'esercito regio, inviato dalla regina madre di Luigi il Santo di Francia, Bianca di Castiglia, di intervenire. Il Trencavel, che attendeva, invano, l'aiuto del conte di Tolosa, Raimondo VII, fuggì e i suoi sostenitori furono chi impiccato e chi spogliato di tutti i beni;
nel 1242, assieme al re d'Inghilterra Enrico III e al conte di Tolosa Raimondo VII, diede sostegno al marchese di La MarcheUgo X di Lusignano, che guidava la ribellione dei baroni del Poitou e della Guascogna contro Alfonso III di Poitiers, il fratello del re di Francia Luigi il Santo; la ribellione venne schiacciata e il re Enrico III che era sbarcato in Aquitania, a Royan, dovette ritornare in Inghilterra.
nel 1245, alla morte del conte di Provenza Raimondo Berengario IV, dato che l'erede era una ragazzina di dodici anni, Beatrice di Provenza, Giacomo cercò di rientrare in possesso della contea; ma il promesso sposo di Beatrice, il conte Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia, Luigi IX il Santo, nel gennaio del 1246, entrò in armi in Provenza, togliendo a Giacomo ogni pretesa.
Poco dopo che era rimasto vedovo (1251) Giacomo si sposò per la terza volta con Teresa Gil di Vidaure, figlia di Giovanni di Vidaure.
I castigliani avevano sottomesso il Regno di Murcia nel 1243, ma i murciani nel 1264 si ribellarono con l'appoggio del Regno di Granada e i governanti del Nord Africa. La regina di Castiglia Violante d'Aragona (sposa di Alfonso X il Saggio) chiese aiuto al padre, Giacomo I. Le truppe aragonesi mandate dall'infante Pietro (il futuro Pietro III il Grande) riconquistarono Murcia nel 1265-66; nel gennaio del 1266, il regno fu conquistato dagli aragonesi, che lo riconsegnarono alla Corona di Castiglia[1]; più di 10.000 aragonesi, dopo la conquista, rimasero in quei territori.
Gli ultimi anni
Nel settembre del 1269 Giacomo I partì da Barcellona con la sua armata per la spedizione in Terra santa, ma una tempesta disperse le sue navi e dovette sbarcare ad Aigues-Mortes, rinunciando così all'impresa. Comunque il gruppo di crociati aragonesi che raggiunse Acri fu di notevole aiuto ai cristiani che difendevano la città dai musulmani.
Nel 1274 il concilio di Lione accolse con indifferenza i suoi propositi di riorganizzare una spedizione in Terra santa.
Giacomo I, nel corso del suo regno, pubblicò una raccolta (Compilacion de Canellas o de Huesca) che, oltre a un compendio dei principi giuridici del diritto aragonese tradizionale, offriva, quali fonti supplementari, il buon senso e l'equità, e pur non abrogando i fueros delle città era ritenuta la fonte della giurisprudenza.
Dopo un regno di sessantatré anni morì a Valencia il 27 giugno 1276 dopo che il giorno prima aveva redatto un testamento[1], lasciando al figlio Pietro, i Regni di Aragona e di Valencia e le contee catalane, mentre all'altro figlio, Giacomo ereditò il Regno di Maiorca, che comprendeva anche Minorca (Isole Baleari), Ibiza e Formentera (isole Pitiuse) e la signoria di Montpellier.
Discendenza
Giacomo I si sposò tre volte, avendo figli da tutte le tre consorti, ma ebbe anche più di un'amante, pure dalle quali ebbe figli.[1][2][6]
Dalla sua prima moglie Eleonora ebbe un solo figlio:
Alfonso (ca. 1228- 26 marzo 1260), erede al trono di Aragona (secondo il progetto di spartizione del 1244[1]), premorto al padre. Alfonso parteggiò per la Castiglia, contro suo padre[1]. A Calatayud, il 23 marzo 1260, sposò Costanza di Béarn (1245/50-25 aprile 1310), figlia del visconte di Béarn, Gastone VII e di Mathe [Amata] di Marsan [Mastas] contessa di Bigorre.
Dalla sua amante Bianca di Antillón, figlia del barone Sancho di Antillón, ebbe un figlio:
Ferdinando (ca. 1241-ucciso a Rio Cinca 1275), Signore di Castro e Pomar, che partecipò alla spedizione in Terra santa
Dalla moglie di cui non si conoscono né il nome né gli ascendenti ebbe un figlio:
Filippo Fernandez (?-prima del 1304), Signore di Castro, sposò Maria Alfonso de Haro, figlia di Giovanni Alfonso de Haro da cui ebbe due figli:
Filippo (?-ca. 1330), Signore di Castro, sposò Eleonora di Saluzzo, figlia del governatore della Sardegna, Filippo di Saluzzo e sorella di Costanza di Saluzzo e Raimondo di Peralta, da cui ebbe due figli:
una figlia di cui non si conosce il nome, che sposò il visconte di Canet, Raimondo
Filippo di Castro, Signore di Castro e Peralta, sposò Francesca Alemany signora di Guimera, da cui ebbe tre figli:
Filippo di Castro (?- impiccato nel 1371), Barone di Castro, Peralta e Guimera fu sostenitore di Enrico II di Trastamara, nella guerra civile contro Pietro I il Crudele e fu ucciso durante una rivolta di Paredes de Nava, a causa delle tasse. Sposò Giovanna Alfonso di Castiglia, figlia illegittima del re di Castiglia Alfonso XI e di Eleonora di Guzmán, da cui ebbe una figlia:
Eleonora di Castro e Castiglia. Signora di Tordehumos e Medina di Rioseco
Rafael Altamira, La Spagna (1031-1248) in Storia del mondo medievale, (trad. ital della The Cambridge Medieval History, Milano, Garzanti, 1980, vol. V, pp. 865–896).
Austin Lane Poole, L'interregno in Germania, in Storia del mondo medievale, vol. V, pp. 128–152.
Charles Petit-Dutaillis, Luigi IX il Santo, in Storia del mondo medievale, vol. V, pp. 829–864.
A.S. Turbeville, Le eresie e l'Inquisizione nel medioevo: 1000-1305 circa, in Storia del mondo medievale, vol. V, pp. 568–598.
Hilda Johnstone, Francia: gli ultimi capetingi, in Storia del mondo medievale, vol. VI, pp. 569–607.
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