Emanuele Luzzati nacque a Genova il 3 giugno 1921 da una famiglia ebraica della buona borghesia genovese, nella casa di via Caffaro 12A dove vivrà tutta la vita, con l'eccezione del periodo svizzero[1].
Nel 1940 la famiglia Luzzati si trasferì a Losanna ed Emanuele s'iscrisse all'École des Beaux-Arts et des Arts Appliquées, dove si diplomò quattro anni più tardi[2].
Questi anni furono molto stimolanti per il giovane studente, che entrò in contatto con il regista Louis Jouvet e con lo scenografo Christian Bérard. In particolare rimase colpito da una rappresentazione dell'Histoire du soldat di Stravinskij che riproduceva l'allestimento originale del 1918, con la forza delle molteplici sperimentazioni in senso musicale e figurativo[3].
Nel periodo svizzero strinse amicizia con altri due espatriati genovesi, Alessandro Fersen e Aldo Trionfo, con i quali collaborerà in seguito. Con loro nel 1944 allestì uno spettacolo teatrale, la pantomima di argomento popolare ebraico Salomone e la regina di Saba. La pièce era scritta da Fersen, le scene dipinte da Luzzati, mentre gli attori erano Aldo Trionfo e Guido Lopez[3].
Dopo il rientro in Italia alla fine della guerra, nel 1945 lo spettacolo venne ripreso a Genova (al Teatro Augustus) e a Milano (al Teatro Litta): ne rimangono alcune fotografie in bianco e nero dalle quali s'intuisce l'influenza di Chagall, del Kandinskij del Blaue Reiter, dell'Espressionismo tedesco[3].
L'affermazione
Nel 1947 Luzzati firmò la prima scenografia ufficiale. Insieme a Fersen aveva fondato la "Compagnia del Teatro Ebraico" e con essa i due amici rappresentarono al Teatro Nuovo di Milano una storia di argomento ebraico, Lea Lebowitz, su testo di Fersen, con maschere, costumi e scene di Luzzati. Lo spettacolo fu un vero successo di critica e di pubblico e questo permise loro di essere accolti nel mondo del "teatro ufficiale"[1]. Lo spettacolo era molto innovativo innanzitutto per l'argomento, visto che a quell'epoca la cultura degli shtetl ebraici non era per nulla conosciuta; ma anche per le originali soluzioni teatrali: la scena del villaggio ebraico era ottenuta attraverso teloni di juta appesi, ma ciò che era più inconsueto erano le grandi maschere di cartapesta disegnate da Luzzati, dalle espressioni rigide e grottesche[3].
Nel 1950 venne chiamato da Vittorio Gassman a disegnare le maschere e i costumi di un Peer Gynt allestito dal Teatro d'Arte Italiano. Nello stesso anno venne contattato dall'architetto navale Gustavo Pulitzer-Finali per disegnare tessuti e arazzi per la ditta M.I.T.A. (Manifattura italiana tappeti artistici) di Genova-Nervi. Il disegno dei pannelli per la sala scrittura ed il bar della motonave Conte Biancamano rappresentò l'inizio di una lunga collaborazione[2].
Nel 1951 Luzzati conobbe il ceramista Bartolomeo Tortarolo, noto come "Il bianco", e cominciò a disegnare ceramiche per la fornace "Pozzo della Garitta" di Albisola[2].
Negli anni cinquanta continuò a collaborare con il teatro di prosa come scenografo e costumista; lavorerà in quegli anni soprattutto per il Teatro Stabile di Genova e Il Teatro delle Arti di Roma. In particolare nel 1955 la sala ricostruita del Teatro Duse venne inaugurata da L'amo di Fenisia di Lope de Vega diretta da Fersen con scene e costumi di Luzzati[1].
Nello stesso 1955 vinse il Primo Premio per la Ceramica a Cannes con l'opera I cavalieri della triste figura e pubblicò la prima cartella di litografie, Viaggio alla città di Safed[2].
Anche il 1957 fu un anno intenso per l'artista genovese. Innanzitutto alla Galleria Rotta di Genova fu allestita una mostra collettiva di ceramiche, in cui esposero anche Lucio Fontana, Aligi Sassu e Stefano d'Amico. A seguire Molto rumore per nulla, allestito al Teatro stabile di Trieste rappresentò la prima collaborazione dello scenografo ligure con il regista Franco Enriquez. In quello stesso anno conobbe Giulio Gianini, l'animatore con cui realizzerà tutti i suoi cartoni animati[1]. Infine partecipò alla fondazione de La Borsa di Arlecchino; il contributo di Lele Luzzati al primo teatro "underground" genovese fu piccolo, ma importante: disegnò la locandina poi usata durante tutte le stagioni, e organizzò e dipinse lo spazio scenico[4].
Al 1958 risale la prima scenografia di un'operetta allestita al Festival dell'Operetta di Trieste, disegnò scene e costumi della Frasquita di Franz Lehár[2]. In quello stesso anno fu particolarmente intensa l'attività di ceramista, fra le altre opere realizzò la decorazione della sede londinese della compagnia aerea El Al[1].
Il 1959 fu di nuovo un anno di grandi risultati: fu chiamato alla Piccola Scala per disegnare le scenografie de Il cordovano di Goffredo Petrassi; disegnò le scene per il balletto Renard di Stravinskij, collaborando per la prima volta con il coreografo Aurelio Milloss; uscì il suo primo cartone animato, Pulcinella: il gioco dell'oca, realizzato con Giulio Gianini[2].
Nel 1962 l'artista pubblicò il primo libro come unico autore sia dei testi sia delle illustrazioni: si trattava de I Paladini di Francia, edito da Mursia[2], tratto dal cartone animato del 1960. Nello stesso anno disegnò le scene e i costumi per una memorabile edizione de La bisbetica domata messa in scena dalla Compagnia dei Quattro, che verrà replicata per dieci anni, in Italia e all'estero. Sempre nel 1962 vinse il Premio San Genesio per le scene de La baracca, un collage di atti unici di Garcia Lorca rappresentato alla Biennale di Venezia del 1960[2].
La maturità
Il 1963 fu l'anno della consacrazione internazionale di Luzzati: grazie al successo ottenuto al Festival di Glyndebourne con Il flauto magico di Mozart per la regia di Franco Enriquez, lo scenografo genovese divenne per un decennio un collaboratore abituale del Festival e di altri teatri inglesi. Lo stesso Luzzati ammise che questo allestimento rivoluzionò la sua idea di scenografia per l'opera lirica; capì infatti le esigenze musicali dei personaggi, ma soprattutto comprese che una scena può cambiare a tempo di musica e che "è la musica a dettare il ritmo dei movimenti delle immagini, dei colori"[3].
Nello stesso 1963 iniziò anche la lunga collaborazione con Gianfranco De Bosio: il primo spettacolo firmato insieme fu Il bugiardo di Goldoni al Teatro Stabile di Torino[2].
Nel 1966 l'affermazione a livello mondiale di Luzzati fu confermata dalla nomination al Premio Oscar nella categoria del migliore cortometraggio animato, ottenuta dal film d'animazione La gazza ladra, realizzato due anni prima[5]. Nel 1966 aveva realizzato un altro cartone animato che accompagnava i titoli di testa del film L'armata Brancaleone di Mario Monicelli. Nello stesso anno fu invitato per la prima volta dalla Wiener Staatsoper di Vienna per disegnare le scenografie del balletto sulle musiche delle Danze polovesiane da Il principe Igor' di Borodin[2].
Nel 1967 arrivò anche un riconoscimento da Oltrecortina con il primo premio alla Biennale dell'Illustrazione di Bratislava. Proseguiva intanto la collaborazione con i teatri inglesi che quell'anno si concretizzò nella scenografia del Sogno di una notte di mezz'estate di Benjamin Britten allestito dall'English Opera Group[1].
Nel 1968, con l'Ubu re di Alfred Jarry, iniziò il lungo sodalizio con il regista Tonino Conte[6] che s'interromperà solo nel 2007 con la morte di Luzzati. Il 1968 iniziò la collaborazione con la casa editrice Emme Edizioni di Milano, specializzata in libri per ragazzi: il primo titolo pubblicato fu Alì Babà. Nello stesso anno espose alla Wright Hepburn Gallery di Londra disegni per il teatro e litografie[1].
Nel 1969 tornò a collaborare con Fersen per un'opera di argomento ebraico: disegnò infatti le scene per la prima del Golem, scritto e diretto dall'amico per il Maggio Musicale Fiorentino. Firmò inoltre la scenografia del Così fan tutte di Mozart alla Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera[1].
Nel 1973 Luzzati e Gianini realizzarono il cortometraggio animato Pulcinella che vinse il Nastro d'argento per la regia del miglior cortometraggio[7] e fu di nuovo candidato al Premio Oscar 1974 nella categoria Migliore cortometraggio animato[8]. La seconda nomination valse ai due autori l'ammissione alla Academy of Motion Picture Arts and Sciences[1].
Nel 1975, assieme ad Aldo Trionfo e Tonino Conte, fu uno dei fondatori della compagnia Teatro della Tosse per il quale negli anni a venire realizzerà scene e costumi di moltissimi spettacoli[2]. Per l'occasione fu ripreso l'Ubu re del 1968[1].
Nel 1976 collaborò con Gianni Rodari allo spettacolo La storia di tutte le storie, in cui i bambini presenti fra il pubblico venivano coinvolti nella rappresentazione. Nello stesso anno illustrò il libro di Rita CirioDodici Cenerentole in cerca d'autore, testo che ebbe particolare successo; nel 1991 fu ripubblicato e messo in scena da Filippo Crivelli[1].
Nel 1977 pubblicò insieme a Tonino Conte il libro Facciamo insieme teatro. Sebbene il libro fosse stato scritto per aiutare i ragazzi ad allestire spettacoli teatrali, dimostrò di avere un valore più ampio, venne infatti adottato come libro di testo in molti corsi di scenografia, grazie alla valenza didattica che la descrizione della propria tecnica conferiva al saggio[1].
Uno degli allestimenti di maggior successo dello scenografo genovese fu La donna serpente di Carlo Gozzi, rappresentata al Teatro Stabile di Genova nel 1979 per la regia di Egisto Marcucci. Il successo arrivò al Carnevale di Venezia, successivamente lo spettacolo fu invitato dai maggiori festival internazionali[1] e venne replicato nei teatri per alcuni decenni. Nelle diverse riprese recitarono nello spettacolo anche attori popolari come Massimo Lopez e Mauro Pirovano[9].
La celebrazione
Benché l'artista fosse ancora in piena attività, nel 1980 furono organizzate le prime grandi retrospettive sulla sua attività, una fra tutte quella organizzata sulla sua attività di illustratore presso la Boston Public Library[1].
Dal 1980 al 1984 una mostra intitolata Il sipario magico di Emanuele Luzzati, allestita dall'Università di Roma a cura di Mara Fazio e Silvia Carandini, mise in evidenza la produzione più significativa di scene e costumi disegnati per il teatro; fece tappa in diverse città: da Roma a Genova, da Torino a Milano, da Bergamo a Magdeburgo, a Bologna e l'anno successivo ricevette il Premio Ubu, premio che ricevette anche nel 1993 per La leggenda di San Gregorio di Paolo Poli e nel 1995 per il Pinocchio prodotto dal Teatro della Tosse[2].
Nel 2002 disegnò il trofeo Ubu da consegnare ai vincitori[10].
Dal 1982 al 1990 fu docente di illustrazione al Politecnico Byron di Genova. A seguire curò le scene e i costumi del Gilgamesh, ideato e diretto da Tonino Conte per il gruppo Teatro Gioco Vita[1] Infine, insieme ad Alessandro Fersen tornò alla passione per le leggende ebraiche e disegnò le scenografie per l'opera lirica Il Dibuk di Lodovico Rocca, messa in scena al Teatro Regio di Torino[2].
Nel 1983 illustrò l'album Cercando l'oro di Angelo Branduardi e la scenografia del relativo concerto in tournée organizzata da David Zard e intitolata Il libro. Al disco e alla tournée era collegato anche un cartone animato, sempre intitolato Il Libro, parole e musica di Branduardi, disegni di Luzzati[2]. Nel 1983 iniziò anche la collaborazione con il Rossini Opera Festival: quell'anno disegnò le scene per Il turco in Italia. Infine, nello stesso anno firmò i costumi dello spettacolo multimediale Don Chisciotte di Maurizio Scaparro, allestito sia per il teatro che per la televisione ed il cinema[1].
Nel 1984 illustrò la Haggadah di Pesach edita da La Giuntina[1] e l'anno seguente Un rabbi che amava i banchetti. L'eucaristia narrata ai bambini di Enzo Bianchi per Marietti Editore: due libri in qualche modo speculari, per raccontare ai bambini la liturgia della cena presso gli ebrei e presso i cristiani. Del 1985 è anche la mostra Lele Luzzati: figure incrociate organizzata a Pontremoli in occasione del Premio Bancarella[2].
Nel 1986 si tennero tre mostre su Luzzati: la prima a Parma dedicata alla coppia Gianini-Luzzati; la seconda al Teatro Petruzzelli di Bari, intitolata Cose turche[2]; la terza al Salone Internazionale dei Comics di Lucca, organizzata da Claudio Bertieri e intitolata Emanuele Luzzati: linee e colori tra palcoscenico, set e editoria[1].
Nel marzo del 1990 furono inaugurate a Reggio Emilia, Cavriago, Sant'Ilario e Montecchio quattro sezioni di una grande mostra dedicata all'opera complessiva di Luzzati, Le mille e una scena[11]. Nello stesso anno Luzzati mise in scena con il Teatro della Tosse due pièces in cui le scenografie erano quasi le protagoniste: la prima era scritta dallo stesso Luzzati e si chiamava La mia scena è un bosco; l'altra, allestita al Forte Sperone, s'intitolava Il castello di carte ovvero il mistero dei tarocchi ed era stata scritta da Tonino Conte e Gian Piero Alloisio[2].
Per i settant'anni dell'artista, nel 1991, la città di Genova organizzò due mostre: Emanuele Luzzati: le ceramiche (1950 - 1970) al Museo di Villa Croce e Emanuele Luzzati. Viaggio nel mondo ebraico al Museo di Sant'Agostino[1].
Nel 1994 si tenne la mostra Emanuele Luzzati cantastorie a Bassano del Grappa. Inoltre, Luzzati disegnò "40 illustrazioni dall'Orlando Innamorato" per il comune di Scandiano, che furono esposte in occasione del quarto centenario della morte di Matteo Maria Boiardo[1].
Nel 1997 allestisce per il Comune di Torino, in Piazza Carlo Felice (Piazza della Stazione), un grande presepio, mescolando ai personaggi tradizionali le figure delle favole più conosciute.
Nel 1998 progetta un parco giochi per bambini per il Comune di Santa Margherita Ligure, ispirato al Flauto Magico di Mozart. Nella casa natale di Mozart a Salisburgo, viene presentata la mostra I Mozart di Luzzati (1999).
Nel 2000 sono allestite le mostre Emanuele Luzzati. Viaggio nel Mondo Ebraico al Palazzo della Triennale di Milano e Luzzati-Rodari al Palazzo delle Esposizioni a Roma.
Per le Edizioni Laterza esce il volume di Rita Cirio ed Emanuele Luzzati Dipingere il teatro un'intervista su sessant'anni di scene, costumi, incontri.
Nello stesso anno con la mostra I Mozart di Luzzati, viene inaugurato a Genova il suo museo permanente nell'edificio cinquecentesco di Porta Siberia (Area Porto Antico).
Tra le mostre tematiche che seguiranno fino al 2010 si citano: Luzzati incontra Rossini 1960-2001, La grafica teatrale, Luzzati e le Ombre, Emanuele Luzzati. Genova di tutta la vita, L'Opera lirica del ‘900, Viaggio nel mondo ebraico, La porta della fiaba, Luzzati e Rodari. I segni della fantasia, Le navi di Luzzati, Gianini e Luzzati. Cartoni animati, Costantini Luzzati. Una notte all'Opera.
Negli ultimi anni ripubblica nella collana Le rane di Interlinea edizioni i suoi capolavori per l'infanzia, Alì Babà e i quaranta ladroni e La tarantella di Pulcinella, da cui aveva tratto i celebri cartoni animati. La nuova edizione degli albi gli vale nel 2005 il premio Andersen.
Nel 2004 disegna il drappellone per il Palio di Siena del 2 luglio, con un arazzo ispirato al bestiario del Flauto Magico. Nel 2005 realizza il film d'animazione Genova, Sinfonia della Città, scritto e diretto da Luigi Berio e con la musica originale di Stefano Cabrera.
Colpito da malore improvviso, muore a Genova il 26 gennaio 2007[13] nella casa dove ha abitato quasi tutta la vita.
L'opera di Luzzati
Luzzati è interprete di una cultura figurativa abile e colta, capace di usare con maestria ogni sorta di materiale: dalla terracotta allo smalto, dall'intreccio di lane per arazzi all'incisione su supporti diversi, ai collage di carte e tessuti composti per costruire bozzetti di scene, di costumi, di allestimenti navali.
La ricchezza del suo mondo fantastico, l'immediatezza ed espressività del suo stile personalissimo, ne hanno fatto uno degli artisti più amati e ammirati del nostro tempo.
«Le stanze di Lele sono veramente stanze della memoria, di tutti i sedimenti dell'immaginario storico, magazzini di idee e di ricordi. Entrano le une dentro gli altri, si fondono e diventano immagine nuova. Così Luzzati costruisce alcune delle sue scenografie più belle e famose; quella de "L'Armida" di Rossini per la Fenice di Venezia, ad esempio, con le immagini di Épinal e i bestiari dell'ottocento che si mescolano ai repertori dell'architettura classica; oppure quella per la "Donna Serpente" di Carlo Gozzi. "...ed ecco allora, qui in scena – scrive Edoardo Sanguineti sull'Unità[14] – i pupi siciliani mescolati al museo delle cere, le biciclette dorate e i megafoni a vista, orienti tra il rococò e il semi Salgari. Ernst impastato con Klimt e con Fussli, le bambole meccaniche da collezionista e le bambine alla Carroll fotografo, il cantastorie da piazza e la vamp da sotto Hollywood, le scatole a sorpresa con testone dragonesco cartoanimato… le barbe finte e bianche e le spade di latta gialla e chi più ne ha più ne metta. È il surrealismo dei padri del surrealismo…"[15]»
Nel corso della sua carriera ha realizzato più di cinquecento scenografie per Prosa, Lirica e Danza nei principali teatri italiani e stranieri; ha illustrato e scritto diversi libri dedicati all'infanzia, eseguito svariati pannelli, sbalzi e arazzi, collaborando con architetti per arredi navali e locali pubblici.
«Di fronte alle sue scenografie si ha quasi sempre l'impressione di finire mani, piedi e pensieri dentro un sogno[13]»
È stato osservato come lo stile di Luzzati, apparentemente "bambinesco", sottointenda una cultura figurativa vastissima[16]. Nella stessa immagine possono sovrapporsi i riferimenti a due o tre esperienze artistiche del passato. D'altra parte si è anche osservato che queste "citazioni" vengono in qualche modo destrutturate dallo scenografo genovese ed è stata individuata un'importante influenza in questo procedimento nell'esperienza giovanile di Luzzati con il teatro dell'assurdo alla Borsa di Arlecchino[17].
Scenografia
Nel testo Facciamo insieme teatro Luzzati descrive i criteri cui si è attenuto nella sua attività di scenografo e descrive i vari filoni in cui si possono inquadrare le sue scenografie[18].
Come principio generale del lavoro dello scenografo raccomanda innanzitutto di decidere insieme al regista ed agli interpreti qual è il messaggio che si vuole far trasmettere allo spettacolo, ed in base a questo si devono scegliere scene e costumi. Il compito delle scene, dei costumi e degli oggetti, secondo Luzzati, è quello di aiutare l'attore a entrare nella parte[19]. Infine, come elementi che dovrebbero sempre essere presenti nel teatro (e certamente caratterizzano quello di Luzzati) lo scenografo genovese indica il gioco e la magia[20].
Luzzati approfondisce soprattutto i tipi di scene da utilizzare in spazi non appositamente creati per il teatro. E individua nella sua opera tre tipi diversi di scenografie, che chiama rispettivamente "scena composta di oggetti", "scena costruita" e "oggetto scenico costruito"[20].
La "scena composta da oggetti" è all'apparenza una catasta di oggetti di trovarobato, spesso dello stesso tipo, come tante seggiole, tanti tavoli, tanti armadi, tanti banchi di scuola o tante scale a pioli. In realtà questi oggetti vengono inchiodati su una struttura di praticabili (cunicoli, scalette a vista e nascoste) per permettere agli attori di muovercisi dentro[21]. Altre volte gli oggetti accumulati in scena sono di tipo diverso, ma accomunati dal loro essere oggetti, usati, vecchi familiari: Luzzati spiega che per rappresentare le pièces di Ionesco, che sono costituite da sequenze di frasi fatte e luoghi comuni, la scenografia più efficace è proprio un insieme di mobili ed oggetti, altrettanto abituali e scontati[17].
La "scena costruita" è composta di pedane di diverse dimensioni, che vengono disposte in vari modi, per rendere l'idea dei diversi ambienti[22].
Il più semplice oggetto scenico è il paravento, che può essere dipinto da un lato a rappresentare una scena e dall'altro a raffigurarne un'altra. Luzzati consiglia, tuttavia, di unire tre o quattro paraventi ad un'estremità, in modo da avere altrettante scene[23].
Uno sviluppo dell'oggetto scenico è la "scatola magica", ovvero un parallelepipedo, i cui quattro lati si aprono a turno lasciando vedere una scena diversa. La scatola può essere montata su ruote, come fosse un carrozzone, ed entrerà in scena tirata da uno o più attori. Oppure può essere montata su un perno centrale fisso sul palco e attorno a cui ruota[24].
Un ulteriore tipo di oggetto scenico sono i "periatti" di origine rinascimentale. Sono dei parallelepipedi a base triangolare, dentro ciascuno dei quali è nascosto un macchinista. I periatti sono simili a quinte, che invece di essere calate e sollevate dall'alto, come nei teatri, girano su se stesse ad opera del macchinista. L'esempio più celebre di periatti usati da Luzzati sono quelli inventati per il Flauto Magico di Glyndebourne[25].
Ovviamente Luzzati ha lavorato soprattutto in teatri tradizionali, in cui era possibile calare dall'alto scene e macchine teatrali, ma di queste soluzioni non parla nel libro, in quanto trattate nei testi convenzionali. Tuttavia, anche in questi casi rimane una delle caratteristiche delle scenografie di Luzzati, quella di mantenere espressamente l'aspetto di bozzetti[16], proprio perché sia sempre chiaro che il teatro è finzione.
Cinema d'animazione
Luzzati riteneva che per il suo tipo di disegni e di temi fosse necessario un tipo di animazione diverso da quello "naturalistico" standardizzato da Walt Disney, che ci volesse un tipo di movimento più semplice, simile alle movenze dei burattini. Così iniziò la collaborazione con l'animatoreGiulio Gianini. Il terzo autore dei cartoni animati era il musicista Gianfranco Maselli, che si occupava di sincronizzare i fotogrammi con la musica[16].
I cartoni animati di Luzzati sono molto particolari perché rivelano di essere stati concepiti come un "teatrino", dimostrano volutamente e giocosamente la propria finzione. Fra i tipici elementi teatrali evidenziati nei disegni di Luzzati per il cinema c'è la natura che è costituita da quinte e fondali che si muovono come a teatro. Inoltre gli interventi narrativi sono espressi da sipari e cartelloni. Tutto ciò conferisce alle brevi storielle il carattere del gioco consapevole, del disvelamento della finzione artistica[26].
Illustrazioni
Nell'illustrazione Luzzati ha fatto grande uso della tecnica del collage, utilizzando carte strappate o ritagliate, soprattutto per rappresentare gli abiti dei personaggi, mentre i volti e le mani sono generalmente disegnati con lo stile dell'artista genovese, che imita quello dei disegni dei bambini. E' stato notato che i pezzi di carta utilizzati nei collages non combaciano mai perfettamente e in questo modo Luzzati crea degli "anfratti d'indeterminazione" che in qualche modo il fruitore riempie con la propria fantasia[16].
Allestimenti navali
Negli anni del Dopoguerra fu necessario procedere ad arredare le navi passeggeri italiane, che durante la guerra erano state destinate ad altri compiti, fra cui il trasporto delle truppe, dei feriti e dei prigionieri. Questa operazione venne svolta soprattutto nei cantieri dell'Alto Tirreno, perciò i maggiori architetti navali, come Gustavo Pulitzer-Finali e Giovanni Zoncada, si trasferirono da Monfalcone e Trieste a Genova. In questa città ebbero modo di conoscere il giovane scenografo Luzzati e si avvalsero spesso della sua collaborazione[27].
Il riarredamento della flotta italiana fu la occasione per imporre il gusto degli architetti triestini, più attenti agli sviluppi delle avanguardie artistiche, a scapito della tradizione genovese, più vicina al gusto classicista degli arredatori britannici.
Fu per primo Pulitzer che chiamò a collaborare Luzzati; e la prima occasione fu il riallestimento del Conte Biancamano nel 1950, per il quale il giovane scenografo fu chiamato a disegnare i pannelli per la sala di lettura e per il bar. In tale occasione l'architetto triestino fece conoscere a Luzzati la M.I.T.A. (Manifattura Italiana Tessuti d'Arredamento) di Nervi, che realizzerà molte opere disegnate dal giovane scenografo[2].
Più significative saranno le collaborazioni successive, quando a Luzzati verranno affidati i pannelli decorativi delle sale per i bambini: per la motonave Augustus realizzerà il pannello decorativo per la sala da pranzo dei bambini dedicato alle lettere dell'alfabeto. Per l'Andrea Doria Luzzati disegnerà le decorazioni parietali per la sala dei bambini con immagini ispirate al mondo del circo[27].
Nel pannello che decorava lo scalone di prima classe della motonave Ausonia Luzzati ebbe modo di inserire temi a lui cari, dalle carte da gioco agli scorci di città. Particolare fu anche la decorazione del pavimento del bar della motonave San Giorgio, in quanto era realizzata a piastrelle in ceramica smaltata a rilievo, che rappresentava scorci di città simili a quinte teatrali[27].
L'utilizzo di materiali ogni volta diversi, affidati per l'esecuzione ad artigiani di alto livello, diventerà una caratteristica degli arredi navali di Luzzati. Ad esempio per la Leonardo da Vinci disegnerà dei pannelli in alluminio anodizzato oro, in cui il materiale, apparentemente prezioso, diventava un collage di rottami e colature. Invece per la Galileo Galilei Luzzati inventerà un paravento in vetro di Murano per la sala di prima classe, formato da riquadri che rappresentano una veduta di città. Per la Michelangelo, infine, disegnò sette pannelli in ceramica smaltata per la sala da pranzo della classe cabina, raffiguranti anche in questo caso scorci di città[27].
Per la motonave Oceanic della Home Lines Luzzati disegnò decorazioni parietali per vari ambienti, ognuna in un materiale diverso. Ad esempio per lo scalone di prima classe realizzò un pannello a sbalzi d'alluminio raffigurante personaggi, mentre per la sala da pranzo turistica disegnò un pannello di ceramica traforata che rappresentava un castello medievale assediato con tanto di difensori e assalitori. Ma il pezzo più interessante fu il pannello di pizzo realizzato per la grill room di prima classe, che rappresentava le maschere della commedia dell'arte. Il pannello era un collage di merletti antichi, di pezzi di reti di diversa origine, nonché di parti in pizzo eseguito apposta. L'opera fu realizzata dalla Manifattura Zennaro di Rapallo in quattro mesi. Ora è esposta al Museo del Merletto di Rapallo[27].
L'ultima opera disegnata da Luzzati per una nave è l'arazzo raffigurante una scena del Flauto Magico, realizzata nel 1966 per la motonave Eugenio C. della Costa Armatori dalla M.I.T.A.. Il disegno riprendeva quello dei periatti del Flauto magico di Glyndebourne[27].
Opere
Scenografie
Emanuele Luzzati ha firmato circa cinquecento scenografie: per un elenco completo si rinvia alle fonti citate in bibliografia.
Qui di seguito elenchiamo alcuni fra le più significative
1944, Salomone e la regina di Saba di Alessandro Fersen, regia dell'autore, Losanna
1945, Salomone e la regina di Saba di Alessandro Fersen, regia dell'autore, Teatro Augustus di Genova e Teatro Litta di Milano
Chichibìo cuoco e la gru, Roma, I Girasoli, 1961 (trad. inglese Chichibio and the crane, New York, Obelensky, 1962)
Il castello di carte, Milano, Mursia, 1963 (testo di Gianni Rodari)
When it rains...it rains, New York, Rinehart & Winston, 1970 (testo di Bill Martin jr.)
Whistle, Mary, Whistle, New York, Rinehart & Winston, 1970 (testo di Bill Martin jr.)
Io e gli altri (enciclopedia in dieci volumi), Genova-Milano, La Ruota, 1971
L'uccel belverde e altre fiabe italiane, Torino, Einaudi, 1972 (testo di Italo Calvino)
Come si fanno i bambini, Genova, Ghiron, 1972
L'uccellino Tic Tic, Torino, Einaudi, 1972 (testo di E. Poi)
Il viaggio di Marco Polo, Torino, ERI, 1972 (testo di Donatella Ziliotto; riedizioni Milano, Emme edizioni, 1975 e 1981; trad. inglese The travels of Marco Polo, Londra, Dent, 1975; trad. tedesca Ich, Marco Polo, Monaco, Ellermann, 1977)
Voglio comperare una tazza gialla con una ochetta blu, Torino, Einaudi, 1974 (testo di Ibi Lepschy)
Il Principe Granchio e altre fiabe italiane, Torino, Einaudi, 1974 (testo di Italo Calvino)
I Paladini di Francia ovvero il tradimento di Gano di Maganza, Milano, Mursia, 1962 (trad. inglese Ronald and the wizard Calico, New York, Pantheon, 1969, e Londra, Hutchinson, 1969)
La gazza ladra, Milano, Mursia, 1964
Alì Babà e i quaranta ladroni, Milano, Emme Edizioni, 1968 (riedizioni Roma, Editori Riuniti, 1993, e Novara, Interlinea, 2003; trad. inglese Ali Baba and the forty thieves, New York, Pantheon, 1969; trad. tedesca Ali Baba und die vierzig Räuber, Monaco di Baviera, Elleman, 1969; trad. francese Ali Baba, Parigi, L'École des Loisirs, 1969; trad. Giapponese Ali Baba, Tokyo, Shuppan, 1979)
The magic flute, Oxford, Blackwell, 1971
La tarantella di Pulcinella, Milano, Emme Edizioni, 1971 (riedizione Pulcinella e il pesce d'argento, Roma, Editori Riuniti, 1993; ristampa La tarantella di Pulcinella, Novara, Interlinea, 2003)
^abcdefghijklmnopqrstuvwxyzaaabacadaeBiografia in Giorgio Ursini Uršič e Andrea Rauch (a cura di), Emanuele Luzzati. Scenografo, Genova, Tormena,1996
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