Le terme romane erano edifici pubblici dotati di impianti che oggi si chiamerebbero igienico-sanitari. Rappresentavano uno dei principali luoghi di ritrovo durante l'antica Roma, a partire dal II secolo a.C. Alle terme poteva avere accesso quasi chiunque, anche i più poveri, in quanto in molti stabilimenti l'entrata era gratuita o quasi.
Le numerose terme erano un luogo di socializzazione, di rilassamento e di sviluppo di attività vive per uomini e donne, in spazi e orari separati.
Origine
Le prime terme nacquero in luoghi dove era possibile sfruttare le sorgenti naturali di acque calde o dotate di particolari doti curative. Col tempo, soprattutto in età imperiale, si diffusero anche dentro le città, grazie allo sviluppo di tecniche di riscaldamento delle acque sempre più evolute. Al riscaldamento dell'acqua provvedevano i focolari sotterranei che diffondevano aria calda dagli ipocausti, gli spazi sottostanti alle pavimentazioni sospese (suspensùra) dei vani da riscaldare. Il funzionamento delle terme richiedeva una numerosa schiera di schiavi, che venivano addetti nei locali sotterranei al rifornimento della legna da ardere e alla regolazione del fuoco per scaldare l'acqua.
Struttura
Le terme erano veri e propri monumenti o addirittura piccole città all'interno della città stessa; esistevano due classi di terme: una più povera, destinata alla plebe, e una più fastosa, destinata ai patrizi.
Lo sviluppo interno tipico era quello di una successione di stanze, con all'interno una vasca di acqua fredda, la sala del frigidario, solitamente circolare e con copertura a cupola e acqua a temperatura bassa, seguita all'esterno dal calidario, generalmente rivolto a mezzogiorno, con bacini di acqua calda. Tra il frigidario e il calidario vi era probabilmente una stanza mantenuta a temperatura moderata, il tepidario, stanza adiacente al calidario in cui veniva creato un raffreddamento artificiale. Assieme al calidario veniva usata quella che ai nostri giorni viene chiamata la sauna finlandese, ovvero il passaggio repentino dal caldo al freddo e viceversa. Le natationes erano invece le vasche utilizzate per nuotare.
Attorno a questi spazi principali, si sviluppavano gli spazi accessori: l'apodyterium (uno spazio non riscaldato adibito agli spogliatoi), la sauna, la sala di pulizia, la palestra. All'interno delle terme più sontuose (come le terme di Caracalla) si poteva trovare spazio anche per piccoli teatri, fontane, mosaici, statue e altre opere d'arte, biblioteche, sale di studio e addirittura negozi.
Abitudini
Una delle abitudini legate all'uso delle terme era quella di gettare nell'acqua profumi e vini speziati (similmente agli antichi Egizi, che mescolavano nell'acqua varie sostanze).
Per lavarsi, i Romani usavano la pietra pomice, la sabbia o la cenere di faggio (sostanze che portavano all'inaridimento della pelle), oppure una pasta composta da polvere d'equiseto (leggermente abrasiva), argilla e olio d'oliva[1]. Dopo il bagno, i fruitori delle terme potevano spostarsi nelle sale adibite ai massaggi, che venivano praticati con oli e unguenti profumati, i cui ingredienti venivano importati anche da Paesi lontani.
Patologie legate all'utilizzo delle terme
Oltre alle controindicazioni igieniche, i continui sbalzi di temperatura cui erano sottoposti i frequentatori delle terme dall'acqua calda all'acqua fredda in rapida successione, potevano generare nei canali auricolari e nasali dei fruitori delle neoformazioni ossee globulari (tipiche ancora oggi nei nuotatori), che potevano portare alla sordità o a una deviazione del setto nasale (ne sono state riscontrate diverse durante lo studio di crani appartenuti ad antichi Romani). Spesso anche gli schiavi addetti alle terme si ammalavano per il pesante lavoro.
Le rovine di decine di terme romane sono state individuate nelle più disparate aree dell'Impero romano e la presenza di molte altre è attestata da iscrizioni e altre fonti storiche. Sono oltre cinquanta.
Francesca R. D'Ambrosio Alfano, Le terme romane da Pompei a Cuma: una storia antica per un impianto moderno, collana AiCARR, Prima edizione, Editoriale Delfino, 2020, ISBN978-88-31221-12-2.