Profumi nell'antica Roma

«...Infatti ti darò una pomata che alla mia fanciulla donarono le Veneri e i Cupidi, che quando l'annuserai chiederai agli dei, o Fabullo, di farti tutto naso.[1]»

Contenitore romano di profumi del III secolo a.C.

I profumi nell'antica Roma trovavano impiego religioso e cosmetico.

Storia

L'uso del profumo nell'antica Roma era originariamente riservato alle cerimonie religiose in occasione delle quali si bruciavano (pro fumo) sostanze odorose per onorare gli dei ed entrare con loro in rapporto. Nei luoghi aperti al pubblico si usavano profumi per coprire i cattivi odori: Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) racconta come nei teatri venisse spruzzata acqua di rose [2]. I profumi, soprattutto usati per ammorbidire e idratare la pelle, vennero adoperati come cosmetico verso il II-I secolo a.C quando Roma con la conquista del Mediterraneo entrò in contatto con la cultura greca-orientale.

Da quel periodo i Romani usarono abbondantemente i profumi, considerati uno dei piaceri offerti dalla vita, fino ad esagerarne, come lo stesso imperatore Tiberio osservava deprecando in Senato l'enorme spesa di 100 milioni di sesterzi per l'importazione di essenze odorose.[3] Un eccesso che non sfuggiva alla satira di Marziale:

(LA)

«Quod quacumque uenis Cosmum migrare putamus et fluere excusso cinnama fusa uitro,nolo peregrinis placeas tibi, Gellia, nugis. Scis, puto, posse meum sic bene olere canem [4]»

(IT)

«Quando passi sembra che traslochi il profumiere Cosmo e che il cinnamomo esca da un flacone rovesciato. Non voglio, Gellia, che ti piacciano queste futilità. Sai, credo che anche il mio cane potrebbe profumare così.»

che ironizzava anche su chi si riduceva a una maschera con i cosmetici:

«Poiché sei scuro di cannella e di cinnamomo e delle essenze ricavate dal nido della Fenice e olezzi dei profumi che Nicerote tiene nei vasi di piombo, Coracino ridi di me che non profumo di niente: preferisco non avere odore che odorare troppo....[5]»

Giudizio non dissimile da quello di Marziale veniva espresso da Cicerone nel quale ricorre la stessa espressione: "l' assenza di odori è un buon odore", che probabilmente era un modo di dire corrente:

«...ma voi avete prodotto un ornamento con l'assenza di ornamenti: come per certe donne delle quali si può dire: nessun odore buono odore [6]»

La produzione dei profumi

Sulla produzione dei profumi [7] si interessarono Teofrasto di Ereso (IV secolo a.C.) con l'opera Sugli odori e Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) che nella sua Naturalis historia ci ha lasciato una descrizione dei profumi o meglio degli unguenti poiché all'epoca, essendo ancora sconosciuto l'alcool, introdotto in Europa nell'XII secolo dagli Arabi, i profumi si ottenevano per macerazione delle sostanze odorose e non per distillazione. Con il torchio le essenze aromatiche venivano spremute per ottenere gli oli essenziali che venivano macerati nell’onfacio (un liquido ottenuto dalla spremitura di olive verdi) o nell’agresto (ottenuto dalla spremitura di uva acerba) e poi filtrati per purificarli.[8]

(LA)

«Ratio faciendi duplex, sucus et corpus: ille olei generibus fere constat, hoc odorum.... E vilissimis quidem hodieque est - ob id creditum et id e vetustissimis esse - quod constat oleo myrteo, calamo, cupresso, cypro, lentisco, mali granati cortice.... Telinum fit ex oleo recenti, cypiro, calamo, meliloto, faeno Graeco, melle, maro, amaraco. Hoc multo erat celeberrimum Menandri poetae comici aetate.[9]»

(IT)

«Gli unguenti sono costituiti da due componenti: il succo e le parti solide. Il primo consiste in genere di vari tipi di oli, il secondo di materiali odorosi...Fra gli unguenti oggigiorno più diffusi, e per questo motivo creduto anche il più antico, c’è quello fatto di olio di mirto, calamo, cipresso, cipero, lentisco e corteccia di melograno... Il Telinum [10] si fa con olio di oliva spremuto di recente, cipero, calamo, meliloto, fieno greco, miele, maro e maggiorana. Era il profumo più alla moda ai tempi del poeta comico Menandro»

Questo metodo è stato ben raffigurato nella decorazione della casa dei Vettii a Pompei:

Decorazione della Casa dei Vettii a Pompei

procedendo dalla destra di chi guarda verso sinistra si vedono due putti che pestano delle olive in un torchio mentre alla loro sinistra una ninfa mescola una miscela da macerare contenuta in un pentolone posto su un fuoco. Si vedono poi due putti che mescolano la miscela aggiunta dell'olio di oliva in un grande recipiente e a sinistra un putto, con alle spalle una vetrina piena di contenitori per profumi, con in mano un'ampolla, una bilancia e un rotolo di papiro. Infine una cliente prova sul polso il profumo versatole da un putto mentre un altro glielo spande con una spatola.

Unguentaria romani in vetro (I-II sec- d.C.)-Museo archeologico del Ceramico (Atene)

I contenitori

Di solito arrivavano ad Alessandria d'Egitto i profumi conservati in anfore che poi venivano travasate in contenitori più eleganti per una migliore commercializzazione che si espanse fino all'Etruria e al Medio Oriente. Assieme ad Alessandria un importante centro di produzione dei contenitori per i profumi fu anche quello siriano, dove nel I secolo d.C. venne introdotta la tecnica del vetro a soffio, che permise la fattura di nuovi contenitori in vetro diffusi in tutto il bacino del Mediterraneo dai Fenici. La Siria restò una base produttiva primaria fino al V secolo d.C., prima di condividere con altri centri situati su tutto il territorio dell'Impero romano la realizzazione di questi prodotti.

Porta profumi erano gli alabastra egiziani in alabastro, l'aryballo, vasetto di forma sferica d'origine greca, l'oinochoe, una piccola brocca fatta di vari materiali dai più umili all'oro, la pisside, una piccola scatola cilindrica con un coperchio. Dal I secolo a.C. si diffonde la produzione di contenitori in vetro come i balsamari, alcuni a forma di uccello [11], che erano una specie di fiala che veniva spezzata dalla parte del becco o della coda per far defluire il profumo [12]

Note

  1. ^ Catullo, carme XIII
  2. ^ Science in school
  3. ^ Ambiente e cultura
  4. ^ Marziale, Epigrammi, III, 55
  5. ^ Marziale, Epigrammi, IV, 48
  6. ^ Cicerone, Lettere a Attico, II, 29
  7. ^ Si racconta che la regina Cleopatra annotasse in appunti andati perduti, i Cleopatrae gyneciarum libri, le ricette di nuovi profumi da lei inventati (in Zoe Diana Draelos,Cosmetic Dermatology: Products and Procedures, John Wiley & Sons, 2015[collegamento interrotto])
  8. ^ Soprintendenza Pompei, su pompeiisites.org. URL consultato il 18 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 15 settembre 2016).
  9. ^ Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIII-7-9
  10. ^ Da un frammento (Corpusque suavi telino unguimus, "e ci ungiamo il corpo con soave telino") di una poesia attribuita a Cesare, sembra che egli preferisse questo profumo (in Science in schoolop. cit.)
  11. ^ Museo Archeologico Nazionale di Napoli, su cir.campania.beniculturali.it. URL consultato il 18 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 19 settembre 2016).
  12. ^ G. Montevecchi, Balsamari in epoca romana. Utilizzo e significati rituali, in Sepolture anomale. Indagini archeologiche e antropologiche dall'epoca classica al Medioevo in Emilia Romagna

Bibliografia

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