«Era una donna di rara eleganza, piena di fascino. Era anche molto spiritosa, faceva il verso alla gente della strada che a Roma la ispirava molto, ma in maniera naturalmente elegante. Non aveva età, come spesso le persone malate[3].»
(Giuseppina Pignatelli Emo)
Nacque a Bologna, unica figlia di Guido Guerrini, musicista e compositore originario di Faenza, e di Emilia Putti, nipote di Enrico Panzacchi e sorella di Vittorio Putti, celebre chirurgo ortopedico. Per una congenita malformazione cardiaca, che rese sempre precaria la sua salute, Cristina crebbe isolata dai coetanei e non poté seguire regolari studi scolastici.[4]
Fino al 1925 la famiglia Guerrini visse presso la residenza del professor Putti, nel parco dell'Ospedale Rizzoli di Bologna. Successivamente la famiglia si trasferì a Parma, e dal 1928 a Firenze, dove Guido Guerrini fu chiamato a dirigere il conservatorio Cherubini. L'ambiente culturale fiorentino fu determinante nella formazione di Cristina Campo, a cominciare dall'amicizia con il germanista e traduttore Leone Traverso, da lei chiamato affettuosamente "Bul", al quale, per qualche tempo, fu legata anche sentimentalmente. Importanti furono gli incontri con Mario Luzi e Gianfranco Draghi (che le fecero conoscere il pensiero di Simone Weil), Gabriella Bemporad e Margherita Pieracci Harwell, la letterata che avrebbe curato la pubblicazione delle opere postume di Cristina Campo. Restò a Firenze fino al 1955, divenendo nota negli ambienti culturali:
«Era il 1954. Firenze in quegli anni era così, si aveva l'impressione di vivere al centro del mondo e al tempo stesso in provincia. Si andava ogni giorno al caffè, ci si conosceva tutti. Prima o poi qualcuno ti chiedeva: hai già incontrato Vittoria Guerrini? La nostra fu un'amicizia breve ma felice. Parlavamo quasi solo di poesia. A volte le suonavo con la chitarra le canzoni popolari italiane, le arie francesi. Lei non cantava. Diceva di non avere orecchio.[5]»
La sua natura solitaria, per certi versi anacoretica[6], la portò a rifuggire da riconoscimenti e apprezzamenti (preferì firmare con nomi fittizi le poche opere pubblicate in vita[7]), dimostrandosi sempre indifferente alle strategie e alle esigenze del mercato letterario. Così fu descritta da Pietro Citati:
«Questa anacoreta possedeva un garbo mondano, una grazia squisita e inafferrabile, come una signora italiana del Rinascimento, o una dama della Fronda. [...] In genere i suoi amici erano meno brillanti di lei. Aveva bisogno di possedere. Aveva bisogno di essere ascoltata...»
Di sé amava dire: "Ha scritto poco, e le piacerebbe aver scritto meno".[9] Il suo stile personalissimo, ricorrente nei diversi generi letterari da lei praticati, è caratterizzato da una spiccata tensione a far coincidere la parola con il suo significato più profondo, rifuggendo da tutto ciò che era da lei ritenuto ovvio o superfluo.[10]
Il padre nel 1945 è internato in un campo di concentramento degli alleati perché simpatizzante del fascismo, e lei fa da interprete per tedeschi e americani. Dall'apparenza eccentrica[11] e dal carattere molto forte e spigoloso[12], nel dopoguerra «a Firenze, si divertiva a lodare ad alta voce Mussolini per scandalizzare i passanti» ha scritto la sua biografa Cristina De Stefano.[13]
Nei primi anni Cinquanta lavorò alla compilazione di un'antologia di scrittrici, Il Libro delle ottanta poetesse, concepita come "una raccolta mai tentata delle più pure pagine vergate da mano femminile attraverso i tempi".[14] L'antologia, alla quale Cristina Campo lavorò a lungo, coinvolgendo nella traduzione vari amici, non venne tuttavia mai pubblicata.
Al 1958 risale l'incontro, per lei fondamentale, con lo studioso e scrittore Elémire Zolla, con il quale visse a lungo;[17] anche se poco prima della morte della scrittrice il rapporto sentimentale era cessato, convissero fino alla di lei scomparsa.[18]
Negli ultimi anni di vita ebbe un intenso scambio epistolare con il filosofo Andrea Emo, che come lei visse appartato e la cui opera solo di recente è stata scoperta e pubblicata postuma.
Nel 1956, presso l'editore Vanni Scheiwiller di Milano, apparve il suo primo libro, la raccolta di poesie Passo d'addio. Nel 1962 uscì da Vallecchi il volume di saggi Fiaba e mistero, in parte confluito nel libro successivo Il flauto e il tappeto, pubblicato nel 1971 da Rusconi.
Nella sua vita frequentò anche Mario Luzi,[19] e al suo cenacolo letterario parteciparono diversi scrittori e poeti divenuti famosi in seguito, come Guido Ceronetti. Riguardo al rapporto con Luzi, con cui ebbe una storia d'amore:
«I suoi amori erano tempestosi, sfrenati – e condannati. Nessuno può resistere, in continua tensione, a un volo senza stasi[20] [...] Il grande amore, e l'unico della sua vita, fu un'altra persona, quella del Moriremo lontani, un amore impossibile poiché la persona amata aveva tutte le virtù cantate dai poeti; inoltre lei era libera, lui no[21] [...] Parlava troppo e a voce alta – questo tradiva la solitudine della sua infanzia.[6]»
(Margherita Dalmati)
L'ultimo decennio della sua vita la vide emarginata dalla scena culturale e profondamente interessata alle tematiche del sacro e della spiritualità. Così Elémire Zolla ricorda quegli anni:
«Durante la vita Vittoria non fu menzionata da nessuno di coloro che oggi si sentono liberi di parlarne. Non desidero valutare i loro criteri di silenzio e se mai volessi dichiararli, sarei portato molto lontano, dove non desidero andare. Fino al 1980 c'era comunque un sistema di divieti, instaurati nel Sessantotto, e rientrava in essi la proibizione di menzionare Vittoria. Fece eccezione Calasso, che osò scriverne un necrologio per il Corriere della Sera»
Tra i pochi che scrissero della Campo in occasione della morte, vi furono Roberto Calasso della casa editrice Adelphi e Alfredo Cattabiani, che in qualità di direttore editoriale della Rusconi aveva pubblicato Il flauto e il tappeto.[22]
«È stata forse la più grande prosatrice italiana di questo mezzo secolo. Del suo libro vendemmo poche copie, e non ottenemmo nessuna recensione perché l'autrice era considerata reazionaria. Aveva fondato Una Voce, aveva attaccato il pontefice. Oggi si tende a dimenticarlo, ma dal punto di vista religioso aveva una sensibilità molto tradizionale. Era un'estremista. È stata lei a curare il libro di Lefèbvre (sic) Un vescovo parla, pubblicato nel 1974 da Rusconi e ritirato quasi subito per intervento del Vaticano. Fu lei a spingerlo su posizioni di rottura. Direi quasi che fu Lefèbvre (sic) a essere un discepolo di Cristina.[34]»
Monsignor Lefebvre, a cui la Campo era molto devota[35], fu scomunicato in seguito da Giovanni Paolo II per aver ordinato vescovi senza il permesso del papa, atto che fu considerato "scismatico".[36][37]
Sulla rivista Conoscenza religiosa, diretta da Elémire Zolla, apparvero gli ultimi scritti di Cristina Campo, tra i quali vanno ricordati il saggio Sensi soprannaturali e le "poesie sacre"[38] ispirate alla liturgia bizantina.
«Nobilissimi ierei, grazie per il silenzio, l'astensione, la santa gnosi della distanza, il digiuno degli occhi, il veto dei veli, la nera cordicella che annoda ai cieli con centocinquanta volte sette nodi di seta ogni tremito del polso, l’augusto cànone dell’amore incommosso, la danza divina del riserbo: incendio imperiale che accende come in Teofano il Greco e in Andrea Diacono, di mille Tabor l’oro delle vostre cupole, apre occhi del cuore negli azzurrissimi spalti, riveste i torrioni di Sangue... Che prossimità spegne come pioggia di cenere»
(Cristina Campo, Nobilissimi ierei, in Conoscenza religiosa, I, 1977, p.97; poesia "sacra" consegnata, insieme ad altre, da Cristina Campo alla rivista diretta da Elémire Zolla pochi giorni prima di morire[39])
«[...] ma di noi sopra una sola teca di cristallo popoli studiosi scriveranno forse, tra mille inverni: "nessun vincolo univa questi morti nella necropoli deserta"»
Cristina Campo, Fiaba e mistero e altre note, Firenze, Vallecchi, 1962.
Cristina Campo, Il flauto e il tappeto, Milano, Rusconi, 1971.[46]
Leone Traverso (a cura di), tr. it. Cristina Campo, Viaggi e saggi, Cederna, 1958 (prose di Hofmannsthal). Ristampa di Alessandro Tesauro, Hofmannsthal tradotto da Cristina Campo (Ripostes, 2001).
Poesia
Cristina Campo, Passo d'addio, Milano, All'insegna del Pesce d'Oro, 1956.
Cristina Campo, Diario bizantino e altre poesie, in Conoscenza religiosa, vol. 1, Firenze, La Nuova Italia, gennaio-marzo 1977, pp. 92-102, ISSN 2037-660X (WC · ACNP).
Simone Weil, Venezia salva, traduzione di Cristina Campo, 1ª ed., Brescia, Morcelliana, 1963.
Marcel Proust, La morte delle cattedrali, traduzione di Giusto Cabianca, 1ª ed., 1965.
Simone Weil, La Grecia e le intuizioni precristiane, traduzione di Cristina Campo e Margherita Pieracci Harwell, 1ª ed., Torino, Edizioni Borla, 1967.
John Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, a cura di Cristina Campo, traduzione di Cristina Campo, 1ª ed., Torino, Giulio Einaudi Editore, 1971.
Anonimo, Detti e fatti dei Padri del deserto, a cura di Cristina Campo e Piero Draghi, 1ª ed., Milano, Rusconi, 1975.
Prefazioni
Vanni Scheiwiller e Piero Draghi (a cura di), Storia della città di rame, traduzione di Alessandro Spina, introduzione di Cristina Campo, 1ª ed., Milano, All'insegna del Pesce d'Oro, 1963.
Chögyam Trungpa, Nato in Tibet, traduzione di Donatella Tippett Andalò, introduzione di Cristina Campo, Torino, Edizioni Borla, 1970.
Abraham Joshua Heschel, L'uomo non è solo. Una filosofia della religione, traduzione di Lisa Mortara e Elèna Emilia Mortara Di Veroli, introduzione di Cristina Campo, 1ª ed., Milano, Rusconi, 1970.
Cécile Jeanne-Henriette Bruyère, La vita spirituale e l'orazione, traduzione di Lorenzo Fenoglio, risvolti di copertina di Benedetto Padre d'Angelo, 1ª ed., Milano, Rusconi, 1976.
Katherine Mansfield, Tutti i racconti, traduzione di Cristina Campo, Floriana Bossi, Giacomo Debenedetti e Marcella Hannau, vol. 1, 1ª ed., Milano, Adelphi, 1978.
Cristina Campo, La tigre assenza, a cura di Margherita Pieracci Harwell, 1ª ed., Milano, Adelphi, 1991, ISBN978-88-459-0832-3.
Emily Dickinson, Tutte le poesie, a cura di Marisa Bulgheroni, Meridiani Mondadori, Milano, 1997, la traduzione di alcune liriche è di Cristina Campo
Christine Koschel, L'urgenza della luce, a cura di Amedeo Anelli, traduzione di Cristina Campo, Firenze, Le Lettere, 2004, ISBN978-88-7166-827-7.
Cristina Campo et al., Appassionate distanze. Letture di Cristina Campo con una scelta di testi inediti, a cura di Monica Farnetti, Filippo Secchieri e Roberto Taioli, 1ª ed., Mantova, Tre Lune Edizioni, maggio 2006, ISBN978-88-87355-85-7.
Epistolario
Cristina Campo, Lettere a un amico lontano, 1ª ed., Milano, Libri Scheiwiller, 1989, ISBN978-88-7644-247-6.
Cristina Campo, L'infinito nel finito. Lettere a Piero Pòlito, a cura di Giovanna Fozzer, Pieve a Nievole, Via del Vento, giugno 1998, ISBN978-88-87741-99-5.
Cristina Campo, Lettere a Mita, a cura di Margherita Pieracci Harwell, 3ª ed., Milano, Adelphi, 1999, ISBN978-88-459-1494-2.
Cristina Campo et al., Appassionate distanze. Letture di Cristina Campo con una scelta di testi inediti, a cura di Monica Farnetti, Filippo Secchieri e Roberto Taioli, 1ª ed., Mantova, Tre Lune Edizioni, maggio 2006, ISBN978-88-87355-85-7.
Cristina Campo, Caro Bul. Lettere a Leone Traverso (1953-1967), a cura di Margherita Pieracci Harwell, Milano, Adelphi, 2007, ISBN978-88-459-2177-3.
Cristina Campo e Alessandro Spina, Carteggio, Brescia, Morcelliana, 2007, ISBN978-88-372-2185-0.
1961-1975 Cristina Campo, Se tu fossi qui. Lettere a María Zambrano , a cura di Maria Pertile, Milano, Archinto Editore, maggio 2009, ISBN978-88-7768-529-2.
Cristina Campo, Un ramo già fiorito. Lettere a Remo Fasani, a cura di Maria Pertile, 1ª ed., Venezia, Marsilio Editori, luglio 2010, ISBN978-88-317-0613-1.
Cristina Campo, Il mio pensiero non vi lascia. Lettere a Gianfranco Draghi e ad altri amici del periodo fiorentino, a cura di Margherita Pieracci Harwell, Milano, Adelphi, gennaio 2012, ISBN978-88-459-2644-0.
Cristina Campo, Lettere a Ernesto Marchese (PDF), in Il Giannone. Semestrale di cultura e letteratura, diretto da Antonio Motta, XII, n. 23-24, San Marco in Lamis, Centro Documentazione Leonardo Sciascia/Archivio del Novecento, gennaio-dicembre 2014, pp. 33-54, ISSN 2281-4256 (WC · ACNP). URL consultato il 15 febbraio 2018.
Andrea Emo, Lettere a Cristina Campo 1972-1976, a cura di Giovanna Fozzer, Bologna, In forma di parole, gennaio 2001.
a cura di Stefanie Golisch, Cara amica, la patria è la lingua. Lettere di Cristina Campo ad Alejandra Pizarnik (1963-1970), Edizioni Magog, 2023
Omaggi nella cultura di massa
La cantautrice Maria Antonietta (pseudonimo di Letizia Cesarini) ha dedicato a Cristina Campo un capitolo del libro Sette ragazze imperdonabili. Un libro d'ore (2019) e un disco, intitolato come un suo volume di poesia, La Tigre Assenza (2023).
^Altri due pseudonimi conosciuti di Vittoria Guerrini sono "Puccio Quaratesi" con cui volentieri firmava i suoi interventi su Il Mondo e "Bernardo Trevisano" per alcuni brevi saggi (utilizzando peraltro lo stesso pseudonimo con cui Elémire Zolla firmava i suoi interventi su Il Giornale d'Italia).
«Aveva una cultura da autodidatta. Sono stato io a farle leggere gli stilnovisti e la Divina Commedia. Leggeva enormemente e scriveva poco. Ma quando scriveva era pronta per farlo. Era una personalità forte, un po' eccessiva. Felice e infelice al contempo. Felice perché aveva un'intelligenza portentosa, infelice perché mirava troppo in alto.»
«Incantava in Cristina la naturale indipendenza del giudizio: le sue letture non avevano nulla a che fare con gli inaffidabili elenchi delle mode, sia pure le più sofisticate. Preferiva ricordare ogni volta, magari dicendo le stesse cose, Hofmannsthal, anziché affrettarsi a fare per prima il nome di uno scrittore straniero»
«Cristina aveva all'incirca la mia età. Era piccolina, viva, intelligente, con degli occhi bellissimi. Sapeva tutto. E poi aveva una conversazione così speciale. Diceva delle cose talmente personali che uno si chiedeva come le venissero in mente. Ma bisognava essere persone in gamba, altrimenti la si prendeva solo per un'originale.»
«Nella vita Vittoria usava l'incendio. Metteva a fuoco appena poteva. Anche con la gente. L'incontro con una persona era per lo più basato sull'aggressione. In lei c'era un grande bisogno di dominare. [...] Cristina è lo stilista più importante di questo mezzo secolo italiano.»
«Era una creatura accesa, violenta, estrema, piena di ardore cavalleresco, una Clorinda ignara di prudenza e di mezzi termini. Viveva tra i contrari, speranza e disperazione, passione e disprezzo, furia e dolcezza; e trovava una specie di quiete solo intensificando le proprie contraddizioni.»
^ Annalisa Terranova, Camicette nere. Donne di lotta e di governo da Salò ad Alleanza Nazionale, Milano, Ugo Mursia Editore, 2007, p. 67, ISBN978-88-425-3705-2.
^Dalla Scheda editoriale per il catalogo dell'editore Casini, 1953.
^«Cristina Campo va da lui per curare l'agorafobia e le crisi di vomito. Lo vede per un periodo piuttosto lungo (almeno due anni), anche se non intraprende un'analisi regolare. Manca per mesi poi, quando l'angoscia le toglie il respiro, si rifugia nello studio di via Gregoriana: "Si sente - non è vero - che ieri sono stata da B. Ho dovuto andarci per non perdere, una volta ancora, il controllo della situazione. C'era una bruma di un rosa-lilla sui 14 campanili che si vedono dalle sue finestre... B. mi ha ridato, come altre volte, un pezzetto di terreno su cui posare i piedi". Cristina ammira Bernhard, lo considera una specie di mago, un taumaturgo. Le piace la sua capacità di leggere la mano e di consultare l'I Ching. La sua abilità nel disegnare, per ogni paziente, la Casa del Cielo. Soprattutto apprezza il suo coraggio nell'andare fino in fondo: "È un uomo che ha il senso esatto degli estremi rimedi. Io lascio tutto in equilibrio instabile, le sue parole e le cose". Grazie a lui approfondisce i testi di Jung, che a Firenze ha solo sfiorato. ("È un grandissimo pensatore, lo conosci?" Scrive a Traverso. "C'è tanto di Simone Weil nei suoi scritti scientifici".) A Bernhard manda gli amici più cari, come Gianfranco Draghi, che diventerà uno dei dirigenti della Società junghiana.» (Cristina De Stefano, Belinda e il mostro. Vita segreta di Cristina Campo, Milano, 2002, p. 65.)
«Si stabilì uno strano rapporto. In realtà ci si sentì perfettamente uniti, ma si finse di non esserlo. Le nostre letture erano diverse, in certo modo contrastanti, si diede per scontato che ci dividessero spazi mentali vastissimi. Poi ci si guardò con serietà maggiore, si lasciarono cadere le suggestioni che ci separavano, e fu quasi istantanea la decisione di convivere. Dal 1959, l'anno in cui cominciai a insegnare all'Università di Roma, in cui uscì L'eclissi dell'intellettuale, avevo trentatré anni e mi separai da tutti coloro che avevo fino a quel giorno frequentato, e per un periodo straordinario Cristina ed io si visse rivelando l'uno all'altro tutto ciò che nella vita si era scoperto»
«Cristina aveva una concezione astratta dell'amore, una concezione che in lei si era formata attraverso le letture degli stilnovisti, ma anche di Hofmannsthal, di Rilke e di Murasaki. Una concezione per la quale in amore si può essere fedeli e infedeli al tempo stesso. Ma poi questa sua visione libera si scontrava con la realtà, e lei ne soffriva [...] Era una donna molto graziosa, con labbra carnose, occhi di uno strano colore cangiante, orecchie piccole e delicate. Era molto carina, molto brillante, chiacchierina e tesa, quasi nervosa.»
^Poco dopo Zolla iniziò un rapporto con la futura moglie (sposata nel 1980), l'orientalista Grazia Marchianò
«Zolla mi chiese di condividere la sua vita pochi giorni dopo la morte di Cristina Campo. Nell'ultimo periodo si erano notevolmente allontanati. Me lo disse con chiarezza, spiegandomi che era libero affettivamente da molto tempo.»
«Cristina riponeva nella memoria come in uno scrigno le gemme delle sue letture: erano pietre preziose che altri non vedevano o non sapevano apprezzare. La sua scrittura nasce nel riflesso di quei tesori; ma nasce energicamente, anzi impavidamente. La sua forza intellettuale trasformava quella ricchezza a lungo custodita in una lama al servizio dei suoi argomenti, in uno stile tagliente dai barbagli ora d'acciaio, ora iridescenti. Forza e fragilità del resto in lei si fondevano mirabilmente [...] Cristina Campo credeva che la perfezione esistesse e, come altri che l'hanno creduto, non sapeva che farsene della perfettibilità. Era là e solo là che bisognava puntare, e non contentarsi di niente di meno»
^ Silvia Inaudi e Marta Margotti (a cura di), Dopo il Concilio: le azioni di resistenza culturale e religiosa, in La rivoluzione del Concilio. La contestazione cattolica negli anni sessanta e settanta, Roma, Studium, 2017, ISBN9788838245367.
^La morte delle cattedrali, su pellegrinilombardi.it, Capitolo lombardo della Confraternita di san Jacopo di Compostela, 11 maggio 2020. URL consultato il 3 luglio 2021.
«[...] Cristina Campo, « indépendante jusqu'à l'impardonnable » que Pietro Citati compara à une statue toscane du XVème siècle discrète et sévère ; ce qui est raconté [...] de sa lutte pour le maintien du latin dans la liturgie catholique, de sa dénonciation d'« une Eglise morte par apostasie », me donne envie de la lire pour ses excès et sa violence même [...]»
^Statuto, su unavoceitalia.org, Una Voce Italia. URL consultato il 2 luglio 2021.
^Cristina Campo, su unavoceitalia.org, Una Voce Italia. URL consultato il 2 luglio 2021.
«Voluto fortemente da Cristina Campo e da lei stilato – "scritto direttamente in italiano da V. C. Guerrini, il testo è stato completato e minuziosamente messo a punto dalla stessa, soprattutto per ciò che concerne la liturgia", come spiegherà anni dopo il teologo Guérard des Lauriers – è un curioso esempio di testo non letterario della scrittrice, un saggio di prosa polemica in cui Cristina si espone con il suo vero nome.»
^ Associazione Una Voce (a cura di), Una Voce (Bollettino), numero unico, Roma, Tipografia Sallustiana, dicembre 1966-gennaio 1967, p. 3. URL consultato il 2 luglio 2021. Ospitato su unavoceitalia.org.
^Il numero 1 anno 1977 di Conoscenza religiosa, riporta, indicandole come "poesie sacre", il Diario bizantino più altre poesie della Campo insieme a Il cuore ferito di Teresa di Avila secondo il capitolo 29 della "Vita" di Guido Ceronetti, gli Inni di Efrem Siro curati dalla Campo e La leggenda del nostro pio e santo Padre Kendea il Taumaturgo di Kypros Chrysanthis, tradotta da Fabrizio Frigerio.
«Zolla mi raccontò che era stato un trapasso molto difficile, che le mancava l'ossigeno. Ma mi disse anche che prima di morire Cristina gli aveva lanciato un sorriso aperto, accorato, perfetto, che lui non avrebbe mai dimenticato»
«Il libro non ha avuto per ora una sola recensione, se si esclude lo scritto da ubbriaco che le accludo per divertirla. Laurenzi, Ceronetti, Milano, De Sanctis ne hanno offerte ai loro giornali – sono state rifiutate senza finzioni.»
(Cristina Campo, lettera ad Alessandro Spina)
Carteggio, lettera CLIV del 14 dicembre 1971, p. 221
Bibliografia
A. A. (Antonello Altomonte), Intervista a Cristina Campo, Il Tempo, 16 aprile 1972.
Appassionate distanze. Letture di Cristina Campo, Tre Lune 2006.
Andrea Galgano, La bellezza in fuga di Cristina Campo, in Mosaico, Aracne 2013, pp. 61–66.
Alessandro Giovanardi, (a cura di), Poesia e preghiera nel Novecento. Clemente Rebora, Cristina Campo, David Maria Turoldo, Pazzini Editore, Villa Verucchio (RN), 2003, pp. 47–60.
Maria Antonietta (Letizia Cesarini), Sette ragazze imperdonabili. Un libro d'ore, Rizzoli, 2019
Aldo Marroni, Cristina Campo e il rito della scrittura, in "Ágalma. Rivista di studi culturali e di estetica", n.23, aprile 2012 (fascicolo monografico "Scrittori o scriventi?").
Aldo Marroni, Cristina Campo e l'estetica del sentire rituale, in «Estetiche dell'eccesso. Quando il sentire estremo diventa 'grande stile'», Quodlibet, Macerata, 2012.
Massimo Morasso, In bianca maglia di ortiche. Per un ritratto di Cristina Campo, Milano, Marietti 2010.
Margherita Pieracci Harwell, Cristina Campo e i suoi amici, Roma, Studium, 2005.
Francesco Ricossa, Cristina Campo o l'ambiguità della tradizione, Centro Librario Sodalitium 2005.
Giovanna Scarca, Nell'oro e nell'azzurro. Poesia della liturgia in Cristina Campo, Milano, Ancora 2010.
Alessandro Spina, Conversazione in piazza Sant'Anselmo. Per un ritratto di Cristina Campo, Milano, Scheiwiller, 1993 (ried. Morcelliana, 2002).
Elena Stancanelli, "Le lettere al futuro di Cristina Campo" (Anniversari), La Repubblica, 26 febbraio 2017.
Marco Toti, "Un capitolo delle relazioni tra Cristianesimo e "orientamento tradizionale" John Lindsay Opie e Cristina Campo - A proposito di un libro recente", in Hans Thomas Hakl (editore), Octagon, Gaggenau, 2017, vol. 3, n. 10, pp. 157–172.
Nicola Di Nino (a c.), «Con lievi mani». Sulle traduzioni di Cristina Campo nel centenario della nascita, Cahiers d’études italiennes, n.36, 2023; online: https://journals.openedition.org/cei/11904