«Le visionnaire du XIVe siècle, croyant interpréter les signes des temps pour anticiper le futur, est-il un marginal, fou et illuminé, persécuté pour ses idées, accusé pour son hétérodoxie et voué aux gémonies de l'Église et de la société? Au contraire, l'exemple catalan montre que, loin d'être des asociaux, nos prophètes ont été accueillis à la cour royale et adulés par la bourgeoisie montante; certains ont même occupé d'importantes charges ecclésiastiques; l'un d'entre eux a été canonisé.»
(IT)
«Il visionario del XIV secolo, colui che crede di interpretare i segni dei tempi per anticipare il futuro, è forse un marginale, un folle ed esaltato, perseguitato per le sue idee, accusato per la sua eterodossia e destinato al ludibrio della Chiesa e della società? Tutto il contrario: l'esempio catalano mostra che, lungi dall'essere degli asociali, i profeti erano accolti alla corte reale e adulati dalla borghesia in ascesa; alcuni hanno persino occupato importanti cariche ecclesiastiche; uno di loro [Vicent Ferrer] è stato canonizzato.»
Nel 1378 avvenne lo scisma d'Occidente, e, dopo una iniziale incertezza, la Corona d'Aragona si schierò con decisione dalla parte del papaavignonese, ossia l'antipapa Clemente VII, scelto dai cardinali francesi che ritenevano non valida l'elezione di papa Urbano VI. Alla morte di Clemente VII nel 1394 fu eletto papa dai cardinali di obbedienza avignonese proprio quel Pero de Luna che il giovane domenicano aveva conosciuto a corte, e assunse il nome di Benedetto XIII. Il nuovo pontefice scelse Vicent Ferrer come suo confessore personale e consigliere, e lo nominò penitenziere apostolico: il frate rifiutò però la nomina a cardinale che Benedetto XIII gli offrì.
Schieratosi, fin dall'inizio dello scisma, dalla parte del papa avignonese, nel settembre del 1398, durante l'assedio di Avignone da parte di Carlo VI di Francia (che non aveva riconosciuto l'elezione di Benedetto XIII), Vicent Ferrer cadde gravemente malato: egli stesso attribuì la repentina guarigione a un intervento di Gesù Cristo, che gli sarebbe apparso in visione insieme ai santi Domenico e Francesco d'Assisi e gli avrebbe ordinato di dedicarsi all'esortazione delle folle cristiane in vista dell'imminente avvento dell'anticristo.
Ottenuto il permesso di lasciare la corte pontificia, e ricevuto il titolo di legatoa latere, Vicent Ferrer trascorse i successivi vent'anni della sua vita come predicatore, attraverso l'Europa occidentale, ma soprattutto la penisola iberica, favorendo, grazie alla sua abilità oratoria, al tono apocalittico dei suoi sermoni e alla fama di taumaturgo, numerose conversioni di pubblici peccatori e anche di alcuni musulmani ed ebrei.
Dal 1409 al 1415 percorse la Castiglia, l'Aragona e la Catalogna. Egli,con le sue prediche, riusciva a sollevare disordini antiebraici; piombò più di una volta nelle sinagoghe, cacciandone i fedeli e proclamando che d'ora in poi quel luogo sarebbe divenuto una chiesa. Attraverso Ferrer, si stima, che si ebbero 35.000 conversioni forzate di ebrei.
Vicent si impegnò molto per comporre lo scisma d'Occidente, dapprima tentando di convincere Gregorio XII a riconoscere l'autorità di Benedetto XIII, poi cercando di persuadere lo stesso Benedetto a rinunciare alla carica insieme agli altri due papi, e favorire l'elezione di un nuovo vescovo di Roma. Alla fine, di fronte all'ostinato rifiuto di Benedetto, anche Ferrer avrebbe acconsentito alla decisione del sovrano aragonese di sottrarre l'obbedienza al "papa Luna": con la capitolazione di Narbona, del 1415, il re Ferdinando I sottrasse la propria obbedienza a Benedetto XIII, che pure era stato il principale artefice della sua elezione al trono della Corona d'Aragona tre anni prima. Spettò proprio a Vicent Ferrer annunciare ufficialmente al popolo la sottrazione dell'obbedienza da parte del re d'Aragona, Valencia e Maiorca. Dopo questo atto ufficiale, però, il domenicano interruppe tutti i rapporti con la corte: si rifiutò sempre di recarsi al concilio di Costanza e preferì dedicarsi in modo completo alla predicazione itinerante.
Alla morte di Ferdinando, fu suo figlio Alfonso il Magnanimo a inviare gli ambasciatori della Corona d'Aragona al Concilio di Costanza: ma anche di fronte alla richiesta fattagli dal Magnanimo di partecipare al Concilio, Ferrer rispose con un rifiuto. Alfonso riconobbe poi come papa legittimo Martino V Colonna, eletto dal conclave formato dai cardinali presenti a Costanza e dai rappresentanti dei padri conciliari.
Vicent Ferrer s'immedesimava a tal punto nella propria missione, da autodefinirsi nelle sue prediche "l'angelo dell'Apocalisse".
Fu proprio la predicazione a renderlo particolarmente conosciuto: pur parlando soltanto valenciano, il frate veniva compreso da tutti i presenti. Le agiografie imputano questo fatto all'intervento dello Spirito Santo, ma si tratta anche di un dato interessante sulla situazione linguistica del tempo: le diverse lingue neolatine erano meno differenziate tra di loro rispetto a oggi (soprattutto nel lessico) e il continuum linguisticocatalano (nel cui ambito il valenciano si caratterizza per una pronuncia più marcata delle diverse vocali[2]), trovandosi in qualche modo al centro della "Romània", poteva fare da ponte tra queste lingue, come castigliano, aragonese, occitano, francese e italiano.
I sermoni di Vicent Ferrer erano estremamente popolari, ma anche causa di tensioni e controversie. Spesso egli si scatenava con violenta durezza contro gli ebrei, invitando le autorità delle città a cacciarli, o per lo meno a emanare leggi che limitassero molto la loro libertà. Nel 1416 il teologo francese Jean Gerson gli scrisse una lettera in cui lo rimproverava di non aver preso le distanze da un turbolento gruppo di fanatici flagellanti che lo accompagnavano nelle sue campagne di predicazione e diffondevano soprattutto le tematiche apocalittiche delle sue prediche.[3]
Durante i suoi viaggi, Ferrer raccoglieva anche "testimonianze" sull'anticristo, che con il passare del tempo divenne sempre più oggetto della sua predicazione. Sulla base delle affermazioni di alcuni religiosi caduti in trance, egli maturò la certezza che l'anticristo fosse nato nel 1402, e che dunque l'inizio della sua missione fosse imminente.
Predicatore di grandissima fama, era dotato di un forte carisma personale, godendo dell'attenzione sia delle masse sia dei potenti; attraversò gran parte dell'Europa a piedi, e condusse un modello di vita austero. Insigne studioso, scrisse molti trattati, tra cui il "Trattato della vita spirituale" e una raccolta di sermoni che fu strumento di formazione ed evangelizzazione per generazioni di religiosi.
Dopo la sua morte, tuttavia, a diffonderne la fama furono soprattutto i prodigi operati per sua intercessione. È l'unico santo della Chiesa a essere stato canonizzato dopo il riconoscimento di più di ottocento miracoli, testimoniati da migliaia di deposizioni al suo processo di canonizzazione. Secondo i suoi agiografi «era un miracolo quando non faceva miracoli»;[5] ne avrebbe compiuto decine ogni giorno: malati guariti, indemoniati liberati, morti risuscitati, peccatori, eretici e non-cristiani convertiti. Tra i molti miracoli che lo vedono protagonista nelle leggende, sono due quelli che lo resero particolarmente noto: l'aver portato la pioggia sui campi colpiti dalla siccità e l'aver salvato un muratore da una caduta.[6] Per questa ragione l'intercessione del santo è ancora oggi invocata dai contadini per i benefici del raccolto, ed egli è anche venerato come patrono dei muratori. Viene poi pregato contro i fulmini e i terremoti, e per allontanare le malattie, soprattutto le più gravi.
Ancora oggi la devozione per questo santo medievale è diffusa in varie zone del mondo, in particolare nelle zone che hanno avuto contatti con l'Ordine Domenicano o con gli Spagnoli (come l'America Latina). Tra queste zone vi è anche l'Italia, dove spesso è considerato quasi come un santo italiano.
Opere e scritti
De moderno schismate, trattato teologico-canonico, che mira a dimostrare la legittimità di Clemente VII,
De vita spirituali, trattato di spiritualità, probabilmente il più diffuso al termine del Medioevo,
Sermones, discorsi suddivisi secondo i tempi liturgici e il calendario.
Fra i trattati:
De supponitionibus dialecticis,
De suppositionibus terminorum,
Quaestio solemnis de unitate universalis,
Tractatus novus et valde compendiosus contra perfidiam Iudaeorum,
Tractatus consolatorius in tentationibus circa fidem,
Liber de sacrificio Missae,
Ordinaçions y establisements pera la Confraria de la preçiosa Sanch de J. C., anomenada dels disciplinants.
Iconografia
San Vincenzo Ferreri è raffigurato con l'abito domenicano (saio bianco e mantello nero), con l'indice della mano rivolto verso il cielo e la fiamma dello Spirito Santo ardente sul capo. Molto spesso stringe una croce o regge un giglio.
Nei dipinti, ma anche nelle statue, è talvolta raffigurato come angelo dell'apocalisse: ha, quindi, le ali, e regge la tromba e a volte il libro della Bibbia aperto al versetto di Ap 14,7[7]: «Timete Deum et date illi honorem quia venit hora judici eius» ('Temete Dio e dategli onore poiché è giunta l'ora del suo giudizio').
Le principali caratteristiche con cui è raffigurato il santo si possono dunque riassumere così:
l'indice destro levato (segno che indica l'atto del predicare),
con una banderuola o una bandiera, una colomba, il sole e il giglio (segni della predicazione della guerra santa),
un cappello ai suoi piedi (segno del rifiuto del cardinalato),
Contigliano (RI), pala di Onofrio Avellino raffigurante san Vincenzo Ferreri che intercede per liberare il paese infestato dai lupi (1723), nella collegiata di San Michele Arcangelo
Garda (VR), pala d'altare di Gaspare Diziani (1764), nella chiesa di Santa Maria Assunta
.Genova, Chiesa Santa Maria di Castello: Guarigione di San Vincenzo di Giovanni Battista Paggi (1554-1627)
Genova, Chiesa Santa Maria di Castello : Predica di San Vincenzo fanciullo, di Luciano Borzone (1590 - 1645)
Genova, Chiesa Santa Maria di Castello : La Regina d'Aragona assiste all'estasi di San Vincenzo di Andrea Ansaldo (1584 - 1638)
Genova, Chiesa Santa Maria di Castello: Predica di San Vincenzo, di Giuseppe Palmieri (1677 ca - 1740)
Gesualdo (AV), statua settecentesca di preziosa fattura napoletana, acquistata ad Avellino nel 1736 è custodita nella chiesa del Santissimo Rosario annessa all'ex convento dei Domenicani
Imola (BO), pala d'altare di Ercole Graziani (1688-1765), nella chiesa dei Santi Nicolò e Domenico
Roma, tela di Tiziano Vecellio (il domenicano raffigurato normalmente viene identificato con san Domenico, ma in passato si è anche ritenuto che raffigurasse san Vincenzo Ferreri),[9] alla Galleria Borghese
Valencia, tavola del Jacomart, forse la rappresentazione più impressionante, secondo Sadoc Bertucci: il santo tiene nella sinistra un libro e nella destra una banderuola (o nastro) su cui è scritto il versetto biblico: «Timete Dominum et date illi honorem quia venit hora iudicii eius», nella cattedrale
^Michael A. Ryan. A Kingdom of Stargazers. Ithaca, London: Cornell University Press, 2011, p. 173.
^ Nicolò Morelli, Vite de Re di Napoli, con lo stato delle scienze, delle arti, della navigazione, del commercio e degli spettacoli sotto ciascun sovrano: Volumi 1-2, Napoli, G. Nobile, 1849.
^ Albert J. Herbert, I morti resuscitati, Segno, p. 155.179.
^Secondo la tradizione viva ancora oggi a Barcellona, l'antipapa Benedetto XIII (da Ferrer creduto papa legittimo) aveva proibito al santo di operare altri miracoli, perché questi scatenavano il fanatismo della gente. Quando Ferrer vide un uomo cadere dal tetto di una casa, avrebbe ordinato a un angelo di tenere l'uomo sospeso per aria; dopo essere corso a chiedere al suo confessore il permesso per operare il miracolo, il domenicano sarebbe poi ritornato sul posto a salvare la vita al malcapitato. Questo aneddoto si racconta ancora oggi nella zona del Portal de l'Àngel (Porta dell'angelo), nel quartiere antico della capitale catalana.
^Ap 14,7, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
^ Maurizio Vitella, Il tesoro della chiesa madre di Erice, Trapani, Il pozzo di Giacobbe, 2004, p. 45.
^Per esempio, nel catalogo della mostra su Tiziano tenuta a Venezia (Ca' Pesaro) nel 1935, l'opera è intitolata "San Vincenzo Ferreri". Cfr. Museo d'arte moderna Ca' Pesaro, Gino Fogolari e Nino Barbantini (a cura di), Mostra del Tiziano, Venezia 1935: catalogo delle opere, Prefazione di Diego Valeri, Venezia, Le Tre Venezie (Tip. Zanetti), 1935.
Paolo Mira, La devozione di Turbigo a san Vincenzo Ferreri e il dipinto di Baldassare Verazzi, in Bollettino Storico per la Provincia di Novara, vol. 100, n. 1, Società Storica Novarese, 2009.
Ennio Grossi, La storia e il culto di San Vincenzo Ferrer, voll. 1,2,3/I, Edizioni Kirke, Avezzano 2013-2014-2015.
Nicolò Morelli, Vite de Re di Napoli, con lo stato delle scienze, delle arti, della navigazione, del commercio e degli spettacoli sotto ciascun sovrano: Volumi 1-2, Napoli, G. Nobile, 1849.
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