Morfina

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Morfina
Nome IUPAC
(5α,6α)-7,8-dideidro-4,5-epossi-17-metilmorfinan-3,6-diolo
Caratteristiche generali
Formula bruta o molecolareC17H19NO3
Massa molecolare (u)285.342 g/mol
Numero CAS57-27-2
Numero EINECS200-320-2
Codice ATCN02AA01
PubChem5288826 CID 5288826
DrugBankDBDB00295
SMILES
CN1CCC23C4C1CC5=C2C(=C(C=C5)O)OC3C(C=C4)O
Proprietà chimico-fisiche
Costante di dissociazione acida (pKa) a 298 K8,2
Solubilità in acqua149 mg/L (60 mg/mL per il solfato)
Temperatura di fusione255 °C (solfato)
Dati farmacologici
Categoria farmacoterapeuticaOppioidi - Analgesico - Narcotico
Dati farmacocinetici
Biodisponibilità~ 25% (per via orale), ~ 100% (IV);
Metabolismo90% epatico
Emivita1,5-6 ore
Escrezione90% per via urinaria, 10% per via biliare
Indicazioni di sicurezza
Simboli di rischio chimico
Irritante

La morfina è il più abbondante e principale alcaloide contenuto nell'oppio, estratto dalla linfa essiccata fuoriuscita dal profondo taglio effettuato sulle capsule immature prodotte dal papavero da oppio (Papaver somniferum). La morfina è stato il primo principio attivo estratto da una fonte vegetale ed è uno degli almeno 50 alcaloidi di diversi tipi presenti nell'oppio. La morfina è generalmente contenuta in un 8-17 per cento del peso a secco dell'oppio, anche se può raggiungere il 26 per cento in alcune specie. La varietà dei papaveri come Przemko e Norman sono utilizzati per produrre due altri alcaloidi, tebaina e papaverina, utilizzati nella sintesi di oppioidi come ossicodone e etorfina e altre sostanze semi sintetiche. Il Papaver bracteatum (Lindley) è una specie da cui si ottiene molta tebaina. La presenza di morfina in altri papaverales e Papaveracee, così come in alcune specie di luppolo e alberi non è stata confermata. La morfina è prodotta in modo predominante nelle prime fasi del ciclo di vita della pianta. Passato il punto ottimale di estrazione, si arriva ai vari processi nello stabilimento di produzione di codeina, tebaina, ossicodone, quantità trascurabili di idromorfone, diidromorfina, diidrocodeina, tetraidrotebaina e idrocodone.

Viene utilizzata in medicina come analgesico per il trattamento del dolore acuto e cronico. Agisce rapidamente se somministrata in via endovenosa (EV) o sottocutanea (SC). Per via orale (OS), in forma di sciroppo o compresse, invece si deve attendere un arco di 20-60 minuti prima di sentirne l'effetto analgesico. La morfina instaura rapidamente una fase di assuefazione e tolleranza, ovvero la necessità di aumentarne le dosi per poter risentire l'effetto analgesico ottenuto precedentemente con minori dosaggi. Oltre a questo problema si instaura anche una dipendenza sia fisica che psicologica da questa sostanza, fatto sgradevole che può verificarsi dopo alcune settimane di uso giornaliero standard. È necessario scalare gradatamente il dosaggio senza interrompere bruscamente la terapia per non incorrere in una sindrome di astinenza.

Usi medici

Trattamento del dolore

La morfina viene utilizzata principalmente per il trattamento del dolore grave, sia acuto che cronico. Viene utilizzata anche per gestire il dolore causato dall'infarto del miocardio e per i dolori del parto.[1] La durata del suo effetto analgesico è tra circa tre e sette ore.[1][2]

Tuttavia, esistono preoccupazioni circa il fatto che la morfina possa aumentare la mortalità in un quadro di infarto miocardico senza elevazione del tratto ST.[3] La morfina viene tradizionalmente utilizzata nel trattamento dell'edema polmonare acuto,[1] anche se una revisione del 2006 ha riscontrato poche prove a sostegno di tale pratica.[4] Un revisione della Cochrane Collaboration del 2016 ha concluso che la morfina è efficace nell'alleviare il dolore oncologico. Gli effetti collaterali, come nausea e stipsi, sono raramente abbastanza gravi tanto da giustificare l'interruzione del trattamento.[5]

Dispnea

La morfina a rilascio immediato è utile nel ridurre il sintomo della dispnea dovuta sia da un tumore che da altre cause non oncologiche.[6][7] In un quadro di dispnea a riposo o da sforzo minimo dovuta a condizioni di cancro avanzato o allo stadio terminale di una malattia cardiorespiratoria, un regolare e a basso dosaggio rilascio prolungato di morfina può ridurre in modo significativo la dispnea in modo sicuro, con vantaggi che si mantengono nel tempo.[8][9]

Disturbi associati all'assunzione di oppiacei

La morfina è disponibile come formulazione a lento rilascio, per la terapia sostitutiva degli oppiacei in Austria, la Bulgaria, la Slovenia e anche, per i tossicodipendenti che non possono tollerare né il metadone o la buprenorfina.[10]

Effetti indotti

Le prime assunzioni di morfina sono spesso prive di effetti definiti come piacevoli, mentre disturbi come nausea, sonno e confusione mentale, che compaiono dopo una assunzione prolungata nel tempo, sono legati all'azione degli oppioidi su una zona del cervello nota come area postrema, al di fuori della barriera ematoencefalica e non ad una specifica tossicità. L'effetto è comunque in parte soggettivo e dipende dalla modalità di assunzione e dalla tolleranza individuale. La morfina produce una sensazione di euforia ed una forte sensazione di benessere fisico generalizzata; vi è uno stato di abbassata reattività psicofisica associata a brevi momenti di confusione e ottundimento dei sensi; provoca sedazione. Si avverte un'acuta sensazione di calore (orgasmo sessuale) e ci si sente trasportati in una dimensione estremamente diversa e piacevole. Il pensiero diventa vivace e fluido, i problemi "svaniscono" e ci si sente rilassati, isolati e fortemente sollevati dal dolore. Con il tempo e il ripetersi delle assunzioni, l'organismo sviluppa sia dipendenza sia assuefazione (fisica e mentale) agli effetti; le sensazioni piacevoli durano sempre meno e sono sempre meno intense e il tossicomane deve aumentare gradualmente la dose per ottenere gli stessi risultati. All'inizio del consumo abituale di morfina è relativamente facile mantenere una vita normale, ma poco a poco, oltre a quella psicologica, si instaura la dipendenza fisica, perciò diventa sempre più difficile staccarsi dalla sostanza e inizia a svilupparsi il bisogno di assumerne in continuazione, a qualsiasi costo, con effetti devastanti sulla socialità e sulla salute mentale.

Effetti avversi

Effetti collaterali indesiderati sono:

L'uso prolungato può provocare tolleranza e dipendenza fisica e psichica, cioè:

  • può indurre una riduzione della produzione degli oppioidi endogeni (in presenza di un prodotto esterno, il nostro organismo, per risparmiare energia, riduce una propria funzione fisiologica), dando luogo a dipendenza fisica;
  • può provocare l'insorgere di atteggiamenti ansiosi, tipici di una dipendenza psichica.

Costipazione

Come la loperamide e altri oppioidi, la morfina agisce sul plesso mioenterico nel tratto intestinale, riducendo la motilità intestinale e causando costipazione. Gli effetti gastrointestinali della morfina sono mediati dai recettori μ-oppioidi nell'intestino. Inibendo lo svuotamento gastrico e riducendo la peristalsi dell'intestino, la morfina riduce la velocità di transito intestinale. La riduzione della secrezione intestinale e il maggiore assorbimento di liquidi intestinali contribuiscono all'effetto costipante. Gli oppioidi possono agire indirettamente sull'intestino generando spasmi intestinali tonici dovuti all'inibizione della produzione di ossido nitrico.[11]

Squilibri ormonali

L'uso di morfina, come altri oppioidi, provoca ipogonadismo e squilibri ormonali nei consumatori cronici di entrambi i sessi. Questo effetto è dose-dipendente e si verifica sia nei consumatori con intenti terapeutici che ricreativi. La morfina può interferire con le mestruazioni perché sopprime l'ormone luteinizzante. Molti studi suggeriscono che la maggior parte dei consumatori cronici di oppioidi soffra di ipogonadismo. Questo effetto aumenta l'incidenza dell'osteoporosi e delle fratture ossee degli utilizzatori cronici. Gli studi suggeriscono che l'effetto è temporaneo.[12][13]

Effetti sulle capacità sensoriali e motorie

La maggior parte delle pubblicazioni riporta che gli oppioidi compromettono in minima parte le capacità sensoriali, motorie o di attenzione. Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato alcuni danni causati dall'uso di morfina. La morfina compromette l'eccitazione complessiva del SNC e riduce la velocità di risposta al test dell'ala Maddox (una misura della deviazione degli assi visivi). Sono presenti pochi studi riguardo agli effetti della morfina sulle capacità motorie; un'elevata dose di morfina può compromettere il movimento delle dita e la contrazione isometrica (cioè il controllo motorio fine).[14]

La morfina può avere un impatto negativo sulla memoria,[15] ma questi effetti sono minimi e transitori. Nel complesso, sembra che alte dosi di oppioidi in soggetti non tolleranti producano minori effetti sulle capacità sensoriali e motorie, e probabilmente anche sull'attenzione e cognizione.

È probabile che gli effetti della morfina siano più pronunciati nei nuovi consumatori rispetto ai consumatori cronici di oppioidi. Nei consumatori cronici di oppioidi, come quelli in terapia con analgesici oppiacei, i test comportamentali hanno mostrato il normale funzionamento di percezione, cognizione, coordinazione e comportamento.

Sindrome d'astinenza

I sintomi della crisi di astinenza da morfina sono progressivi e vanno aumentando fino a raggiungere il culmine dopo circa tre giorni; oltre questo tempo regrediscono nell'arco di tre-sette giorni, anche se ancora per alcuni mesi il soggetto può avvertire dolenzia diffusa, ansia, leggeri tremori, insonnia e sensazione di freddo.

Il decorso acuto si può dividere in quattro fasi:

  • I grado: da sei a dodici ore dall'ultima assunzione cominciano a manifestarsi sudorazione, rinorrea, sbadigli e salivazione; il sonno è profondo ma agitato.
  • II grado: dopo 24 ore i sintomi si accentuano, e gli sbadigli possono essere tanto forti da arrivare a lussare la mandibola; compare una forte lacrimazione e le pupille si dilatano (pupille midriatiche); compaiono tremori e scosse muscolari, e la pelle diventa fredda e sudata con peli rizzati (sindrome del "tacchino freddo") poi caldane, febbre con brividi e totale anoressia.
  • III grado: tra 24 e 48 ore i sintomi si accentuano ancora e si aggiungono innalzamento della temperatura corporea, insonnia, irrequietezza, inappetenza con grave depressione respiratoria e vasomotoria, si ha nausea e forti contrazioni intestinali con vomito e diarrea.
  • IV grado: tra 48 e 72 ore la crisi raggiunge il suo massimo: tremiti e brividi squassano tutto il corpo e la sensazione di freddo è molto intensa. Gli spasmi e le scosse muscolari fanno scalciare e compaiono crampi muscolari seguiti da dolori forti e diffusi a carico delle ossa.

Come già detto, oltre le 72 ore tutti i sintomi regrediscono lentamente. La crisi nell'adulto non è letale, nei neonati di madre eroinomane o morfinomane invece la crisi di astinenza che si verifica subito dopo il parto è mortale se non viene trattata con somministrazione via via decrescente di morfina per alcuni giorni.

Tossicità

La LD 50 di morfina solfato per l'uomo non è nota con esattezza. In caso di grave dipendenza da farmaci, possono essere tollerati 2000–3000 mg al giorno.[16]

Intossicazione acuta (overdose)

Anche se l'organismo si abitua gradualmente alla morfina e derivati, può accadere che la dose assunta (incidentalmente o intenzionalmente, o ancora per nuova assunzione dopo un periodo di astinenza prolungata, in cui l'organismo ha ridotto la tolleranza) sia troppo elevata, inducendo uno stato di intossicazione acuta che è letale se non viene curato immediatamente. La sindrome da overdose è specifica e inconfondibile, diagnosticabile dalla presenza di tre sintomi: miosi, respirazione ridotta o assente e coma. Il sovradosaggio può causare asfissia e morte per depressione respiratoria se il paziente non riceve assistenza medica immediata.[17]

Intossicazione cronica

L'uso cronico conduce a uno stato di intossicazione la cui gravità dipende molto dal dosaggio medio assunto, dal tipo di droga, dalla sua purezza e dal modo in cui viene assunta; se tratta di droghe "da strada", a questi fattori si aggiungono altre patologie dovute alla scarsa o inesistente igiene e alle sostanze mescolate alla morfina base per diluirla (in genere lattosio o mannite, ma a volte anche polvere di marmo o sostanze tossiche come stricnina, piombo o chinino)[senza fonte], per cui può essere difficile separare gli effetti diretti dell'intossicazione da morfina da quelli secondari dello stile di vita del tossicomane.

In ambito terapeutico un'intossicazione cronica incombe solo se la terapia supera le 3 settimane per almeno 30 mg di morfina orale al giorno pari a 5–10 mg per uso endovenoso.

Fisicamente, i sintomi sono pelle secca e sudorazione facile, stitichezza, alterazioni dentarie, dimagrimento progressivo, problemi epatici, cuore polmonare cronico (polmone da narcotici), una serie di malattie renali, immunitarie ed allergiche. Si possono riscontrare lesioni al cervello e al sistema nervoso centrale e periferico; compaiono alterazioni della vista (miosi estrema, nistagmo, atrofia del nervo ottico fino alla cecità) e dell'udito.

Dal punto di vista comportamentale e psichico il soggetto è ansioso, irrequieto, ha scarso appetito. L'attività sessuale è ridotta o assente. Il carattere si modifica profondamente: il consumatore abituale diventa apatico, indifferente, privo di iniziativa: è interessato principalmente alla droga. Tutti gli impegni, di qualunque genere, finiscono per essere trascurati, come anche l'affettività. Vengono colpite anche le funzioni intellettive: la memoria e l'attenzione si indeboliscono.[senza fonte]

Terapia delle intossicazioni acute e croniche

L'intossicazione acuta è di esclusiva competenza medica e va trattata in rianimazione, come anche le complicanze eventuali; quella cronica richiede assolutamente, per avere successo, la ferma e costante volontà del tossicomane a collaborare, e inizia con lo "svezzamento", o graduale con sostitutivi (metadone e altri agonisti o antagonisti della morfina) o brusco con sedativi e benzodiazepine, clonidina, doxepina, antidolorifici e antidepressivi. A questa segue una psicoterapia della durata di almeno due anni, individuale o di gruppo, coadiuvata dalla somministrazione di naltrexone che evita ricadute casuali bloccando l'effetto piacevole della droga. Sembra che tali terapie siano più efficaci se svolte in particolari comunità residenziali. Si inizia contemporaneamente a preparare il ritorno del paziente nella vita sociale e lavorativa, con corsi professionali, apprendistato o altri metodi di inserimento.

Il trattamento dell'overdose prevede la somministrazione di naloxone, o un qualsiasi antagonista dei recettori oppioidi (come l'amifenazolo) e sottoporre il paziente a rianimazione, cercando di ripristinare la funzione respiratoria. Complicanze letali che possono sopraggiungere, specie se il soggetto è affetto da cardiopatie o tossicodipendente, sono edema polmonare, insufficienza cardiaca destra (cuore polmonare acuto), infarto, e paralisi intestinale, che vanno trattate con terapia rianimativa e sintomatica. Gli antagonisti dei recettori oppioidi possono comportare l'insorgenza immediata della sindrome di astinenza nei soggetti dipendenti da oppiacei. Possono essere necessarie diverse dosi di naloxone.[17]

Farmacologia

Farmacodinamica

La morfina è l'oppioide prototipico ed è lo standard in base al quale vengono testati gli altri oppioidi.[18] Interagisce prevalentemente con l'eteromero dei recettori oppioidi μ – δ.[19][20] I siti di legame μ sono distribuiti nel cervello, e sono concentrati prevalentemente nell'amigdala posteriore, ipotalamo, talamo, nucleo caudato, putamen e alcune aree corticali. Si trovano anche sugli assoni terminali degli afferenti primari all'interno delle lamine I e II del midollo spinale e nel nucleo spinale del nervo trigemino.[21]

In particolare mimano l'azione delle endorfine, manifestando un'azione agonista nei confronti dei recettori oppioidi di tipo μ e agonista parziale nei confronti dei recettori δ, provocando, così, svariati effetti:

  • bloccano il rilascio dei neurotrasmettitori a livello pre-sinaptico;
  • si legano sulla membrana postsinaptica al recettore μ, del tipo GPCR (accoppiato a proteina G), attivando la subunità alfa la quale, essendo di tipo Gi-inibitorio-, andrà ad inattivare l'adenilatociclasi; l'enzima inibito non catalizzerà più la reazione di ciclizzazione dell'ATP ad cAMP e in questo modo la concentrazione dell'AMP ciclico diminuirà notevolmente;
  • provocano l'efflusso di ioni potassio dal neurone post-sinaptico: in questo modo la cellula si iperpolarizzerà e risulterà refrattaria all'eccitazione.

Tutto questo provoca l'inibizione della trasmissione nocicettiva periferica al sistema nervoso centrale e influenza l'emotività e il comportamento: in assenza di morfina tali recettori sono bersaglio naturale degli oppioidi endogeni, in particolare endorfine e encefaline, due classi di sostanze sintetizzate dall'organismo per attenuare il dolore. L'effetto è una potentissima azione analgesica unita alla depressione del centro cerebrale preposto al controllo della respirazione.

Due farmaci, il naloxone e il naltrexone, sono in grado di spostare le molecole di morfina e analoghi dai recettori cerebrali, interrompendone l'azione: in particolare l'azione del naloxone è estremamente rapida, cosa che lo rende un farmaco salvavita in caso di intossicazione acuta da oppiacei (overdose). Il naltrexone invece si lega in modo più duraturo a tali recettori e inibisce l'azione di oppio e derivati per un periodo prolungato nel tempo, e si usa nella disintossicazione per impedire l'effetto eccitatorio della droga.

Farmacocinetica

La morfina può essere assunta per via orale, sublinguale, buccale, rettale, sottocutanea, intranasale, endovenosa, intratecale o epidurale e inalata tramite un nebulizzatore. A scopi ricreativi è più comune l'inalazione; per scopi medici l'iniezione endovenosa. La morfina è soggetta ad un ampio metabolismo di primo passaggio, quindi, se assunta per via orale, solo il 40-50% della dose raggiunge il sistema nervoso centrale. I livelli plasmatici risultanti dopo iniezione sottocutanea, intramuscolare ed endovenosa sono del tutto comparabili. Dopo iniezione i livelli plasmatici di morfina raggiungono il picco in circa 20 minuti mentre dopo somministrazione orale si raggiunge il picco in circa 30 minuti.[22] La morfina viene metabolizzata principalmente nel fegato e circa l'87% della dose viene escreta nelle urine entro 72 ore dalla somministrazione. La morfina viene metabolizzata principalmente in morfina-3-glucuronide (M3G) e morfina-6-glucuronide (M6G) via glucuronidazione da parte dell'enzima UDP-glucuronosil transferasi-2B7 ( UGT2B7 ).[23] Circa il 60% della morfina viene convertito in M3G, mentre il 6% - 10% viene convertito in M6G.[24] Il metabolismo può avvenire anche nel cervello e nei reni. M3G non si lega al recettore degli oppioidi e non ha alcun effetto analgesico. M6G si lega ai recettori μ ed ha effetto analgesico potente la metà rispetto alla morfina. La morfina può essere metabolizzata in piccole quantità in normorfina, codeina e idromorfone. Il tasso di metabolismo è determinato da sesso, età, dieta, genetica, malattie e uso di farmaci. L'emivita della morfina è di circa 120 minuti, con lievi differenze tra uomini e donne. La morfina può essere immagazzinata nel grasso e può essere rilevata anche dopo la morte. La morfina può attraversare la barriera ematoencefalica, ma, a causa della scarsa solubilità lipidica, del legame con le proteine, della coniugazione rapida con acido glucuronico e della ionizzazione, non la attraversa facilmente. L'eroina, che deriva dalla morfina, attraversa più facilmente la barriera emato-encefalica, per questo è più potente.

Biosintesi

Lo stesso argomento in dettaglio: Oppio.

La morfina è l'alcaloide più abbondante nell'oppio, il lattice che viene estratto incidendo in profondità i baccelli acerbi del papavero della specie P. somniferum. La morfina rappresenta generalmente l'8–14% del peso secco dell'oppio,[25] sebbene i cultivar appositi raggiungano il 26% o producano poca morfina (meno dell'1%). Queste ultime varietà, tra cui "Przemko" e "Norman", vengono utilizzate per produrre altri due alcaloidi, la tebaina e l'oripavina utilizzate nella fabbricazione di oppioidi semisintetici e sintetici come l'ossicodone e altri tipi di droghe.

Storia

Un elisir a base di oppio è stato attribuito ad antichi alchimisti, ma la formula specifica è stata presumibilmente persa durante la conquista ottomana di Costantinopoli. Intorno al 1522, Paracelso fece riferimento ad un elisir a base di oppio che chiamò laudano, che significa "lodare", descritto come un potente antidolorifico, ma ne raccomandò un uso parsimonioso. Nel diciottesimo secolo, quando la Compagnia delle Indie ottenne un interesse diretto nel commercio dell'oppio in India, un altro oppiaceo chiamato laudano divenne molto popolare tra i medici e i loro pazienti. La morfina è stata scoperta come il primo alcaloide attivo estratto dalla pianta di papavero da oppio nel dicembre 1804 a Paderborn, in Germania, da Friedrich Sertürner.[26]
Il farmaco è stato prima commercializzato al pubblico da Serturner nel 1817 come analgesico, ma anche come trattamento per la dipendenza da oppio e da alcolici. La produzione commerciale iniziò a Darmstadt, in Germania nel 1827 da parte della farmacia che è diventata la casa farmaceutica Merck, che dalla vendita di morfina ha avuto una gran parte della sua crescita e sviluppo. Poco dopo ci si è resi conto che la morfina dava più dipendenza dell'alcool o oppio, e il suo ampio uso durante la guerra civile americana si sarebbe tradotto in più di 400.000 malati "del soldato": malattia della dipendenza da morfina.

Diacetilmorfina (eroina)

La Diacetilmorfina (meglio conosciuta come eroina) è stata sintetizzata dalla morfina nel 1874 e introdotta sul mercato dalla Bayer nel 1898. L'eroina è circa dalle 4 alle 12 volte più potente della morfina in base ai mg assunti di morfina. A causa della gran solubilità lipidica, la diacetilmorfina è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica più velocemente della morfina come l'idromorfone o il fentanyl, per poi far aumentare la tolleranza e causare l'insorgere della dipendenza. Utilizzando una varietà di misure soggettive e obiettive, uno studio ha stimato la potenza relativa di eroina versus morfina somministrata per via endovenosa ai tossicodipendenti da 2,80-3,96 mg di solfato di morfina a 1 mg di cloridrato di diamorfina (eroina).[senza fonte]

Note

  1. ^ a b c Morphine Sulfate, su drugs.com, The American Society of Health-System Pharmacists. URL consultato il 3 aprile 2011.
  2. ^ Charles A. Rockwood, Rockwood and Wilkins' fractures in children., 7th, Philadelphia, Pa., Lippincott Williams & Wilkins, 2009, p. 54, ISBN 978-1-58255-784-7.
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Bibliografia

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