Fu prefetto del Tribunale della Segnatura Apostolica dal 13 ottobre 1623 al 18 marzo 1628 e governatore di Tivoli dal 9 maggio 1624 al 1632. Acquistò il manoscritto dello storico tiburtino Antonio del Re, dedicato alle antichità tiburtine, inserendolo nella sua ricca biblioteca di Palazzo Barberini.
Il 14 novembre 1644 optò per l'ordine dei preti e mantenne il titolo di San Lorenzo in Damaso; il 23 ottobre 1645 optò per l'ordine dei vescovi ed ebbe la sede suburbicaria di Sabina, mantenendo il titolo di San Lorenzo in Damaso. Il 5 novembre dello stesso anno fu ordinato vescovo dal cardinale Girolamo Colonna, assistito da Giovan Battista Scannarolli vescovo di Sidon e da Bernardino Panicola, vescovo di Ravello e Scala.
L'11 ottobre 1666 optò per le sedi suburbicarie di Ostia e Velletri, sempre mantenendo il titolo di San Lorenzo in Damaso.
Barberini fu un appassionato umanista e un cultore di storia ecclesiastica e riunì intorno a sé un folto circolo di eruditi.[1] Oltre ai numerosi scritti e alle composizioni poetiche in latino, rimasti inediti, fu autore della prima traduzione italiana dei Ricordi di Marco Aurelio, stampata a Roma senza il nome dell'autore nel 1675[2], con le varianti del testo originale tratte dal Codex Vaticanus Graecus 1950, l’unico manoscritto completo dell'opera dell'imperatore[3], che allora si trovava ancora nella biblioteca dell'abate Stefano Gradi.[4][5]
^Antonio Minto, Le vite dei pittori antichi di Carlo Roberto Dati e gli studi erudito-antiquari nel Seicento, Leo S. Olschki, 1952, p. 13.
«Oltre al Falconieri, di quell'«agmen eruditorum», che riconosceva per duce supremo il cardinale Francesco Barberini, facevano parte, Leone Allazio (1586-1660), bibliotecario della Vaticana, il dotto lucchese Agostino Favorito, che fu poi elevato alla dignità di Segretario del sacro Collegio cardinalizio da papa Chigi; Francesco Gothofredus, cavaliere romano, che, per la sua preziosa collezione di monete greche, si acquistò l'amicizia e l'ammirazione dello Spanhemius, unitamente a Francesco Gualdo, padovano, possessore di una fra le più ricche raccolte di gemme antiche. Oltre ai nominati, appartennero a questa schiera: Alessandro Pollini, l'abate Gradi, Benedetto Mellini, che fu poi bibliotecario di Cristina di Svezia, Giovan Battista Casale, Francesco Angeloni, Lionardo Agostino, l'antiquario del card. Barberini, successo nel 1655 a Nicolò Menghini nella sovraintendenza delle antichità; questi ultimi ci sono ricordati da Cassiano dal Pozzo, per le ricche collezioni di medaglie, cammei, vasi e statue antiche. Il più insigne del gruppo antiquario fu il gesuita Anastasio Kircher di Fulda, che, più che tedesco, può chiamarsi romano, pel suo lungo soggiorno nella città eterna, ove spiegò la sua grande attività di collezionista. A lui dobbiamo quella ricca raccolta etrusca e romana di bronzi, di statue, di ciste, di specchi, di mosaici, che fu la più considerevole nel Seicento, e per la quale meritò gli elogi di Gisberto Cuper.»