Si distinse nel bombardamento delle batterie costiere di Caorle, e promosso luogotenente di vascello finì la campagna di guerra sulla fregata San Michele[1] impegnata con la squadra alla ricerca della flotta austriaca tra le foci del Piave e del Tagliamento e nel blocco di Trieste.[2] Ritiratosi dal servizio attivo per motivi di famiglia, fu richiamato in servizio attivo da Alfonso La Marmora, Ministro della Guerra e della Marina del Regno di Sardegna e nominato addetto navale presso all'ambasciata sarda a Londra,[1] dove conobbe e sposò, il 29 ottobre 1851, la signorina Agnese Huddleston.[2]
Nel 1865 ottenne il comando della pirofregata corazzataCastelfidardo, in forza alla squadra di evoluzione dell'ammiraglio Giovanni Vacca,[2] e con la sua unità fu inviato a Tunisi in missione politico-diplomatica, a sostegno degli emigrati italiani, distinguendosi per saggezza[N 2] ed abilità.[1] In Tunisia il Regno d'Italia aveva dislocato diverse forze navali, al comando del contrammiraglio Giovan Battista Albini, nel tentativo di porre una ipoteca su future conquista territoriali.[2]
Nel maggio 1866 fu promosso a capitano di vascello di 1ª classe e assunse il comando della pirofregata corazzata Re d'Italia,[1] al comando della quale, dopo l'inizio della terza guerra d'indipendenza italiana, imbarcò a Taranto il comandante in capo dell'armata navale ammiraglio Carlo Pellion di Persano, navigando con lui fino ad Ancona, dove si riunì alla flotta, tra molte difficoltà dovute al fatto che si verificarono principi di incendi ai carbonili della nave.[2]
Riunitosi con la sua unità al resto della flotta, il 20 luglio dello stesso anno prese parte nell'Adriatico alla battaglia di Lissa.[3]
Ma nel corso della battaglia, la Re d'Italia a bordo del quale si trovava inizialmente anche l'ammiraglio Persano, che poi trasbordò sull'ariete corazzato Affondatore nel corso del combattimento, affondò. La Re d'Italia, avvistata di prora una unità nemica che gli attraversava la rotta, su suo ordine diede macchina indietro e, annullando in pratica l'abbrivio, finì per rimanere praticamente immobile al centro del combattimento.[2] Di questo fatto approfittò la corazzata austriaca Erzherzog Ferdinand Max che speronò l'unità italiana.[2] Secondo le migliori tradizioni marinaresche Faà di Bruno, già ferito ad una gamba, perì con la sua nave.[1] In seguito gli fu attribuita la medaglia d'oro al valor militare.[3]
La Regia Marina lo ha voluto più volte onorare intitolandogli cannoniera corazzata del 1896 (mentre nel 1874 gli era stata intitolata la costituenda Reale Scuola Nautica e di Costruzioni di Pizzo, in Calabria[4]), un monitore del 1917, e un sommergibile oceanico nel 1936, poi affondato in Oceano Atlantico nel 1940. Una via di Alessandria porta il suo nome.
Viene citato nel componimento A una torpediniera nell'Adriatico[5], compresa nella raccolta Odi Navali di Gabriele D'Annunzio.
^Era fratello maggiore del beato Francesco Faà di Bruno, presbitero e scienziato (professore di scienze fisiche e matematiche all'università di Torino), e di Giuseppe (sacerdote e missionario).
^Egli operò una mediazione tra le posizioni dei pescatori di corallo italiani e tunisini, ricevendo i complimenti dello stesso bey che poi lo insignì di una propria decorazione.
Paolo Alberini e Franco Prosperini, Uomini della Marina, 1861-1946, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Marina Militare, 2016, ISBN978-8-89848-595-6.
Ettore Bravetta, La grande guerra sul mare. Vol.1, Milano, Mondatori, 1925.
Ettore Bravetta, La grande guerra sul mare. Vol.2, Milano, Mondatori, 1926.
Giuliano Colliva, Uomini e navi nella storia della marina militare italiana, Milano, Bramante Editrice, 1972.
Gaetano Carolei e Guido Greganti, Le Medaglie d'oro al Valo Militare 1848-1870, Roma, Grafischena, 1950, p. 210.
Luigi Donolo, Il Mediterraneo nell'Età delle rivoluzioni 1789-1849, Pisa, Pisa University Press, 2012, ISBN978-88-6741-004-0.
Domenico Guerrini, Lissa (1866), Torino, F. Casanova & C., 1908.
Angelo Iachino, La campagna navale di Lissa (1866), Milano, Mondadori, 1966.
Albert Lumbroso, La battaglia navale di Lissa nella storia e nella leggenda, Roma, Libreria editrice della "Rivista di Roma", 1910.
Piero Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino, Einaudi, 1962.