Eraclio "Elio" Petri[2][3][4] nacque il 29 gennaio 1929 a Roma, in via dei Giubbonari, in una famiglia di artigiani: il nonno e il padre erano artigiani nel settore della lavorazione del rame. La madre lavorava in una latteria gestita da parenti. Insieme con loro viveva una nonna che ebbe una certa influenza sull'educazione di tipo repressivo ricevuta da Elio. Anche per questa ragione, da bambino Elio, figlio unico, trascorreva il suo tempo libero per strada.
Appena adolescente decise di abbracciare in maniera profonda gli ideali della sinistra, aderendo alla federazione giovanile del Partito Comunista Italiano[5] (ritirerà l'adesione al partito dopo i fatti della rivolta ungherese firmando per il "Manifesto dei 101";[6] fu tuttavia tra i firmatari che ritrattarono, ritirando l'adesione, insieme allo storico Paolo Spriano, al pittore Lorenzo Vespignani, all'architetto Carlo Aymonino, allo scrittore Mario Socrate. Costoro motivarono la loro decisione per l'avvenuta diffusione del documento che, per quanto loro risultava, doveva invece rimanere un contributo per il dibattito interno). Ebbe un buon rapporto con il padre, con il quale la domenica spesso andava a nuotare nel Tevere. D'estate si recavano insieme anche al mare, a Ostia, dove trascorrevano l'intera giornata.
Petri dichiarerà in una intervista con Dacia Maraini[7] che per la sua educazione ebbero influenza la madre per il lato affettivo, il padre come modello sociale e la nonna per il suo rigore morale. A quindici anni cominciò la sua passione per il giornalismo e per il cinema, che lo portò a iscriversi ai circoli del cinema e a scrivere sui bollettini delle associazioni cinematografiche. Successivamente, nel 1949, cominciò a scrivere su l'Unità, su Gioventù Nuova, come critico cinematografico.
Gli esordi
Attraverso un amico, Petri conobbe il regista Giuseppe De Santis ("Il mio unico maestro del cinema è stato Peppe") che gli chiese una mano a condurre un'inchiesta, sotto forma di dossier di interviste, per un film che stava realizzando: Roma ore 11 (1952).
Fu tra i frequentatori dell'osteria Fratelli Menghi, noto punto di ritrovo per pittori, registi, sceneggiatori, scrittori e poeti tra gli anni quaranta e gli anni settanta. Tra il 1953 e il 1960, Petri incominciò a collaborare al soggetto e alla sceneggiatura di film di diversi registi: oltre al già citato Giuseppe De Santis, Giuseppe Amato, Guido Brignone, Aglauco Casadio, Veljko Bulajić, Enzo Provenzale, Carlo Lizzani, Gianni Puccini e Leopoldo Savona. In quegli stessi anni, condusse le prime esperienze di regia, realizzando due cortometraggi: Nasce un campione (1954) e I sette contadini (1957).
All'età di 32 anni girò il suo primo lungometraggio, L'assassino (1961), film, a tema poliziesco, di analisi psicologica che nonostante alcuni problemi con la censura fu accolto sotto buoni auspici. Il protagonista del film era Marcello Mastroianni del quale era diventato amico durante le riprese del film di Giuseppe De Santis Giorni d'amore. Nella sua prima opera sono già presenti i temi fondamentali del suo cinema: la nevrosi e il potere.
Da I giorni contati a Un tranquillo posto di campagna
Nel 1962, dopo aver sposato a Roma Paola Pegoraro, diresse I giorni contati, film che narra la crisi esistenziale di uno stagnaro romano e che si giovava di una grande prova attoriale di Salvo Randone, nel suo unico ruolo da protagonista al cinema. Nel suo terzo film lavorò con Alberto Sordi in Il maestro di Vigevano (1963), tratto dall'omonimo libro di Lucio Mastronardi.
Nel 1964, insieme con Giuliano Montaldo e Giulio Questi, si dedicò alla realizzazione di un documentario sull'industria dell'erotismo dal titolo Nudi per vivere, uscito in realtà come realizzato dal regista immaginario Elio Montesti (nome composto dai nomi degli autori reali: Elio stava per Petri, Mont per Montaldo e esti per Questi). Successivamente, nel 1965, si cimentò, ancora con Mastroianni, nel fantascientifico La decima vittima, ispirato a un racconto di Robert Sheckley, affermato autore statunitense del genere fantastico.
A quel punto, le difficoltà con i grandi produttori lo spinsero a lavorare con produttori esordienti, come nel caso di A ciascuno il suo (1967), tratto da un romanzo di Leonardo Sciascia e interpretato da Gian Maria Volonté, Irene Papas e Gabriele Ferzetti. Nel film emergeva con chiarezza una propensione al cinema d'impegno civile (o cinema politico) che troverà compiuta espressione nella "trilogia sulla nevrosi" degli anni settanta.
Nello stesso anno (1970) Petri firmò il suo film più noto, il primo capitolo della cosiddetta trilogia della nevrosi: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (che rappresenta il senso di onnipotenza dato dal potere: nevrosi del potere), con un Gian Maria Volonté in stato di grazia nel ruolo di un commissario di polizia che uccide la propria amante (Florinda Bolkan) ma che, nonostante si dichiari colpevole, non viene di fatto punito dai colleghi, preoccupati di difendere la reputazione dell'apparato. Il film ottenne un grandissimo consenso da parte del pubblico e l'anno seguente si aggiudicò l'Oscar al miglior film straniero.
Elio Petri appare in due camei nei suoi film: in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, s'intravede brevemente seduto tra coloro che assistono al discorso di insediamento del commissario alla direzione dell'ufficio politico; ne Le mani sporche, s'intravede nella prima parte dello sceneggiato nel ruolo di uno dei partecipanti a una riunione di partito, dove, insieme con altri, è intento a scendere le scale e a congedarsi da un altro membro del partito.
Todo modo
Nel 1976 Petri portò al cinema un altro romanzo di Sciascia, Todo modo, tratto dal romanzo omonimo, che racconta il grottesco decadimento di una classe dirigente nella descrizione di un'assise dei vertici della Democrazia Cristiana presso un albergo-eremo allo scopo di praticare degli esercizi spirituali. Il film si avvale delle interpretazioni di Gian Maria Volontè, Marcello Mastroianni, Ciccio Ingrassia e Mariangela Melato e delle musiche di Ennio Morricone.
Nel 1982 Petri si accingeva a girare con Mastroianni Chi illumina la grande notte, ma, ammalato di cancro, morì il 10 novembre, all'età di 53 anni, senza poter dare inizio alle riprese del film. È tumulato presso il cimitero Flaminio di Prima Porta a nord di Roma, accanto alla tomba dove riposa il padre.
Archivio
L’archivio personale di Elio Petri è conservato a Torino presso l’Archivio Storico del Museo Nazionale del Cinema.
1968 – Regista del miglior film per A ciascuno il suo
1968 – Migliore sceneggiatura per A ciascuno il suo
1971 – Regista del miglior film per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto
1971 – Miglior soggetto originale per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto
Omaggi
Nel 2005 gli è stato dedicato il documentario Elio Petri. Appunti su un autore di Federico Bacci, Nicola Guarneri e Stefano Leone, presentato alle Giornate degli Autori alla Mostra del Cinema di Venezia dello stesso anno.
^Dacia Maraini, E tu chi eri?, in Elio Petri. Catalogo della mostra. Palazzo del Cinema, 31 agosto - 11 settembre, Venezia, RAI-ERI/La Biennale di Venezia, 1983, pp. 29-38.
^Petri:"Non allestirò l'Anfitrione per le tribolazioni del Teatro Stabile", in La Stampa, n. 42, 2 marzo 1977.
^Due prime a Genova, su La Stampa, 21 gennaio 1981, p. 17.