La editio princeps (dal latino; plurale editiones principes) è la prima edizione a stampa di un'opera apparsa precedentemente all'invenzione della stampa e tramandata manoscritta sino ad allora. L'opera è stampata nella stessa lingua in cui fu originariamente scritta dal suo autore e pertanto l'editio princeps non è mai una traduzione.
L'espressione è usata per i testi dell'antichità e del Medioevo e soprattutto per le opere latine e greche,[1] ma, con lo stesso criterio appena enunciato, vale anche per le opere italiane (e di altre lingue) tramandate manoscritte sino all'invenzione della stampa. Perciò si parla correttamente di editio princeps della Divina Commedia di Dante Alighieri, mentre non è corretto parlare di editio princeps de I promessi sposi di Alessandro Manzoni.[2]
A partire dalla fine dell'Ottocento, alcuni ritrovamenti papiracei avvenuti in Egitto, soprattutto dei papiri di Ossirinco, hanno permesso di pubblicare opere altrimenti perdute di autori greci come Bacchilide, Eroda e Menandro: tali edizioni sono a tutti gli effetti editiones principes. Lo stesso discorso va fatto per i papiri di Ercolano, il cui svolgimento sta riportando alla luce opere filosofiche epicuree.
Importanza
L'editio princeps è sempre imprescindibile per l'edizione critica di un testo, anche se non è necessariamente la redazione più attendibile di quel testo, per vari motivi. In particolare, se il testo ha una lunga tradizione di redazioni manoscritte, è possibile (e piuttosto probabile) che la prima redazione a stampa sia stata realizzata senza un accurato confronto delle fonti. Altri due motivi possono essere indicati nella fretta di pubblicare e diffondere i testi con il nuovo sistema di produzione appena inventato (la stampa a caratteri mobili) e nella gara fra i tipografi per essere i primi a stampare questo o quel classico. Infine, nessun'opera a stampa, come qualunque altra realizzazione umana, è esente da errori.
Molte editiones principes attestano un testimone della tradizione poi andato perduto. Manca per le vicissitudini del tempo, o perché l'hanno rovinato i tipografi nell'uso o è stato deliberatamente distrutto da essi dopo la prima stampa, divenuto inutile ai loro occhi. In qualche caso, addirittura, l'editio princeps fu redatta sull'unico testimone esistente poi scomparso: in questo caso ha il massimo valore che un'edizione può avere.
Qui di seguito appare un elenco di editiones principes suddivise per lingua[3]. Avvertenza:
Le sezioni delle opere latine sono state scorporate per la loro mole;
La sezione delle opere greche è completata da un elenco di "Traduzioni latine precedenti", storicamente rilevanti perché precedettero le editiones principes dei testi greci (il che avvenne in molti casi, sia perché il latino era più conosciuto sia perché i caratteri greci erano rari almeno nel Quattrocento), ma che non sono editiones principes in senso stretto, cioè non furono la prima edizione a stampa del testo originale.
A cura di Bonus Accursius,[4] stampato forse da Giovanni Antonio Onate.[5] Di Teocrito contiene soltanto 12 idilli; i restanti furono pubblicati da Aldo Manuzio nel 1496 (v. infra).[6]
È la prima edizione con data certa, essendo datata nel colophon 22 aprile 1486.[7] Esiste però un'edizione senza note tipografiche, il cui unico esemplare superstite è conservato nella John Rylands University Library, che Robert Proctor attribuisce a Tommaso Ferrando[8] di Brescia, collocandola cronologicamente attorno al 1474.[9]
Senza data. Al colophon: «Ἐγράφη ἐν Ἐνετίαις δαπάνῃ καὶ δεξιότητι Ἄλδου τοῦ φιλέλληνος καὶ Ῥωμαίου», "Fu scritto a Venezia a spese e con la destrezza di Aldo filelleno e romano". Contiene anche la traduzione latina di Marco Musuro, forse stampata dopo.[13]
Comprende tutte le opere di Aristotele in cinque volumi, tranne la Poetica e la Retorica, e quelle di Teofrasto, tranne i Caratteri.[14] Si tratta della prima opera completa uscita dalla tipografia di Aldo Manuzio. L'edizione verrà sostituita definitivamente solo nel XIX secolo, con quelle di I. Bekker e J. G. Schneider[15].
Contiene 30 idilli, di cui dodici erano già stati pubblicati nel 1480 circa (v. supra) e sette erano stati latinizzati da Martino Filetico nel 1482 (v. infra). Comprende altre opere di Esiodo, Teognide e Dionisio Catone.
A cura di Marco Musuro. Sta in: Epistolae diversorum philosophorum, oratorum, rhetorum sex & viginti. Contiene solo le lettere che nelle edizioni moderne costituiscono i primi due libri. Altre settantadue lettere, provenienti da manoscritti viennesi e vaticani, sono state pubblicate nel 1715 (v. infra) da Stephan Bergler, a costituirne il terzo libro.
A cura e a spese di Demetrio Calcondila. Al colophon: «Impressum Mediolani impensa & dexteritate d. Demetrii Chalcondyli, Ioannis Bissoli, Benedicti Mangii Carpensium, 1499 die XV novembris». La tiratura fu di 800 copie, al prezzo di vendita di 4 scudi d'oro ciascuna.[16]
A cura di Scipione Carteromaco. Al colophon: «Venetiis in aedib. Aldi mense Novem. M.D.IIII». Esiste una reimpressione, fatta dallo stesso Aldo sempre con la data del 1504, ma con differenze nella marca tipografica sul frontespizio, che dai bibliografi è assegnata cronologicamente al 1513 circa.[20]
A cura di Eufrosino Bonini.[24] Con dedica di Angelo Colocci a papa Leone X. Al colophon: «Florentiae in aedibus Philippi iuntae anno virginei partus humanaeque salutis M.D.XVII. die xxvii mensis Augusti».[25]
A cura di Francesco Torresano. È l'editio princeps del testo originale greco, contenuta in coda all'edizione aldina delle opere di Apuleio, col titolo Isagogicus liber Platonicae philosophiae per Alcinoum philosophum Graece impressus. La traduzione latina di Pietro Balbi era già uscita nel 1469 (v. infra).
A cura di Erasmo da Rotterdam. Fu preceduta dalla traduzione latina di Jacopo d'Angelo stampata per la prima volta a Vicenza da Hermann Lichtenstein nel 1475 (v. infra).
A cura di Piero Vettori. Il volume conteneva anche le Sententiae di Porfirio, la Vita Porphyrii di Eunapio (che fa parte delle sue Vitae sophistarum) e i Commentari al De Partibus Animalium di Aristotele di Michele di Efeso.[40]
A cura dello stesso Carolus Stephanus. Mancano i libri VI (Iberico) e VII (Annibalico), che furono editi nel 1557 a Ginevra da Henri Estienne, e il libro IX (Illirico), che fu edito nel 1599 ad Augusta da Hans Schultes a cura di David Höschel.[41]
L'opera fu stampata in greco con traduzione latina a fronte. È composta da 18 libri: i primi 14 appartengono a un manoscritto bizantino dell'XI secolo. Nel 1482Ludovico Lazzarelli aggiunse tre libri (l'Asclepio). Nel 1554 il Turnebus pubblicò per primo il testo greco. Inserì dopo il XIV libro un altro trattato, pertanto i tre libri del Lazzarelli furono numerati XVI, XVII e XVIII. La versione latina dei primi quattordici libri è quella realizzata da Ficino nel 1460-63 (Pimander)[45].
A cura di Conrad Gessner, con la traduzione latina di Guilielmus Xylander. Titolo al frontespizio: De seipso seu vita sua libri XII. Data nella prefazione.
A cura dello stesso Henricus Stephanus. Contiene tutti e quindici i libri superstiti, cinque dei quali (XVI-XX) erano però già stati pubblicati nel 1539 (v. supra), mentre una traduzione latina dei primi cinque era stata edita nel 1472 (v. infra).
Sul frontespizio: «Graece nunc primum editum». Le traduzioni latine delle Pyrrhoniae hypotyposes e degli Adversus mathematicos furono pubblicate rispettivamente nel 1562 e nel 1569 (v. infra).
A cura di Stephan Bergler. Sono pubblicate per la prima volta settantadue lettere, provenienti da manoscritti viennesi e vaticani, che costituiscono il terzo libro. I primi due libri erano già stati editi nel 1499 (v. supra).
Traduzione latina di Giorgio di Trebisonda,[62] eseguita tra il 1448 ed il 1450. L'edizione omette l'ultimo dei 15 libri, a causa dell'utilizzo di un manoscritto incompleto. Iniziando con quella di Andrea Contrario del 1454, questa traduzione fu oggetto di molte critiche.[67]
Traduzione latina di Marsilio Ficino su committenza di Cosimo de' Medici, completata nel 1463. Il volume, il cui titolo per esteso è Pimander, sive De potestate et sapientia Dei, è la traduzione di 14 dei 18 testi che compongono il Corpus Hermeticum.[70][71]
Traduzione latina di Poggio Bracciolini.[72] Contiene solo i primi cinque libri. L'editio princeps del testo originale greco fu pubblicata nel 1559 (v. supra).
Traduzione latina di Pier Candido Decembrio. Comprende, oltre alla Praefatio, i libri completi Libico (VIII), Siriaco (XI), Mitridatico (XII) e i cinque delle Guerre civili (XIII-XVII), con frammenti ed excerpta del Celtico (IV) e dell'Illirico (IX).[73]
Traduzione latina di Ambrogio Traversari, compiuta tra il 1424 e il 1433.[74] L'edizione è senza note tipografiche.[75] L'editio princeps del testo originale greco fu pubblicata nel 1533 (v. supra).
Traduzione latina di Martino Filetico. Contiene soltanto 7 idilli. L'editio princeps del testo originale greco di 12 idilli fu pubblicata nel 1480 circa e dei restanti nel 1496 (v. supra).
Traduzione di Marsilio Ficino. Fu stampato nella tipografia di San Jacopo di Ripoli, a spese di Francesco Berlinghieri e Filippo Valori, allievi del Ficino. Il contratto fu stipulato il 25 gennaio 1483 da Domenico da Pistoia e Lorenzo Alopa per la tiratura di 1025 esemplari, ma, dopo la morte di frate Domenico avvenuta nel luglio 1484, Lorenzo finì da solo di stampare il volume, firmandolo nel colophon (c. SS10v): «Impressum Florentie per Laurentium Venetum».[83]
1484
Claudio Tolomeo, Quadripartitum. Centiloquium cum commento Hali
Pubblicato il 15 gennaio 1484. Traduzione latina del Tetrabiblos effettuata su esemplari iberici manoscritti del XII secolo. Contiene anche il Centiloquium, attribuito a Tolomeo, consistente in una raccolta di sentenze astrologiche.
Edizione originale in lingua svedese (completata nel 1373), tradotta in latino dal confessore di Santa Brigida, Alfonso de Pecha (1330-1389), e poi stampata nel 1492 dai monaci brigidini di Vadstena[84].
Traduzione latina dello stesso Henri Estienne. Sul frontespizio: «Graece nunquam, Latine nunc primùm editum».[87] L'editio princeps del testo originale greco fu pubblicata nel 1621 (v. supra).
Traduzione latina di Gentien Hervet (1499-1584). Sul frontespizio: «Graece nunquam, Latine nunc primum editum». Contiene anche le Pyrrhoniae hypotyposes e l'opera di GalenoContra academicos & Pyrrhonios. L'editio princeps del testo originale greco fu pubblicata nel 1621 (v. supra).
È la cosiddetta edizione "Deo gratias", perché finisce con tali parole. Pur essendo senza note tipografiche, è ritenuta l'editio princeps[90]. Fu seguita da quelle di Christoph Valdarfer (Venezia 1471) e di Pietro Adamo de' Micheli (Mantova 1472).
Fu finita di stampare a Foligno l'11 aprile 1472 dal tipografo Johannes Numeister, tedesco di Magonza, coadiuvato da Evangelista Angelini,[91] originario di Trevi.[92]
Trattasi propriamente di una traduzione italiana trecentesca degli Actus beati Francisci et sociorum eius. È Il primo incunabolo dei Fioretti con data certa e perciò ne è ritenuto l'editio princeps, ma potrebbe essere stato preceduto da un'altra edizione dello stesso tipografo che stampò il Liber Apocalipsis a Roma attorno al 1469, identificabile con Ulrich Han o Sixtus Riessinger.
Editio princeps della Vita di Dante del Boccaccio, contenuta nella quinta edizione assoluta della Divina Commedia e la prima commentata, a cura di Cristoforo Berardi di Pesaro. Incipit: «Qui comincia la vita e costumi dello excellente poeta vulgari Dante alighieri di firenze honore e gloria delidioma fiorentino. Scripto e composto per lo famosissimo homo missier giouani Bocchacio da certaldo». In un sonetto al colophon: «De Spiera vendelin fu il stampatore / del mille quattrocento e settantasetti / correuan gli anni del nostro signore».
Traduzione latina di Gherardo da Cremona. Nel vol. III al colophon: «Mediolani, per magistrum Filippum de lauagnia huius artis stampandi in hac urbe primum latorem atque inuentorem, die xij februarij 1473».
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Tipografie di incunaboli nel XV secolo. Si conoscono 271 sedi, le più grandi indicate per nome.[97]
Proporzione dei libri stampati nel XV secolo per lingua.[97]
Proporzione dei libri stampati nel XV secolo per regione.[97]
^Questo è l'uso tecnico del termine nella prima edizione della celebre bibliografia di: Thomas Frognall Dibdin, An Introduction to the Knowledge of Rare and Valuable Editions of the Greek and Roman Classics, Glocester, printed by H. Ruff, 1802, passim. Ma lo si trova già, proprio nel senso di "The first edition of the Classics", nel catalogo d'asta a cura dei librai londinesi Samuel Baker e George Leigh: Bibliotheca Askeviana, sive catalogus librorum rarissimorum Antonii Askew, London, July 1774, passim e in particolare pp. IV-V.
^È importante avere ben chiaro tale concetto: l'editio princeps non è solamente una prima edizione o un'edizione originale, né un modo aulico o forbito di chiamare un'edizione originale. Per le opere pubblicate da un autore vissuto dopo l'invenzione della stampa, basta e avanza il concetto di edizione originale, non c'è bisogno di ricorrere al concetto di editio princeps.
^Le liste riportate non sono esclusive e/o complete. Nomi di autori e tipografi a volte sono riportati in latino e greco.
^I Giunti tipografi editori di Firenze, 1497-1570, parte I: Annali, 1497-1570, di Decio Decia, a cura e con un saggio introduttivo di Renato Delfiol, Firenze, Giunti Barbera, 1978, p. 101.
^ Luigi Ferreri, Aelii Theonis Progymnasmata, in Concetta Bianca [et al.] (a cura di), Le prime edizioni greche a Roma (1510-1526), Turnhout, Brepols, 2017, pp. 343-356, ISBN978-2-503-57029-7.
^ Decio Decia, I Giunti tipografi editori di Firenze 1497-1570, vol. 1: Annali 1497-1570, Firenze, Giunti Barbera, 1978, p. 129.
^Porphyry, On abstinence from killing animals, G. Clark (ed.), Cornell University Press, 2000, p. 22.
^Appiano, La storia romana, libri XIII-XVII: Le guerre civili, a cura di Emilio Gabba e Domenico Magnino, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 2001, p. 13.
^J. Z. Buchwald & D. G. Josefowicz, The Zodiac of Paris: How an Improbable Controversy over an Ancient Egyptian Artifact Provoked a Modern Debate between Religion and Science, Princeton University Press, 2010, p. 350.
^A. Grafton, Joseph Scaliger: Textual criticism and exegesis, 1983, p. 325.
^S. F. Johnson (ed.), The Oxford Handbook of Late Antiquity, OUP, 2012, p. 383.
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^Titolo completo: Iamblichi Chalcidensis ex Coele-Syria de mysteriis liber. Praemittur Epistola ad Anebonem Aegyptium codem argumento.
^Vito R. Giustiniani, Sulle traduzioni latine delle «Vite» di Plutarco nel Quattrocento, in «Rinascimento. Rivista dell'Istituto nazionale di studi sul Rinascimento», seconda serie, vol. I (1961), pp. 3-62.
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^Testo fotostatico, su echo.mpiwg-berlin.mpg.de. URL consultato il 1º giugno 2012 (archiviato il 13 giugno 2012).
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^Alberto Bacchi Della Lega, Serie delle edizioni delle opere di Giovanni Boccacci latine, volgari, tradotte e trasformate, Bologna, G. Romagnoli, 1875, p. 31.
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