In matematica, la dimensione di uno spazio vettoriale è la cardinalità di una sua base.[1] Se tale cardinalità è finita, la dimensione coincide con il numero di vettori che compongono la base considerata. È talvolta chiamata dimensione di Hamel o dimensione algebrica, per distinguerla da altri tipi di dimensione. Tutte le basi di uno stesso spazio vettoriale hanno la stessa cardinalità, come stabilisce il teorema della dimensione per spazi vettoriali, e dunque la dimensione di uno spazio vettoriale è univocamente definita. La dimensione di uno spazio vettoriale V {\displaystyle V} sul campo F {\displaystyle F} è indicata con dim F ( V ) {\displaystyle \dim _{F}(V)} . Si dice che V {\displaystyle V} è finito-dimensionale o infinito-dimensionale se la dimensione di V {\displaystyle V} è rispettivamente finita o infinita.
Si può vedere uno spazio vettoriale come un caso particolare di un matroide, e in quest'ultimo esiste una nozione di dimensione ben definita. La lunghezza di un modulo e il rango di un gruppo abeliano hanno entrambi molte proprietà simili alla dimensione di uno spazio vettoriale.
La dimensione di Krull di un anello commutativo, il cui nome si deve a Wolfgang Krull (1899-1971), è definita come il massimo numero di inclusioni strette nella catena crescente di ideali primi nell'anello.
La dimensione di uno spazio vettoriale può anche essere caratterizzata come la traccia dell'operatore identità. Ad esempio, tr id R 2 = tr ( 1 0 0 1 ) = 1 + 1 = 2 {\displaystyle \operatorname {tr} \ \operatorname {id} _{\mathbf {R} ^{2}}=\operatorname {tr} \left({\begin{smallmatrix}1&0\\0&1\end{smallmatrix}}\right)=1+1=2} . Questa definizione consente utili generalizzazioni.
Consente innanzitutto di definire una nozione di dimensione quando si ha una traccia ma non si dispone di una base in senso "naturale". Ad esempio, può succedere di avere un'algebra A {\displaystyle A} con una mappa η : K → A {\displaystyle \eta \colon K\to A} detta unità e una mappa ϵ : A → K {\displaystyle \epsilon \colon A\to K} corrispondente alla traccia, detta counità: la composizione ϵ ∘ η : K → K {\displaystyle \epsilon \circ \eta \colon K\to K} è uno scalare (essendo una trasformazione lineare su uno spazio monodimensionale) corrispondente alla "traccia dell'identità", e fornisce una nozione di dimensione per un'algebra astratta. In pratica, nelle bialgebre si richiede che questa mappa sia l'identità, che può essere ottenuta normalizzando la counità (per fare ciò, si divide per la dimensione: ϵ := 1 / n tr {\displaystyle \epsilon :=1/n\operatorname {tr} } ), così che in tali casi la costante di normalizzazione corrisponde alla dimensione.
In alternativa, si può considerare la traccia di operatori su spazi infinito-dimensionali: in tal caso una traccia (finita) è definita, anche se in assenza di una dimensione specificata, e fornisce una nozione di "dimensione dell'operatore". Tali problematiche si affrontano nello studio degli operatori di classe traccia (operatori nucleari) su spazi di Hilbert o spazi di Banach.
Una sottile generalizzazione si ottiene considerando la traccia di una famiglia di operatori, come spesso avviene nella teoria delle rappresentazioni. In tale contesto, il carattere di una rappresentazione è la traccia della rappresentazione, e dunque una funzione χ : G → K {\displaystyle \chi \colon G\to K} a valori in un campo di scalari K {\displaystyle K} definita su un gruppo G {\displaystyle G} , il cui valore sull'identità 1 ∈ G {\displaystyle 1\in G} è la dimensione della rappresentazione, mappa l'identità di G {\displaystyle G} nella matrice identità:
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