La famiglia Borrello ebbe origine dalla famiglia Valva[2], a sua volta discendente da quella dei Berardi[3][4], noti come Conti dei Marsi, entrambe di origine franca. Il fondatore fu Borrello Valva (Burrellus de Balba), signore di Borrello, feudo che da lui prese il nome, i cui discendenti furono identificati nei documenti come "figli di Borrello" (Burrelli filii), mentre il suo territorio come "Terra di Borrello" (Terra Burrelli)[5] o "Terra Borellense" (Terra Burellensis)[6]. Tale territorio era posto tra l'Abruzzo meridionale ed il Molise settentrionale e comprendeva nell'XI secolo oltre 50 feudi; i due in cui risiedevano maggiormente erano Agnone e Pietrabbondante[7]. I loro domini corrispondevano ai territori che costituivano il fulcro dell'antico gastaldatolongobardo di Bojano[8]. Con la mutata situazione politica dovuta all'affermazione dei Normanni, i Borrello seppero adattarsi ai cambiamenti. Con una mirata politica matrimoniale, un ramo della famiglia si insediò tra la Calabria e la Sicilia ed entrò nella ristretta cerchia di famiglie normanne, come gli Avenel, i Culchebret, i de Luci e i Mortain, vicine ai sovrani[9]. Difatti, un Roberto Borrello fu uno dei più fedeli collaboratori, insieme al normanno Giosberto de Luci, del gran conte Ruggero I di Sicilia. Successivamente, nel 1254, sotto l'imperatore Federico II di Svevia, un Guglielmo Borrello fu stratigoto di Messina e luogotenente del Regno di Sicilia[10]. Mentre nel 1431, sotto il re del Regno di NapoliAlfonso V d'Aragona, un Giovanni Borrello fu signore di Noto e capitano d'armi nella Val di Noto insieme al figlio Antonio[11][12]. Tra le altre, ha goduto di nobiltà anche a Benevento, Oliveto Citra e Palermo[3]. La casata risulta estinta.
Stemma
Esistono tre varianti dello stemma della famiglia Borrello:
Stemma originario dei Borrello: D'azzurro a tre bande d'oro col capo cucito d'azzurro caricato di tre gigli d'oro;
Stemma dei Borrello dell'Abruzzo e del Molise: Di rosso alla banda d'argento caricata di tre cornette di rosso;
Stemma dei Borrello di Sicilia: D'azzurro, seminato di gigli d'oro, alla fascia del secondo abbassata sotto due chiavi dello stesso addossate e poste in palo.
Giovanni Borrello, signore di Aversa, attestato nel 1304[19];
Tommasa e Margherita Borrello, sorelle, figlie di Raimondo Borrello, rispettivamente mogli di Berardo di Dinissiaco e Gentile di Balvano, documentate nel 1322[14][20];
Landolfo e Bartolomeo Borrello, fratelli, figli di Mario, signori di Strangolagalli, documentati nel 1322[19][21][22];
Jacobello Borrello, residente a Venezia nel 1334[19];
La famiglia Borrello era conosciuta anche come famiglia Agnone (anticamente Anglone, talvolta preceduti dalla preposizione d'), Malanotte (talvolta preceduta dalla preposizione di) o Pietrabbondante (talvolta preceduta dalla preposizione di) per il possesso che avevano i membri che costituivano ciascuna di esse dei feudi di Agnone, Malanotte (la contemporanea Montebello sul Sangro) e Pietrabbondante. Le famiglie Agnone, Malanotte, Pietrabbondante e Borrello costituiscono quindi la stessa casata ed usano tutte lo stesso stemma o stemmi pressoché identici. Nel dettaglio:
Famiglia Agnone: ebbe origine da Guglielmo, figlio di Gualtiero Borrello, attestato nel 1187, che fu signore di Agnone, Borrello, Castel del Giudice, Castiglione Messer Marino, Loreto Aprutino e Monteforte Irpino e viceré del Regno di Sicilia[14][16][26]. Fu marito prima di Sinibalda Caracciolo[27], figlia di Bartolomeo, signore di Fossaceca, e poi di una sorella del conte di Catanzaro Pietro Ruffo[28], e padre di Borrello[26]. Altri membri documentati della famiglia sono: Roberto, Riccardo e il giustiziereStefano, forse fratelli, attestati nel 1239[29][30]; i fratelli Rinaldo, Mario e Borrello, figli di Roberto, documentati nel 1298[14][15]; Borrello, conte di Agnone e Lesina e signore dell'onore di Monte Sant'Angelo, titolo «che mai declinò da personaggio che non fosse di sangue regio»[31][32], al quale fu offerto dal papa Alessandro IV la corona del Regno di Sicilia e infine fatto uccidere a Teano nel 1258 dal re Manfredi di Svevia[10][32][33]; Bonifacio, conte di Montalbano Jonico, zio materno di re Manfredi[31], morto carcerato in Provenza insieme a Giordano, questi conte di Giovinazzo e San Severino e gran connestabile del Regno, anch'egli parente del sovrano siciliano[31][34]; uno di questi fu marito di Taddea Cassone, che fu madre di Anfilisia, Gismonda e Sica, e nonna di Stefania[35], delle quali Anfilisia e Gismonda furono baronesse di Monteferrante[36], con quest'ultima moglie di Oderisio di Sangro[35][36], mentre Sica e Stefania rispettivamente mogli di due membri della famiglia Di Sangro, chiamati entrambi Berardo[36][37], tutte e quattro vissute nella seconda metà del XIII secolo insieme ad un'altra Sica, moglie di un altro Berardo di Sangro[35]; si ritrova da ultimo un'altra Stefania, andata in sposa a Tommaso d'Aquino[28][38]. Usarono prima uno stemma d'azzurro alle due chiavi d'oro addossate e poste in palo e seminate di gigli dello stesso[33], molto simile a quello dei Borrello di Sicilia, e poi di rosso alla croce latina d'oro[39];
Famiglia Malanotte: ebbe origine da Aminadap, attestato nel 1089 nel Catalogus baronum insieme al figlio Odorisio[15][16][40][41]. La famiglia sopravvisse fino al XV secolo, quando Laura, ultima discendente, andò in sposa a Gabriele Mascambruno[42][43][44]. Lo stemma che usava era identico a quello originario dei Borrello, ovvero d'azzurro a tre bande d'oro col capo cucito d'azzurro caricato di tre gigli d'oro;
Famiglia Pietrabbondante: ebbe origine da Rainaldo, conte di Pietrabbondante e signore di Campolieto e Frosolone[14][15][16], vissuto presumibilmente nel XIII secolo, nonostante la contea di Pietrabbondante fosse posseduta dalla famiglia Borrello già dal 957[4][15]. Un altro membro noto della famiglia fu Randisio, venerato come santo dalla Chiesa cattolica[45]. Lo stemma che usava era identico a quello originario dei Borrello, ovvero d'azzurro a tre bande d'oro col capo cucito d'azzurro caricato di tre gigli d'oro.
^ Carlo De Lellis e Domenico Confuorto, Discorsi postumi del signor Carlo De Lellis di alcvne poche nobili famiglie, con l'annotationi in esse, e supplimento di altri discorsi genealogici di famiglie nobili della città, e Regno di Napoli, del dottor signor Domenico Conforto, Napoli, 1701, p. 170.
^ Angelo Maria da Bologna, Araldo nel quale si vedono delineate e colorite le armi de' potentati e sovrani d'Europa, delle più conspicue d'Italia, varie di Francia, e Spagna con moltissime di famiglie ordinarie d'alcune città, arme di molte comunità e di molte religioni, M.S., Modena, Biblioteca Estense, passim.
^ Vincenzo Donnorso, Memorie istoriche della fedelissima, ed antica città di Sorrento, Napoli, 1740, p. 157.
^ Antonino Di Iorio, San Randisio Borrello da Pietrabbondante. Un inedito del XVIII secolo: "De burrellorum gente" di Pietro Pollidori, Roma, 1992, passim.
Biagio Aldimari, Memorie historiche di diverse famiglie nobili, così napoletane, come forastiere, Napoli, 1691, ISBN non esistente.
Filiberto Campanile, L'historia dell'illvstrissima famiglia Di Sangro, Napoli, 1625, ISBN non esistente.
Berardo Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, vol. 1 e 6, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 1875, ISBN non esistente.
Giovanni Vincenzo Ciarlanti, Memorie istoriche del Sannio chiamato oggi principato Ultra, contado di Molise, e parte di Terra di Lavoro, provincie del Regno di Napoli, vol. 4, Campobasso, 1823, ISBN non esistente.
Vincenzo Maria Coronelli, Biblioteca universale sacro-profana, antico-moderna, vol. 6, Venezia, 1706, ISBN non esistente.
Benedetto Croce, Montenerodomo: storia di un comune e di due famiglie, Bari, Laterza, 1919, ISBN non esistente.
Ferrante della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non comprese ne' Seggi di Napoli, imparentate colla Casa della Marra, Napoli, 1641, ISBN non esistente.
Filadelfo Mugnos, Teatro genologico delle famiglie nobili titolate fevdatarie ed antiche nobili del fidelissimo Regno di Sicilia viventi ed estinte, vol. 1, Palermo, 1647, ISBN non esistente.