Noto anche come "altopiano maggiore", si trova tra i territori dei comuni di Rivisondoli, Rocca Pia e Roccaraso, ad un'altitudine di circa 1265m s.l.m.[3]. È il più esteso del gruppo degli altipiani maggiori[4], da cui il nome alternativo di altopiano maggiore, estendendosi per circa 9 km in lunghezza ed 1 km in larghezza e ponendo in comunicazione la valle del fiume Gizio, affluente del Pescara, e la Valle Peligna a nord con quella del torrente Raso, affluente del Sangro, e l'Alto Sangro a sud; è sovrastato da alcune cime dei monti Marsicani (monte Genzana, monte Pratello e monte Rotella)[5]. I suoi 9 km circa di estensione, corrispondenti proprio a 5 miglia, che partono dalle sorgenti del torrente Raso fino ad arrivare fino al torrente San Leonardo, gli conferiscono la denominazione[6].
In passato le diligenze, per timore di assalti, soprattutto durante il periodo del brigantaggio, lo attraversavano a gran carriera, spesso scortate dalle guardie[7]. In inverno diverse volte i viandanti vi rimasero sepolti sotto la neve a causa delle forti bufere che vi si manifestavano[3]. Così avvenne ad esempio nell'anno 1528, quando perirono 300 mercenari arruolati dalla Repubblica di Venezia per combattere contro l'imperatore Carlo V d'Asburgo, e nell'inverno successivo quando trovarono la morte altri 500 tedeschi di Filiberto di Chalon, principe di Orange[3]. Lo stesso imperatore vi fece inoltre innalzare cinque torri e una taverna, non più presenti[3]. Passò qui anche la delegazione reale con il re Vittorio Emanuele II di Savoia nell'autunno del 1860 quando, dopo l'annessione dell'Abruzzo e delle Marche all'Italia, il sovrano si incontrò a Teano con Giuseppe Garibaldi per giungere infine a Napoli[4].
Completamente disabitato e spoglio di vegetazione, vi pascolano in estate greggi e mandrie[3], mentre in inverno con l'inversione termica si registrano spesso temperature minime quasi da record per gli Appennini: talvolta infatti, come rilevato dalla stazione meteorologica presente[8], nelle notti invernali con cielo sereno ed assenza di vento si possono raggiungere temperature minime di −30 °C, che lo portano ad essere etichettato come la "Siberia del Mediterraneo"[4].
Altopiano del Quarto Grande
L'altopiano del Quarto Grande, che deve la propria denominazione alle sue ampie dimensioni, seppur inferiori a quelle dell'altopiano delle Cinquemiglia, è situato alle falde meridionali del massiccio della Maiella, ad una quota di circa 1300m s.l.m., collegato a sud-est con l'altopiano di Quarto Santa Chiara[9]. Si sviluppa da nord a sud per circa 7 km con un dislivello di 300 m circa, mettendo in comunicazione il territorio di Cansano a nord con quello di Pescocostanzo a sud, ed è incastonato tra i monti Rotella, Pizzalto e Calvario[9]. Il suo centro di riferimento è il borgo di Pescocostanzo, seguito più a sud dai comuni di Rivisondoli e Roccaraso[9]. Lungo l'altopiano si trova l'eremo di San Michele Arcangelo[10].
Altopiano di Quarto Santa Chiara
L'altopiano di Quarto Santa Chiara è situato nella bassa provincia dell'Aquila e nella parte occidentale della provincia di Chieti; lungo circa 6 km, largo mediamente 700 m[11] e posto ad una quota di circa 1250m s.l.m.[12], collega il territorio di Campo di Giove con l'altopiano del Quarto Grande, sito nelle vicinanze di Pescocostanzo[13]. Sovrastato a est dal monte Porrara e a ovest dal monte Pizzalto, è raggiungibile salendo da Palena oltrepassando il valico della Forchetta[13]; ospita l'omonima riserva naturale ed è attraversato dalla ferrovia Sulmona-Isernia, nota come Transiberiana d'Italia, in corrispondenza della stazione di Palena[14]. Proprio dove vi è lo scalo ferroviario, fino al 1456, anno in cui si verificò il terremoto dell'Italia centro-meridionale, sorgeva il feudo di Forca Palena (Forcæ Pelignorum), cui l'altopiano apparteneva, e che diede il nome al valico della Forchetta che lo attraversa[15]. Tale feudo nel 1268 pervenne alle monache del monastero di Santa Chiara di Sulmona, da cui il nome dell'altopiano, il quale, nonostante il centro abitato di appartenenza fosse stato totalmente distrutto dal sisma, continuò ad essere posseduto da esse fino al 1862[16], quando passò alla cassa ecclesiastica[17]. Il quarto, di origine tettonico-carsica, è ciò che resta di un bacino endoreico[18] ed è percorso dal fosso La Vera e da alcuni ruscelli minori[12]. L'azione carsica di questi corsi d'acqua ha portato, nel tempo, alla nascita di un vero e proprio inghiottitoio (chiamato Capo La Vera) e reso impermeabile il terreno sottostante[12], in gran parte argilloso e ricco di ossidi di alluminio[18]. Di conseguenza nei mesi invernali, complice anche le abbondanti precipitazioni, spesso a carattere nevoso, rilevate dalla stazione meteorologica presente[19], l'inghiottitoio non riesce a drenare l'enorme quantità di acqua che vi si raccoglie[18], e si forma quindi un vero e proprio "lago" che permane fino alla fine della primavera, contribuendo a caratterizzare l'altopiano[12]. Le acque raccolte risgorgano poi in corrispondenza delle sorgenti di Capo di Fiume, dalle quali originerà il fiume Aventino[17].
Questo complesso di altipianicarsici comprende, oltre a quelli principali, anche altri altipiani, non di minore importanza, quali l'altopiano del Prato[20], l'altopiano del Quarto del Barone[1], l'altopiano del Quarto del Molino[9], il Primo Campo[24] e la Riseca[12].
L'altopiano del Quarto del Barone con dietro l'altopiano del Quarto del Molino
Emilio De Matteis, Historia dei Peligni, a cura di Nunzio Federigo Faraglia, vol. 2, 1909, ISBN non esistente.
Edmondo De Panfilis e Francesco Sabatini, Vincenzo Giuliani: Ragguaglio istorico della terra di Roccaraso e del piano delle Cinquemiglia, Padova, Bottega d'Erasmo, 1991, ISBN non esistente.
Ferrovie dello Stato, Cento anni di altitudine. Ferrovia Sulmona-Isernia, Roma, Ferrovie dello Stato, 1998, ISBN non esistente.
Virgilio Orsini, Campo di Giove dai primitivi alla seggiovia, Sulmona, Tipografia Labor, 1970, ISBN non esistente.
Massimo Pellegrini e Dario Febbo (a cura di), Abruzzo: guida ai parchi e riserve naturali, collana Abruzzo, natura forte del Mediterraneo, Pescara, Carsa Edizioni, 1998, ISBN88-86525-02-8.
Domenico Romanelli, Scoverte patrie di città distrutte, e di altre antichità nella regione Frentana oggi Apruzzo Citeriore nel Regno di Napoli colla loro storia antica, e de' bassi tempi, vol. 2, Napoli, Vincenzo Orsini, 1809, ISBN non esistente.
Francesco Sabatini, La regione degli altopiani maggiori d'Abruzzo, Roccaraso, Azienda di soggiorno e turismo, 1960, ISBN non esistente.