Dista circa 16 chilometri ad est da Modena e circa 34 chilometri da Bologna.
Storia
Nell'anno 825 la vasta "selva di Wilzacara" (antico toponimo di San Cesario sul Panaro) venne donata all'abbazia di Nonantola dall'imperatore Lotario I; i monaci benedettini sicuramente estesero anche qui la loro preziosa opera di bonifica e coltivazione del territorio e, soprattutto, diffusero il culto di san Cesario di Terracina. Nell'anno 945 il marchese Berengario, poi re d'Italia, destinò il territorio sancesarese a coltivazione ed eresse un castello o borgo con molti edifici e una cappella in onore di san Cesario, che fu scelto come celeste patrono; questo è segno di una devozione che vi era nei confronti del santo e che proseguì e si intensificò nel corso dei secoli. La presenza del fiume Panaro, che segna il confine fra Spilamberto e San Cesario sul Panaro, in passato sempre impetuoso e pericoloso, è un ulteriore motivo dell'elezione del diacono come patrono.
Nei pressi dell'attuale San Cesario sul Panaro, Sant'Adriano III papa, trovò la morte in una data compresa tra la metà d'agosto e la metà di settembre dell'855 mentre era in viaggio per raggiungere Worms, dove l'imperatore Carlo il Grosso aveva convocato una dieta per discutere la riorganizzazione dell'Impero. Il corpo di sant'Adriano III è conservato nell'abbazia di Nonantola.
La contessa Matilde di Canossa, con un importante atto del 1112, fece sì che la corte e selva di Vilzacara fosse sottratta ai monaci nonantolani per passare in gestione alla chiesa locale, dedicata al martire Cesario (è per questo motivo che dopo l’anno mille scomparve gradualmente il toponimo "Wilzacara" sostituito da San Cesario, anche se si ritiene che la località Vilzacara fosse in diverso luogo, sebbene non lontano); nella chiesa introdusse i canonici regolari provenienti da Modena, ai quali fece un donazione corposa. In seguito la corte e la chiesa di San Cesario verranno affidati ai monaci benedettini di San Benedetto Po (vicino a Mantova) che a loro volta le cederanno al monastero di San Pietro in Modena.
Lo stemma è stato concesso con regio decreto del 23 marzo 1862.[7]
«D'argento, al castello di rosso, colla torre sinistra diroccata a sinistra ed un leone al naturale, colla testa in maestà, accosciato sovra il muro di unione delle torri, questo pure diroccato a sinistra: il castello fondato nella campagna erbosa al naturale, caricata a destra d'un fiume d'argento, fluttuoso d'azzurro, scorrente in banda. Corona murale di un cerchio d'oro merlato di cinque pezzi, uniti da muriccioli, il tutto d'argento.»
Il castello diroccato con il leone di guardia richiama la denominazione di Castel Leone con cui si indicava la località di Pizzaccara in Guardia Sancti Cesarii, cioè l'antico castello di Vilzacara, in documenti tardo medioevali.
La corona descritta nel decreto è quella prevista, all'epoca della concessione, per i Comuni con popolazione inferiore ai 3 000 abitanti, con lo scudo ornato da due rami di palma.[8]
Il gonfalone, concesso con regio decreto del 5 dicembre 1935, è un drappo troncato di verde e di rosso.[8]
Monumenti e luoghi d'interesse
Villa Boschetti
Fu il palazzo feudale dei conti Boschetti, edificato nel XV secolo e trasformato in villa nel secolo successivo. Di proprietà comunale, ospita la biblioteca comunale di San Cesario.
Torre dell'orologio
Alla torre si collega un tronco delle mura erette a dai modenesi nel 1190.
Alcuni storici ritengono che questa chiesa sia stata costruita sopra i resti di un tempio pagano dedicato ad Apollo e la fanno risalire al IX secolo dopo Cristo; probabilmente l’antico sacello è di molto anteriore, cioè è da porsi tra il V e il VII secolo d.C. L'interno della chiesa è di stile basilicale, suddivisa in tre navate scandite da colonne romane sormontate da capitelli preromanici[9]. Nella sacrestia della basilica di San Cesario si conserva la mandibola inferiore del santo patrono, incastonata in un prezioso reliquiario a ostensorio in argento, di manifattura emiliana del sec. XVII. Nel 1639 don Agostino da Vignola, rettore della basilica di San Cesario sul Panaro, chiese ed ottenne — grazie all'interessamento del conte Luigi Boschetti — la reliquia della mandibola di san Cesario diacono dal monastero di San Pietro di Modena[10]. Del patrono si conserva anche un secondo reliquiario argenteo a ostensorio (contenente un frammento osseo del martire con cartiglio in latino "S. Cæsarij Diac: Mart."), un bellissimo stendardo realizzato dal celebre pittore Adeodato Malatesta nel 1847[11], una statua in terracotta di manifattura emiliana, un dipinto raffigurante la Sacra conversazione tra la Vergine del Rosario con i santi Cesario e Domenico, ed un artistico paliotto. Sempre di Malatesta il dipinto a figura intera del patrono ora conservato presso il museo dell'abbazia di Nonantola.
Economia
Nella zona industriale Graziosa vi sono varie imprese tra le quali:
^Laura Bedini, Jadranka Bentini e Angelo Mazza, L'esercizio della tutela, Soprintendenza per i beni artistici e storici di Modena e Reggio Emilia, 1999.