Destinato dalla famiglia sin dalla giovinezza allo stato ecclesiastico, dal 20 aprile 1743 divenne canonico della cattedrale di Strasburgo, iniziando poco dopo la frequentazione del Collège du Plessis di Parigi e poi il seminario di Saint-Magloire, ove ottenne la licenza in utroque iure.
Ordinato sacerdote, ottenne una dispensa non avendo ancora l'età per essere eletto vescovo coadiutore di Strasburgo (aveva cinque anni di meno) il 22 giugno 1759. Preconizzato vescovo titolare di Canopo e nominato coadiutore con diritto di successione dal 24 marzo 1760, ottenne la consacrazione episcopale il 18 maggio di quell'anno nella cattedrale di Parigi ad opera di Christophe de Beaumont, arcivescovo di Parigi, assistito da Jean-Georges Le Franc de Pompignan, vescovo di Le Puy, e da Gilbert de May de Termont, vescovo di Blois. Membro dell'Académie française dal 27 aprile 1761, fu ambasciatore francese presso la corte austriaca a Vienna, dal 1771 al 1774. Mentre ricopriva questo incarico, a causa dei suoi comportamenti e delle sue maldicenze nei confronti dell'imperatrice Maria Teresa, si inimicò la figlia di questa e regina di Francia, Maria Antonietta. Era, inoltre, vicino all'ultima favorita di Luigi XV, la potentissima contessa du Barry, tanto da poter essere considerato uno dei membri di punta del partito dei "barristes".
Papa Pio VI lo elevò al rango di cardinale nel concistoro del 1º giugno 1778, ma non gli fu mai assegnato un titolo cardinalizio né imposta la berretta rossa, ed ottenne il titolo di grande elemosiniere di Francia. Per la sua nomina a cardinale ottenne la necessaria dispensa, poiché aveva uno zio nel Sacro Collegio dei Cardinali.
Nel 1778 come abate dell'abbazia di San Vedasto di Arras ricostruì la chiesa abbaziale che, in seguito alla distruzione della vecchia cattedrale, divenne a inizio Ottocento l'attuale cattedrale di Arras.[senza fonte]
Il 13 febbraio 1786 anche papa Pio VI prese provvedimenti: il cardinale fu sospeso, privato della «voce» attiva e passiva e di tutti gli onori. Entro il termine di sei mesi fissato dal papa, il cardinale Rohan si presentò a Roma, dove fu reintegrato nella carica il 18 dicembre 1786.[1]
Nel 1790, i rivoluzionari s'impadronirono dell'abbazia, ne distrussero la parte conventuale cacciando via i monaci rimasti: fu quindi l'ultimo degli abati di quest'abbazia. Radunatosi a corte, tornò nella sua diocesi e lì stabilì intrighi controrivoluzionari con l'impero e gli emigrati dell'esercito di Condé.
Ultimi anni e morte
Nel 1779, inoltre, succedette alla sede episcopale di Strasburgo. Fu eletto, suo malgrado, agli Stati generali nel distretto di Haguereau-Wissembourg. Fedele all'ancien régime e quindi contrario alla rivoluzione, si oppose vivamente alla costituzione civile del clero promulgata dalla rivoluzione e l'abolizione della monarchia. Ritiratosi dunque in esilio ad Ettenheim, nell'area germanica della sua diocesi (e parte del principato vescovile di Strasburgo), si schierò con l'emigrazione, radunando truppe per l'esercito di Condé, suo cugino. Non prese parte al conclave del 1799-1800 che elesse Pio VII. Per facilitare i rapporti ancora molto tesi tra Francia e Stato della Chiesa, nel 1801 si dimise dalla propria carica di vescovo di Strasburgo il 29 novembre di quell'anno mantenendo la sua giurisdizione sulla parte tedesca della diocesi e del principato.[senza fonte]
Morì ad Ettenheim il 16 febbraio 1803 e la sua salma venne esposta e sepolta poi nella chiesa di San Bartolomeo di Ettenheim. Lasciò tutti i suoi beni in eredità alla nipote Carlotta di Rohan-Rochefort.[3]
Louis-René-Édouard de Rohan-Guéménée Principe del Sacro Romano Impero, Cardinale, Grand'Elemosiniere di Francia, Commendatore dell'Ordine dello Spirito Santo
Di rosso a nove losanghe d'oro, poste 3, 3, 3. Lo scudo, accollato a una croce astile patriarcale d'oro, posta in palo, è timbrato da un cappello con cordoni e nappe di rosso. Le nappe, in numero di trenta, sono disposte quindici per parte, in cinque ordini di 1, 2, 3, 4, 5. Dietro allo scudo sono presenti le insegne da principe del Sacro Romano Impero
Note
^Giuseppe de Novaes, Elementi della storia de' sommi pontefici, Roma 1815, II edizione, Vol. XVI, parte I, pp. 139-142.
^(FR) Laurent Kupferman, Emmanuel Pierrat, Le Paris des Francs-Maçons, Parigi, 2013, p. 97.