L'Epitome del "De procreatione animae in Timaeo" (in grecoː Ἐπιτομή τοῦ Περὶ τῆς ἐν τῷ Τιμαίῳ ψυχογονίας) è un trattatello dello Pseudo-Plutarco, incluso nei suoi Moralia[1], che è al numero 42 nell’ordine stabilito da Massimo Planude, mentre non compare nel cosiddetto Catalogo di Lampria.
Non si tratta di un riassunto organico del De procreatione o di una sua parte, ma solo della trascrizione dei capitoli 22-25[2] preceduta da due brevi capitoli introduttiviː
«1. Il trattato intitolato Sulla generazione dell’anima nel «Timeo» riferisce quanto hanno detto Platone e i platonici, e introduce anche alcune analogie geometriche e somiglianze che, come egli crede, gli sono d’aiuto per la sua teoria sull’Anima, nonché in particolare considerazioni sia musicali sia aritmetiche. 2. Egli dice poi che la materia è stata conformata dall’Anima e attribuisce anima al Tutto, ma dà anche a ogni essere vivente quella che lo governa; e per un verso introduce questa come ingenerata, per una altro come soggetta a generazione, mentre dice che la materia è eterna e ha ricevuto forma dalla Divinità tramite l’Anima, e che il male ha avuto origine come escrescenza»
L'autore non nomina mai Plutarco, ma usa il pronome “egli” (αὐτός) o addirittura sottintende, col risultato che non è sempre chiaro se si tratti di Plutarco o di Platone. Le discrepanze tra il testo del De procreatione e quello dell’Epitome non sono poche né irrilevanti, anzi, sono tali da far dubitare che l’epitomatore capisca sempre quanto sta trascrivendo.
Note
- ^ 1030D-1032F.
- ^ 1023B-1025B.
Bibliografia
Voci correlate