La collezione Torlonia è una collezione d'arte nata nell'Ottocento, tuttora in parte (la sezione di antichità) proprietà della famiglia Torlonia di Roma.
Nata sotto gli anni di dominazione napoleonica a Roma come una delle più grandiose collezioni europee del XIX secolo, sia per qualità sia per quantità delle opere, rappresenta di fatto l'ultima collezione in ordine cronologico tra quelle delle grandi famiglie romane che hanno caratterizzato il mecenatismo del XVI-XVII e XVIII secolo.[1]
Composta sia da opere pittoriche sia da reperti di antichità, deve la sua rilevanza proprio a quest'ultimo ambito, avendo la famiglia acquistato interi lotti di alcune delle principali raccolte archeologiche di Roma, su tutte quella della collezione Giustiniani.
Dopo che gran parte della quadreria fu smembrata nel corso della seconda metà dell'Ottocento, 382 opere, tra le principali del catalogo, vennero donate nel 1892 allo Stato italiano e da lì confluite alla Galleria nazionale d'arte antica di palazzo Barberini a Roma, mentre i 620 pezzi della raccolta di antichità sono rimasti di proprietà degli eredi della famiglia trovando collocazione nella storica villa familiare di porta Salaria, di cui la Fondazione Torlonia cura la conservazione, la gestione e gli interessi.[2]
Storia
Settecento
Il contesto storico e la famiglia Torlonia
Durante gli anni della Repubblica francese di fine XVIII secolo, le gravose tasse imposte dai nuovi governanti su Roma costrinsero le famiglie nobiliari locali a ricercare denaro liquido per fronteggiare a tutte le spese.[3] Questo comportò per molte di queste famiglie la vendita nel mercato d'arte di svariate opere delle proprie collezioni artistiche. Tale sorte toccò pressoché quasi tutte le grandi casate romane del tempo: Borghese, Giustiniani, Ludovisi, Barberini, Chigi, Mattei, Spada, Albani e altre.
A ciò conseguì la nascita di nuove collezioni d'arte europee detenute da famiglie legate più o meno direttamente a quella Bonaparte, tra le quali vi furono i filo-francesi Torlonia.[3]
Il capostipite della famiglia Torlonia a Roma, chiamata originariamente Tourlonias, proveniente dall'Alvernia, fu Marin Tourlonias. Suo figlio Giovanni Raimondo, banchiere della corte di Monaco,[3] ottenne fortune in campo finanziario anche grazie ai legami che ebbe con l'ambiente papale, divenendo il dominus delle forniture pubbliche papaline una volta che i francesi lasciarono Roma.
Ottocento
La collezione di Giovanni Raimondo Torlonia (1800-1829)
In campo mecenatistico Giovanni Raimondo, dopo una fase iniziale dedicata al commercio di sculture antiche, si avviò a creare per la sua famiglia una propria collezione artistica che potesse testimoniare l'ascesa sociale intrapresa.[3]
Durante il primo decennio francese, Giovanni Raimondo fece incetta di opere delle collezioni romane. La collezione Torlonia divenne dunque una delle più grandi e importanti della città, assorbendo lotti da gran parte delle principali collezioni nobiliari cittadine.[3] Inizialmente questa trovò custodia all'interno del palazzo familiare di piazza Venezia, comperato nel 1807 da Giovanni, che ne finanziò il restauro e l'arricchimento degli arredi interni, che durarono fino agli anni '30 del XIX secolo, quindi dopo la sua morte.
Il consulente per la costituenda quadreria fu Giuseppe Valadier che, vista l'impossibilità del suo signore di poter competere con le famose collezioni romane già collaudate, suggerì di reperire opere non solo a Roma, ma anche in altre città nazionali ed europee.[4] I primi acquisti avvennero nelle aste tenute a Roma nel 1804 (cosiddetta vendita Bristol) e nel 1806 (cosiddetta vendita Bonelli), dove il banchiere riuscì ad accaparrarsi quadri che però erano considerati "minori" in quanto a importanza, poiché non erano di scuola italiana, bensì di scuola fiamminga, incentrati per lo più su ritratti o paesaggi del XVII secolo, oppure copie di altri quadri già famosi.[4]
Negli anni successivi il reperimento di opere fu attuato mediante l'acquisto massiccio di quadri direttamente dalle nobili famiglie romane, che per motivi di carenza di liquidità si trovavano a dover alienare parte delle loro ricchezze.
Altre opere pervennero invece dalle case Colonna, Altieri, Albani, Santacroce, Falonieri e altre.[4] Nel 1814 venne redatto da Gaspare Landi il primo inventario della collezione, che era formalmente intestata a Giuseppe Torlonia, fratello e prestanome di Giovanni, principalmente disposta (sia quadreria sia marmi antichi) nel palazzo di piazza Venezia.[4] Nel 1817-1821 viene invece redatto un secondo inventario da Giuseppe Antonio Guattani[3] che fotografa la collezione sempre all'interno di palazzo Torlonia a piazza Venezia e che aggiunge rispetto al primo alcune opere che testimoniano la crescita qualitativa della raccolta, ossia vedute del Canaletto, opere del Guercino e una considerevole serie di paesaggi e di ritratti di Hans Holbein il Giovane, Bartolomeo Veneto e Giovanni Bernardo Carbone.[4] Al primo piano del palazzo risultava collocato inoltre il gruppo dell'Ercole e Lica di Antonio Canova, il cui progetto fu acquistato già nel 1800 per 18.000 scudi, ma fu completato solo nel 1815.[7]
Se la quadreria fu da sempre sottovalutata per quel che concerne il prestigio delle opere, la raccolta che assurse già dal principio a nucleo fondamentale della collezione fu rappresentato invece da quella di marmi antichi.
Il primo insieme di opere antiche nella collezione risale al 1800, quando tramite asta pubblica entrò nel patrimonio Torlonia la collezione dello scultore Bartolomeo Cavaceppi, il più illustre restauratore di marmi antichi del Settecento,[8] a cui si affiancheranno successivamente una serie di acquisizioni delle maggiori collezioni patrizie romane (Cesarini, Albani e Giustiniani) e diversi rinvenimenti dagli scavi archeologici condotti nelle terre di proprietà della famiglia (Tenuta Roma Vecchia, Porto, Cures e altre).
Nel primo decennio una parte dei bronzi della collezione Albani provenienti in gran parte da Tivoli, che furono del cardinale Alessandro, vennero comperati da Giovanni Raimondo direttamente dal pronipote erede Carlo Francesco Albani.
L'acquisto più importante fu tuttavia il nucleo centrale delle sculture d'antichità della collezione Giustiniani.[9] Nel 1819 avvenne la cessione a titolo di garanzia di un debito che la famiglia Giustiniani aveva nei confronti dei Torlonia, pari a circa 33.600 scudi.[10][11] Furono circa 267 le opere antiche trasferite a Giovanni Torlonia, che però per vicissitudini burocratiche saranno consegnate ad Alessandro Torlonia solo intorno al 1856.[12]
Per nobilitare la famiglia Torlonia, Giovanni cominciò a comprare, mentre acquisiva opere d'arte, palazzi e terre (per estensione dei possedimenti fondiari la famiglia era seconda in quel momento solo alla casa Borghese), anche alcuni dei relativi titoli nobiliari: nel 1803 il ducato di Bracciano e la contea di Pisciarelli dagli Odescalchi,[13] nel 1809 il marchesato di Roma Vecchia dai Massimo e Turrita, nel 1820 i ducati di Poli e Guadagnolo dai Conti, nel 1822 Capo di Monte, Morata e Bisenzio dal principe Stanislao Poniatowski. Intanto papa Pio VII lo nominò nel 1809 Nobile Romano e Nobile di Viterbo e nel 1814 primo principe di Civitella Cesi (titolo di Princeps Romanus appositamente creato), acquistato dai Pallavicini.
La collezione sotto Alessandro Raffaele Torlonia (1829-1886)
In prima istanza Alessandro seguì i lavori progettati dall'architetto Giovanni Battista Caretti e finanziati in precedenza dal padre Giovanni Raimondo Torlonia per il palazzo di piazza Venezia, dov'era disposta gran parte della collezione (sia quadreria sia antichità) e dove trasferì la propria residenza, lasciando quella del palazzo in via della Conciliazione.[14] L'apparato decorativo interno vide interventi ad affreschi eseguiti da Francesco Podesti, mentre altri apparati scultorei furono del Canova, Thorvaldsen, Tenerani, Cognetti e Diofebi.
Nel 1832 Alessandro seguì anche gli interventi del Casino Nobile di villa Nomentana, dove fece aggiungere un pronao con loggia all'ingresso e inoltre affidò ancora a Francesco Podesti la decorazione ad affresco della sala di Bacco, dove dipinse il Mito di Bacco, le Quattro stagioni e i Tre continenti.[15]
Alessandro, non particolarmente attento alle dinamiche collezionistiche, contravvenendo alle disposizioni testamentarie del padre e dietro suggerimento di Jean Baptiste Wicar, tra il 1832 e il 1837 vendette più di 1.300 dipinti ritenuti di scarso valore.[4] Nel 1834 vennero invece rinvenute altre opere antiche durante le operazioni di scavo nei feudi di proprietà della famiglia, come quelli a Roma Vecchia, negli Orti Cesarini, a Vulci, Musignano, Cecchignola, Torricola e Porto.
Con l'aggiunta di alcune opere marginali, la quadreria Torlonia del palazzo romano di piazza Venezia arrivò a contare 352 quadri nel 1855.[4] Un anno dopo furono invece consegnate le 267 opere antiche già Giustiniani acquistate da Giovanni Raimondo nel 1819. Gran parte dei pezzi confluirono quindi nelle raccolte della famiglia e vennero collocate in svariate residenze romane, inclusi alcuni dei più rilevanti del catalogo delle antichità romane,[16] come l'Hestia Giustiniani, l'Apollo con la pelle di Marsia, il busto del Satiro ebbro, quello di Eutidemo di Battriana, l'Ercole con la pelle del leone e altre ancora (conservate principalmente nel palazzo Torlonia alla Lungara, preso in affitto in quegli anni dalla famiglia Corsini prima di comperarlo nel 1864).[1]
Tra le diverse proprietà immobiliari acquisite a Roma, si aggiunse quella che i Castelbarco-Albani, coeredi della collezione Albani, vendettero nel 1866 ad Alessandro Raffaele, ossia la storica villa di porta Salaria, comprensiva nella trattativa di circa 170 dipinti più un cospicuo numero di reperti d'antichità.[17] Fuori città il banchiere acquistò invece nel 1862 un casino di pesca su via Mergellina a Napoli utilizzato da Ferdinando IV di Borbone riadattandolo a palazzo nobiliare; inoltre nel 1875 venne costruita dalla famiglia la dimora di Avezzano, in Abruzzo, dove Alessandro trascorse gran parte della sua vita e di cui sarà insignito col titolo di primo principe del Fucino assegnatogli anche in segno di riconoscenza per le svariate opere di bonifica fatte sul territorio.
La collezione Torlonia assunse in questo momento, nonostante la grande dismissione di opere pittoriche avviata da Alessandro, una dimensione considerevole. Sul finire dell'Ottocento la collezione vantava un numero importante di marmi antichi; nacque così nel 1875 per volere del principe Alessandro Torlonia il progetto di fondare un Museo di scultura antica riutilizzando un magazzino di granaglie su via della Lungara, nei cui ambienti le opere vennero ordinate e catalogate per essere offerte all'ammirazione di piccoli gruppi di visitatori.
Furono circa 517 le sculture antiche esposte al momento della fondazione del "museo" alla Lungara.[1] Pochi anni dopo le opere raggiunsero il numero di 620, quando vennero riprodotte da Carlo Ludovico Visconti[18] in uno dei primi esempi di catalogo fotografico di una collezione di antichità (I Monumenti del Museo Torlonia riprodotti con la fototipia, 1884-85), con l'osservazione che nel frattempo il loro numero sarebbe aumentato ancora, arrivando poi a 620 pezzi.[19][20]
La quadreria romana era invece composta da circa un migliaio di opere, tra quelle che furono di Giovanni, quelle nuove acquistate da Alessandro e altre tenute dallo zio Giuseppe Torlonia.
Nel 1886 Alessandro morì e pertanto la collezione, su cui Giovanni non appose mai un vincolo di maggiorasco né tanto meno un fidecommesso, fu ereditata dalla figlia Anna Maria Torlonia.
La collezione sotto Anna Maria Torlonia e la donazione allo Stato italiano del 1892
In cambio dell'abolizione di un vincolo al palazzo di piazza Venezia, nel 1892 Anna Maria Torlonia trovò l'accordo con lo Stato italiano di donare 382[21] pezzi della collezione più una decina di sculture moderne (tra cui il gruppo dell'Ercole e Lica di Antonio Canova), in esecuzione di una precedente volontà testamentaria del nonno Giovanni Raimondo che, alla sua morte, avrebbe voluto che la propria raccolta fosse fruibile al pubblico.[4][7] Per raggiungere la cifra stabilita occorrerà mettere insieme circa 310 quadri della collezione di Alessandro e una settantina che furono di Giuseppe, sparse tra le varie residenze familiari romane, nonostante gravasse una lite giuridica avanzata da altri eredi Torlonia, che rivendicavano la quota di 1/10 della collezione.[4] Infine, cinquantuno opere inizialmente selezionate per la donazione allo Stato furono per volontà dei Torlonia stessi lasciate in possesso alla famiglia e sostituite da altre.[22]
La donazione della quadreria fu destinata alla Galleria nazionale d'arte antica di Roma, con sede a palazzo Corsini alla Lungara, di cui una parte confinata nei depositi del museo, mentre un'altra affidata all'arredo degli uffici di rappresentanza dello Stato italiano, in quanto le pitture vennero considerate sin dall'origine di poco valore artistico.[3][4]
Novecento
Con la morte di Anna Maria nel 1901, la raccolta di antichità (l'unica rimasta intatta dell'originaria collezione) fu trasferita alla gestione dei figli Giovanni e Carlo Torlonia.
Il palazzo di piazza Venezia fu demolito nel 1903 per rendere simmetrica e più ampia la piazza in cui stava sorgendo il Vittoriano. Prima della demolizione, alcune decorazioni e affreschi delle pareti del palazzo furono fotografate e trasferite al Museo di Roma a Palazzo Braschi, mentre i mobili furono venduti. La collezione di antichità disposta nel palazzo alla Lungara fu invece ricollocata tra le varie residenze familiari romane.
Negli anni '50, ancora per ragioni di sicurezza dovute al periodo di agitazioni post-belliche, sempre su richiesta del Ministero, la collezione fu raccolta nuovamente al palazzo Torlonia alla Lungara, in alcuni ambienti protetti al piano terra.
A partire dagli anni '60 del Novecento due progetti museali (Moretti 1963 e Sciarrini 1987) furono proposti dal principe Alessandro Torlonia, figlio di Carlo, per ospitare in maniera permanente la collezione di antichità, con la creazione del Museo Torlonia adiacente alla villa Albani. Un terzo progetto museale datato 1991 fu proposto in accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali; tuttavia nessuno di questi vide mai la realizzazione per ragioni tecnico-amministrative legate a mancati accordi tra la proprietà e il Ministero.
Il principe Alessandro costituì dunque la Fondazione Torlonia con lo scopo di preservare e promuovere la collezione familiare, composta da un complesso di marmi antichi tra i più significativi al mondo, equiparabili per importanza alle collezioni capitoline o vaticane.
Duemila
Nel 2016 fu firmato uno accordo tra la Fondazione ed il Ministero per i beni le attività culturali e per il turismo che ha sancito l'inizio del percorso di istituzionalizzazione della collezione: la prima esposizione di una selezione rappresentativa di opere, la pubblicazione di un nuovo catalogo e la creazione di un nuovo Museo Torlonia aperto stabilmente al pubblico.
Se gran parte della quadreria fu smembrata sul finire dell'Ottocento e in parte donata allo Stato italiano, con i pezzi oggi custoditi dalla Galleria nazionale d'arte antica di Roma, e in parte venduta nel mercato o rimasta nelle disponibilità degli eredi, la collezione di antichità, nota come la più importante collezione privata d'arte antica a livello mondiale, resta invece tutt'oggi integra e custodita ancora nella proprietà familiare di villa Albani Torlonia, tra le più alte espressioni di architettura neoclassica.
Il nucleo conta circa 620 marmi (lo stesso numero delle riproduzioni del Visconti del 1885) riuniti durante tutti il XIX secolo e provenienti essenzialmente da quattro aree, ossia dalla collezione Albani, da quella di Bartolomeo Cavaceppi, dalla collezione Giustiniani, di cui si registrano ben 175 pezzi, e dagli scavi sui possedimenti Torlonia o da acquisizioni varie.[10][11] Tra le opere più importanti della collezione[25][26] si annoverano la cosiddetta Fanciulla di Vulci, il cosiddetto Patrizio Torlonia, l'Hestia Giustiniani, la Pallade, la colossale Testa di Apollo, due esemplari dell'Eirene, l'Afrodite Anadiomene, l'Atleta, il Diadumeno, il ritratto noto come Eutidemo di Battriana, il rilievo di Portus con la rappresentazione degli edifici, delle navi, delle divinità protettrici e della vita commerciale dell'antico porto di Roma, il cratere con simposio bacchico detto Tazza Cesi (già passato agli Albani), pregevoli sarcofagi, come quello delle fatiche di Ercole e quello singolare di un'accolta di dotti a grandi figure e infine la serie di un centinaio di busti, in maggior parte imperiali.
Busto maschile (cosiddetto Albino), marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Gruppo di due guerrieri, I secolo d.C., marmo pentilico e marmo lunense, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Rilievo con scene di bottega, II secolo d.C., marmo proconnesio, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (precedentemente Giustiniani)
Rilievo con Eracle, Teseo e Piritoo, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua del dio Nilo, 70-100 d.C., marmo grigio, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (precedentemente Barberini)
Statua di Ulisse sotto il montone, seconda metà del I secolo d.C., marmo lunense, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Vaso (o cratere) con foglie d'acanto, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Vaso (o cratere) con le fatiche di Ercole (cosiddetta Tazza Albani), 50-25 a.C., marmo pentelico e granito orientale (la base), collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Vaso (o cratere) con scene bacchiche (cosiddetta Tazza Cesi), 100 a.C. circa, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Provenienza Bartolomeo Cavaceppi:
Altare neoattico con divinità, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto di Agrippina Maggiore, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto femminile (cosiddetto Aquilia Severa o Julia Maesa), marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto femminile (cosiddetto Elena Fausta), marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Monumento a Kline con figura femminile giacente, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Sarcofago con indiani e Trionfo di Dionisio, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di cariatide tipo Eleusi, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto colossale di Claudio, I secolo d.C., marmo greco e italico, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto di Antonino Pio, 138–161 d.C. ca., marmo pentelico e marmo lunense, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto di Antonino Pio, 150–160 d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto di Augusto, I secolo d.C., marmo pentelico e lunense, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto di giovane principe (detto Romolo Augustolo), 140–150 d.C. ca., marmo greco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto di Plautilla, III secolo d.C., marmo lunense, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto di Satiro ebbro (tipo Ercolano), I secolo d.C., marmo docimium, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto di Severo Alessandro, 220–230 d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto di Traiano, II secolo d.C., marmo lunense, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto femminile (detto Giulia di Tito), I secolo d.C. marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto maschile (detto Cesare), I secolo a.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Eros con arco, II secolo d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Fauno Giustiniani (×2), I secolo d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Gruppo di Afrodite ed Eros con mostro marino, II secolo d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Gruppo di due coniugi, II secolo d.C., marmo lunense con integrazioni in bardiglio, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Fanciullo con l’oca, II secolo d.C., marmo greco, grigiastro e bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Ritratto di Flavia Domitilla (detta Messalinafine), del I secolo d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Ritratto maschile, detto Eutidemo di Battriana, III-II secolo a.C., marmo, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua del dio Nilo, 70-100 d.C., marmo grigio, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Afrodite accovacciata, replica del tipo Doidalsas, I secolo d.C., marmo greco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Afrodite accovacciata, replica del tipo Doidalsas, I secolo d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (con testa moderna attribuita a Pietro Bernini)
Statua di Ercole con la pelle di leone e pomi delle Esperidi (pastiche), marmo pentelico, marmo lunense e proconnesio, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Guerriero che si ripara, età imperiale-II secolo d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Iside Pelagia restaurata come Cerere, III secolo d.C., marmo bigio morato e marmo pentelico, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Iside restaurata come Cerere, III secolo d.C., marmo bigio morato e marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Meleagro, I secolo d.C. corpo, età imperiale torso, marmo microasiatico, marmo di Thasos, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Satiro in riposo, 110 d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Satiro in riposo, 150 d.C., marmo pentelico, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Sileno tipo Cesi, I secolo d.C., marmo greco e lunense, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statuetta di Artemide Efesia, II secolo d.C., collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statuetta di Apollo con la spoglia di Marsia, I secolo d.C., marmo pentelico, bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statuetta di Marsia scuoiato, I–II secolo d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Testa di Medusa tipo Rondanini, su trapezoforo a testa di grifo, II secolo d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Testa di Medusa tipo Rondanini su trapezoforo a testa di leone, XVII secolo, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Vaso (o cratere) con corteo dionisiaco, I secolo d.C., marmo pentelico e marmo italico (la base), collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Provenienza scavi sui feudi Torlonia o altre acquisizioni:
Busto con ritratto femminile (cosiddetta Aquilia Severa o Giulia Mesa), marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto di Salonina Matidia (cosiddetta Plotina), marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Busto maschile con elmo (cosiddetto Atena Cesarini), marmo e basanite, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Ninfa (cosiddetta Invito alla danza), marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Rilievo di Porto con bassorilievo di veduta del Portus Augusti, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Sarcofago a colonne decorato con fatiche di Ercole e con coperchio con coppia di defunti distesa, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Sarcofago con centurione Lucio Pullius Peregrinus, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Sarcofago con coperchio decorato con fatiche di Ercole, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Sarcofago strigilato con leoni, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Atena (tipo Giustiniani), 140–180 d.C., marmo greco insulare e marmo italico, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (provenienza Pio)
Statua di Atleta (tipo Amelung), marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Atleta cosiddetto Versatore d'olio (tipo Dresda-Pitti), 80-120 d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Atleta Torlonia (Statua virile, replica del Diadumenos di Policleto), marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Dacio Prigioniero, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Eirene e Ploutos di Kephisodotos, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Filosofo seduto (detto Crisippo Cesarini), I secolo d.C., marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
Statua di Ninfa o Menade (cosiddetta Baccante Carpi), marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (provenienza Rodolfo Pio)
Francesco Cairo (copia da), San Sebastiano curato dalle pie donne, olio su tela, già villa Albani fino al 1870, Roma (trafugato, oggi non rintracciato)
Gaspar van Wittel, Veduta del bacino di San Marco verso il Canal Grande a Venezia, primo-secondo decennio del XVIII secolo, olio su tela, villa Albani, Roma
Gaspar van Wittel, Veduta del molo, della piazzetta e del palazzo Ducale a Venezia, primo-secondo decennio del XVIII secolo, olio su tela, villa Albani, Roma
Ignoto, Busto-ritratto moderno detto di Scipione, 1610 ca., basanite e porfido, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (provenienza Giustiniani)
Ignoto, Busto-ritratto moderno di Lucio Vero, 1610 ca., marmo nero antico e alabastro, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (provenienza Giustiniani)
Ignoto, Busto-ritratto moderno di Marco Aurelio Cesare, 1610 ca., marmo nero antico e portasanta, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (provenienza Giustiniani)
Ignoto, Busto-ritratto moderno di Tiberio, 1610 ca., basanite e serpentino, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (provenienza Giustiniani)
Ignoto, Busto-ritratto moderno di Vitellio, 1610 ca., marmo lunense, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (provenienza Giustiniani)
Segue un sommario albero genealogico degli eredi della collezione Torlonia, dove sono evidenziati in grassetto gli esponenti della famiglia che hanno ereditato, custodito, o che comunque sono risultati influenti nelle dinamiche inerenti alla collezione d'arte. Per semplicità, il cognome Torlonia viene abbreviato a "T.".
Alessandro Raffaele T.. (1800-1886) (II principe di Civitella Cesi e I principe del Fucino)
...e altri 2 fratelli/sorelle
[...]
[...]
Anna Maria T. (1855-1901) (sposata con Giulio Borghese, ex uxor II principe del Fucino da cui nacque il ramo Torlonia-Borghese; nel 1892 dona 382 opere più una decina di sculture allo Stato italiano)
^ Federico Castelli Gattinara, Collezione Torlonia, c'è l'accordo, in Il Giornale dell'Arte, Società Editrice Umberto Allemandi S.r.l., 4 febbraio 2016. URL consultato il 7 settembre 2016.
^abcdefghRitratto di una collezione: Pannini e la Galleria del cardinale Silvio Valenti Gonzaga, Skira, 2005, pp. 53-56, ISBN978-88-7624-328-8.
^abcdefghij Lorenza Mochi Onori e Rossella Vodret, Galleria Nazionale d'Arte Antica: Palazzo Barberini, i dipinti ; catalogo sistematico, L'Erma di Bretschneider, 2008, pp. 19-20, ISBN978-88-8265-351-4.
^Al tempo indicato come scuola di Ludovico Carracci.
^I segreti di un collezionista: le straordinarie raccolte di Cassiano dal Pozzo 1588 - 1657 ; Roma, Galleria nazionale d'arte antica, Palazzo Barberini, 29 settembre-26 novembre 2000, Edizioni De Luca, 2000, pp. 193-195, ISBN978-88-8016-369-5.
^Nella sua collezione vi erano opere provenienti dalle collezioni Cesarini, Caetani, Pio di Carpi ecc.
^Quivi è conservata una statua virile, creduta un Meleagro, con la testa copia di un atleta vincitore, citata nei Comptes rendus bibliographiques, Revue archéologique 2005/1 (nº 39), p. 428, come già ospitata a palazzo Giustiniani.
^abLa collezione Giustiniani, collana Saggi, II volume, Einaudi, 20, pp. 521-522, ISBN978-88-370-2079-8.
^ Maria Barbara Guerrieri Borsoi, La quadreria Albani a Roma al tempo di Clemente XI, collana Storia/Arte, Gangemi Editore spA International, 2018, p. 26, ISBN978-88-492-3695-8.
^Il palazzo Torlonia, su terremarsicane.it, Terre Marsicane, 18 ottobre 2011. URL consultato il 19 dicembre 2016 (archiviato dall'url originale il 22 dicembre 2016).
^La testa del cardinale De Rossi è sostituita a quella di Cybo.
Bibliografia
Carlo Gasparri e Olivia Ghiandoni, Lo studio Cavaceppi e le collezioni Torlonia, Roma, Istituto Nazionale d'Archeologia e Storia dell'Arte, 1994, ISBN88-7275-100-4.
Salvatore Settis e Carlo Gasparri, I marmi Torlonia. Collezionare capolavori, Roma, Mondadori Electa, 2021, ISBN88-9182-925-0.
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