Fino a tutto il XII secolo la strada era aperta campagna al di fuori delle mura, tanto che era chiamata "la Casellina", perchè l'unico edificio che vi sorgeva era una sparuta casetta di uso agricolo. Le prime case qui costruite attorno al 1260 appartenevano alla famiglia Velluti, che aveva interesse a sfruttare l'Arno per la produzione laniera[1]. Proprio su iniziativa di Bonaccorso Velluti fu tagliata la strada con un tracciato perfettamente rettilineo su alcuni terreni agricoli della sua famiglia, come collegamento fra piazza San Felice e il ponte di Santa Trinita, appena fatto costruire dalla famiglia Frescobaldi.
Entro la seconda metà del XIV secolo ai Velluti si erano aggiunte altre importanti famiglie, quali i Corsini, i Biliotti, i Michelozzi, i Pitti, i Capponi, i Ridolfi, che costruirono i loro palazzi sulla strada che per la bellezza e la consistente larghezza per l'epoca, fu presto chiamata "via Maggiore".
Nel corso del Cinquecento divenne una delle più aristocratiche vie della città, quando le famiglie nobili fecero a gara a costruire bei palazzi sui suoi fianchi dopo che la sede della corte granducale era stata spostata da Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti, appena ad un isolato di distanza.
Numerosi sono i palazzi che si distinguono per la bellezza e scenograficità, non a caso da questa strada spesso passavano i cortei ufficiali dei Granduchi di Toscana che passavano sul Ponte di Santa Trinita, piuttosto che sullo stretto Ponte Vecchio.
Anche dopo aver perso la funzione di "strada di corte", via Maggio ha mantenuto un carattere elegante, grazie a numerosi negozi di antiquari di prestigio, che spesso hanno sede al piano terreno dei palazzi.
Descrizione
Edifici
La strada è una delle più ricche di palazzi storici della città, anche se rispetto ad altre zone (come via Cavour o Borgo Albizi) i palazzi di via Maggio sono tutti piuttosto uniformi e austeri all'esterno, con l'unica eccezione "frivola" del palazzo di Bianca Cappello. Il sostenuto traffico veicolare della strada inoltre non aiuta ad apprezzare l'architettura della via.
La strada si apre al numero 2 col palazzo Pitti-Mannelli, con un busto di Cosimo I entro una nicchia attribuito a Baccio Bandinelli e il doppio stemma dei Pitti e dei Mannelli.
Al numero 6 si trova Palazzo Agostini, attribuibile a Baccio d'Agnolo, autore forse anche del vicino Palazzo Ricasoli Firidolfi (numero 7), costruito attorno al 1520. Quest'ultimo fu fatto costruire da Giovan Francesco Ridolfi su progetto di Baccio d'Agnolo (con l'arme di famiglia attribuita ad Andrea Sansovino), e successivamente venduto ai Firidolfi. Il palazzo conserva la piccola cappella decorata con Scene del Nuovo Testamento da Giorgio Vasari negli anni sessanta del Cinquecento, con i ritratti di membri della famiglia Ridolfi. Nel 1818 l'ultima erede dei Firidolfi sposò Giovan Francesco Ricasoli riunendo così le due famiglie che avevano avuto una lontanissima origine in comune. Dal 1882 il palazzo è passato ai Ricasoli Corsini.
Al n. 11 si trova il Palazzo Michelozzi, della seconda meta del Cinquecento, diviso da via dei Velluti dal Palazzo Martellini (numero 9), poi Rosselli del Turco.
Al 13 Palazzo Zanchini-Corbinelli, poi Ridolfi, rifatto da Santi di Tito (1583) per la famiglia degli Zanchini al posto di preesistenti case Corbinelli. Fu acquistato nel 1843 dal marchese Cosimo Ridolfi, possessore dell'adiacente Palazzo Ridolfi. All'interno di questo palazzo esiste una pregevole cappella privata con affreschi della scuola fiorentina della fine del Cinquecento. Accanto (15) si trova il più antico palazzo di Cosimo Ridolfi.
Al n. 26 il Palazzo di Bianca Cappello, famoso sia per la bellezza delle grottesche a graffito, opera di Bernardino Poccetti (1579-1580), sia per aver fatto da scena per una delle più chiacchierate storie d'amore del rinascimento, quella fra il Granduca Francesco I de' Medici e Bianca Cappello, una nobildonna veneziana della quale il rampollo della famiglia Medici si era follemente innamorato nonostante fosse già sposato con Giovanna d'Austria. I due si frequentarono comunque, con Francesco, ormai granduca, che fece costruire il palazzo di lei nella posizione più vicina possibile al palazzo, a un isolato di distanza, chiamando l'architetto di corte Bernardo Buontalenti (1570-1574). Con la morte prematura di Giovanna, i due si poterono finalmente sposare nel 1578 ma l'idillio fu turbato dalla riluttanza della famiglia regnante verso questa donna, e forse la morte dei due nella villa medicea di Poggio a Caiano nel 1587, a distanza di un solo giorno l'uno dall'altra, fu frutto di un avvelenamento. Al 28 si trova Palazzo Pannocchieschi, o Peruzzi de' Medici, restaurato nel XVII secolo da Gherardo Silvani.
Palazzo Biliotti (al numero 30) è caratterizzato dagli sporti e dal bugnato trecentesco al pian terreno, mentre ai piani superiori ha una facciata tipicamente cinquecentesca; di fronte ad esso si trova la Casa Velluti, con la facciata del XVI secolo ornata dallo stemma della famiglia del creatore della strada. Al 38 palazzo Dami ospita uno dei numerosi antiquari della strada e presenta un piccolo ma delizioso cortile.
Il Palazzo Corsini Suarez, detto anche Palazzo della Commenda (numero 42), fu edificato sul finire del XIV secolo dalla famiglia Corsini dove sorgevano alcune case distrutte durante il tumulto dei Ciompi nel 1378. Lo stemma della famiglia Corsini è sulla facciata del palazzo ed ha tre bande vermiglie messe per traverso in campo d'argento, sbarrate orizzontalmente da una fascia azzurra. Alla fine del XVI secolo l'edificio passò al nobile spagnolo Baldassarre Suarez de la Concha, cognato di Cosimo I de' Medici e titolare della "commenda" dell'ordine di Santo Stefano, da cui il nuovo nome del palazzo. Con il passaggio di proprietà il palazzo fu ingrandito da Gherardo Silvani, con il nuovo portone e le grandi finestre al pianterreno. La facciata è stata restaurata nel 1999.
Numerose targhe commemorative si trovano lungo la strada. A numero 11 una lastra nell'androne di palazzo Michelozzi ricorda Pedro Américo, pittore ufficiale del governo brasiliano, che qui morì nel 1905.
Sulla casa di Bernardo Buontalenti (numero 37 all'angolo con via de' Marsili) se ne ricorda il genio, l'incontro con altri intellettuali e artisti quali Torquato Tasso e la morte avvenuta nel 1608.
Al 15, "per decreto del Comune" una lunga iscrizione ricorda la vita del Senatore Marchese Cosimo Ridolfi, che qui aveva il suo palazzo.
Al 26, sul Palazzo di Bianca Cappello è ricordata quale "famosa dama veneziana che divenne prima maestra e poi moglie del Granduca Francesco I", ed è inoltre citato il Poccetti quale autore dei graffiti e lo stemma familiare, un "cappello" appunto.
Marco Lastri, Via Maggio e come si popolasse il quartier d'Oltrarno, in L'Osservatore fiorentino sugli edifizi della sua Patria, quarta edizione eseguita sopra quella del 1821 con aumenti e correzioni del Sig. Cav. Prof. Giuseppe Del Rosso, Firenze, Giuseppe Celli, 1831, XII, pp. 32-34;
Donato Velluti, Le origini di una famiglia e d'una via nella vecchia Firenze: dalla Cronica domestica di messer Donato Velluti, restituita sull'autografo e commentata dal prof. Isidoro del Lungo, Firenze, Tip. G. Carnesecchi, 1890;
Comune di Firenze, Stradario storico e amministrativo della città e del Comune di Firenze, Firenze, Tipografia Barbèra, 1913, p. 79, n. 561;
Comune di Firenze, Stradario storico e amministrativo della città e del Comune di Firenze, Firenze, 1929, p. 68, n. 629;
Piero Bargellini, Ennio Guarnieri, Le strade di Firenze, 4 voll., Firenze, Bonechi, 1977-1978, II, 1977, pp. 182-188;
Roberto Ciabani, I Canti: Storia di Firenze attraverso i suoi angoli, Firenze, Cantini, 1984, pp. 28-33;
Franco Cesati, La grande guida delle strade di Firenze, Newton&Compton Editori, Roma 2003.
Comune di Firenze, Stradario storico e amministrativo del Comune di Firenze, terza edizione interamente rinnovata a cura di Piero Fiorelli e Maria Venturi, III voll., Firenze, Edizioni Polistampa, 2004, p. 263.
Daniela Vanzi, La via Maggiore, in "MCM", 2006, 74, pp. 34-39.