Pomona è la dea romana dei frutti (chiamata perciò Patrona pomorum, "signora dei frutti"), non solo di quelli che crescono sugli alberi, ma anche dell'olivo e della vite[1]. Il nome della dea deriva chiaramente da pomum, "frutto". Ovidio la descrive con una falce nella mano destra (anziché con un giavellotto come nel caso di altre divinità)[2].
Al culto della dea era preposto un flamine minore, il flamine pomonale, che nell'ordo sacerdotum era il meno importante di tutti[5].
Non si conoscono feste (Pomonalia) in suo onore, né dai calendari antichi giunti fino a noi, né dalle fonti letterarie classiche. Il filologo classico tedescoGeorg Wissowa[6] ha ipotizzato che la festività di Pomona fosse mobile e determinata dal momento della fruttificazione delle colture.
Secondo il poeta Ausonio, Pomona ha in tutela il mese di settembre perché è quello in cui matura la frutta[7].
Rapporti di Pomona con altre divinità
Secondo Ovidio[8] Pomona sarebbe stata insidiata da varie divinità delle selve, tra le quali i Satiri, ma solo il dio Vertumno l'avrebbe amata davvero, l'avrebbe lungamente corteggiata e alla fine si sarebbe unito a lei. Secondo lo storico britannicoHerbert Jennings Rose, questa storia sarebbe soltanto un'invenzione pura e semplice di Ovidio o di qualche altro scrittore relativamente tardo.
La tradizione latina, comunque, ricordava che Pomona sarebbe stata la compagna di Pico[9].
Divinità italiche affini
Pare che presso altri popoli italici siano state venerate divinità di nome (e probabilmente di funzione) simile a Pomona, ma che siano di genere maschile anziché femminile; presso gli Umbri, infatti, si trova Pomo o Pomonus, attestato nelle Tavole di Gubbio dove si cita il sacrificio di una pecora a Puemune Puprike, vale a dire "a Pomono pubblico"[10]. Presso i Sabini, invece, è attestato il dio Poemonio, citato nella Pietra di Scoppito[11].
Nel 1989 è stato segnalato in Lunigiana il ritrovamento di una stele dedicata a Pomona, sulla cui autenticità c'è stato qualche dubbio a causa dell'intervento di uno scalpellino locale che ha ripassato alcune lettere nell'intento di renderle più visibili. Giovanni Mennella, docente di storia romana all'Università di Genova, in un articolo su una rivista di storia locale, tende comunque ad attribuire l'iscrizione all'epoca rinascimentale, escludendo l'età classica.[14]
Note
^ Gaio Plinio Secondo, Naturalis Historia, XXII, 2.
«ego sucum vini, liquorem olei gigno, ego palmas et poma»
^ Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi, libro XIV, pp. 628-630.
^Giovanni Mennella. Su di un presunto culto di Pomona in Lunigiana, in "Giornale Storico della Lunigiana e del territorio lucense", XL (1989, ma stamp. 1993), pp. 105-108
Aggiornamento bibliografico:
Elisabetta Landi, Pomona Dea dei frutti mito e iconografia, in Enrico Baldini, a cura di, Miti, arte e scienza nella pomologia italiana, Roma, CNR, 2008, pp. 1-34