Il 10 settembre 1994, all'età di 40 anni, morì a Roma per un tumore, pochi mesi dopo aver sposato Sergio D'Elia[1]. La tomba di Mariateresa si trova a Fiuminata, paese dell'entroterra marchigiano da cui veniva la madre[2]. Il suo romanzo, Passaggio in Ombra, edito postumo dalla Feltrinelli nel 1995, sarà vincitore del Premio Strega nello stesso anno.
Attività politica
Nel 1982, anno della sua elezione a vicesegretario del partito, la sua attività politica si concentrò sulla battaglia contro lo sterminio per fame: coordinò la campagna "Sopravvivenza 82"[3], con la mobilitazione di sindaci in Italia, Francia e Belgio a sostegno di leggi di intervento straordinario contro la fame nel Sud del mondo[4]. La tematica fu affrontata insieme a quelle per i diritti civili, i diritti alla vita, economici, sociali (tra i quali si inserì la battaglia per la riforma delle pensioni)[5].
Fu promotrice di battaglie ambientaliste, ad esempio contro il nucleare in Italia[6].
Convinta che l'aborto sia per la donna una scelta dolorosa, la Di Lascia ha sostenuto comunque all'inizio della sua attività politica la possibilità per ogni donna di scegliere liberamente.
Nel 1990 fu tra coloro che proposero la difesa della legge Gozzini sulla riforma penitenziaria.
Nel giugno del 1993 partecipò alla Conferenza sui Diritti Umani a Vienna, in cui manifestò in favore della causa di liberazione del Tibet[10]
Nel 1993 fondò e diresse insieme a Sergio D'Elia Nessuno tocchi Caino[11], lega per l'abolizione della pena di morte nel mondo[12]. Del collegato giornale "Nessuno tocchi Caino" ha curato la redazione.
«Quando aveva pensato a cosa sarebbe stata la sua vita, a quale forma si sarebbe piegata ad avere, se mai ne avesse avuta una, aveva sentito qualcosa ribellarsi dentro sé, come per una insopportabile imposizione. Allora aveva avuto un solo desiderio: conservare il più a lungo possibile, forse per sempre la libertà di non avere nessuna forma.»
(Passaggio in Ombra)
Compleanno (1992) fu il suo primo racconto pubblicato, la storia di una donna che scopre che morirà di lì a poco; scrive al marito, e, quasi confessandosi, riesamina la sua vita. Vinse un concorso organizzato da Agorà[14], scelto fra 233 testi. Nel 1995 fu poi pubblicato da "Stampa alternativa Millelire" in quanto vincitore del "premio Millelire".[15] Successivamente comparve sul "Corriere del Sud".[16]
Veglia (1992)[17], un messaggio di condanna di qualsiasi tipo di violenza. È la storia di una madre senza nome, vedova, con due figli. Il minore si macchia dell'assassinio di un bambino di due anni. La domanda-chiave che la madre si pone è: «Madonna del dolore, posso pregarti per il mio figlio assassino?».[18]
«Di cui scrisse lo statuto, le tesi fondamentali, e cui diede il nome traducendo lei stessa con «Nessuno tocchi Caino» il passo della Genesi che prima era citato come «Nessuno uccida Caino»»
^apparso per la prima volta sul settimanale "Sette" il 6 luglio 1995, fu poi pubblicato sul numero 5 della rivista "Nessuno tocchi Caino" dell'ottobre/dicembre 1998
^Testo del racconto «Veglia», su radioradicale.it. URL consultato il 6 marzo 2007 (archiviato dall'url originale il 26 marzo 2007).
^numero 104 del maggio 1995. Una madre scrive una lettera alla sua figlia "negata", le parla di sé e cerca di stabilire un contatto. Le parla a partire dai ricordi, quelli più dolci, quelli dell'infanzia e dell'amicizia con le sorelle Tartaglia: Gemma, Gilda e Gabriella. Il primo capitolo, dal titolo "Onora il padre e la madre" si apre con una citazione tratta da La pesanteur et la grace di Simone Weil.
Bibliografia
Antonio Blasotta, Maria Teresa Di Lascia, la vita di un angelo ribelle, Edizioni il Castello, 2002 ISBN 88-88021-06-X