Dopo aver presentato la tela Ragazzi in giardino, altra opera di impronta scapigliata, nel 1880 partecipa all'Esposizione di Belle Arti di Milano con alcune acqueforti caratterizzate da elementi romantici, fra le quali La casa del mago, Ombra, Luna, Pioggia, Luce, Aria e sole, Ritratto di Francesco Pozza e Le streghe, comparabili ai noirs francesi di Gustave Moreau e Odilon Redon, opere che scandalizzano pubblico e critica per il gusto macabro molto insolito per il tempo.
Nello stesso anno realizza il noto Ritratto di Primo Levi.
Nel 1881 entra a far parte del sodalizio Famiglia Artistica e partecipa all'Indisposizione Artistica, goliardica mostra allestita dagli Scapigliati in concomitanza della Esposizione nazionale di Belle Arti di Milano; l'anno successivo fonda con Alberto Pisani Dossi, Carlo Borghi e Luca Beltrami il settimanale Guerin Meschino, al quale collabora per anni come illustratore e sagace caricaturista.
Nello stesso anno si aggiudica, in associazione con Guido Pisani, una medaglia di rame nel Premio Broggi destinato alle migliori opere di architettura[4].
Fino al 1885 condivide con il divisionistaGaetano Previati il proprio studio di Palazzo Spinola in via San Paolo n.10, caratterizzato da un'atmosfera surreale di gusto macabro, arredato con elementi insoliti come teschi, pipistrelli imbalsamati e gatti mummificati[5]
Nel 1886 espone Paesaggio e Interno alla Nazionale di Milano.
Nel 1887 completa Visione romantica e Intermezzo, quest'ultimo presentato all’Esposizione nazionale artistica di Venezia, confermando il successo già ottenuto l’anno precedente quando la tela, non ancora compiuta, appare alla mostra inaugurale della Società per le Belle Arti di Milano. Nel 1889 espone a BerlinoLa madre, La bimba e Cenerentola.
Tra il 1891 e il 1896 lavora alla serie di quadri Fiabe e leggende, rimasta incompiuta, i cui soggetti sono in gran parte tratti dal Decamerone di Giovanni Boccaccio e che include fra gli altri Intermezzo, La strada del mago e Il trono della bella Mantesca.
Nel 1896 acquista una parte del Chiostro di Voltorre, in provincia di Varese, che adibisce a casa e a studio e l'anno successivo sposa la pittrice Eugenia Dal Co, sua modella in Confidenze e dalla quale ha quattro figli, dedicandosi all'insegnamento di Storia dell'arte alla Società Umanitaria e all'Associazione di mutuo soccorso degli operai, dove guida la direzione della Scuola di disegno per cinque anni.
Nel 1913, dopo che la Sovrintendenza gli impedisce il restauro del suo chiostro, crollato a seguito di un incendio, il Conconi dà vita all’ironica incisione Ai benemeriti per la conservazione del Chiostro di Voltorre.
Nello stesso anno, partecipa all'Esposizione di Monaco, dove viene premiato con la medaglia d'oro per la tela La notte serena.
Nel 1915 si aggiudica il concorso indetto dall’Associazione degli incisori e acquafortisti italiani.
Nel 1920 la sua città gli tributa in omaggio una mostra postuma alla galleria Pesaro.
Pittura
Universalmente identificato come esponente della Scapigliatura milanese,[3] Conconi è artista polivalente e dotato di ampia fantasia che si esprime liberamente, con alterne fortune, in architettura, pittura e disegno (acquerelli e acqueforti), riscuotendo successi in particolare in quest'ultime applicazioni.
Nella sua fase matura, si avvicina maggiormente al Simbolismo.
«Una fantasia ricchissima e infrenabile, un organismo nuovo che non ha e non ha mai avuto nella storia dell’arte lombarda e italiana alcuno che gli abbia assomigliato»
(Giuseppe Martinelli in Emporium, artisti contemporanei, anno 5, 1897)
Nel biennio 1879 - 1880 esordisce con le prime opere di pittura a olio Ragazzi in giardino, Ritratto di Primo Levi, Giovinetta Malata, Ritratto di Amelia Possenti Pisani e Attrazione che, pur rivelando una stretta influenza stilistica di Tranquillo Cremona, si differenziano nella maggiore ricerca plastica delle figure, che influenzerà artisti successivi come lo scultore Medardo Rosso.
«Oggi che, se si entra in una sala dov'è un Conconi, e lo riconosci subito per il suo tono arido e resistente, riservato e personale, ne apprezzi lo stile come uno dei più caratteristici e distinti dell'epoca»
(Raffaello Giolli in Luigi Conconi, Prospetto biografico-critico, 1921)
Fino alla sua fase matura, Conconi resta comunque un seguace dei modi Cremona nei suoi temi più consueti, quali ritratti, quadri in costume, mentre rivela la sua originalità nei quadri di genere, nella paesaggistica e nelle costruzioni fantastiche e immaginifiche.[3], oltre alle lunghe figure femminili delicate, in pose eleganti e insolite, dalle ambientazioni stravaganti e con sfumature prive di dettagli, tratte dalla riproduzione della moglie Eugenia, sua modella prediletta.
La produzione di acqueforti viene attualmente considerata oggetto di maggior valenza artistica[7], dove l'estrema fantasia dell'artista trova una perfetta applicazione, come in Palazzo Marino, Arco di Tito, La casa del mago e Le streghe, realizzate con un'impronta misteriosa e suggestiva che non ha precedenti nel suo tempo.
Architettura
Dopo aver conseguito il diploma in Architettura civile, nel 1874 entra nello studio degli ingegneri Combi e Sizzo, con i quali collabora nel 1877 alla realizzazione di Palazzo Turati a Milano.
Conconi non ha riscosso rilevanti successi in ambito architettonico, in particolare a causa del carattere innovativo dei suoi progetti in un momento storico nel quale l'architettura era prevalentemente aderente al modello gotico: a fronte di numerosi progetti sottoposti ai vari concorsi, solo pochi hanno portato ad applicazioni dirette, come l'edificio di via Dante a Milano (1891), il Dosso Pisani a Cardina (Como), realizzata per l'amico letterato scapigliato Carlo Dossi, la tomba di Felice Cavallotti a Dagnente (1897-1898), l'Edicola Segre nel Riparto Israeliti del Cimitero Monumentale di Milano (1900)[8].