Il progetto dello Junkers Ju 86, come quello dell'Heinkel He 111 e del Dornier Do 17, fu la conseguenza di una specifica richiesta da parte dell'esercito tedesco nel 1932, al fine di dotarsi di un velivolo bimotore che potesse espletare funzioni di bombardamento e ricognizione. Come per altri apparecchi che prevedevano la rimilitarizzazione non troppo palese della Germania hitleriana, vennero seguiti due progetti paralleli, il primo a fini civili ed il secondo, più discreto per evitare sospetti da parte straniera, con finalità militari. In entrambi i casi era essenziale trovare un giusto compromesso tra velocità e capacità di carico. La Junkers scelse di percorrere la strada del contenimento del peso prevedendo l'installazione dei motori Jumo 205 a ciclo diesel di propria progettazione, i quali vantando un consumo specifico inferiore permettevano di imbarcare una minore quantità di carburante. Nel gennaio 1933, il Commissariato del Reich per l'aeronautica prima ed il neofondato Reichsluftfahrtministerium poi, seguirono direttamente gli sviluppi dei tre veicoli nascondendone il loro uso futuro. In fase di valutazione la compagnia aerea nazionale DLH, che era il committente ufficiale dei tre prototipi civili, respinse solamente il Do 17 a causa delle esigue dimensioni della fusoliera di quest'ultimo.
Prototipi
I primi prototipi civili volarono nel novembre del 1934 mentre le prime versioni militari furono pronte nel 1936. Le sigle dei prototipi dello Ju 86 hanno seguito un insolito schema dovuto alla realizzazione alternativa di un velivolo ad uso militare ed uno ad uso civile.
Il primo velivolo realizzato, al quale era stata assegnata la denominazione Ju 86 V1 (W.Nr. 4901), era il prototipo della versione bombardiere. Dotata di motori Siemens SAM 22B da 550 CV (404 kW) ciascuno, volò per la prima volta il 4 novembre 1934.
Il 22 marzo 1935 fu la volta del primo volo del prototipo della versione civile, al quale era stata assegnata la denominazione Ju 86 V2 (W.Nr. 4902). In fase di costruzione era stato dotato anch'esso di motorizzazione Siemens ma prima di compiere il volo inaugurale furono sostituiti con 2 motori Junkers Jumo 205diesel da 600 PS (441 kW), diventando il prototipo della serie B civile.
Impiego operativo
Come per altri velivoli della Luftwaffe, l'inizio della guerra civile spagnola fornì l'opportunità per saggiare in combattimento le potenzialità dello Ju 86 nel ruolo di bombardiere a medio raggio, rivelandosi però presto inferiore al coevo Heinkel He 111. All'inizio del febbraio 1937 furono inviati in Spagna, in forza alla Legione Condor (VB/88), quattro Ju 86 D-1, uno dei quali però ebbe una vita breve in quanto solamente dopo qualche incursione, il 26-1, il 23 febbraio venne abbattuto dalle forze aeree repubblicane causando la morte di tre componenti dell'equipaggio e della cattura del quarto. Dalla Germania ne arrivò subito uno per reintegrarne il numero ma nell'estate dello stesso anno un altro D-1 venne perso in un incidente. I restanti tre vennero venduti alle forze nazionaliste alla fine del conflitto.
Lo Ju 86 D-1 venne nuovamente impiegato in forza alla Luftwaffe durante la campagna di Polonia del 1939 ma definitivamente ritirato subito dopo.
Nel gennaio 1940 la Luftwaffe testò il prototipo di una versione d'alta quota, la Ju 86 P. Essa necessitava di un equipaggio di due soli uomini ed era caratterizzata da una nuova cabina pressurizzata, da una nuova ala di maggior lunghezza e motorizzata dagli Jumo 207 A1 a ciclo diesel dotati di turbocompressore. In questa configurazione poteva raggiungere la quota di 12 000 m, all'occorrenza anche superiore, tanto da poter ritenere lo Ju 86 P inattaccabile dai caccia alleati. Per contrastarne la minaccia furono specificatamente progettati il britannicoWestland Welkin ed il sovieticoYakovlev Yak-9 PD. A seguito delle soddisfacenti prove di volo la Luftwaffe ordinò di riconvertire 40 vecchi modelli sia in velivoli da bombardamento denominati Ju 86 P-1 sia in ricognitori fotografici d'alta quota denominati Ju 86 P-2, impiegandoli con successo nei cieli sopra la Gran Bretagna, l'Unione Sovietica e il Nord Africa.
Nell'agosto del 1942, nei cieli egiziani, uno Supermarine Spitfire Mk.V modificato riuscì ad abbattere il primo Ju 86 P a circa 14 500 m (circa 49 000 ft) di altezza. Quando successivamente vennero persi altri due P, la Luftwaffe decise nel 1943 di ritirarli definitivamente dal servizio.
La Junkers allora pensò di sviluppare ulteriormente il progetto con lo Ju 86 R per raggiungere, grazie una nuova ala di 32 m e a nuovi motori dotati di eliche a quattro pale, la tangenza massima di 16 000 m e compensare i progressi fatti dai caccia alleati, ma la produzione si limitò ad alcuni prototipi.
Svezia
Operò con gli Ju 86 K, versione da esportazione dell'azienda tedesca, ai quali si affiancarono quelli prodotti in Svezia su licenza dalla Saab.
La prima fornitura riguardò 3 esemplari di Ju 86 K-1 che si differenziavano dal modello tedesco per alcuni particolari tra cui l'adozione di 2 radiali Pratt & Whitney R-1690 Hornet. La successiva fornitura riguardò la versione Ju 86 K-4, del tutto simile alla K-1 ma motorizzata questa volta con i radiali di produzione britannicaBristol Pegasus III.
Una volta ottenuta la licenza di produzione, la Saab iniziò la realizzazione dello Ju 86 K-2, una versione da esportazione prodotta in 66 esemplari e destinata al Regno di Ungheria[2], dello Ju 86 K-5, un K-4 motorizzato con i radiali Pegasus XII prodotti anch'essi su licenza in Svezia dalla NOHAB (Nydqvist & Holm AB), e dello Ju 86 K-13, versione bombardiere dotata di radiali Bristol Mercury XIX di produzione polacca e svedese, ribattezzata in Svezia come B 3.
Tutti i velivoli furono utilizzati dai reparti svedesi ma non vennero mai impiegati operativamente in eventi bellici rimanendo in servizio fino al 1958[3] alcuni finendo la propria carriera convertiti nel ruolo di piattaforme volanti SIGINT[4].
Attualmente esiste un solo esemplare completo giunto sino ad oggi. Si tratta di uno dei 16 esemplari di B 3C-2, ovvero Ju 86 K-4 con designazione svedese, di costruzione su licenza Saab, il 0155/A con immatricolazione militare F21 esposto in mostra statica permanente al Flygvapenmuseum, il museo aeronautico della forza aerea svedese, situato presso la base aerea F 3 Malmslätt, Kungliga Östgöta Flygflottilj (o semplicemente F 3) nella municipalità di Linköping, in Svezia, a circa 8 km ad ovest del capoluogo[8].
Schede Tecniche dell'Enciclopedia Aeronautica De Agostini
Enzo Angelucci, Paolo Matricardi, Guida agli Aeroplani di tutto il Mondo, Volume 4, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1979.
Enzo Angelucci, “Aerei: Germania”
Enzo Angelucci, “Atlante Enciclopedico degli Aerei Militari”
Chris Chant, “Aerei della 2ª Guerra Mondiale”
Jeffrey L. Ethell, “Aerei della 2ª Guerra Mondiale”
(EN) William Green, War Planes of the Second World War, Volume Nine: Bombers, London, Macdonald, 1968.
(DE) Heinz J. Nowarra, Die Deutsche Luftrüstung 1933-1945, Band 3, Koblenz, Bernard & Graeffe Verlag, 1993, ISBN3-7637-5467-9.
Albert Price, Bombardieri nella 2ª Guerra Mondiale, Fratelli Melita.
(EN) John Richard Smith, Antony J. Kay, German Aircraft of the Second World War, 7th edition, London, Putnam, 1990 [1972], ISBN0-85177-836-4.
(EN) Tony Woods, Bill Gunston, Hitler's Luftwaffe: A pictorial history and technical encyclopedia of Hitler's air power in World War II, London, Salamander Books Ltd., 1977, ISBN0-86101-005-1.