Il Calendario del Popolo è una rivistatrimestrale di cultura, fondata nel 1945 e dal 2010 edita da Sandro Teti Editore. È una delle più longeve riviste culturali italiane e nel 2020 ha festeggiato i 75 anni di pubblicazioni ininterrotte.
La Sezione Stampa e Propaganda della Direzione del PCI, diretta dall'ex operaio Celeste Negarville, fa propria l'idea di Giulio Trevisani di dar vita a un foglio popolare che, ricollegandosi all'esperienza prefascista dei “calendari” e degli “almanacchi”, estremamente diffusi allora nelle città e nelle campagne italiane, ricordasse i fatti del passato, facendo emergere episodi storici che sotto il fascismo erano stati nascosti o deformati dalla storiografia di regime. Anche Palmiro Togliatti è affascinato dall'idea di una rivista di questo tipo, e ne segue l'evoluzione fino alla sua morte (21 agosto 1964).
Una rivista quindicinale, tale è allora, di piccolo formato, che si muove nell'alveo della propaganda comunista tradizionale, con l'impegno di rinnovarla e adattarla ai tempi nuovi. La diffusione avviene tramite abbonamento postale, librerie e circoli culturali, le strutture del Partito comunista, e grazie ad una intensa attività di promozione di militanti, i cosiddetti "calendaristi". Il taglio editoriale, con brevi interventi di carattere scientifico, ma scritti con stile letterario, in tutti i campi del sapere e delle arti, si proponeva di rispondere alle esigenze di conoscenza di quella parte di popolazione italiana, di cui facevano parte molti militanti del PCI, che aveva una scarsa preparazione scolastica ed era appena uscita dalla guerra di Liberazione[1].
Nel 1946Il Calendario del Popolo si trasferisce a Milano. Il Calendario si fa anche centro propulsore di iniziative di promozione culturale, come l'Associazione dei calendaristi, i Congressi di cultura popolare, il Premio città di Cattolica per la poesia dialettale[2] che, fra gli altri, con Salvatore Quasimodo e Edoardo De Filippo in giuria, premia due poeti, all'epoca sconosciuti, come Tonino Guerra e Pier Paolo Pasolini.
Fine degli anni cinquanta
Alla fine degli anni cinquanta il PCI, ritenendo non più strategica la rivista, allenta di molto il controllo ideologico su di essa. La missione post-bellica di "alfabetizzazione" lascia il posto a un approccio più innovativo. Tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio degli anni sessanta, infatti, Il Calendario si rende protagonista di diversi dibattiti su letteratura, cinema e teatro, dando anche spazio a temi e autori poco graditi al Partito comunista[3][indicare quali]. Grazie a collaboratori come Arturo Lazzari, Ugo Casiraghi e Giuseppe Bartolucci, la testata si confronta con fenomeni culturali di respiro internazionale come il nouveau roman, il teatro dell'assurdo di Eugène Ionesco e le più avanzate tendenze del cinema americano, brasiliano, francese, giapponese, sovietico e tedesco.
L'intervento editoriale di Nicola Teti
Nel 1964 il PCI ritiene conclusa questa esperienza editoriale. Claudio Pratini avalla la proposta di Nicola Teti, che si offre di rilevare la rivista e ripianarne i debiti, continuandone la diffusione attraverso gli abbonamenti e il circuito librario: nasce così la Nicola Teti Editore, che la pubblica per 46 anni. La rivista ha inoltre sempre curato la veste grafica, potendo contare su eccellenti professionisti come Max Huber e Lica e Albe Steiner.
Il Calendario continua a coniugare tensione divulgativa e approfondimento critico, spaziando dalla scienza all'economia, dal costume al fumetto, dalle religioni allo sport, dalla ricostruzione storica all'analisi degli assetti geopolitici con particolare attenzione per l'Unione sovietica, i paesi del blocco socialista e l'America latina. Strettamente collegati alla vocazione enciclopedica della Nicola Teti Editore e de Il Calendario del popolo sono i due progetti editoriali dell’Enciclopedia Nuovissima, tra i cui collaboratori figurano Cesare Musatti, Luigi Russo, Giulio Maccararo, Ernesto Ragionieri, Lucio Lombardo Radice, Emilio Sereni, Norberto Bobbio, e della Storia della Società Italiana realizzata grazie all'apporto di studiosi come Antonio La Penna, Franco Cardini, Salvatore Sechi e Ludovico Geymonat.
Caratterizzato da un taglio esplicativo e popolare, Il Calendario declina la sua attitudine monografica nei termini della pluralità dei contenuti e della molteplicità dei punti di vista, combinando registri differenti che comprendono narrazione letteraria e reportage, inchiesta e intervista, divulgazione saggistica e testimonianza.
^ Dario Consiglio, Il PCI e la costruzione di una cultura di massa. Con un'intervista a Giancarlo Ferretti su Intellettuali, politica e mercato, Milano, Edizioni Unicopli, 2006, ISBN88-400-0964-7.
^ Giovanni Battista Bronzini, L’universo contadino e l’immaginario poetico di Rocco Scotellaro, Bari, Edizioni Dedalo, 1987, ISBN9788822060693.
^Anonimo, Il "Calendario" e la cultura popolare, in «Rinascita», VII, 1955
Bibliografia
Dario Consiglio, Il PCI e la costruzione di una cultura di massa. Con un'intervista a Giancarlo Ferretti su Intellettuali, politica e mercato, Milano, Edizioni Unicopli, 2006, ISBN88-400-0964-7.
Giovanni Battista Bronzini, L’universo contadino e l’immaginario poetico di Rocco Scotellaro, Bari, Edizioni Dedalo, 1987, ISBN9788822060693.
Piero Lucia, Intellettuali italiani del secondo dopoguerra. Impegno, crisi, speranza, Napoli, Guida Editori, 2003, ISBN88-7188-687-9.