Proveniente da una famiglia di pittori, imparò l'arte dallo zio Francesco Pittoni[2], con il quale eseguì nel 1716 il dipinto Sansone e Dalila (Pordenone, Collezione Querini)[3].
Una più chiara indicazione sugli orientamenti del pittore all'inizio della sua attività, ancora legata ai modi del Barocco, è suggerita da ben individuati riferimenti stilistici con la pittura di Antonio Balestra, operante a Venezia nel primo ventennio del Settecento. Attraverso alcune opere compiute dall'artista subito dopo quest'epoca, come il Martirio di san Tommaso (Venezia, chiesa di San Stae) e Diana e Atteone (Vicenza, Museo civico Palazzo Chiericati) si precisarono già i caratteri essenziali della sua pittura: ricchezza del colore, in particolare il prezioso blu, sciolto dispiegarsi delle forme, un estremo nonché manierato rigore nel definire i particolari e un soffuso senso di languore che aggiunge alle composizioni una nota di raffinata e leziosa preziosità, propria del rococò europeo.
Al gusto di Sebastiano Ricci e del Tiepolo, per plasticità formale e freschezza del colore, appartengono la pala con i Santi Pietro e Paolo e Pio V che adorano la Vergine (Vicenza, chiesa di Santa Corona) e il Giuramento di Annibale (Milano, Pinacoteca di Brera)
Intorno agli anni venti del ‘700 la sua personalità si delineò con più precisione, rivelando un carattere vigoroso e monumentale negli affreschi. Nel 1720 dipinse Il martirio di san Tommaso per la chiesa di San Stae e tra il 1722 e il 1730 lavorò a quattro tele di un ciclo molto più ampio (in tutto erano ventiquattro) dei Tombeaux des Princes ideato da Owen McSwiney, in cui erano rappresentati alcuni dei più celebri uomini della storia britannica. Alla stessa realizzazione furono chiamati anche Canaletto, Marco Ricci e Sebastiano Ricci, Giovanni Battista Cimaroli ed altri artisti veneziani e bolognesi.
Negli stessi anni la composizione delle figure diventò più matura, il lavoro sulla resa del chiaroscuro si può dire ultimato, lo studio sui colori rivela la capacità di usarli in modo contrapposto e vivace, la resa dei particolari divenne molto più precisa; di questo sono testimonianza opere come Santi Pietro e Paolo e Pio V che adorano la Vergine (Vicenza, chiesa di Santa Corona). Per tutta la vita alterna il filone devozionale a quello storico e mitologico.
Seguirono, nel decennio 1730-1740, alcuni capolavori come La Natività (Rovigo, Accademia dei Concordi), la Continenza di Scipione (Parigi, Museo del Louvre) e le allegorie del soffitto di Ca' Pesaro a Venezia.
Un certo ripiegamento sui valori sicuri del passato denunciano le opere più mature, quali il Martirio di santa Esteria (Bergamo, Duomo), l'Allegoria delle Scienze e delle Arti (Valdagno, Collezione Marzotto), La famiglia (collezione privata), e l'Annunciazione del 1757 delle Gallerie veneziane; in esse troviamo anche un ritorno ai colori più bui e caldi, spesso con la presenza del prezioso blu.
Tra i suoi discepoli va ricordato il valtellinese Cesare Ligari il cui capolavoro spiccatamente venezianeggiante e pittoniano è conservato a Palazzo Malacrida a Morbegno, antico borgo porta della Valtellina, fu grazie all'intermediazione del Ligari che giunse nella Collegiata morbegnese la pala del Pittoni raffigurante La Vergine col Bambino e San Filippo Neri.
Le opere dell'artista non sono quasi mai firmate o datate. Molte delle opere sono andate disperse e distrutte durante le due guerre mondiali. Opere di Pittoni sono esposte in tutto il mondo in alcuni dei maggiori musei, tra cui il Louvre di Parigi, l'Ermitage di San Pietroburgo, la National Gallery di Londra, il Metropolitan Museum of Art a New York, la Pinacoteca di Brera.
Le opere più preziose di Pittoni sono quelle di piccole dimensioni, che curava con maggior passione, che raffigurano Madonne con Bambino o recanti il tipico colore "blu Pittoni", quale per esempio la Testa della Vergine.
Katharine Baetjer, European Paintings in the Metropolitan Museum of Art by Artists Born Before 1865, Metropolitan Museum of Art, 1995.
Annalisa Perissa Torrini, Disegni di Giovan Battista Pittoni, Electa, 1998.
Francesco Maccarinelli, Le Glorie di Brescia raccolte dalle Pitture, Che nelle sue Chiese, Oratorii, Palazzi et altri luoghi publici sono esposte, Brescia, 1747
Pier Virgilio Begni Redona, Pitture e sculture in San Nazaro e Celso, in La collegiata insigne dei Santi Nazaro e Celso in Brescia, Brescia, Editrice la Scuola, 1992.
M. Goering, G. B. Pittoni, Firenze, 1934.
L. Goggiola, Pittoni artisti veneti, Bergamo, 1907.
R. Pallucchini, I disegni di G. B. Pittoni, Padova, 1945.
Alice Binion: I disegni di Giambattista Pittoni. Firenze, La Nuova Italia, 1983.
H. Voss, Artikel Pittoni in Thieme, Becker Künstlerlexikon
Rudolf Wittkower, Art and Architecture in Italy, 1600-1750, 1980, Pelican History of Art (Penguin Books Ltd)