"Beata Vergine Maria della Coltura", comprendente le parrocchie dei comuni di: Casarano, Matino, Parabita e Tuglie;
"Sant'Agata", comprendente le parrocchie dei comuni di: Alezio, Gallipoli e Sannicola con le frazioni di Chiesanuova, Lido Conchiglie e San Simone (tale giurisdizione rispecchia quasi esattamente i confini della vecchia diocesi di Gallipoli; il territorio del comune di Tuglie era diviso, infatti, con la diocesi di Nardò);
Il Palazzo vescovile è attiguo alla Cattedrale di Gallipoli. Il vescovo Massa nel 1652 fece demolire la struttura preesistente in quanto in stato fatiscente e, nel 1700, il vescovo Oronzo Filomarini lo abbellì di suppellettili, mobili pregiati, tele e affreschi realizzati dall'artista gallipolino Michele Lenti.
L'edificio è ampio e disposto in tre ampi piani e dispone di un giardino e di una cappella privata del vescovo. Nel corso degli anni vi hanno fatto visita sovrani e personalità eminenti del panorama politico e religioso. È doveroso citare la visita svolta nel 1844 da reFerdinando II con la consorte Maria Teresa d'Austria.
In passato ha ospitato diverse istituzioni scolastiche, tra cui il Liceo Quinto Ennio ed è stato dimora fissa dei vescovi che negli anni si sono succeduti nella chiesa gallipolina.
Dopo anni di chiusura dovuta ad una ristrutturazione radicale, il 15 ottobre 2015 il vescovo Filograna ha inaugurato l'episcopio che ospita anche la "Mensa della Carità" per i poveri e il Centro ascolto diocesano.
L'opera,[2][3] realizzata sotto l'episcopato di Corrado Ursi, con annessa l'antica villa estiva dei vescovi di Nardò, fu realizzata per la formazione del clero e dei fedeli.
Negli ultimi anni, dopo la ristrutturazione, la struttura è stata adibita anche a casa di vacanza o location per eventi culturali.
Residenza[2] destinata ai gruppi parrocchiali per incontri spirituali o formativi.
Storia
Diocesi di Gallipoli
Incerte sono le origini della diocesi di Gallipoli. Secondo la "tradizione petrina"[4], la città di Gallipoli fu decorata, sin dai primi tempi del cristianesimo, della cattedra vescovile dallo stesso apostoloPietro che, di passaggio a Gallipoli nel suo viaggio verso Roma, dopo aver fondato la diocesi, avrebbe lasciato la giovane chiesa al suo discepolo san Pancrazio, il quale in seguito si trasferì in Sicilia, subendo il martirio a Taormina.[5]
Come scrive Nicola Maria Cataldi[6], Pietro sarebbe giunto in Italia sbarcando nel porto di Gallipoli con i discepoli e fedeli provenienti da Antiochia, nell'anno 42 o 43 sotto il regno di Claudio. A testimoniare il passaggio dell'apostolo fu costruita la chiesa di San Pietro dei Samari nel territorio diocesano, dove si crede che san Pietro abbia battezzato i primi fedeli; altro edificio religioso era San Pietro "cucurizzutu" (per via della forma piramidale della cupola), registrato nella visita pastorale di Pellegrino Cibo (1536-1540).
Nella vicina Alezio esisteva nel XVI secolo una cappella dedicata al primo vescovo, la quale era affiancata da un pozzo le cui acque si veneravano come miracolose e prodigiose, perché Pancrazio aveva battezzato i fedeli convertiti alla nuova religione[7].
Sui quattro lati del pozzo leggevasi la seguente iscrizione: P.C.A.D. (Pancratio Callipolitano Antistiti Dicatum = Dedicato a Pancrazio primo vescovo gallipolitano).
Il vescovo Vincenzo Capece (1596-1620) volle fare immortalare questa tradizione commissionando un'opera a Gian Domenico Catalano (oggi nella sacrestia del santuario della Lizza in Alezio).
Non si hanno delle fonti storiografiche che attestino il nome del Pontefice che elevò Gallipoli a sede vescovile; Ferdinando Ughelli, acuto storico dell'origine delle sedi episcopali, scrisse nel tomo IX della sua opera maggiore "Italia Sacra" che vetustissimus Callipolitanus Episcopatus est[8]. È certo però che la diocesi di Gallipoli sia anteriore ai tempi di papa Gregorio I.
Primo vescovo attestato storicamente e largamente condiviso dagli storici è Domenico, che sottoscrisse un decreto di papa Vigilio del 551 contro Teodoro, arcivescovo monofisita di Cesarea.
L'accademico e storico Giorgio Otranto, nella sua opera "Italia meridionale e Puglia paleocristiane: saggi storici", sostiene che la diocesi risalirebbe addirittura all'inizio del V secolo o alla fine del IV; certo è che Gallipoli, verso la fine del VI secolo, fosse una sede vescovile latina[9].
Il capitolo dei canonici della cattedrale di Gallipoli eleggeva i vescovi fino al XIV secolo, ma numerosi furono i problemi che nacquero tra gli elettori e gli eletti. Clemente V fu il primo romano pontefice che provvide all'elezione dei vescovi gallipolitani[13].
Fu mantenuto il rito greco-bizantino fino al 1513 a causa della presenza dei monaci basiliani che si rifugiarono a Gallipoli per scampare alle persecuzioni iconoclaste[14].
A ricordo di questa antica tradizione del rito greco osservato nella diocesi, durante i solenni pontificali di Sant'Agata presieduti dal vescovo, il Vangelo viene proclamato in greco dal canonico del capitolo della cattedrale[15][16].
La diocesi di Gallipoli, con l'avvento dei Normanni, come attestato da un documento del 1172, dovette cedere la gran parte del suo territorio alla vicina abbazia di Sancta Maria de Nerito[11].
La diocesi generò molti vescovi tra cui: Filippo Gorgoni (vescovo di Ugento), Antonio Camaldari (vescovo di Montepeloso), Fra Ludovico Bevilacqua (vescovo di Catellammare), Fra Domenico Stradiotti (vescovo di Castro), Giovanni Carlo Coppola (abate e vescovo di Muro Lucano), Abate Ercole Coppola (vescovo di Nicotera), Guglielmo Camaldari (arcivescovo di Rossano) e Filippo D'Aprile (vescovo di Teano e in seguito traslato alla sede di Melfi e Rapolla).
È certo che la diocesi gallipolitana generò importanti e conosciute personalità religiose: alcuni vescovi saranno elevati alla dignità cardinalizia come Corrado di Sabina, il cardinalecamerlengoFrancesco Armellini Pantalassi de' Medici ed Andrea della Valle; il vescovo Alessio Zelodano fu chiamato da papa Giulio II come segretario ufficiale, essendo riconosciuta la sua ottima preparazione in ambito teologico e filosofico; il cardinale Vincenzo Orsini arcivescovo di Benevento e poi eletto papa col nome di Benedetto XIII fu un commendatario dell'abbazia di San Mauro. Filippo V di Spagna chiamò presso la propria corte l'arcivescovo gallipolitano Antonio Maria Piscatori, nominandolo predicatore della Corte, qualificatore della Sacra Inquisizione, Teologo ed esaminatore nell'apostolica Nunziatura del Regno di Spagna[17].
Il 47º vescovo di Gallipoli Gonzalo de Rueda, per la sua austera e lodevole vita, fu proposto come modello a tutti i nuovi vescovi da Papa Urbano VIII, il quale affermava spesso: "Speculatevi in quel Santo Prelato di Gallipoli"[18][19].
Secondo il professore Antonio Barbino, questi vescovi hanno contribuito a rendere l'«antica diocesi gallipolina una della più importanti d'Italia», oltre ad essere una delle più antiche[20].
Diocesi di Nardò
Più giovane è la diocesi di Nardò, città elevata a sede vescovile nel 1413. Tuttavia negli ultimi anni sono state avanzate delle ipotesi azzardate che farebbero risalire la data della fondazione della diocesi all'VIII secolo, ossia due secoli dopo alla nascita della diocesi di Gallipoli; lo storico gallipolino Elio Pindinelli smentisce ufficialmente questa ipotesi, attribuendone l'origine a un noto falsario d'epoca illuminista, Pietro Polidori.
Una recente pubblicazione porta alla luce la notizia che la diocesi fu istituita grazie ai favori dell'antipapa Clemente VII nel 1387[21].
È probabile che Nardò fosse già una diocesi nei primi secoli dell'era cristiana. Infatti esiste una lettera apostolica, dubbia, di papa Paolo I, del 761 o del 762, indirizzata alla diocesi, per porre fine all'elezione dell'ordinario[22]; con tale documento si disponeva, altresì, l'insediamento di una comunità di archimandriti basiliani, i quali erano stati vittima della persecuzione di Costantino V. Di tale tradizione il vescovo Girolamo De Franchis fece riferimento nella documentazione riguardante la visita pastorale del 1612, allorché menzionava alcune lettere apostoliche del V e VI custodite presso l'arcidiocesi di Brindisi. Tracce della grecità della diocesi neretina sono riportate, riguardo l'arredo sacro, nelle visite pastorali del XV secolo.
Documentata invece è l'erezione di Nardò, a partire dal 1090, a sede di abbazia territorialebenedettina. Donazioni, lasciti, privilegi e concessioni[11]
a favore degli Abati, contribuirono alla fisionomia territoriale della diocesi di Nardò. Storicamente incerta appare, tuttavia, l'esistenza di una diocesi, prima della supplica per la sua erezione, da parte di Giovanni De Epifanis all'antipapa Giovanni XXIII. Proprio il De Epifanis divenne il 12 gennaio 1413 primo vescovo di Nardò. Tuttavia già durante lo scisma avignonese Nardò ebbe un vescovo, l'abate Matteo, nominato dall'antipapa Clemente VII il 28 giugno 1387.
Il 27 febbraio 1674 fu eretto dal vescovo Tommaso Brancaccio il seminario[23] diocesano di Nardò, dedicato a san Filippo Neri, ubicato, sino al 1964, accanto all'episcopio[24]. A tale istituto concorsero a dare vitalità e splendore i vescovi Orazio Fortunato, Antonio Sanfelice, Carmine Fimiani, Luigi Vetta, Michele Mautone[25] e Francesco Minerva[26]. Mentre la posa della prima pietra della nuova sede, sita in via dell'Incoronata, avvenne il 31 maggio 1960, sotto l'episcopato di Corrado Ursi. Tale complesso fu inaugurato il 7 maggio 1964 dal successore Antonio Rosario Mennonna. L'edificio, per volere del vescovo Aldo Garzia, fu ristrutturato e riaperto l'8 dicembre 1993. Il seminario ospita anche l'Istituto di Scienze Religiose. Nel medesimo edificio, con decisione del Consiglio presbiterale del 25 ottobre 2011, sarà realizzata la Casa diocesana del Clero, attrezzata all'accoglienza dei sacerdoti anziani o infermi.
Fabio Chigi, già vescovo di Nardò, fu eletto, il 7 aprile 1655, al soglio pontificio con il nome di papa Alessandro VII.
Il medesimo vescovo, il 20 febbraio 1984, eresse il Centro Diocesano Beni Culturali, comprendente l'Archivio Storico e la Biblioteca "Antonio Sanfelice", fondata nel 1721. Tale centro, per la consistenza del patrimonio archivistico, è stato ritenuto dal Presidente della Regione Puglia, con decreti del 10 maggio 1984 e 21 maggio 1985, di "Interesse Storico Locale".
Il 30 settembre 1986, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i vescovi, le due sedi di Nardò e di Gallipoli furono unite plena unione e la nuova circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome di Nardò-Gallipoli. Seguirono accese reazioni della comunità gallipolina.[27]
Il 12 luglio 2004 è stato inaugurato il Museo diocesano di Gallipoli[29], ubicato nella sede dell'ex seminario, realizzato in stile barocco tra il 1651 ed il 1660 su iniziativa dei presuli Serafino Brancone (Branconi) ed Ignazio Savastano, al fine di valorizzare gli innumerevoli reperti, oltre 500, appartenuti alla vecchia diocesi gallipolina. Ossia: cartepeste, busti, calici ed opere pittoriche. Infatti la diocesi pur essendo tra le più piccole della regione risultava essere tra le più ricche. Il progetto dell'istituzione del museo fu del vescovo Aldo Garzia. Completarono l'iniziativa i successori Vittorio Fusco e Domenico Caliandro.
Cronotassi degli abati e dei vescovi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
^Di cui però è completamente all'oscuro Ferdinando Ughelli, che nella sua Italia sacra (vol. IX, seconda edizione 1721, coll. 98-100), pur ricordando l'antichità della diocesi, non accenna affatto a questa tradizione.
^"Memorie istoriche della Città di Gallipoli" pg.490, Bartolomeo Ravenna
^Don Onofrio Orlandino di Gallipoli nella "Tragedia di Sant'Agata" così affermò: "Quel santo Prelato di felice memoria Don Gonzalo de Rueda, la di cui santità diede dei voli così sublimi, che si poté dire giunto all'apogeo della perfezione, a segno che le sue lettere non solo in Napoli ed Ispagna dai signori viceré, dai grandi e da Filippo IV, ma anco nei famosi bolli del Vaticano, che si ponno dire tante catacombe di Corpi Santi, erano riverite da quei principi porporati come pregiatissime reliquie, e l'istesso Urbano VIII miracolo del mondo soleva dire ai vescovi di presto consagrati di questo Regno: Speculatevi in quel Santo Prelato di Gallipoli.
^Memorie istoriche di Gallipoli, B. Ravenna, pg.472
^Vescovi della diocesi di Gallipoli, su cattedralegallipoli.it. URL consultato il 17 novembre 2013 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2013).
^Nardò e Gallipoli. Storia delle diocesi in oltre seicento anni (1387-2013), Congedo Editore (2014)
^Il provvedimento della Congregazione per i vescovi del 1986 fu fortemente biasimato dalla comunità religiosa e civile gallipolina. Nei mesi di settembre e ottobre dello stesso anno si mobilitarono con decisione varie forze: alcuni sacerdoti chiesero alla Santa Sede le ragioni dell'accorpamento della storica diocesi di Gallipoli a quella di Nardò e inviarono al cardinale Bernardin Gantin un dossier sugli aspetti storici, religiosi, civili e sociali della realtà diocesana, oltre che una raccolta delle firme di 7618 cittadini. Fu istituito un comitato per la conservazione della sede episcopale, presieduto da Luigi Fontana, il quale chiese un incontro con il cardinale Casaroli; la delegazione inviata a Roma era composta da sacerdoti e laici, da mons. Gino Piccinno, presidente del capitolo della cattedrale, e dal sindaco Antonio De Marini. Il 30 ottobre, il pretore di Gallipoli, Michele Paone, ritenendo fondato il ricorso presentato relativo alla tutela del tesoro della Cattedrale e del patrimonio storico e archivistico della diocesi, convocò il vescovo Aldo Garzia nell'aula di giustizia. Il vescovo, accusato di essersi trasferito nottetempo a Nardò, prima ancora che venisse sancita l'ufficialità del provvedimento, non si presentò al cospetto del pretore, limitandosi a inviare un legale barese all'udienza istruttoria a porte chiuse. Seguirono proteste animate e tentativi di occupare il Duomo che non ebbero, però, alcun effetto sulle decisioni pontificie. Vedi: Articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno, 31 ottobre 1986. Articolo de La Stampa, 24 ottobre 1986
^Questo vescovo, menzionato da Coletti, continuatore dell'Italia Sacra di Ughelli, e dal D'Avino, è ammesso da studiosi locali (Antonio Barbino, L'antichissima sede episcopale di Gallipoli, Taviano 1987), ma è assente nelle cronotassi di Cappelletti, Lanzoni e Gabrieli e dalla stessa cronotassi del sito ufficiale della diocesi.
^Questo vescovo, inserito da Ughelli nella sua Italia sacra, fu in realtà vescovo di Callipoli in Tracia.
^Marcello Gigante, Poeti bizantini di Terra d'Otranto nel secolo XIII. Testo critico, introduzione, traduzione, commentario e lessico... (Byzantina et neo-Hellenica Neapolitana, 7), Napoli, 1979, pp. 168 (testo greco), 184 (traduzione) e 196 (commento). Vedi anche pp. 173 e 186-187.
^Così Cappelletti, che lo indica trasferito ad Andria l'anno successivo; è ignorato invece da Eubel, secondo il quale alla morte di Pietro succede Ludovico Spinelli; cfr. sede titolare di Callipoli, dove alle stesse date è menzionato il francescano Antonello.
^Eubel inserisce un vescovo, Giovanni, nominato il 24 gennaio 1480, che potrebbe appartenere, come fa notare lo stesso autore, alla sede di Callipoli.
^(ES) Rafael Lazcano, Episcopologio agustiniano, Guadarrama (Madrid), Agustiniana, 2014, vol. I, pp. 522-523.
Francesco Danieli, Nardò-Gallipoli, in Storia delle Chiese di Puglia, a cura di S. Palese - L.M. de Palma, Bari, Ecumenica Editrice, 2008, pp. 251–270.
Die Lage von Treriksröset Treriksröset Treriksröset (schwedisch), Treriksrøysa (norwegisch), Kolmen valtakunnan rajapyykki (finnisch) oder Golmma riikka urna (nordsamisch) (wörtlich übersetzt: Drei-Reiche-Grenzmal) ist das Dreiländereck von Schweden, Norwegen und Finnland. Siehe auch: Dreiländerecke Europas Der Dreiländerpunkt, das nördlichste Dreiländereck Europas und weltweit, war historisch sehr wechselhaft und zeitweise unterbrochen. Die Geschichte beginnt im 18. Jahrhunde...
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