La congregazione fu fondata nel 1720 da san Paolo della Croce e il primo convento fu eretto sul monte Argentario; la regola dell'istituto, approvata da papa Benedetto XIV il 15 maggio 1741,[2] obbliga i passionisti, con un quarto voto, alla propagazione della devozione alla Passione di Gesù per mezzo di missioni e altri sacri ministeri.[1]
I passionisti portano una tonaca nera, stretta in vita da una cintura di cuoio, e sul petto un distintivo con l'effigie del Sacro Cuore sormontato da una croce bianca con la scritta Jesu XPI Passio.[3][4]
Storia
La congregazione fu fondata da Paolo della Croce (1694-1775), al secolo Francesco Paolo Danei: ebbe dapprima l'idea di ritirarsi in un eremo per condurre una vita di preghiera e penitenza, poi pensò di organizzare una compagnia di chierici, che intendeva chiamare Poveri di Gesù, con il fine di "promuovere nelle anime il santo timor di Dio".[5]
Il 22 novembre 1720 (il giorno successivo alla festa della Presentazione di Maria) Paolo ricevette dalle mani del vescovo di Alessandria, il barnabitaFrancesco Arborio Gattinara, l'abito che sarebbe diventato quello della sua congregazione (nero, in segno di lutto in memoria della Passione e morte di Gesù). Il fondatore si ritirò quindi nella chiesa dei santi Carlo ed Anna a Castellazzo Bormida dove si dedicò alla stesura delle regole della sua compagnia.[2]
Nel 1725papa Benedetto XIII concesse a Paolo della Croce l'autorizzazione a riunire una comunità e nel 1728, in un "ritiro" a Monte Argentario, radunò i suoi primi compagni: tra essi, Giovanni Battista di san Michele Arcangelo (fratello minore di Paolo) e Giacomo Ganiel di san Luigi.[2]
Papa Benedetto XIV, con rescritto del 15 maggio 1741, approvò le regole della congregazione, che affidavano ai religiosi la predicazione delle missioni popolari e dei ritiri soprattutto nelle zone più abbandonate e insalubri, e l'11 giugno successivo Paolo e i suoi primi tre compagni emisero la loro professione dei voti semplici.[2]
La congregazione, detta dei chierici scalzi della Santissima Croce e Passione di N.S. Gesù Cristo (il titolo venne cambiato in quello attuale nel 1970), fu approvata in forma solenne da papa Clemente XIV con la bollaSupremi apostolatus del 16 novembre 1769.[5]
Alla sua morte, Paolo della Croce lasciò dodici case (dette ritiri) tutte nel Lazio (a eccezione di quella sul monte Argentario).[5]
Nel 1781, raggiungendo la Bulgaria, i passionisti iniziarono a dedicarsi alle missioni estere.[5]
Soppressione e restaurazione
La congregazione fu soppressa da Napoleone nel 1808 ma sopravvisse clandestinamente. Fu il primo istituto a essere ristabilito, il 26 giugno 1814, dopo il ritorno di papa Pio VII a Roma: il pontefice dimostrò ulteriormente il suo particolare legame con i passionisti con la bolla Gravissimas inter curas del 5 agosto 1814, con la quale confermò l'approvazione della congregazione fatta dai suoi predecessori e se ne dichiarò particolare protettore.[5]
La spiritualità passionista è incentrata sul mistero della Passione e morte di Gesù vista come manifestazione suprema dell'amore infinito di Dio per gli uomini: i passionisti si impegnano mediante un quarto voto alla propagazione della devozione a tale mistero.[5]
I passionisti si dedicano, come ministero loro proprio, alla predicazione dei ritiri e delle missioni popolari. Sono presenti nelle missioni estere (ad gentes). Collaborano alla pastorale parrocchiale; possono avere parrocchie e santuari propri. Oltre ai tre voti di povertà, obbedienza e castità, comuni a tutti i religiosi, emettono quello di propagare la devozione alla Passione di Gesù.[2]
Il tradizionale abito dei passionisti è costituito da tonaca nera (in origine in panno grosso di lana, oggi anche in altra stoffa), in segno di lutto per la Passione e morte di Gesù e cintura in cuoio o stoffa; sul lato sinistro della tonaca, all'altezza del petto, portano un distintivo con il nome di Cristo e il titolo della sua Passione (Jesu XPI Passio) inciso a lettere bianche su un cuore sormontato da una piccola croce bianca, e con i tre chiodi in basso; le regole del 1775 imponevano di indossare ai piedi sandali senza calze, se non in caso di malattia. Nelle costituzioni del 1984 nulla è prescritto riguardo alle calzature.[4] Nella vita quotidiana possono uniformarsi alle usanze del clero secolare locale.
Accanto all'anno, è indicato il numero dei membri chierici della congregazione, seguito da quello dei membri laici e dal numero complessivo dei religiosi.[17]
anno
religiosi chierici
fratelli laici
totale membri
1747
29
9
38
1775
114
62
176
1809
145
88
233
1840
226
130
356
1878
487
263
750
1908
1.042
449
1.491
1939
2.496
621
3.117
1970
3.282
636
3.918
1978
2.614
451
3.065
Al 31 dicembre 2008, la congregazione contava 363 case e 2.167 religiosi, dei quali 1.653 sacerdoti.[1]
Filippo Caraffa e Giuseppe Morelli (curr.), Bibliotheca Sanctorum (BSS), 12 voll., Istituto Giovanni XXIII nella Pontificia Università Lateranense, Roma 1961-1969.
Mario Escobar (cur.), Ordini e congregazioni religiose (2 voll.), SEI, Torino 1951-1953.
Guerrino Pelliccia e Giancarlo Rocca (curr.), Dizionario degli Istituti di Perfezione (DIP), 10 voll., Edizioni paoline, Milano 1974-2003.
Giancarlo Rocca (cur.), La sostanza dell'effimero. Gli abiti degli ordini religiosi in Occidente, Edizioni paoline, Roma 2000.