Carlo Martini (Milano, 22 gennaio 1908 – 17 marzo 1978) è stato un critico letterario e poeta italiano.
Nato da Giovanni Battista e Luigia Cazzaniga, in via Val Chisone 35 a Milano[1], cominciò a lavorare con Enrico Vallecchi, con il quale preparò nel 1940 una mostra della rivista La Voce. Di questa rivista, nel 1956, pubblicò una storia ed una bibliografia, con gli indici delle annate, nella collana di «Varia Umanità» diretta da Francesco Flora, per Nistri-Lischi.
Nel dopoguerra aderì al manifesto dell'Ausonismo di Luigi Fiorentino che si opponeva alla oscurità della poesia ermetica. Fra i lavori che gli diedero notorietà e per i quali ricevette alcuni premi (San Pellegrino, Cittadella, Pisa, Sette Stelle, La Madonnina) e due segnalazioni al Viareggio, si ricorda la raccolta di liriche, pubblicata da Mursia nel 1965, Il cavallo verde.[2]
Tra gli ultimi lavori, merita una menzione speciale il Catalogo storico della Casa editrice Zanichelli (1960), in quanto le ricerche preparatorie permisero di recuperare inediti di Carducci, Pascoli e D'Annunzio.
Lo sviluppo critico di Martini si legò direttamente alla concezione romantica di Giuseppe De Robertis nella indagine anche semantica dei principali scrittori italiani (in particolare Pascoli, Dossi e Govoni).
Esercitò gran parte della attività di critico letterario collaborando alla Rai (con L'approdo e Terzo Programma) e a noti periodici dell'epoca, dalla Nuova Antologia alla Fiera Letteraria, da Italia e Civiltà, Meridiano di Roma, a Città di vita, Idea, Cenobio, Persona, Rassegna di Cultura, Annali della Pubblica istruzione, L'osservatore politico letterario, ecc.[3]
La poesia di Martini fu definita «limpida, sottile, penetrante», «ricca di una sostanza potente e misteriosa», la cui ispirazione «sale dalle profonde radice dell'essere» e la lettura è «gioia allo sprito» e «dà profonda commozione». Tra gli estimatori vi furono Domenico Giuliotti, Cesare Angelini, Carlo Linati, Pietro Pancrazi, Emilio Cecchi, Antonio Baldini, Giuseppe Prezzolini, Giovanni Battista Angioletti, Bonaventura Tecchi, Carlo Betocchi, Nicola Lisi, Francesco Casnati.[4]
Nicola Francesco Cimmino, recensendo la raccolta Questa è la mia terra (1950), scrisse: «è l'espressione matura di un poeta esperto e sincero. Una malinconia sottile accompagna le confessioni, le ricerche, le conclusioni dell'artista, malinconia che nasce [...] da un senso di esperienza conclusa».[5]
(elenco parziale)
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