La Tribuna degli Uffizi è un dipinto a olio su tela (123,5x155 cm) di Johann Zoffany, databile al 1776 e conservato nella Royal Collection di Windsor.
Dopo la notorietà acquisita a Londra in particolare presso la famiglia reale, il pittore tedesco Johann Zoffany si reca a Firenze nell'estate del 1772, dove resterà fino al 1779, per dipingere la Galleria degli Uffizi su incarico della regina Carlotta,[1] moglie di Giorgio III, mai stata in Italia. Il prezzo pattuito per il dipinto è pari a 300 sterline, una somma ingente per l'epoca.[2]
"Figura prestigiosa tra gli artisti stranieri radicati a Firenze",[3] ritrae la Tribuna, "la piccola galleria più visitata che esista al mondo"[4] situata nella sezione nordorientale della Galleria degli Uffizi. Il dipinto fa parte della Royal Collection e costituisce "l'immagine simbolo della frequentazione delle sale nel XVIII secolo", quando dal 1765 gli Uffizi vengono ufficialmente aperti al pubblico.[5]
Il dipinto riproduce le opere d'arte esposte presso la Tribuna, identificabili per la maggior parte.[6] Alcune di esse in seguito troveranno differente collocazione: ad esempio qualche antica statua romana della collezione dei Medici è esposta nei corridoi principali della Galleria degli Uffizi, mentre vari piccoli busti sono visibili presso Villa Corsini a Castello o presso il Museo archeologico nazionale di Firenze, insieme ad opere etrusche, egiziane o greche. Una piccola quantità di lavori rinascimentali è ubicata invece presso il Museo nazionale del Bargello.
Zoffany modifica la disposizione rispetto all'allestimento originale della galleria ed aggiunge sette quadri appartenenti alla collezione dei Medici, temporaneamente prestati per l'occasione da Palazzo Pitti grazie a speciali privilegi ottenuti con l'aiuto del conte George Clavering-Cowper e del Primo Baronetto sir Horace Mann. In questo modo Zoffany ha l'opportunità di ritrarre in situ tali opere, fra cui la Madonna della Seggiola di Raffaello.[7]
In segno di gratitudine per l'intercessione, Zoffany ritrae Mann e lo stesso Cowper assorto nella contemplazione del suo ultimo acquisto, la Grande Madonna Cowper di Raffaello, in seguito custodita presso la National Gallery of Art di Washington, e forse per questo posta in posizione preminente.[7]
"La tela è divenuta emblema del Grand Tour anche per la fama di alcuni dei personaggi che rappresenta. Davanti alla cosiddetta Venere di Urbino di Tiziano si possono identificare Thomas Patch e sir Horace Mann. Il primo pittore, ma anche antiquario e copista, il secondo 'residente inglese' e quindi figura ufficiale della colonia inglese a Firenze".[3]
Tutti i conoscitori d'arte, i diplomatici ed i visitatori ritratti sono identificabili[8] e rendono il dipinto una combinazione tra la conversation piece,[9] il ritratto inglese di genere, e la tradizione prevalentemente fiamminga del XVII secolo con gli scorci delle gallerie e le Wunderkammer. L'inclusione di tanti personaggi riconoscibili ha suscitato diverse critiche, fra cui quelle di Horace Walpole.[10]
Nel dipinto Pietro Bastianelli, curatore della Galleria degli Uffizi, mostra la Venere di Urbino a John Gordon, di cui si conosce la collezione grazie ad uno scritto di John Chambers del 1829, che ne attesta il possesso al reverendo William Gordon di Saxlingham.[11] Di fronte al quadro di Tiziano si trovano Thomas Patch, in piedi, e Felton Hervey, seduto, in conversazione con Sir John Taylor e Sir Horace Mann. In particolare Felton Hervey, detentore di una prestigiosa collezione d'arte, è fra gli inglesi ammessi a corte e viene ritratto in primo piano. Morirà prima del ritorno in Inghilterra di Zoffany.[12]
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